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Autore: Amekita    25/12/2014    28 recensioni
{Speciale Natale}
[Slenderman]
Nel periodo natalizio, tutti sono intenti ad ultimare i preparativi per il grande evento.
Ma per qualcuno, una buia e tetra foresta di betulle rappresenta un'attrazione ancora più intrigante...
quei rami scuri nascondono infatti un segreto che verrà svelato alle spese del povero malcapitato...
Genere: Angst, Horror, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Slender man
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
- Questa storia fa parte della serie 'Eerie blackness'
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\\Salve a tutti!
Finalmente le vacanze natalizie, sono felicissima!
Potrò infine dedicarmi alle one-shots sulle Creepypasta e non solo *^*
Dato che volevo fare sia la storia su Slender che lo speciale per Natale, ho deciso di fonderli in un'unica fic ^^
Vi auguro quindi buone feste e di ricevere tanti regali (i miei erano bellissimi! *w*).
Buona lettura, ci vediamo a fine storia!
-Amekita-

Disclaimer: il personaggio di Slender non è di mia creazione, appartiene a chi detiene i diritti dell'opera.



GRIM CLAW

Il niveo manto ghiacciato ricopriva l'argillosa terra della foresta.
Le betulle si ergevano alte e snelle, troneggianti sull'intero paesaggio.
In città i festeggiamenti erano tanti, l'aria era scandita dall'odore di panettone appena sfornato e dai dolciumi che i bimbi custodivano gelosamente nelle loro buste di carta bianca.
Il frastuono delle voci frenetiche riempiva le stradine, accompagnato dal rumore di plastica dei pacchi regalo, che la gente si faceva confezionare nelle numerose bancarelle piene di lucine bianche e colorate.
Numerosi Babbo Natale camminavano tra la folla, indossando i classici abiti natalizi, con tanto di velluto rosso e piumaggi candidi. Con i loro pancioni si facevano largo tra la gente, che al loro passaggio sorrideva e augurava un “Buon Natale” di consuetudine.
I più piccoli tenevano la mano dei propri genitori, che temevano di perdere i propri figli nella confusione.
“Mamma, mamma!” la voce sottile di un bambino veniva coperta dal trambusto generale, ma lui rimediava tirando la manica del cappotto della madre, per attirare la sua attenzione.
La donna, dal caschetto ramato, si voltò a guardare il piccolo Lionel, che le aveva riservato un sorriso a trentadue denti.
“Mamma, me lo compri quello?” chiese il bimbo, indicando con la piccola mano una graziosa palla di vetro con delle piccole scaglie di neve dentro, che si muovevano nel liquido trasparente; proprio al centro della sfera era riposta una minuscola casetta di pan di zenzero, e un Babbo Natale in miniatura si affacciava dalla finestra della costruzione.
La donna fece un cenno d'assenso con il capo, e Lionel sorrise raggiante.
Venti minuti dopo, quando ormai il bambino si stava stancando di camminare e insisteva per tornare a casa, la madre aveva incontrato una sua vecchia amica, una signora sulla quarantina d'anni con dei capelli biondi ossigenati e occhi da topo, che aveva tutta l'aria di tirarsela, a giudicare dal cappotto di pelliccia leopardato e i tacchi alti laccati di fucsia in mezzo alla neve.
Le due donne si salutarono, e la più vecchia esibì un'espressione di sorpresa di pessimo gusto, baciando l'aria di fianco alla guancia sinistra della madre di Lionel, che cercava di concentrarsi sull'altra ignorando le lagne del figlio, che tirandole il braccio puntava verso casa.
Lionel sentì distintamente le loro voci che blateravano a proposito dei momenti d'infanzia e del matrimonio, cose che al bambino non interessavano minimamente.
L'amica della madre imitò un falso “ohh” di stupore quando vide il piccolo, per poi scompigliargli rudemente i capelli mossi biondo cenere.
