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Autore: Xandalphon    24/12/2014    3 recensioni
Dopo tanti tormenti, un uomo crede di aver riacquistato le penne per poter volare alto, e lontano nel cielo della vita. Beh, in quel caso, non c'è nulla di peggio che illuderlo e poi strappargi crudelmente le penne una per una, sentendolo gridare.
Sì, proprio durante il giorno di Natale.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Life VS Christmas

 

Il 25 di Dicembre è uno di quei giorni dell'anno strani: o li si ama, o li si odia.

Naturalmente, la stragrande maggioranza dei sei miliardi e rotti che popolano in questo momento la terra appartengono alla prima categoria.

 

Chi non apprezza l'idea di ricevere regali, mangiare un lauto pasto fatto di squisiti manicaretti, fingere per un momento che nella propria vita vada tutto bene? Beh, ovvio, quasi nessuno.

 

Già, quasi.

 

C'è una piccola, stoica, sparuta minoranza che non ama giorni del genere.

 

Matt apparteneva a questo secondo gruppo: loro si definirebbero eroi postmoderni. La verità è che il restante 99% della popolazione terrestre li guarda storcendo il naso, non considerandoli altro che dei misantropi depressi.

 

E Matt sapeva che, nel farlo, avevano perfettamente ragione.

 

Lui ERA un misantropo depresso. La definizione era perfettamente calzante. Non c'era nulla di gioioso nel non festeggiare il Natale. Non è che non lo facesse per fare il ribelle, l'alternativo, quello originale che combatte a spada tratta contro il consumismo e la crisi dei valori.

 

Lui non lo faceva semplicemente perché non sopportava l'idea di fingere.

 

Quando la tua vita assomiglia da troppo tempo a quella di pesce spada ancora vivo, ma non per molto, che si dibatte sul ponte di un peschereccio, non ti viene molta voglia di fingere di star nuotando nel blu dell'oceano, anche solo per cinque fottutissimi minuti.

 

No.

 

Per niente.

 

Trovava maledettamente penosa l'idea di sfoggiare un sorriso davanti a parenti che pontificavano sulla sua vita senza conoscerlo davvero. Non meno che vedersi intasata la casella di Whatsupp, la Mail, FB e quant'altro ci poteva essere di messaggi di gente che si diceva 'amica', ma che si faceva viva solo quel giorno dell'anno.

 

Una delle cose che non rivelava nemmeno a sé stesso, a dire il vero, era che si vergognava. Si vergognava a morte di sentirsi un fallito, un inferiore davanti al mondo. Mentre tutti coloro che conosceva sembravano aver davanti brillanti carriere, fortunate relazioni... Lui niente. Razionalmente magari sapeva perfettamente che quelle erano tutte sue paranoie, certo. Ma non se la sentiva a farsele passare. Non a Natale.

 

Specialmente a Natale.

 

Ma, naturalmente, gli obblighi dell'abitudine e della tradizione (Matt pensava che la parola 'tradizione' non fosse altro che un perverso modo per aggirare il famoso detto latino 'Errare humanum est, perseverare diabolicum' sentendosi a posto con la coscienza) l'avrebbe costretto ad uscire dalla sua tana.

 

Un po' come un orso, nella cui grotta vengono gettate braci e tizzoni per riempirla di fumo, inducendolo ad uscire, se non vuol morire soffocato. Non con il migliore degli umori, si intende.

 

Tornò dalla messa di mezzanotte. Non che credesse più in Dio (se non come divertito spettatore delle miserie e delle follie umane), ma era ormai divenuta qualcosa di simile ad un rito scaramantico, fatto per (ah, ancora quella malvagia parola) tradizione. Passata la piazza, tutto era già immerso nel silenzio. Il tipico silenzio carico di aspettativa della notte di Natale, in cui i bambini sotto i sette anni si rigirano nel letto, sognando il buon vecchio panzone con la slitta, inventato da un geniale, ancorché perso nella memoria, sales manager della Coca Cola di circa un secolo fa.

 

L'unico rumore udibile era lo scalpiccìo dei suoi stessi passi sul pavé. Il selciato era leggermente sconnesso e la gelata notturna certo non aiutava la stabilità.

 

Matt iniziava a maledire il fatto di aver indossato delle scarpe con la suola talmente liscia che avrebbe potuto pattinarcisi sopra, alla strada.

 

E naturalmente, con infallibile precisione, ecco che la legge di Murphy fece il suo inesorabile corso, facendolo malamente cadere col culo per terra e spaccandosi la tibia sinistra.

