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Autore: Kary91    28/12/2014    8 recensioni
[Joel Jr. (figlio di Gale) centric|Posy&Joel|Next Generation Hawthorne (più bimba Mellark)|Fluff|Slice of Life]
“Ti abbiamo preso il cielo” annunciò Prim con un sorriso dolce, appoggiandosi alla sua sedia.
Posy rimirò stupita il contenitore, facendolo roteare; sul coperchio, la scrittura infantile ma ordinata di Prim recitava: ‘il cielo di zia Posy’. Lo sguardo della giovane cercò subito quello di Joel, che le rivolse un sorriso vispo.
“Aprilo” la incoraggiò, premendo un dito sul tappo di sughero. ”Il cielo non scappa, te lo prometto!”
Forse siamo tutti un po’ dei pezzi di cielo, noi Hawthorne. Ed è per questo che guardiamo sempre in su, sperando di poterci volare dentro.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bimba Mellark, Famiglia Hawthorne, Gale Hawthorne, Posy Hawthorne
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Figli del Giacimento - The Hawthorne Family.'
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Questa storia partecipa al contest a turni “1 su 24 ce la fa” [Hunger Games Contest]di ManuFury, alla Challenge "30 modi di amare, più qualche delizia" indetta da Eireen_23"e alla Challenge "Sulle ali della Fantasia" indetta da Dark_Wolf.

Premessa. Questa storia è ambientata in un ipotetico futuro post-epilogo; da circa un annetto e mezzo Gale è tornato a vivere nel Distretto 12 assieme al suo figlio, Joel, e a Johanna Mason che vive con loro. Rory, Vick e Posy sono ormai grandicelli e i primi due hanno una famiglia e dei bimbi, mentre Posy – ormai ventunenne - è fidanzata con un signorino pel di carota di nome Dru. I protagonisti della storia sono i nuovi piccoli di casa Hawthorne: Joel, come ho accennato prima, è il figlio di Gale. Prim e Evan sono i due bimbi di Rory. June e i due gemelli – Adam e Noel – sono figli di Vick. Haley Mellark, infine, è ovviamente la bimba di Katniss e Peeta.

 

Un Barattolo di cielo

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Il pavimento della Casa Blu Cielo[1] di zia Posy scricchiolava più del solito, quel pomeriggio. Joel stava incominciando a pentirsi di aver scelto il fortino per la riunione straordinaria fra cugini; sette bambini stipati in una vecchia casetta non erano il massimo, ma non gli era venuto in mente nulla di meglio, così si sarebbero dovuti accontentare.

Contò i presenti per assicurarsi che ci fossero tutti; individuò i gemelli seduti a gambe incrociate sul pavimento, intenti a giocare a pollice di ferro. Evan li stava osservando incuriosito, tenendosi le punte delle scarpe con le manine. June e Prim si erano sistemate sulla panca e stavano parlando di un cartone spaventoso che avevano visto in televisione. Infine c’era Haley, seduta di fianco a lui. Non era parte della famiglia, ma Joel aveva deciso di includere ugualmente la migliore amica nel loro progetto; lei e June, quando erano assieme, avevano inventiva da vendere.

“Silenzio, per favore!” esclamò il ragazzino, per attirare l’attenzione dei presenti. “Dichiaro aperta la riunione straordinaria dei nobili membri della casata degli Hawthorne.”

“Di cosa dobbiamo parlare?” domandò Noel, schiacciando il pollice del fratello con il proprio. “Le riunioni sono noiose”.

“Questa sarà divertente” promise Joel, sedendosi di fianco a Haley. “Dobbiamo pensare a un regalo da fare a zia Posy per il suo compleanno.”

“Zia Posy fa il compleanno?” domandò June, indirizzandogli un’occhiata sorpresa. “Zia Posy fa il compleanno!” ripeté poi, battendosi una mano sulla fronte, come se si fosse ricordata solo in quel momento dell’avvenimento imminente.

“Quanti anni fa?” s’informò Prim, rimirando le stelline dipinte sul soffitto della casetta.

“Ventuno” rispose Joel, scrivendo il numero sulla lavagnetta che Vick aveva affisso a una parete qualche mese prima. “È una data importante.”

“Che cosa vuol dire che è una data importante?” domandò Adam.

