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Autore: Darth Harion    11/11/2008    2 recensioni
[Better Days]
Atlanta, Febbraio 1988.
I Gemelli Fisk e Lucy Black, cercano di dirsi quello che non si sono mai detti.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un Amore Imperfettamente Perfetto

Nota dell’Autore: Tutti i personaggi, descritti o citati (Fisk, Lucy, Sheila, Samuel, Ryan, Elizabeth, Cindy, Ted e Kelly, escluso August) appartengono a Jay Naylor, ed alla sua opera “Better Days”.

  La storia inoltre non vuol descrivere un evento accaduto in tale opera, ma una visione di come si sarebbe potuta chiarire la relazione tra i personaggi principali.

  Per quelli che conoscono questo bellissimo fumetto, la storia è ambientata circa quattro mesi dopo il Ballo di Halloween del capitolo 12 “Exemplary Girls”.

  Sperando che questo mio debutto nel genere Romantico vi possa piacere.

  Per qualunque domanda, non esitate a contattarmi.

Darth Harion

 

Un Amore Imperfettamente Perfetto

 

Era una mattina comune ad Atlanta, quel Febbraio del 1988.

Il vento freddo tirava, come tutti i Sabati, come se avesse un appuntamento col quartiere di Famiglia Black.

Quasi a voler costringere i ragazzi, in particolar modo Fisk, a restare segregati in casa per quei due unici giorni liberi della settimana.

Erano passate le vacanze Natalizie, il Capodanno, ed ora la scuola aveva ripreso sia lui che sua Sorella, con la minaccia di non terminare più fino a Giugno.

Dalla finestra di camera sua, Fisk vide una coppia: lui un Cane e lei una Volpe, abbracciati per ripararsi dal freddo, cercando di raggiungere un rifugio.

Stava cercando un modo per ammazzare il tempo, ma da quando il suo amico Ryan era andato a vivere con sua madre a Boston, non c’era molto da fare che lo interessasse come una volta.

Due anni e tre mesi erano passati…

… e con Ryan solo qualche telefonata gli impediva di dimenticarne la voce.

Si massaggiò la macchia bianca che aveva sul muso, con la zampa altrettanto bianca, sul resto di pelo nero che lo copriva.

Beh… non c’era solo Ryan nella sua vita… c’era qualcuno che per lui significava molto di più.

Uscì dalla stanza: dal piano di sotto veniva il rumore della TV che proiettava la soap-opera preferita di Mamma.

Non era affatto difficile immaginarla seduta da sola, davanti allo schermo, con in braccio una confezione gigante di gelato dalla quale attingere di tanto in tanto.

Si avvicinò alla stanza di fianco, bussando alla porta.

-Avanti…- venne la risposta dall’interno.

Aprì la porta e passò.

Dentro c’era Lucy, sua Sorella Gemella.

Era stesa sul letto, in maglione, braghe lunghe e calzette bianche, con in grembo il libro di storia cercando di ripassare la Guerra di Secessione.

-Ciao Fisk.- fu lei abbassando il libro.

Aveva gli occhi gialli come i suoi, con la macchia bianca che a differenza di Fisk non si estendeva fino alle gote, ed i capelli dello stesso colore.

-Lucy, ti volevo parlare.- cercò di attaccar bottone.

Lucy si scostò all’angolo del letto, lasciando a suo Fratello lo spazio di sedersi –Vieni.-

Fisk si sedette di fianco a lei, sistemandosi sulle coperte scaldate dalla lunga permanenza del suo corpo sopra di esse.

-Allora? Di cos’hai bisogno?- Lucy cercava con molto tatto di far aprire il suo Gemello.

Fisk sospirò –Mi manca Ryan, ed Elizabeth si sta frequentando con un nuovo ragazzo, volevo solo poter parlare.-

Lucy si sistemò per ascoltarlo meglio, poggiando il libro sul comodino –Ci pensi ancora, vero? Ad Elizabeth dico.-

Fisk gli volse appena lo sguardo –Delle volte.-

-Vi avevo beccati a pomiciare alla festa di Halloween, ma sai che sua madre continua a fare pressioni perché esca con qualche ragazzo della sua specie.-

Già… tra Gatti e Topi, in un modo o nell’altro non scorreva buon sangue.

Per carità: la Signora Kelly Wachsman era un affezionata amica di famiglia da molti anni, e non aveva niente in contrario al fatto che sua figlia e lui si frequentassero come amici, ma non le andava a genio che Liz, una Topolina, in un possibile futuro potesse vivere con un Gatto.