 

Due ore dopo si trovava al pronto soccorso dell'ospedale vicino, con la molto probabile prospettiva di essersi evitato il mega pranzo di Natale coi parenti.

 

Sì, di esserselo evitato per passare la giornata lì, però...

 

Di fronte a quel pensiero, Matt non riuscì ad evitare di supporre che Dio doveva avere un senso dell'umorismo tutto suo e particolare. Tanto particolare da risultargli un po' troppo difficile decifrarlo.

 

“Ehilà, come andiamo?”

 

La voce di una bellissima ragazza bionda, formosa, in camice bianco lo riscosse dai suoi pensieri.

O meglio, ne indusse altri. Per esempio relativi al fatto che infermiere così ne aveva viste solo nei film porno.

 

Tutte le donne impegnate in quella nobile mansione che aveva conosciuto fino a quel momento, di solito, assomigliavano piuttosto agli orchetti de 'Il signore degli anelli'.

 

Per un impeto di chissà quale strana pazzia, si sentì in vena di smontarle quel candido sorriso che aveva in canna.

 

“Secondo lei? Non è che passare il Natale in ospedale fosse esattamente in cima alla lista dei desideri che ho scritto sulla mia letterina per Babbo Natale...”

 

Lei rise. Di un riso sincero, divertito.

 

“Eh, ma si sa che il vecchio panzone non ti porta mai i regali che desideri. A 8 anni volevo una Barbie edizione limitata e mi sono vista arrivare 'L'allegro chirurgo'...” Rispose poi, a tono.

 

Involontariamente, a Matt venne da ricambiare il sorriso di lei. Sospirando, le disse: “Beh, quantomeno è servito, visto il lavoro che fa ora...”

 

“Già, a quanto pare tutto, se lo si sa guardare con attenzione, può essere per un bene!” Concluse lei.

Il ragazzo avrebbe voluto ribattere, obiettare, dirle che non era d'accordo. Ma la sua visita di cortesia era già finita. Era già sparita oltre la porta.

 

Già, inutile che si facesse illusioni. Quella lì doveva essere ancora nella fase 'crociata', per cui probabilmente fare la carina in modo generico con i pazienti rientrava nella sua missione.

 

Ma doveva dirglielo a tutti i costi, prima di essere dimesso, che quella frase non gli andava proprio giù.

Quando una cosa è una merda, rimane una merda anche se la tingi coi colori dell'arcobaleno e indossi gli occhiali con le lenti rosa.

 

Il giorno dopo, la bella bionda tornò.

 

“Allora, come sta il paziente più sarcastico del reparto?” Chiese lei, affabile.

 

“Starei meglio se questo titolo comportasse una qualche sorta di premio. Ma ne dubito fortemente.”

Fece Matt.

 

Chissà perché, ma rispondere in modo acidamente divertito alle sue frecciatine era qualcosa che trovava divertente. Perlomeno erano cinque minuti di distrazione in ventiquattro ore di noia. O di imbarazzo, quando venivano a visitarlo i parenti, raccontandogli per filo e per segno di cosa avevano mangiato.

 

Lei però, non si scompose e ridacchiò, di nuovo. Quindi disse: “Se pensa che questo atteggiamento le farà ottenere qualcosa si sbaglia. E di grosso anche.”

 

“Provarci non costa nulla, come si dice.” Ribatté prontamente Matt.

 

Solita risatina, solita sparizione oltre la porta, finite le analisi di rito.

 

Sorprendente, come, appena proviamo qualcosa di buono e di bello, ci da' assuefazione in così poco tempo che in men che non si dica ne vogliamo di più. Questo fu il pensiero del ragazzo, dopo che lei se ne fu andata.

 

Uno dei tuoi soliti modi per divertirti alle nostre spalle, averci creato così, eh?

 

Fece mentalmente Matt, rivolgendosi al piccolo crocifisso appeso alla parete della stanza.

 

La tibia non guariva. Anzi, i medici dovevano aver sbagliato qualcosa, perché non si stava rimarginando nel modo corretto.

 

Il dolore, con una buona dose di sedativi, poteva essere ancora sopportabile, ma era l'inazione e l'immobilità ad ucciderlo.

 

Perlomeno, l'infermiera bionda continuò a farsi viva. Matt scoprì che si chiamava Annette.

 

Annette. Una ragazza piena di vita e di entusiasmo, come lui, ancor giovane ma già cinico e beffardo, non aveva provato da moltissimo tempo.

 

Gli dava il volta stomaco definirla in termini così poetici, lui che era l'antiromanticismo fatto a persona, ma le sue visite erano davvero come raggi di sole che squarciavano il cielo grigio di quelle giornate.