Lionel la guardò di sfuggita con le sue grandi e luminose iridi blu, per poi abbassare la testa annoiato.
Dopo parecchi minuti, il bambino si stufò di aspettare che le due finissero di parlare, così avvisò la madre che stesse andando nella bancarella lì vicino per guardare i dolci. La donna acconsentì, poiché la bancarella in questione distava solo di pochi metri e Lionel non si era mai allontanato più di tanto. Era responsabile, nei suoi nove anni di età.
I numerosi Candy Canes a strisce bianche e rosse lo attiravano nella loro glassa lucida, e le coppette di mascarpone e panna lo invitavano ad avvicinarsi.
Lionel rimase incantato a fissare quel paradiso dolcissimo, ma poi vide che uno strano Babbo Natale, più magro e alto degli altri -probabilmente sui trampoli-, si stava dirigendo verso la vicina foresta di betulle.
Il bambino lo seguì con lo sguardo, per poi decidersi ad andare nella sua stessa direzione.
Voleva semplicemente chiedergli un aeroplano telecomandato per Natale, ma lui sembrava non essersi accorto del bimbo che gli camminava dietro, e continuava ad andare imperterrito verso il fitto insieme di alberi.
Lionel attraversò la piccola stradina innevata e gremita di gente, per poi arrivare proprio all'inizio della foresta, in cui vide il magro Babbo Natale scomparire tra gli alberi, che al piccolo sembravano estendersi fino al cielo grigio, coperto di nuvole.
Non si era accorto che la madre fosse ormai lontana, e nonostante sapesse di non doversi allontanare, la curiosità fu troppa, quindi si addentrò tra le altissime betulle.
Ormai il chiasso della zona bancarelle si faceva sempre più debole, fino a scomparire del tutto.
Solo un attimo... poi torno indietro.
Pensò Lionel, girandosi a guardare la distanza che lo separava dalla madre.
Ciò che vide lo lasciò di stucco: dietro di lui c'erano solo alberi e una fittissima nebbia, sembrava che la strada e le persone fossero sparite di colpo.
Il cuore del bambino perse qualche battito, per poi accelerare fino a tamburare all'impazzata.
Non è possibile!
La paura prese ad attanagliargli lo stomaco, ma cercò di ignorarla.
Si girò rapidamente sul posto, come a cercare la via d'uscita che gli era appena stata portata via.
Nulla.
Intorno a lui solo altissime betulle e neve. Gli scappò un gemito di sconsolazione.
Mamma...
Le gambe erano come paralizzate dal freddo e dal terrore, ma nonostante tutto riuscì a muovere qualche passo verso l'interno della foresta, che sembrava essere infinita.
Gli stivaletti di gomma scura -a prova d'acqua- facevano scricchiolare i cristalli ghiacciati al loro passaggio, e l'impermeabile giallo ocra era leggermente bagnato per via del freddo.
Le guance e il naso del bambino erano appena arrossati dal gelo pungente, e gli occhi umidi di lacrime.
Gli parve d'intravedere qualcosa tra gli alberi, così si avvicinò titubante, incapace di controllare le proprie gambe.
Man mano che si avvicinava, i contorni dell'oggetto sottile si facevano sempre più chiari: era un foglio.
Una pagina inchiodata al tronco scuro di una betulla. Indeciso, Lionel afferrò con la manina la carta ingiallita, studiandone i bordi rovinati e temprati dalle intemperie.
Sopra vi era uno strano disegno, che fece salire al bimbo un brivido lungo la schiena: raffigurava uno strano omino alto e magro, circondato da scritte.
No-no-no-no-no...
Le lettere recitavano no, ripetuto per ben dodici volte. Lionel contò le parole ancora una volta, e constatò che sì, erano proprio dodici.
Il tratto delle figure era scuro e impreciso, come se fossero state disegnate di fretta.
