Quel pomeriggio, nel giardino di casa Penniman, c'era silenzio. Michael rientrava a casa a piedi da scuola, sotto la neve incessante, come sempre nell'ultima settimana. A Parigi nevicava forte, per strada c'era perennemente traffico, dai Penniman perennemente grida. Ma quel giorno c'era il silenzio più totale, nella casa più rumorosa del quartiere. Strana, ma non unica, come situazione: Jonni Penniman era famosa per il potere che aveva sui figli, incluso quello del silenzio assoluto.
Mika aveva cercato in tutti i modi di raggiungere il piccolo cancelletto di casa sua senza scivolare, sin da quando era partito da scuola: lo prendevano già abbastanza in giro, non serviva anche una rovinosa caduta sul ghiaccio di fronte a Jessie Jeimin, la più popolare, bella e desiderata, la classica poco cervello ma molti capelli che tanto piaceva ai ragazzi; non a Michael, ma si sa, i popolari sono i primi da convincere quando si è nuovi.
Stranamente, Michael riuscì nel suo intento: arrivò a casa con le calze zuppe, ma i pantaloni ancora a posto, senza neve, acqua o altro. Ma poi, sentì quel silenzio, che in casa sua era una benedizione che manco il Papa in salotto sarebbe riuscito a portare, lo sapeva bene. Le opzioni erano due: o non c'era nessuno, o la mamma era arrabbiata. Quindi, orecchie aperte, cercando di fare meno rumore possibile, Mika aprì il cancello. La siepe che costeggiava il vialetto era completamente innevata, e il lastricato, ancora intatto e salvo da impronte, candido come lo zucchero a velo sul pandoro. La neve si accumulava lieve sul tavolo che in estate ospitava grigliate di massa. In effetti, tutto sembrava un po' un dolce natalizio. Mika amava il Natale, era un periodo così felice e gioioso, di festa e da passare in famiglia; non che avesse avuto amici con cui passarlo se ce ne fosse stata l'occasione, in ogni caso: era un tipo solitario per costrizione, lui, nel senso che era stato isolato quasi dall'inizio dell'anno scolastico da quasi tutti, e poi si sa come vanno queste cose, uno dei popolari dice che sei uno sfigato, e tale sei e rimani fino a quando non te ne vai, anche in quel caso, per costrizione. Parigi era una grande città, e non era facile: diciamo che, se la capitale fosse stata una persona, sarebbe stata molto simile a Jessie Jeimin, solo un po' più intelligente. E a Michael non piaceva Jessie Jeimin.
Michael non odiava Parigi in sé, Michael odiava la Parigi della scuola e delle persone, nessuno lo accettava, ma nessuno provava nemmeno a conoscerlo, avendo quindi la possibilità di esprimere pareri sulla persona.
"No, anche in quel caso, non potrei essere considerato al pari di Jessie...neanche al pari di Rowley, però." pensava, un po' sollevato.
Rowley era il campione della gara di rutti e sporcizia della scuola circa tre anni, stando alle voci di corridoio, e piuttosto di sedersi accanto a lui, Michael diventava il migliore amico di tutti, tutti gli volevano improvvisamente bene e volevano sedersi proprio di fianco a lui. O di fronte, non faceva differenza.
Assorto nei suoi pensieri, Mika sentì solo bum! bum! bum!
Cadde a terra, e poi l'acqua cominciò a inzuppargli i vestiti: Paloma, dietro al muretto, rideva apertamente; Zulaika, sul balcone, ci stava provando, a trattenersi; Yasmine, sotto il tavolo, si rotolava, tenendosi la pancia. Michael, nella neve, a terra, prese ad urlare:
-Fortunè! Fortunè Penniman! Dammi una mano, inutile ragazzo!- che, in francese, suonava molto raffinato e carino.
E poi, dalla siepe uscì lui, proprio lui, il fratellino che tanto piaceva a Mika, con un sorriso di scuse imbarazzato sul volto: gli si avvicinò, nascondendo una mano dietro la schiena, si piegò su di lui e gli tese l'altra. Michael sorrise, e la afferrò, convinto di recevere aiuto; ma Fortunè, in preda ad un attacco di cattiveria, lo lasciò cadere nuovamente e, dalla mano nascosta, tirò fuori una palla di neve perfettamente tonda: la spiaccicò sulla faccia del fratello piú grande. Mika sentì il sapore della neve sporca in bocca. Sputacchiò, e si pulì gli occhi.
-Per tutte le volte che mi hai fatto cadere dal passeggino, stronzetto!- si giustificò sprezzante il ragazzo.
E se ne andò, battendo il cinque alle sorelle.
"Tradito, anche da lui. Chi mi rimane, ormai, povero me?" pensò il ragazzo disteso nel freddo candore della neve.
Si rialzò, con una certa fatica, ed entrò in casa.
-Mamma! Posso parlarti?- urlò alla madre, sua difesa: ecco chi gli restava.
"Ora vi faccio vedere, e chi la sente poi la mamma!"
E sogghignando, raccontò tutto al suo gentile angelo custode, certo che tutta la sua compostezza sarebbe andata persa di fronte ai quattro spietati malfattori, che erano poi i suoi fratelli.
Spazietto: Mika non è così cattivo, e nemmeno i suoi fratelli, credo, ma mi piace troppo nella parte della piccola vittima un po' vendicativa, quuuindi, eccovi qui questa grandissima idiozia. Recensioni sempre gradite, grazie a chi è arrivato fin qui. Scusate eventuali errori di battitura, io e il tablet non andiamo d'accordo. Baciiiii a tuttiiii