Joel si strinse nelle spalle.

“Nella Panem di una volta a ventun anni si raggiungeva la maggiore età” spiegò.

“Che significa maggiore età?” chiese ancora Noel.

“Significa che dobbiamo farle un regalo speciale” tagliò corto Haley. “Giusto, Joey?”

“Giusto, Halley[2]” confermò Joel, sorridendole riconoscente. I gemelli erano nella fase del ‘perché?’ e del ‘che vuol dire?’ ormai da qualche mese e la sua migliore amica sapeva bene quanto le loro domande continue lo mettessero in difficoltà. Spesso a Joel capitava di esprimersi in una maniera un po’ bizzarra – fin troppo adulta – per l’età che aveva e si sentiva in imbarazzo quando non riusciva a farsi comprendere dai cuginetti più piccoli.

In quel momento Prim alzò la mano.

“Però Haley non è parente di zia Posy” osservò, indirizzando un’occhiata confusa alla bambina. “Perché è qui anche lei?”

“Perché sono sua amica” si difese l’altra ragazzina. “E voglio farle anch’io un regalo.”

“Sì che è nostra parente” s’intromise a quel punto June, esibendo un sorrisetto malandrino. “Vuole sposare lo zio Gale!”

Prim e i gemelli ridacchiarono. Haley le indirizzò un’occhiataccia, mentre le sue guance si tingevano di rosso.

“Ma va…” ribatté, incrociando le braccia sul petto.“…Quello quando ero piccola.”

“Cioè l’anno scorso” non riuscì a trattenersi dal commentare Joel. Quando la bambina guardò male anche lui, distolse lo sguardo. Haley aveva una cottarella per suo padre da sempre e, fino a qualche mese prima, non aveva mai cercato di nasconderlo. Tuttavia, da quando era nato il suo secondo fratellino, aveva cambiato atteggiamento. Era diventata meno schietta e non assillava più Gale con le sue domande come era solita fare prima.

“Comunque Haley è nostra amica, quindi può restare” cambiò discorso il ragazzino, per tornare all’argomento principale della riunione. Aveva fretta di risolvere la questione del regalo e poi non gli andava di punzecchiare troppo Haley; era la sua migliore amica e aveva il compito di proteggerla, non quello di infastidirla.

“Torniamo a parlare del regalo per zia Posy. Perché non facciamo una lista di cose che le piacciono?” propose, tamburellando con il gesso sulla lavagnetta. “Magari così ci verrà in mente cosa potremmo prenderle.”

Gli altri bambini si trovarono d’accordo; uno a uno esordirono entusiasti con le loro proposte, mentre Joel le metteva per iscritto.

“Alla zia Posy piace il rosa brillante” esclamò June, saltellando per far vedere al cugino la sua mano alzata.

“No, le piace il blu!” la corresse Noel, scuotendo la testa. “E le piace questa casa!”

Joel annuì, segnando tutte e tre le cose sulla lavagnetta. Il blu e il rosa riflettevano alla perfezione la personalità di sua zia: la tinta più brillante lo faceva pensare alla sua vivacità e alla grinta che metteva sempre in tutto ciò che faceva. Il blu, invece, gli ricordava la pazienza che mostrava sempre con loro e la sua dolcezza.

“E le piacciamo anche noi” aggiunse Adam, agitando le ginocchia.

“Giusto” confermò Joel, aggiungendolo alla lavagna; zia Posy stravedeva per i suoi nipoti. Amava coccolarli e partecipare ai loro giochi. Il ragazzino ricordò con un sorriso le tante volte in cui aveva atteso con impazienza il suo arrivo, quando viveva ancora nel Distretto 2. Non era mai stato un bambino particolarmente espansivo, ma gli abbracci affettuosi della zia gli erano sempre piaciuti molto. La sua allegria era contagiosa e sembrava avere un effetto rilassante anche su Gale. E l’umore di Joel migliorava sempre a dismisura quando vedeva suo padre sorridere.

“Qualcos’altro?” chiese, voltandosi verso i cugini. “Evan?” interpellò il più piccolo che, dal basso dei suoi tre anni e mezzo, riusciva a stento a seguire di cosa stessero parlando. “Che cosa piace alla zia Posy, secondo te?”

