Film > Basil l'Investigatopo
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Autore: Bebbe5    28/12/2014    4 recensioni
Rattigan è tornato in azione e tocca di nuovo a Basil sconfiggerlo. Ci riuscirà anche stavolta? Per tutti i fan dell'argomento. [capitoli e titolo modificati e corretti]
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 32

In piedi accanto alla finestra, Cornelia cercava di scrutare tra le piccole fessure delle travi che la sbarravano, più per impiegare il tempo che non per capire dove si trovava, cosa a cui aveva rinunciato ormai da un po’.
Nei momenti in cui lasciava vagare la mente a ruota libera, si chiedeva disperatamente che cosa ne sarebbe stato di lei, ma soprattutto che cosa ne era stato dei suoi amici. Era chiaro che si stava preparando qualcosa in quella casa, qualcosa di grosso, e che il loro avversario non voleva ostacoli sulla sua strada. Si era però accorta che, da qualche giorno a quella parte, i rumori si erano un po’ placati, come se ormai l’operazione fosse quasi conclusa. Quindi, come era logico supporre, anche lei presto avrebbe scoperto quale sarebbe stato il suo destino.
Quello era un altro dei punti oscuri, visto che non riusciva proprio a capire cosa avessero in serbo per lei. Già il rapimento le era parso assurdo: perché l’avevano presa, tanto per cominciare? L’unica spiegazione che le era venuta in mente era per tenere a bada Basil nel caso, quanto mai probabile, che fosse riuscito a fuggire.
Mentre si arrovellava su queste ipotesi, sentì dei passi che si dirigevano verso la sua stanza. Erano familiari, quindi doveva trattarsi per forza di Elizabeth. Strano che venisse a quell’ora, visto che era presto per la cena. Un brivido le corse lungo la schiena senza che lei potesse impedirlo quando comprese che, probabilmente, era giunta l’ora della verità. Rimase ferma nella sua posizione anche quando sentì la porta aprirsi, senza voltarsi a guardare la nuova arrivata che le si rivolse con voce gioiosa.
“Ho una buona notizia per te, Cornelia. Stasera uscirai di qui.” Le disse la topolina, avvicinandosi e mettendosi accanto a lei. Solo allora l’altra si voltò lentamente a guardarla.
“Mi stai dicendo che sono libera?” chiese, ricevendo una risata in risposta.
“Non è quello che ho detto. Uscirai da questa stanza per recarti nella tua nuova collocazione. Una volta là dovrai attendere fino a nuovo ordine.”
“E come mai mi spostate? Perché non posso rimanere qui?”
“Quante domande, Cornelia. Peccato che io non abbia l’autorità per risponderti. Coraggio, seguimi senza fare storie e ti assicuro che andrà tutto bene.”
L’altra la fissò, valutando se ribellarsi e cercare di fuggire o arrendersi subito. Considerata l’assurdità della prima opzione, sospirò e si decise a seguirla. Elizabeth, per tutta risposta, le sorrise:
“Bravissima, sapevo che saresti stata ragionevole. Vieni” le disse, offrendole un braccio che fu prontamente rifiutato. Le due uscirono dalla stanza e due ragni presero a scortarle al piano inferiore. Mentre camminavano lungo il corridoio, Cornelia poté vedere bene per la prima volta la casa in cui era stata trattenuta visto che, al suo arrivo, era stata in fretta e furia condotta nella sua stanza: era molto ben tenuta, anche se decisamente tetra e buia, probabilmente a causa del suo status di covo criminale. Si chiese come avessero fatto i vicini a non accorgersi di nulla, a non vedere le finestre sbarrate, a non incuriosirsi. Quelle domande, per il momento, erano destinate a rimanere senza risposta. Una volta scese le scale, Elizabeth la condusse ad una porta, presumibilmente quella della cantina e le intimò di aprirla. Effettivamente, dall’altro lato, c’era una rampa di gradini che sparivano nell’oscurità sottostante. Utilizzando una lampada che le era stata fornita, scese le scale ritrovandosi in uno scantinato dal basso soffitto, fatto completamente di mattoni e di legno. Era anche più grande di quanto si sarebbe potuta immaginare, sembrava quasi che fosse un immenso corridoio… no, un attimo, in effetti era un immenso corridoio visto che, alla sua sinistra, alla luce di alcune torce appese al muro, poteva vedere che le pareti correvano parallele per diversi metri.