 

Peccato che durassero così poco.

 

Anche se man mano, scoprì una cosa curiosa. Scoprì che progressivamente, il tempo che lei passava con lui aumentava.

 

Ovvio che il suo ego partì a mille, indicandogli come ovvia soluzione all'enigma il fatto che anche a lei piaceva la sua presenza. Mentre, altrettanto ovviamente, la sua ragione si armava di catino e rovesciava una doccia di gelidi ragionamenti, per dimostrargli che era una solenne cazzata da eccesso di testosterone e mancanza di... ahem... esercizio in solitaria, negli ultimi giorni.

 

Lui non lo sapeva, però era il suo ego ad avere ragione.

Ad Annette faceva davvero piacere scambiare quattro chiacchiere con Matt. Lo trovava senza peli sulla lingua, ma allo stesso tempo intelligente. Poteva fare il cinico quanto voleva, ma gli aveva letto attraverso la maschera. Lo considerava sensibile, una di quelle persone che amano volare coi loro sogni. Ma che, per una ragione o per l'altra, avevano avuto le loro penne strappate dalla vita.

 

Un po' come lei.

 

Cominciò a fare una cosa che non avrebbe dovuto assolutamente fare. Trovarsi con lui oltre l'orario del suo turno.

 

Non per fare chissà che. Per parlare. Parlare di tutto. Della loro vita, del loro mondo, di chi erano e quali onde li avevano travolti per farli finire lì, in quel posto, sotto lo stesso cielo. Si conobbero e divennero amici.

 

Amici?

 

Solamente?

 

No, non era amore, se si intende come amore quella travolgente passione dei sensi, che brucia e divora, e che oltrepassa tutto con la sua fiamma ardente.

 

O forse lo era, se si intende come amore l'intima condivisione di pensieri, quello spalleggiarsi, quel sapere perfettamente cosa l'altro sta pensando. Quel senso d pace, di tranquillità. Quel sentirsi a casa, sereni, senza frenesie e menzogne.

 

L'unica cosa su cui si trovavano su fronti completamente opposti era il problema della teodicea.

 

Perché esiste il male?

 

Annette era fermamente convinta che tutto, anche i dolori e le umiliazioni, servissero a qualcosa. Forse non necessariamente a rendere le persone più forti, certo. Ma sicuramente per qualcosa di misteriosamente e insondabilmente positivo. Magari nel momento in cui le disgrazie accadevano, questo qualcosa non poteva essere compreso. Ma alla lunga, c'era. Ci doveva essere. Per forza.

 

Matt non ci credeva. O, meglio, non voleva crederci. Si era arreso, non si aspettava più niente di nuovo dalla vita, qualcosa che la cambiasse. Per cui non ci poteva essere un destino, ma solo un cieco fato, nelle vite degli uomini.

 

Ma, ogni volta, perdeva lo scontro dialettico sulla banale constatazione di lei: se non fosse andato a messa ancora una volta quella sera della vigilia di Natale? Se non fosse caduto malamente? Se i medici non avessero sbagliato? Non si sarebbero mai incontrati!

Come replicare ad una sequenza così schiacciante?

 

Alla fine, nel bene o nel male, Matt venne dimesso. Annette gli promise che in quello stesso week-end sarebbe andato a trovarlo a casa sua.

 

Per continuare le loro chiacchierate. Questa era stata la sua motivazione ufficiale.

 

Ma al ragazzo sembrò uscire il cuore fuori dal petto, quando lei gli disse quella frase.

 

Passò il venerdì malissimo, in una frenetica agitazione carica di aspettativa. La tibia sembrava tornata a fargli male come se fosse stato il primo giorno dopo la caduta.

 

Forse sì. Forse, Annette aveva ragione.

 

Forse c'era davvero un bene da cui ripartire.

 

***

 

Un curioso si fermò a fissare le lamiere contorte dell'incidente, mentre un poliziotto gli intimava di girare al largo.

 

“Hai visto che roba?” Udì dire alle sue spalle.

 

“Cazzo, se ho visto! Quel pirata a tutta velocità in contromano ha sfondato quella macchina là. Adesso non sembra neanche un'auto! Accartocciata come un foglio di carta! E quel bastardo è pure rimasto illeso! L'altra invece...”

 

Il curioso, prima di essere allontanato, poté osservare per un breve istante la vittima. Le macchie di sangue non riuscivano ad intaccare la bellezza del suo volto. Era proprio una bellissima ragazza, quella bionda.

  
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