Il bambino gli rivolse un sorriso allegro.

“Lo zio Dru!” esclamò, tornando a stringersi le punte delle scarpe.

“Beh, ma lo zio Dru la zia ce l’ha già” obbiettò June.

Joel lo segnò ugualmente sulla lavagnetta. C’erano comunque ben poche cose che Posy amasse più del suo fidanzato. I suoi occhi avevano un luccichio particolare quando si trovava assieme a lui.

“Le piacciono anche i tatuaggi!” esordì in quel momento Haley, sistemandosi la treccia. “Ed è bravissima a farli!”

“Anch’io voglio un tatuaggio!” s’introdusse nel discorso Adam, alzando la mano.

“Anch’io!” lo imitò meccanicamente il gemello, mentre, di riflesso, anche Evan sollevava il braccio.

“Abbiamo detto tutto, credo” osservò infine June, facendo spallucce.

Joel esitò, prima di annuire: aveva l’impressione che gli stesse sfuggendo qualcosa. Fu Prim a sciogliere il suo dubbio.

“A zia Posy piace il cielo” mormorò la bambina, sfiorando con i polpastrelli il ritratto di una ragazzina bionda appeso alla parete.

June a quel punto scattò in piedi, sollevando entusiasta la mano.

“Regaliamole il cielo!” esclamò.

Gli altri bambini incominciarono a discutere concitati, travolti in positivo da quella proposta.

Joel rifletté sulle parole della cugina: la sua idea era molto bella, ma un po’ difficile da realizzare. Il cielo, dopotutto, non si poteva di certo toccare. Avrebbero potuto regalare alla zia Posy qualcosa che glielo ricordasse, però.

“Tecnicamente è impossibile” mormorò, tornando a sedersi di fianco a Haley.

“Che vuol dire tecnicamente?” lo interrogò Adam, alzando la mano.

“In teoria” spiegò meglio il ragazzino.

“Che vuol dire in teoria?”

“Non si può fare” tagliò corto Joel, innervosendosi leggermente. Era arrossito ancora una volta, messo a disagio dalle domande continue dei suoi cuginetti. Sapeva che la loro confusione non era dovuta al suo modo di spiegare: Adam e Noel erano molto piccoli e facevano spesso domande sul significato delle parole. Eppure, non riusciva a fare a meno di sentirsi a disagio ogni volta che qualcuno lo fissava stranito o sembrava non capire quello che diceva. Non capitava spesso, ma andava a sommarsi alle tante piccole cose che notava e che lo facevano sentire un po’ diverso dai suoi coetanei. Dettagli come il suo modo di comportarsi, che alle volte risultava troppo maturo. O il suo senso dell’umorismo, più marcato e simile a quello degli adulti rispetto a quello di un qualsiasi bambino di nove anni. E perfino il modo in cui si ostinava a preoccuparsi e prendersi cura degli adulti che, a loro volta, si occupavano di lui.

Si abbandonò a quelle riflessioni per qualche minuto, dimenticando la riunione in corso e ignorando il chiacchiericcio vivace che lo circondava. Fu Haley a riscuoterlo da quei pensieri, tirandogli la manica della felpa.

“Sei arrabbiato per qualcosa?” chiese, rivolgendogli un’occhiata impensierita. Joel si affrettò a scuotere la testa.

 

“Vuoi stare un po’ da solo?” domandò ancora l’amica.

 

Istintivamente il ragazzino annuì. Haley gli strinse la mano per qualche istante, poi si alzò in piedi e fece cenno agli altri bambini di seguirla.

 

“Mi è venuta un’idea per il regalo di Posy” spiegò, scendendo giù dalla scaletta. “Venite con me, vi faccio vedere!”

 

In breve tempo il fortino si svuotò, lasciando Joel solo con i suoi pensieri. Il ragazzino ne approfittò per rimuginare sulle parole trascritte sulla lavagnetta, fino a quando non si accorse del familiare scricchiolio delle assi. Sbirciò fuori dalla finestra, aspettandosi di trovare Haley sulla scaletta. Quando si accorse di aver sbagliato intuizione si affrettò a cancellare il contenuto della lavagna con le mani, pulendosi poi sui pantaloni. Posy, a quel punto, s’intrufolò nella casetta.