“Andiamo” le disse Elizabeth, indicandole quella direzione. “Cammina ed ignora le voci.”

Cornelia la guardò sgranando gli occhi: ignora le voci?! E con quello cosa voleva dire? Si guardò bene dal pronunciare quegli interrogativi ad alta voce, preferendo invece avviarsi. Mentre camminava, si accorse che le pareti del corridoio, ad intervalli regolari, si aprivano su delle stanze chiuse da sbarre, delle vere e proprie celle. Dentro ciascuna di esse, stavano due topi che, al loro passaggio, li fissarono, cominciando a chiedere di essere liberati, alcuni con voci molto autoritarie, altri con modi decisamente volgari. Alla sua sinistra c’erano gli autoritari, a destra gli altri. Cosa stavano pianificando quei criminali? Passò il tragitto a chiederselo ed a formulare ipotesi in merito senza però giungere a niente, cercando sempre di ignorare le voci di quei topi imprigionati che gridavano all’affronto, alla congiura, al tradimento e ad altre cose che persino la sua mente si rifiutava di ripetere. Dopo un po’, le celle scomparvero ed i quattro si ritrovarono a proseguire il cammino mentre l’aria si faceva sempre più pesante. Il terreno su cui posavano i piedi, però, era costituito da pietre che, nonostante la notevole umidità dell’ambiente circostante, faceva sì che potessero camminare all’asciutto. Probabilmente, si disse Cornelia, si trovavano in una specie di tunnel segreto di quelli che servivano per far scappare velocemente i topi che potevano essere in disaccordo con la monarchia vigente o che erano perseguitati per altri motivi (in fondo, anche loro come gli umani avevano avuto dei tempi bui). La “passeggiata” le parve infinita, i piedi le si erano fatti pesanti (non che non fosse allenata a muoversi molto, ma non era abituata a cose simili). Alla fine, giunsero davanti ad una scala molto angusta che saliva a chiocciola verso l’alto. Dopo essersi voltata verso Elizabeth, notando che i ragni che le avevano accompagnate si erano ritirati, ed aver ricevuto un cenno d’assenso, Cornelia cominciò a salire i gradini, sentendo l’aria farsi mano mano più respirabile, com’era logico aspettarsi visto che stavano tornando a posare i loro piedi sulla terra e non sotto essa. Arrivata in cima, prese una bella boccata d’aria e sentì la sua compagna fare altrettanto: evidentemente anche lei non era abituata a quel genere di percorso. Una volta che entrambe si furono riprese, Elizabeth la condusse ad una porta, aprendola. Subito, un vociare indistinto giunse alle orecchie dell’attrice: i toni, però, non erano spaventati o confusi, ma sembravano tranquilli, quasi… divertiti.

Elizabeth si voltò verso di lei e le disse: “Non una parola”  prima di prenderla a braccetto e condurla lungo un corridoio, molto diverso da quello che aveva attraversato fino a quel momento, in quanto pulito, ben arredato, ampio e luminoso. Mentre lo attraversavano si accorse che l’ambiente le era decisamente familiare: ma certo, era la casa di Elizabeth, dove aveva passato molti momenti diversi anni prima quando ancora erano amiche. Mentre attraversavano il corridoio , vide che, alla sua destra, si apriva una doppia porta di legno lucido, la quale dava su un’ampia sala illuminata, piena di topi intenti a conversare amabilmente tra di loro: era evidente che si trattava di una festa, o comunque di una cena elegante. Dal poco che scorse, vide che alcuni invitati avevano una maschera sul viso, altri no invece, ma non fece in tempo a chiedersi che logica ci fosse dietro quella differenza, visto che Elizabeth la condusse su per una scalinata, facendole salire due rampe strette prima di giungere ad un pianerottolo. Percorsi pochi passi, la topolina si fermò aprendo una porta alla loro destra e facendoci entrare Cornelia.

“Ecco il tuo nuovo alloggio. Te lo ricordi, vero? Spero che ti piaccia come l’ho arredato, anche se non dovrai starci per molto tempo.”