Lucy gli grattò le orecchie, come gli faceva quando erano bambini.

-Sei sempre stato molto legato alle persone che hanno significato qualcosa per te. Questo è il tuo lato che mi è sempre piaciuto di più.- si mise in ginocchio sul letto –Che dici, ne parliamo fuori?-

Camminare avrebbe reso il discorso più semplice, nonostante il freddo.

-Perché no…-

Lucy si alzò, si mise le scarpe, si legò i capelli con un laccetto e prese il cappotto.

Fisk prese rapidamente la giacca da camera sua, ed insieme scesero al pianterreno.

Come aveva immaginato, Mamma Sheila era appollaiata sul divano, con un pacchetto di fazzoletti a portata di mano ed il secchiello di gelato all’anice in braccio, puntando il cucchiaio come un dito accusatore verso lo schermo.

-Dopo che quella puttana ti ha usato a quel modo, vuoi ancora darle una possibilità? Quella non aspetta altro! Lasciala perdere: dammi retta.-

Girò gli occhi verdi, unica cosa non bianca sul suo corpo, vedendo che i suoi figli erano nell’atrio coi cappotti gia addosso.

-Dove andate?- chiese.

-Un giro per l’isolato, niente di più.- rispose Lucy

-Con questo vento?-

-Non è troppo forte Mamma, poi non ci allontaneremmo più di tanto.-

Sheila tornò con gli occhi sul televisore –Non tornate troppo tardi, fra mezz’ora preparo da mangiare.-

A Fisk venne la domanda classica –Cosa ci sarà di buono?-

La Gatta Bianca raccolse un po’di gelato azzurro dal secchiello –Pollo al riso con contorno di…-

-Patate?- chiese speranzoso Fisk.

Sheila sorrise, era facile far contento suo figlio in cucina –Sì.- annuì.

Lucy lo tirò fuori dalla soglia, mentre loro Madre tornava ad imprecare contro la stoltaggine del protagonista di turno.

 

Il vento era gelido, ma non sembrava eccessivo.

Camminavano per i marciapiedi della zona, proteggendosi dalle folate più improvvise.

-Lo sai, alla fine…- fu Lucy, in un momento di silenzio –Il problema non sono ne Ryan, ne Liz… siamo noi due.-

Fisk non ribatté: il suo vecchio amico ed Elizabeth, per quanto cari a lui, avevano avuto principalmente il ruolo di distrazioni.

Due Gemelli di diciassette anni, sul punto di finire le scuole, con una lunga esperienza condivisa di dolori, passioni, interessi, giochi e quant’altro.

Per loro era sempre stato importante.

Cosa ci si poteva aspettare, quando si era nati nello stesso momento dalla stessa madre e con un padre morto in Vietnam prima ancora di tutto ciò?

Erano rimasti sempre più legati, più ancora di due Gemelli Siamesi.

-Non è facile, Lucy. Ricordi quando è cominciato tutto?-

Lucy abbassò le orecchie –Era gia cominciato molto tempo prima, forse con la tua lettera a Cindy, ma era tutta una miccia che ha fatto esplodere la bomba di quel giorno.-

Il ricordo era vivido come non mai, come quasi tre anni fa.

Lucy era stata mollata da Ted, il Gatto più carino e più insensibile di tutta la scuola.

Era tornata a casa in pieno collasso emozionale. Fisk ricordava di averla sentita singhiozzare attraverso la porta: sembrava che avesse la gola due volte troppo piccola per quello sfogo.

 

“Mi ha fatta sentire un NESSUNO! Come un insignificante briciola di MERDA da togliere dalla propria strada!”

 

Una macchina passò, portando dietro di se una fredda folata.

Arrivarono vicino alla fermata dell’autobus, dove l’orologio attaccato al palo segnava quasi il mezzogiorno.

-Oh… penso che dovremmo sbrigarci.- formulò Fisk –Mamma avrà quasi finito di preparare, e non l’abbiamo neanche aiutata ad apparecchiare la tavola.-

Lucy fece un sorriso sagace –Allora, se vuoi evitare una ramanzina…- gli diede una leggera gomitata nello stomaco -… DOVRAI ARRIVARE PRIMA DI ME!-

Appena Fisk si fu ripreso dalla distrazione, vide che sua Sorella si era gia messa a correre per casa.