 

“Ti ha mandata Halley?” chiese il ragazzino, rivolgendole un’occhiata insospettita. La giovane scosse la testa.

“No, ma vi ho sentiti confabulare fra di voi e ho pensato che steste complottando qualcosa. Così, mi sono incuriosita” spiegò, accarezzandogli i capelli. “Dove sono finiti tutti?”

 

“A cercare qualche scorpione rosa[3]” rispose il bambino, stringendosi nelle spalle. “Posso chiederti una cosa?”

 

Posy annuì, andando a sedersi di fianco al nipote.

 

“Com’eri da piccola?”

 

La ragazza gli rivolse un sorrisetto divertito.

 

“Una vera peste!” ammise, portandosi le ginocchia al petto. “Ero vivace come i gemelli e chiacchierona come June” spiegò, circondando le spalle del nipotino con un braccio. “Ma ero anche una sognatrice come Prim e tanto ostinata, proprio come te.”

 

“Sono ostinato?” chiese Joel, un po’ sorpreso. Di solito, quando parlavano di lui, le persone lo descrivevano come un bambino intelligente o educato. Erano in pochi a riconoscergli una certa testardaggine, tipica della maggior parte dei membri della famiglia Hawthorne.

 

“Eccome, se lo sei” confermò Posy. “Quando ti metti in testa qualcosa è difficile farti cambiare idea: questo l’hai preso dal tuo papà.”

 

Joel sorrise fiero, passandosi una mano dietro al collo.

 

“Adesso me lo dici come mai ti sei rifugiato tutto solo qua dentro?” domandò la ragazza. Il bambino distolse lo sguardo, avvertendo una nuova fitta di disagio punzecchiargli lo stomaco.

 

“È che a volte mi sento solo anche là fuori” ammise infine, appoggiando la nuca alla parete. “Non sempre. Solo a volte; di solito quando sto con gli altri bambini.”

 

Posy lo ascoltò con attenzione, giocherellando con un braccialetto che portava al polso; Joel lo osservò incuriosito, notando la forma particolare dei ciondoli appesi alla catenella: erano dei piccoli ovali trasparenti, contenenti ognuno una stellina dorata. Erano come barattoli, pensò. Tanti piccoli recipienti che proteggevano un tesoro al loro interno.

 

“È perché ti senti un po’ diverso da loro?” domandò infine la ragazza, passando una mano fra i capelli del nipotino. Joel scosse la testa.

 

“Non mi sento diverso: sono diverso” mormorò infine, prima di stringersi nelle spalle. “A volte vorrei essere un po’ meno cervellone.”

 

L’ultima parola scivolò a fatica oltre le sue labbra. In famiglia lo chiamavano così un po’ tutti, eppure, nell’ultimo periodo, si era sentito così intelligente molto di rado. A scuola si annoiava spesso, poiché le spiegazioni degli insegnanti sembravano ripetere allo strenuo sempre le stesse cose: concetti che lui aveva già compreso e assimilato durante i primi minuti di lezione. Era diventato distratto e svogliato, e faceva i compiti con una riluttanza sempre maggiore. Sì, era in grado di capire ed elaborare riflessioni ben fuori dalla portata dei suoi cugini, ma i suoi voti stavano calando drasticamente. Per quello non riusciva a sentirsi particolarmente intelligente.

 

Posy scosse la testa, prima di sollevargli con delicatezza il mento.

 

“A me piaci così come sei” dichiarò, sorridendogli con dolcezza. “Sei il soldato più in gamba e coraggioso che abbia mai varcato la soglia della Casa Blu Cielo. E se un giorno dovessi affidare a qualcuno il Regno di Posy, sceglierei proprio te, proprio perché sei così intelligente e premuroso. Perciò non dire mai più che vorresti essere diverso da come sei. Va bene?” concluse, prima di posargli un bacio sulla fronte.


Il bambino annuì, abbozzando un lieve sorriso. Zia Posy aveva il dono di farlo sentire meglio con poco: di solito bastavano delle rassicurazioni e qualche carezza. Doveva aver ereditato quella capacità dalla madre, perché anche la nonna di Joel, Hazelle, aveva lo stesso talento.