L’altra era nel frattempo entrata nella stanza, costatando che non era molto diversa da quella che ricordava, eccezion fatta per l’unica finestra la quale era stata accuratamente murata. Non fece nemmeno in tempo a dire qualcosa che la porta si richiuse alle sue spalle. Udì la chiave girare nella toppa e dei passi allontanarsi. Sospirando, si sedette sul letto e si mise di nuovo a pensare, arrivando a supporre che ci fosse un’unica spiegazione per il suo spostamento: qualcosa – o più probabilmente qualcuno – si stava muovendo e ciò aveva messo in allerta i criminali tanto da farla portare in un luogo più sicuro. Se la questione la rincuorava da un lato, dall’altro la faceva sentire inquieta: questo perché i suoi carcerieri non avevano avuto alcuna fretta, né si erano mostrati eccessivamente nervosi, il che significava che pensavano di avere ogni cosa sotto controllo. Aveva una brutta sensazione, ma anche la speranza che tutto, presto o tardi, si sarebbe risolto.

 

 

Frattanto, in una strada a qualche miglio di distanza…

 

Tre ombre si muovevano nei pressi del Parlamento inglese, a Westminster. Facevano il possibile per non dare nell’occhio, mentre cercavano il punto esatto da cui fare il loro ingresso. Sapevano di dover entrare nell’edificio, ma la porta principale non era un’opzione da dover considerare e così le altre porte. Dopo aver vagliato diverse possibilità, avevano deciso di sfruttare una strada poco convenzionale: le fognature. La scelta aveva fatto preoccupare Topson e non poco: Basil sapeva orientarsi perfettamente in quell’ambiente, ma per Rattigan era come tornare a casa. Chi li assicurava che, una volta entrati, non li avrebbe attirati in un punto a lui favorevole per poi ucciderli? Aveva provato a spiegare le sue perplessità e paure all’amico investigatopo, ma non ci era riuscito perché l’altro l’aveva zittito. Sapeva di doversi fidare di lui, ma non riusciva a scacciare la sensazione di disagio che l’aveva pervaso. Era stata proprio quest’ultima a fargli decidere di portare non solo il revolver, ma anche alcune munizioni di riserva per ogni evenienza.

“Ecco, ci siamo” annunciò il Professore, avvicinandosi ad una grata all’angolo della strada “Questa ci condurrà proprio sotto il Parlamento.” Continuò, mentre Basil gli si affiancava, scrutando la grata sotto di sé, prima di chinarsi ed aprirla.

“Vado prima io, tu mi segui e Topson starà in fondo.” Dichiarò. Il dottore, rimasto poco indietro, si aspettava che Rattigan replicasse, ma questi si limitò a stare in silenzio, alimentando la sua sensazione riguardo il fatto che qualcosa non andava. Basil però parve non curarsene perché cominciò a scendere nel condotto, seguito dal criminale che, prima di sparire oltre il bordo della strada, rivolse un sorrisetto a Topson. Quest’ultimo, dopo solo alcuni istanti di esitazione, si affrettò a scendere a sua volta, richiudendo la grata dietro di sé.

Una volta toccato il fondo con i piedi, si accorse che l’oscurità era pressoché totale, se si escludeva la luce flebile che filtrava tra le inferriate sopra di loro. Fortunatamente, Basil aveva portato con sé una lanterna cieca che si affrettò ad accendere, scrutando l’oscurità.

“Da che parte, Professore?” chiese, puntando il fascio di luce alla loro destra e poi alla loro sinistra.