Partì a razzo, sforzandosi di raggiungere il portone prima di lei

In Animo suo, sorrise.

“Mai vista una Gatta con l’astuzia di una Volpe.”

Lucy arrivò appena un passo prima di suo Fratello.

Quando entrarono ansimanti, sentirono il profumo del pollo e delle patate provenire dalla cucina.

-Finalmente siete arrivati.- la voce di Mamma Sheila proveniva dallo stesso luogo dove si poteva avvertire l’odore delle pietanze –Se Fisk si fosse dimenticato delle patate, mi sarei preoccupata seriamente.-

 

Per Famiglia Black, le ore del dopocena erano tra le più tranquille.

Sheila si stendeva sul divano a leggere qualche romanzo, mentre Fisk e Lucy si barricavano in camera se non avevano impegni di sorta.

Lucy aveva messo ad alto volume la sua musicassetta preferita:“Angel”, lato B, canzone Into the Groove”.

Fisk si era attaccato alla sua consolle Nintendo, cercando di distrarsi.

Forse quello di cui aveva bisogno non era un videogioco…

Decise quindi di fare quello che faceva sempre quando non sapeva che fare o quando non riusciva a dormire.

Scese al piano di sotto, entrò in cucina, ed aprì il frigo per prepararsi un panino.

Prese un tovagliolo per non sporcare il tavolo e vi mise sopra due fette di pane, che imbottì con abbondante prosciutto e formaggio.

Al secondo morso, notò che sua madre si era alzata ed era andata a darsi una sistemata; difatti aveva gia indossato il cappotto.

-Fisk.- lo chiamò –Io passerò la nottata dal Signor Tobs, quindi non aspettatemi stasera.-

Sheila Black e Samuel Tobs, loro ex-vicino e padre di Ryan, si frequentavano da parecchio, soprattutto ora che lui aveva divorziato.

Non ci voleva un genio per capire cosa combinassero una vedova ed uno che non toccava più la moglie gia tempo prima della separazione.

Si abbottonò il pesante indumento –Ci pensi te a dirlo a Lucy? Non mi sentirà mai fino a che non imparerà a tenere lo stereo a livelli almeno accettabili.-

Aprì la porta, dando l’ultima istruzione al figlio –Se tu e Lucy volete uscire, ricordatevi soltanto di chiudere tutto. Buona Notte tesoro.- Chiuse la porta dietro di se.

-Buona notte Mamma.- rispose Fisk

Uscire con Lucy?

Non era una cattiva idea, visto che dovevano finire il discorso di quella mattina.

Si cacciò in gola gli ultimi avanzi del panino, avviandosi per la camera di Lucy.

Bussò che ancora stava masticando.

Ovviamente, con lo stereo pompato a tali livelli, non servi assolutamente a niente.

Se avesse aspettato che sua Sorella abbassasse il volume, avrebbe potuto passare la davanti tutta la notte.

Decise di entrare comunque.

Se come altre volte l’avesse trovata a ballare in mutande, sapeva come giustificarsi.

-Only when I’m dancin’ can I feel this freee.-

Lucy stava sì ballando, ma aveva perlomeno tutti i vestiti al posto giusto.

-At night I lock the doors, where no one else can see-ee!-

-Lucy…- chiamò Fisk.

Sua Sorella continuò a tenere il tempo con schiocchi di dita.

-I’m tired of dancing’ here all by my se-elf.-

-Lucy!- chiamò più forte.

-To-night I wanna dance whit some-one-elllse!-

Gli si avvicinò da dietro, e gli poggiò pesantemente la mano sulla spalla -Ehi…-

Lucy trasalì, drizzando tutti i peli della coda e cacciando un urlo –MAAAOO!! FISK MA NON POTEVI CHIAMARMI NORMALMENTE!?-

-Fidati… L’ho fatto.-

Lucy spense lo stereo –A cosa lo devo questo infarto?-

-Mamma è andata da Sam Tobs, quindi non torna per stanotte.-

-Soli in casa? Tanto valeva potevo alzare ancora il volume!-

-Se non ti da fastidio, avevo pensato d’andare a bere qualcosa all’August Bar. Invece di assordare il vicinato con Madonna potremmo andare insieme: almeno termineremo il discorso di stamattina.-

Lucy rimase in silenzio per un po’.

Chiarirsi su ciò che avevano fatto tempo addietro era complicato, soprattutto per il carico emotivo che faceva affiorare ogni volta.