Piano, girò la testa alla sua sinistra, e vide uno strano ramo spuntare dalla corteccia di una delle piante. Era più scuro rispetto agli altri, nero, ed estremamente sottile; terminava in una sorta di groviglio, quasi come fosse una mano.
Lionel si avvicinò, col fiato corto e l'ansia crescente.
Mancavano circa due metri, e il caso volle che il ramo fosse proprio alla sua ridotta altezza.
Il bambino tese la mano destra per toccarlo, tenendo nell'altra la pagina rovinata.
Lentamente, il medio e l'indice sfiorarono la superficie lignea del ramo scuro, per poi ritrarsi velocemente.
Sorprendentemente, non accadde nulla.
Lionel si era aspettato che toccando quello strano pezzo di legno sarebbe comparso un troll, o magari una strega, ma invece niente.
Sollevato, tirò un respiro più lungo e profondo degli altri, per poi girarsi.
Andò a sbattere contro qualcosa di duro ed estremamente lungo, anche se non ci sarebbe dovuto essere nulla dietro.
Il bimbo sollevò piano lo sguardo, maledicendosi di non essere scappato quando poteva.
Gli venne un improvviso mal di testa fortissimo, che sembrava volergli spaccare in due il capo.
Le orecchie gli ronzavano, e sentiva la pressione abbassarsi e la vista sfumare, diventando sempre più imprecisa.
Prima di crollare a terra nella neve, riuscì a distinguere la figura che si ergeva per ben tre o quattro metri sopra di lui: aveva la fisionomia simile a quella di un uomo, ma era alto più del doppio e sorprendentemente snello.
Il volto fu ciò che lasciò atterrito Lionel, poiché era completamente bianco, privo di espressione e di tratti facciali.
Le braccia erano grottescamente lunghe quasi fino a terra, e il modo in cui l'essere le faceva penzolare dava l'idea che fossero precariamente attaccate al busto, e che si stessero per staccare.
Indossava quello che pareva essere un abito molto elegante, come quello che suo padre aveva usato al matrimonio, con la differenza che la figura avesse una cravatta rossa, che si camuffava tra il nero dello smoking e la camicia bianca.
Al bambino sembrò che per un attimo la testa del mostro si fosse mossa, ma non ebbe il tempo di rifletterci che cadde svenuto.

Gli occhi blu si aprirono dapprima debolmente, per poi spalancarsi del tutto.
Lionel si mise a sedere a fatica con l'appoggio delle mani, ma dovette ritrarle subito perché la neve sotto di lui era congelata, e gli pungeva la pelle.
Piano, si lamentò per il mal di testa che andava diminuendo, e si interrogò su quanto fosse trascorso.
Tutti i pensieri che gli frullavano in testa svanirono, quando si accorse che in lontananza c'era un altro di quegli strani fogli.
Subito -pur essendo stordito dalla caduta- si rimise in piedi e camminò barcollando veloce, fino a raggiungere la vecchia pagina.
Le piccole dita incontrarono la carta ruvida e rovinata, e gli occhi andarono alla scritta nera.
Leave me alone
Recitavano le lettere in stampatello, affiancate dal disegno elementare di un albero.
Mamma...
Lionel sentiva le lacrime premergli negli occhi, ma fece di tutto per trattenerle.
Se sua madre lo stava cercando, sicuramente avrebbe chiamato qualcuno per aiutarla e in breve tempo l'avrebbe potuta riabbracciare.
Gli mancava un sacco, adesso che ci pensava, la lana pungente del cappotto della donna contro le proprie guance, così come il calore dei suoi abbracci e la dolcezza delle sue carezze amorevoli.
Accartocciando il foglio ingiallito, se lo mise nella tasca dell'impermeabile.
Piano, mosse qualche passo verso la sua destra, rimanendo quasi incollato al tronco della betulla su cui aveva trovato la pagina.
C'era talmente tanto freddo che il respiro del bambino si cristallizzava in aria non appena lasciava le sue narici, che frenetiche rilasciavano l'anidride carbonica.