“Di qua” rispose Rattigan, incamminandosi prima di venire bloccato dall’Investigatopo. “La disposizione resta quella di prima.” Dichiarò, prima di dirigersi nella direzione indicata dal criminale. Questi lo seguì senza battere ciglio, seguendo il suo temporaneo alleato lungo il cunicolo con Topson dietro di loro. Camminarono per un po’, prendendo svolte ed infilandosi in corridoi sempre più stretti finché non raggiunsero il punto che, a detta sia di Basil che di Rattigan, li collegava al Parlamento sopra di loro. Dopo essersi guardati un po’ attorno ed aver esaminato il terreno circostante, imboccarono un corridoio che, secondo Topson, li avrebbe condotti dall’altra parte del Tamigi. Così non fu però perché, ad un certo punto, dopo una svolta, cominciarono a dirigersi verso la parte orientale della città, prima di tornare leggermente verso nord. Si stavano dirigendo, il dottore si rese conto, verso la zona ricca della città, il che rendeva il tutto ancora più incomprensibile ed inquietante: se anche le classi alte erano coinvolte, chissà quanto era grande l’organizzazione contro cui avrebbero combattuto, forse anche più grande di quella di Rattigan. Immerso in questi pensieri, per poco Topson non andò a sbattere contro quest’ultimo, che si era fermato in mezzo alla strada. Anche Basil, si rese conto il dottore, si era fermato e stava scrutando dietro l’angolo.

“Scale che portano verso l’alto” comunicò l’investigatopo in un sussurro. “Un corridoio che si apre sulla sinistra. Sento delle voci provenire da lì.”

Anche Rattigan sbirciò da sopra la testa di Basil.

“Conosco questo posto, fa parte di una rete sotterranea che collegava il Parlamento ad alcune delle case nobiliari di Londra. Da qui sono passati molti documenti, o anche individui, che dovevano essere fatti sparire con discrezione, o semplicemente dei Lord che preferivano questa via al traffico della superficie” Spiegò agli altri due.

“E la casa a cui portano quelle scale di chi è?” chiese Basil.
“Non ne ho idea, anche se dovremmo trovarci nei pressi di Kensington, a meno che non mi sbagli di grosso.”

Topson ascoltava quella conversazione senza intromettersi: aveva vissuto a Londra per la maggior parte della sua vita a Londra e sapeva che la città aveva molti segreti, reti sotterranee comprese, ma non aveva mai pensato che fossero di un’entità così vasta, ritenendo che spesso le voci al riguardo fossero una mera esagerazione. Invece, ora che ci si trovava, si rendeva conto che, forse, erano lontane dalla verità. Nel frattempo, gli altri due avevano continuato a parlare tra loro, cercando di stabilire quale fosse la strategia migliore da seguire.

“Io direi di andare al piano superiore, i Parlamentari potrebbero essere tenuti prigionieri lì dentro.” stava proponendo Basil, scrutando le vie davanti a loro.

“Sembra troppo semplice, non trovi? Sappiamo entrambi che ci stanno aspettando, magari sanno già che siamo in movimento e vogliono attirarci lì.” Replicò Rattigan.

“E allora cosa proponi?”

“Dividiamoci, voi andate di sopra e io vado di là.”

“Non se ne parla assolutamente, rimarremo uniti.”

“Perdendo tempo e facendoci scoprire subito? Geniale Basil, davvero geniale.”

“Non ci scopriranno se facciamo attenzione. Andiamo.” Replicò l’Investigatopo, smorzando un po’ la luce della lanterna cieca, prima di procedere con cautela.

Rattigan lo seguì scuotendo la testa e Topson, suo malgrado, si scoprì ad imitarlo. Erano arrivati al bivio tra il corridoio e le scale e stavano per imboccare queste ultime, quando sentirono una voce.

“Capo, è lei?”

Un bisbiglio o poco più, ma bastò a far fermare Basil che scrutò l’oscurità del corridoio alla loro sinistra con un sopracciglio inarcato. Si voltò a guardare Rattigan che aveva la sua stessa espressione. Insieme, con il buon dottore dietro di loro, si avviarono in quella direzione. Man mano che si avvicinavano al punto da cui era provenuta la voce, cominciarono a sentirne altre.

“È lui, lo sapevo.”

“Sì, è venuto a prenderci.”

Arrivati ad un certo punto, videro le celle da ambo i lati con dei topi dentro, solo che, mentre quelli sulla sinistra sembravano quasi ritrarsi nell’ombra, forse spaventati da Rattigan, quelli sulla destra erano attaccati alle sbarre, con dei grandi sorrisi sulle labbra.

“Pronti a prendervi la rivincita?” chiese il professore.

“Sì!” fu il grido unanime.

“Basil, guarda qua” disse Topson che, nel frattempo, si era avvicinato all’altro lato del corridoio. L’amico, dopo aver lanciato un’ultima occhiata a Rattigan, lo raggiunse con la lanterna cieca e sorrise.