 

Ted non l’aveva semplicemente lasciata.

Aveva provato a sedurre sua madre, e quando non c’era riuscito, l’aveva abbandonata come uno straccio.

 

“Le puttanelle giovani come te ne trovano a dozzine di scemi. Ora stai fuori dai piedi.”

 

Ripresero i cappotti, chiusero le finestre e Fisk tirò fuori la macchina.

L’August Bar era piuttosto fuori mano, e proprio per questo era un posto estremamente tranquillo.

Mamma era andata a piedi, e questo aveva loro concesso di fare quei venti minuti di macchina per raggiungere l’isolatissimo bar.

Fisk parcheggiò la macchina davanti al portico, entrando nel locale deserto dov’era presente solo August, il barista.

Orso ex-poliziotto, era il terrore di chiunque volesse turbare la quiete della zona.

Stava pulendo dei bicchieri, quando vide entrare gli ultimi clienti.

-Lucy, Fisk… era tanto che non venivate.-

-Ciao August.- salutò Lucy –Volevamo solo parlare, e sapevamo di poter stare calmi qua dentro.- si sedettero al bancone.

August si compiacque –Volete bere qualcosa?-

-Io una gassosa, devo guidare.- chiese Fisk.

-Acqua Tonica.- chiese Lucy.

August riempì generosamente due bicchieri puliti in quel momento delle bevande chieste.

Dopo aver posto le bibite davanti ai due clienti, l’Orso si mise a spazzare il pavimento, dando ai due spazio per poter parlare in pace.

-Quanto era che non stavamo soli assieme?- si domandò Lucy.

-Tanto…- rispose il Fratello –Forse perché ci vediamo già tutto il giorno.- bevve una lunga sorsata.

Lei poggiò un gomito sul bancone, sostenendo la testa con le nocche per guardarlo.

-Fisk, Fisk, Fisk… ci siamo messi in una situazione complessa.-

Lui rigirò la gazzosa nel bicchiere –Che posso farci, Sorellina… non è come potrebbe essere per tutte le altre persone. Se non fossimo stati parenti, sarebbe stata la stessa cosa? Personalmente non lo credo.-

La Gatta annuì –Sarebbe stato diverso in ogni altra situazione.- accostò l’acqua tonica alle labbra –Che ironia… proprio quello che rende tutto così speciale, così perfetto, è anche ciò che lo rende così proibito e senza soluzione.- vuotò metà bicchiere –Ricordi quando ti ho impedito di continuare a frequentare Elizabeth?-

-Forse l’unica volta in cui ti sei comportata veramente da stronza!-

-Col senno di poi, lo confermo. Avevo però degli ottimi motivi.-

Fisk piantò una mano al fianco –Dimmeli.-

-Primo: non avrebbe funzionato. È una cosa che anche te hai riconosciuto. Secondo: mi stavi rubando la mia migliore amica, visto che per stare con te m’ignorava sempre di più. E Terzo:…- abbassò lo sguardo –…non mi guardavi più come prima. Ho capito solo dopo di essere gelosa marcia.-

Fisk, nonostante una cosa del genere se l’aspettasse, si sentì come colpito.

-È inutile fare quella faccia, Fratellino. È per questo che siamo venuti qui: per mettere le carte in tavola. Io l’ho fatto, ed ora tocca a te.-

Suo Fratello abbassò lo sguardo –Ho cominciato a capirlo a nove anni, quando per sbaglio ti avevo dato invece dei decongestionanti le pillole per la pressione sanguigna. Per poco non ti ho uccisa quel giorno, e mi sono costretto ad ammettere quello che provavo per te.-

Alzò lo sguardo –Ti amavo più di come un Fratello ama sua Sorella già al tempo. La cosa è cresciuta poi con gli anni.-

-Scusate se v’interrompo…- fu August dall’angolo opposto del locale -… ma oramai è ora di chiusura. Devo chiedervi di uscire.-

 

Rientrati in macchina, i Gemelli si sentivano più liberi per essersi chiariti apertamente.

Si allacciarono le cinture, e Fisk mise le chiavi nel quadro, girandole.

L’auto balzò in avanti, per poi spegnersi soffocata.

-Ma che…- fu lei, strattonata sul petto dalla cinghia di sicurezza.

Fisk, stupito, girò di nuovo le chiavi, andando solo a forzare la batteria –Forza…-

Continuò a tentare fino a che la batteria, stremata dal funzionamento a vuoto, si spense definitivamente.

