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Autore: Blueberry yellow    24/12/2014    2 recensioni
Viola perdeva ogni giorno un briciolo di speranza in più e, per quanto le costasse ammetterlo, aveva un disperato bisogno di essere salvata.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~Viola era una semplice ragazzina di 18 anni. Amava molto leggere e si dilettava nella scrittura e, per quanto nessuno glielo rendesse noto, era anche piuttosto brava. Passava i pomeriggi nella sua stanza, con le dita incollate alla tastiera del computer, senza distogliere lo sguardo dall’opera d’arte che mano a mano si formava sullo schermo. Molte persone, stolte oserei dire, reputavano la scrittura una banale forma d’espressione, come se essa non valesse la pena di più disturbo. Ma per Viola, la scrittura era la linfa vitale. Si nutriva di ciò che scriveva e dava vita a tutto ciò che balenava nella sua testa. Perché si chiudesse così spesso nel suo mondo, non era un mistero troppo oscuro da poter essere svelato. Viola viveva nelle storie altrui perché la sua non le piaceva. Pensava sempre che ci fosse altro, che il mondo, in fondo, non poteva essere così tanto brutto. D’altro canto, Viola si sentiva sola. Ma non quella solitudine di cui si nutre la paura, era più una solitudine voluta e cercata con il cuore. Il castello costruito intorno all’animo di Viola, non era una barriera valicabile da tutti. Oh, no. Solo qualcuno con il cuore abbastanza puro e con l’animo abbastanza profumato, avrebbe potuto penetrarla. Ogni volta che Viola incontrava una persona nuova doveva controllare che avesse determinati requisiti per permetterle il passaggio nel suo mondo. Non che non si fidasse delle persone, non si fidava del mondo. Viola diceva sempre che era il mondo a plasmare le persone. Esso le rendeva capaci di vivere al suo interno, perciò era il loro supremo Plasmatore. Le sue amiche la criticavano molto per questa sua visione, anche perché Viola aveva quell’estrema capacità di selezionare sempre gli individui peggiori da portare con lei. E così, uno dopo l’altro, il suo castello aveva visto entrare e uscire gente inutile, anaffettiva e, molte volte, crudele. L’ultima categoria, quella delle persone crudeli, era quella preferita dal nero animo della ragazza. L’anima nera di Viola era quella parte di lei che marciva dall’interno, quella parte vuota, la parte buia, la parte triste e vorace. L’anima nera di Viola si nutriva della luce che c’era nelle stanze del castello, la corrodeva da dentro. Più la parte buona di Viola cresceva, più quella nera voleva mangiarla. E piano piano, la parte buona veniva fagocitata da quella nera che aumentava e occupava quasi tutte le ali del castello. La Povera Viola era intrappolata in quelle poche stanze colme di luce, mentre il buio le incombeva intorno, e così, aveva preso un’importante decisione: nessuno sarebbe più entrato nel suo castello. Ella si fece diffidente, iniziò a schivare anche coloro che, forse, avrebbero potuto salvarla e portarla alla luce del Sole. Era convinta che l’energia necessaria per scacciare il buio fosse tutta dentro di lei, così passò due lunghi anni a cercarla, cercarla e cercarla. Ma oramai, era troppo tardi. Il nero le aveva occupato quasi tutta l’anima, le rimaneva un’unica stanza, un’unica speranza: rischiare. Rischiare significava lasciare entrare qualcuno in quell’animo scuro, qualcuno che avrebbe potuto portarci della luce, oppure no. Era questo che voleva dire, era questo il rischio che bisognava affrontare. Viola aveva paura. Ma chi, nella sua situazione, non ne avrebbe avuta? Si sentiva già abbastanza debole di suo, non le serviva che qualcun altro glielo evidenziasse. Le sue amiche le dicevano che così sembrava una disperata, una poveraccia senza un criterio logico. Ma a Viola non importava. Le serviva semplicemente qualcuno che la potesse aiutare momentaneamente, non una figura stabile, più un qualcosa di provvisorio. Non aveva intenzione di sprecare altro tempo con qualsiasi altro. Aveva capito che l’unica persona davvero importante per lei era se stessa. E così era maturata in lei questa convinzione, di bastare a sé, di colmare da sé qualsiasi vuoto. “Che assurda convinzione”, pensava Viola di tanto in tanto, “Può una persona essere abbastanza anche solo per se stessa?”. E ad ogni interrogativo, ella rispondeva di sì. Ma il suo animo nero rimaneva sempre in agguato, pronto a sorprenderla alla prima occasione utile, pronto a farla a pezzi prima ancora che se ne potesse rendere conto. Il silenzio che ronzava in quell’unica stanza di luce e di speranza era insopportabile. L’urlo nel vuoto la opprimeva. Rinchiusa in se stessa Viola maturava la certezza del buio come ultima uscita. Se dal buio si può entrare, da esso si potrà anche uscire. Povera, illusa, Viola. Come la più piccola dei fiori di un campo si agitava mossa dal vento, facendo attenzione a non farsi soffocare da steli più grandi e robusti di lei. Cercava invano di impedire alle erbacce di aggrovigliarsi sulle sue radici, esse erano troppo piccole e troppo poco radicate, per impedire a quelle cattive di portargli via il nutrimento. Il piccole fiore rivolgeva, allora, il capo al Sole, sperando che almeno questo potesse giovargli. Ma i fiori più grandi le facevano ombra, ogni giorno sempre di più e il piccolo fiore guardava la sua fine scorrergli di fronte, senza poter provare a fermarla. Così Viola, era il piccolo fiore, che guardava impaurita l’anima nera crescere dentro di sé, senza poter provare a interrompere il suo corso, senza poterla cacciare via. Le serviva energia anche solo per poterla guardare, figuriamoci per provare a cacciarla, ci sarebbe voluto più un miracolo. Viola perdeva ogni giorno un briciolo di speranza in più e, per quanto le costasse ammetterlo, aveva un disperato bisogno di essere salvata.

   
 
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