“Bene signori, direi che questo potrebbe essere il momento di uscire da qui.” Disse, rivolgendosi ai Parlamentari che cercarono di ricambiare il suo sguardo, coprendosi gli occhi con una mano, essendo ormai abituati solo alla flebile luce delle torce.

“Senza offesa, signor Basil, ma preferiremmo restare qui per ora.” Replicò uno di loro, guardando i topi dall’altro lato. L’investigatopo alzò gli occhi al cielo.

“Ma certo, bene.” Disse, voltandosi verso Rattigan che stava già armeggiando con la serratura della prima cella. “La prima parte del piano è stata superata, adesso dobbiamo passare alla seconda.”

“E chi ha mai detto che avremmo partecipato insieme alla seconda?” gli chiese Rattigan, smettendo di lavorare sulla serratura. “Credo che la tua parte finisca qui, Basil. Oserei dire che ogni cosa finisce qui. Appena i miei uomini saranno liberi, neutralizzerò te, il tuo amico e Moriarty e sfrutterò il suo piano per prendere il potere.”

“Credevi che non me lo aspettassi forse?” replicò Basil, mentre Topson metteva mano alla pistola. “Credevi che non avessi preso le mie precauzioni?”

“Beh, qui non le vedo” gli rispose Rattigan, allargando le braccia e guardandosi intorno con fare plateale. “Ci siete solo voi due e quel branco di conigli in gabbia. Non vedo proprio come tu possa anche solo lontanamente sperare di avere la meglio.”

“Capo?” lo chiamò uno dei topi in tono di avvertimento.

“Non adesso, sono occupato.” Ribatté lui, avvicinandosi a Basil che, a sua volta, fece un passo indietro. “Sai, me lo volevo gustare fino in fondo, ma abbiamo speso troppo tempo in parole e troppo a lungo ho represso il mio desiderio di strangolarti.”

“Provaci se ci riesci.” Lo provocò l’altro, sfidandolo con gli occhi.

“Sarebbe certo interessante assistere ad uno scontro tra voi due, ma non credo di avere tempo per queste cose.” Disse una voce beffarda, proveniente dall’imboccatura del corridoio da cui erano entrati.
Basil, Rattigan, Topson e tutti i topi si voltarono di scatto e si trovarono davanti Moriarty con altri cinque ragni che, in totale silenzio, si erano avvicinati a loro.

“Certo che non vi smentite proprio mai.” disse il ragno, muovendosi lentamente nella loro direzione. “Riuscite a fuggire la prima volta e vi fate riprendere come dei novellini. Padraic, da te poi non me lo aspettavo, sei sempre stato così scaltro.” Continuò, suscitando delle risate negli altri intorno a lui ed un’occhiataccia da parte di Rattigan. Il ragno, però, proseguì imperterrito ed incurante.

“Un’alleanza… che cosa patetica, vista anche la rapidità con cui è crollata. Una decisa caduta di stile da parte di entrambi, ma una grande semplificazione per me.”

Topson alzò lo sguardo e vide che c’erano altri ragni sopra di loro. Tirò la manica di Basil per attirare la sua attenzione, ma l’amico sembrava attirato da Moriarty che, intanto, continuava a parlare.

“Un po’ deludente forse, perché speravo che questo gioco sarebbe durato più a lungo, ma evidentemente mi ero sbagliato. Ah, per quanto riguarda la vostra amica, me ne sono occupato personalmente.” disse precedendo la domanda e sorridendo quando vide Basil stringere i pugni e rivolgere un’occhiata truce a Rattigan.

“Oh, ma non vi preoccupate ora ci occuperemo anche di voi.”

“Se non ci muoviamo prima noi. Professore…” replicò l’investigatopo, alzando ed aprendo la lanterna cieca in direzione di Rattigan che, estratta una polverina dalla tasca, la soffiò sopra la fiamma in direzione dei ragni davanti a loro, facendoli arretrare tossendo. Basil poi si affrettò a chiudere la lanterna facendo piombare l’ambiente circostante nella semi-oscurità.

 

FINE DEL CAPITOLO

 

 

 

 







 

  
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