Fu in quel momento che si accorse della figura che lo stava fissando.
Era lo stesso identico essere che aveva visto poco prima, ma ora era più lontano, e non si muoveva.
Lionel non perse tempo e cominciò a correre disperato nella direzione opposta.
Il fiato corto e il gelo dell'inverno non gli facilitavano la corsa, e presto il bimbo si fermò esausto a riprendere fiato, poggiando le mani congelate sulle ginocchia.
Si girò indietro pregando ogni divinità esistente che la creatura non lo stesse seguendo, e come per miracolo constatò di essere solo.
Con la coda dell'occhio scorse un colore acceso alla sua sinistra, e girando di pochi millimetri la testa lo riconobbe come un foglio.
Always watches, no eyes
Le due frasi erano tracciate con tratto tremante, dello stesso color inchiostro di quelle precedenti.
L'angolo in basso a destra della pagina era leggermente tagliato, e un po' di terra era rimasta attaccata alla vecchia pagina.
Non appena strinse la carta, alle sue spalle echeggiò uno scricchiolio, seguito da un silenzio pesante.
Gli occhi blu di Lionel si spalancarono, il fiato gli si smorzò in gola.
Piano, le pupille si mossero verso destra, e con immensa sorpresa non incontrarono nulla.
Una sonora espirazione fuoriuscì dal nasino arrossato del bimbo.
Le pupille guardarono davanti.
La visuale era bianca.
La bocca di Lionel si aprì leggermente, rivelando una fila di piccoli denti e qualche rivolo caldo di saliva.
Un urlo terrorizzato uscì dalle sue labbra, poiché aveva appena appurato che ciò che aveva di fronte fosse proprio il mostro.
Il volto cadaverico era a pochi centimetri da quello rotondeggiante del bimbo, e con i suoi lineamenti severi e affilati lo scrutava spietato.
Era impressionante come potesse esprimere le proprie intenzioni pur non avendo tratti somatici.
Le gambe di Lionel mossero qualche passo indietro automaticamente, e le mani andarono a coprire il visino, quasi come se sarebbe bastato non vedere l'essere per proteggersi da lui.
La testa era completamente sgombra da ogni pensiero.
Ad un tratto, il terrore invase il piccolo corpo di Lionel, scuotendolo come una banderuola.
Prese a tremare dalla testa ai piedi, e i denti cominciarono a sbattere rumorosamente, mentre gli occhi si appannavano di lacrime umide e salate.
Il mostro sembrò quasi ridere; aveva emesso un verso sordo, gutturale.
Quello bastò a ridestare il bambino dal suo ammutolimento.
Prese a correre più veloce che poteva nella direzione da cui era venuto, dando le spalle all'essere.
Gli stivaletti di gomma facevano fremere e sgretolare i fiocchi di neve sotto di loro, che al passaggio di Lionel si spezzavano in miliardi di scagliette trasparenti.
L'unico suono che le orecchie gelate del bambino potevano sentire era il rombo dell'aria, unito alla neve calpestata.
La testa non osava girarsi, e Lionel si ritrovò a tratti addirittura a correre con gli occhi chiusi.
Le lacrime ormai scorrevano per le gote colorate di un vivido rossore, le manine serrate in deboli pugni.
Ormai le gambe stavano per cedere, ogni singolo muscolo implorava pietà, ma il bimbo continuava a correre in preda al panico più totale.
Ai lati della sua visuale vi erano solamente gli alberi che passavano veloci, quasi come se fossero loro ad avvicinarsi a lui, e non il contrario.
Sentì un durò colpo al piede sinistro, e nella velocità della corsa non poté frenare l'inevitabile caduta, che gli fece sbattere il mento contro il duro manto di neve.
La sfortuna volle che la lingua si trovasse in mezzo ai denti, così, al momento della caduta, questi si serrarono, facendo colare alcune gocce di sangue sul ghiaccio candido.