Fisk mollò un pugno su volante –Merda!-

-Che è successo?- chiese Lucy.

-Ho fottuto la batteria: adesso la macchina è morta.- guardò fuori, adocchiando il telefono pubblico –Hai degli spicci?-

Lucy pescò dalle tasche qualche monetina.

L’altro le prese e si diresse al telefono colorato d’arancione.

Compose il numero.

-Pronto?- fu una voce maschile dall’altra parte dell’apparecchio.

Fisk la riconobbe –Sam?-

-Fisk? Che è successo?-

-Sam, ho un problemuccio con la macchina, puoi passarmi mia Madre?-

-Devo venirvi a recuperare?-

-No, non credo che sarà necessario.-

Si sentì un debole chiacchiericcio, poi un'altra voce –Tesoro! Che cosa è successo?-

-Mamma, io e Lucy siamo all’August Bar, abbiamo la batteria a terra.-

-Vi veniamo a prendere?-

-No, no…- Mamma aveva già abbastanza pensieri per la testa, soprattutto in compagnia di Sam Tobs –La farò prendere da un carro attrezzi, ma non credo che verranno a caricarla prima di domattina. Io e Lucy potremmo andare a piedi: non è un problema.-

Sheila sospirò –Fate attenzione ragazzi.-

-Lo faremo. Buona Notte Mamma.- riattaccò, per comporre il numero di un meccanico.

 

Camminavano nel buio, fianco a fianco, col vento che, per quanto debole, tagliava la carne come coltelli piantati nel ghiaccio.

Lucy non riusciva a togliersi dalla mente le immagini di quel remoto istante che aveva cambiato il loro rapporto.

 

Era emotivamente provata al tempo, e tutto ciò che chiedeva, era un po’ di vicinanza.

 

“Ti fidi di me alla fine. Giusto?”

“Certo che mi fido di mia Sorella.”

 

Si era allungata verso di lui, occhi chiusi e labbra aperte…

 

Cominciò a piovere.

Fu questione d’istanti prima che le poche gocce si trasformarono in un acquazzone torrenziale.

Si ripararono in fretta sotto un portico, bloccati da un abbigliamento inadeguato a tale situazione.

Si sedettero su una panchina, a scaldarsi reciprocamente.

 

Era notte, e Lucy non riusciva a dormire.

Dopo un conflittuale evolversi di pensieri, era scesa dal letto vogliosa di parlare con suo Fratello e timorosa di svegliarlo.

Era entrata in camera sua, con lui steso sul letto: era sveglio.

Aveva richiuso silenziosamente la porta dietro di lei, avvicinandosi al letto di Fisk, e stendendosi a fianco.

 

“Mi sento sola.”

“Non devi sentirti così.”

 

Al risveglio, erano nudi, abbracciati, con in testa tanti ricordi che ancora portavano appresso…

Lei che stringeva Fisk sopra di se, avvinghiandolo con le gambe attorno alla vita, a piantargli gli artigli nella carne, a tirargli il pelo quasi fino a strapparlo, i loro urli contenuti per non svegliare la Mamma

Prima volta tra loro due.

Ma continuavano a sentirsi infinitamente più che Fratelli.

 

-Fisk…- attirò l’attenzione del Fratello, facendogli volgere il muso verso di lei.

Come anni addietro, si avvicinò ad occhi chiusi, rubandogli un secondo bacio.

-Ti amo Fisk…- sussurrò -… nella maniera più assoluta.-

Lui ricambiò il bacio –Ti amo anch’io, Lucy…- parlavano dalle loro profondità più intime -… ti amo anch’io…-

 

Il mattino dopo, era tutto coperto di neve.

Avanzavano a braccetto, affondando fin sopra le caviglie.

Si erano addormentati su quella panchina, svegliati dal gelido sole del mattino.

Davanti a casa loro, vi erano tracce di pneumatici fresche, ed alla finestra, Mamma Sheila che osservava instancabile, come solo una Madre in pena può fare.

Aprì la porta e li abbracciò prima ancora che potessero entrare.

-Ragazzi! Mi avete fatto prendere un attacco di Cuore quando rientrando non vi ho visto!-

-Bloccati dalla pioggia.- risposero loro in coro, nello stile più classico di due Gemelli.

Sheila si fece sfuggire due lacrime.

-Shh… Mamma è tornata a casa, piccoli…-

-Sì…- rispose Fisk -… lo siamo anche noi…-

 

  
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