Lionel gemette per il dolore, e ingoiò il liquido metallico.
Pensò di essere inciampato su una radice sporgente, e rapidamente fece forza sulle braccia per rimettersi in piedi, col cuore che gli batteva a mille.
In lontananza, proprio davanti a lui, scorse i distinti tratti di una pagina.
Allungò il braccio destro in quella direzione, come a potersi allungare fino a prenderla, ma non appena si rimesse in piedi qualcosa lo fece sbattere ancora una volta contro il ghiaccio gelido.
Fu allora che Lionel, disperato, si girò indietro.
Ciò che aveva causato la sua caduta non era una radice, ma un tentacolo.
Seguendo la viscida escrescenza nera, il suo sguardo marino si posò sulla creatura che lo inseguiva, dalla cui schiena ora spuntavano ben sei tentacoli, lunghi e sinuosi, che sembravano aver vita propria.
Questi si muovevano infatti come dei serpenti, esibendosi in artistici e dinamici spostamenti in aria; quello che stringeva la caviglia del bimbo era al tatto scivoloso e ruvido al tempo stesso, come ricoperto da squame.
La presa intorno alla gamba era possente e stretta, e Lionel sentì il sangue cessare di arrivare al piede, ormai intorpidito e dolorante.
Inesorabilmente, il bambino veniva trascinato verso il mostro, che impassibile lo fissava dall'alto della sua esagerata statura.
Lionel si dimenò disperato, graffiando con le unghie il viscido tentacolo che lo avvolgeva, e che rappresentava la sua condanna a morte.
Un viscoso liquido nero fuoriuscì dai superficiali tagli che il bambino infliggeva alla pelle squamosa, ma il mostro non sembrava risentirne minimamente.
Il bimbo urlò terrorizzato, e vide l'essere bianco gettare il capo all'indietro.
Che si fosse arreso?
Un'apertura nera come l'oblio si tracciò sul volto del mostro, per poi divenire sempre più larga e profonda, rivelando numerose file di denti aguzzi e una lingua lunga e serpeggiante, incredibilmente scura.
La figura emise un ruggito che smorzò la quiete della foresta, che quasi disintegrò i timpani del bambino, che urlò atterrito.
Quella doveva essere... una sorta di bocca, probabilmente.
No! No!
Lionel aveva il viso inondato di lacrime, e si lamentò in modo straziante quando il tentacolo che gli avvolgeva la caviglia lacerò la sottile pelle che la ricopriva.
Il sangue cominciò a sgorgare a fiotti, zampillando sulla neve.
Il mostro salivò, e le gocce dense e trasparenti si mischiarono a quelle amaranto del bambino.
Oramai mancava meno di un metro tra il piccolo e l'essere senza volto, e le orecchie di Lionel presero a fischiare insistentemente, con la testa che stava per scoppiare dal dolore.
Tentò un'ultima mossa disperata, e cercò di ancorarsi alla neve con le dita, ma il mostro continuava a trascinarlo inevitabilmente verso le sue fauci, e Lionel si spezzò parecchie unghie raschiando le radici emerse dalla coltre innevata.
No... ti prego!
Il bambino supplicò mentalmente, ma la morte sembrava non poter fare a meno di lui.
La lingua dell'essere era talmente vicina alle sue gambe che Lionel poteva sentire il fiato bollente e i rivoli di bava colanti dalla bocca spalancata in un ruggito.
Il mostro sollevò il bimbo da terra aiutandosi con altri due tentacoli, e lo trattenne in modo da fissarlo davanti a lui.
Alcune gocce di sangue scarlatto colarono dalle ferite inferte sulla caviglia e sul busto del bambino, che veniva stretto nella morsa dell'entità. Il liquido scivolò fino a terra, macchiando la neve immacolata, bagnata solo dalla saliva dell'essere.
Lentamente, il tentacolo che avvolgeva il torace di Lionel cominciò a stringere la presa, facendogli mancare il fiato.
Il bambino urlò dal dolore, e seguì un rumore di ossa che si rompono.
La vista di Lionel si faceva sempre più confusa, e la testa sembrava voler esplodere come un'anguria troppo matura.
Un altro tentacolo gli avvolse il polso destro e cominciò a stritolarlo, facendogli assumere una strana ed innaturale posizione.
Non era rimasto nemmeno un briciolo di fiato nei polmoni del bimbo, che stremato dal dolore abbandonò la testa all'indietro.
L'essere emise un lungo ringhio, e avvicinando le fauci al corpo morente di Lionel, addentò la carne della spalla sinistra, lacerando muscoli e tendini.
Il sangue schizzò dappertutto, sporcando in modo madornale la coltre di ghiaccio sottostante e il volto bianco del mostro.
Finalmente la presa sul piccolo Lionel si annullò, abbandonandolo a terra in una pozza ematica.
In quel momento, la creatura senza volto si soffermò a guardare il cadavere straziato: la quarta costola sternale sporgeva dal fianco sinistro, lacerato in più punti. Lembi di carne erano sparsi intorno al corpo, altri legavano ciò che rimaneva del torace.
Il polso era girato in un angolo retto, l'attaccatura tra ulna e osso semilunare squarciata per metà, così come il legamento carpale.
Gli occhi erano aperti, bianchi, girati all'indietro, e dalla bocca semiaperta fuoriusciva un sottile rivolo carminio, che contrastava con la pelle quasi diafana del viso.
Come in un quadro, comparvero a turno numerosissimi piccoli corpi, di bambini morti appesi alle betulle. Molti erano impiccati, altri addirittura infilzati nei rami.
Tutti con gli occhi girati, opachi, incapaci di vedere che un'altra piccola vittima si era unita a loro.
Fiumi di sangue presero a colare lungo gli altissimi tronchi degli alberi, fino a toccare lo strato ghiacciato, sporcandolo come farebbe il latte nella marmellata alle fragole.
Nella quiete di quel muto tormento, l'essere prese quasi con delicatezza il corpo senza vita di Lionel, e con l'aiuto dei tentacoli lo infilzò in uno dei tanti rami scuri, destinati a tingersi di porpora.
Ancora una volta, aveva dimostrato ai mortali che lui esisteva, che la sua non era solo una leggenda nata per spaventare i più piccoli, che la minaccia di Slenderman era reale ed incombente.
Purtroppo, nella sua ricerca era rimasto ancora deluso, ma la notte di Natale avvera sempre ciò che desideriamo...

 

[Angolo dell'autrice]
Ed ecco la storia finita!
Spero che vi sia piaciuta e che l'abbiate trovata soddisfacente, o almeno un bel modo di trascorrere qualche minuto delle vostre vacanze natalizie ^^
Passo alle spiegazioni...
il titolo significa “Artiglio Lugubre”.
Il nome di Lionel viene dal killer Lionel Alexander Tate.
L'impermeabile giallo che indossava, era un omaggio a Giorgie, bambino del film horror It (amo Pennywise X3), che indossava lo stesso indumento.
Alla fine la “ricerca” di cui parlo è ovviamente quella del figlio che Slenderman intraprende costantemente (nella storia originale cerca appunto il figlio che ha perso in un incendio, anche se esistono molte versioni diverse della storia).
La similitudine con la marmellata alle fragole è invece un richiamo al personaggio di Beyond Birthday di Death Note, serial killer che amo profondamente *w*
Essendo questo uno Speciale di Natale, ho ambientato le vicende proprio in questo periodo :3
A breve dovrei riuscire a pubblicare anche il remake della storia sulle origini di Laughing Jack (praticamente sconosciuta in Italia T_T) ^^
Spero che la one-shot vi sia piaciuta e che abbiate voglia di lasciarmi una recensione!
Buone feste a tutti! *^*
Alla prossima,
-Amekita-

 

  
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