 

“Che cos’è quello?” domandò improvvisamente il ragazzino, notando qualcosa di blu sulla caviglia di Posy. Sembrava una scritta, ma riusciva a intravederne solo una parte oltre il lembo del calzino. “Un tatuaggio?”

 

“Già!” confermò la giovane. Scoprì la caviglia per permettergli di guardare meglio.

 

“Il cielo non crolla” lesse il bambino, sotto lo sguardo divertito della zia. Quella frase gli piacque subito; se la sentì risuonare nella testa per un po’, mentre ne assaporava il significato.

 

“È per questo che ti piace tanto il cielo?” chiese infine, ricambiando lo sguardo di Posy. “Perché non può cadere?”


La ragazza annuì.

 

“E noi nemmeno” aggiunse, scompigliando i capelli del nipotino. “Anzi, un giorno voleremo! E tu mi porterai a vedere il cielo da vicino. Me l’hai promesso, ricordi?”

 

Joel le sorrise.


“Non appena avrò il brevetto da pilota” confermò, ricambiando lo sguardo della giovane.

Gli occhi di zia Posy, in quel momento, gli ricordarono un po’ i ciondoli trasparenti appesi al suo braccialetto. Attraverso quegli ovali, così simili a dei piccoli barattoli, si potevano vedere le stelle. Dentro gli occhi di Posy, invece, Joel riusciva quasi a scorgere quella distesa azzurrina e incrollabile di cui la ragazza era tanto innamorata. Sua zia era come il cielo, si disse, facendo oscillare uno dei ciondoli del suo braccialetto. E, come se quel pensiero fosse stato il tassello mancante della sua lista, l’idea di un regalo perfetto gli balzò tutt’a un tratto alla mente.

“Devo scappare” esclamò, scattando in piedi e raggiungendo la scaletta. “Noi eredi della prestigiosa casata degli Hawthorne stiamo lavorando per te!” rivelò, sorridendo malandrino.

“Per me, eh?” ripeté la ragazza, serbandogli un’occhiata divertita. “Sono sempre più curiosa!”

Joel la salutò con un cenno della mano e corse in direzione del Prato dove, ne era certo, avrebbe trovato i suoi cugini. Lungo il tragitto si arrampicò su un muretto e lo percorse lentamente, un piede dopo l’altro. Sorrise compiaciuto quando riuscì ad arrivare al lato opposto senza aver mai toccato terra. Esultò per quel gioco così semplice, così come facevano sempre i gemelli quando passavano da quelle parti.

Come avrebbe fatto un bambino qualunque.

 

*

 

Il cortile di casa Hawthorne, decorato a festa per celebrare il compleanno di Posy, era stipato di gente. La ragazza aveva diversi cari amici e già solo i vari membri della sua famiglia occupavano tre quarti buoni dello spazio disponibile.

Joel sistemò il regalo per sua zia assieme agli altri pacchetti, in attesa che June radunasse tutti i cugini. Cercò Haley e la trovò intenta a disegnare qualcosa sul braccio di suo fratello Rowan, sotto lo sguardo pensieroso della madre. Joel decise di raggiungerli, notando Gale vicino a loro. Suo padre, che come al solito stava facendo del suo meglio per tenersi in disparte, aveva in braccio il piccolo David; il neonato sembrava dormire placidamente, nonostante il trambusto che gli vorticava attorno.

“Mamma, guarda!” esclamò in quel momento Haley, mostrando a Katniss il braccio sinistro. Rowan fece altrettanto, scoprendosi il polso pasticciato dalla sorella. “Ci siamo fatti dei tatuaggi come quelli che fa Posy, visto che è il suo compleanno. Nel mio c’è scritto Halley, come la cometa. Come me” aggiunse, sorridendo sbarazzina a Joel. Era stata lui a soprannominarla così, il pomeriggio in cui si erano incontrati per la prima volta: la vigilia del passaggio della cometa di Halley.

Joel ricambiò il sorriso, prima di rivolgersi al padre. Gli fece vedere la mano, mostrandogli un elaborato braccialetto di parole disegnato a pennarello sulla sua pelle.

“È il mio nome nell’alfabeto aeronautico” spiegò, ruotando il polso perché potesse vedere meglio.

Gale lo esaminò con attenzione, aggrottando le sopracciglia.

“Sei sicuro? Io ci leggo Joep…” osservò, sistemandosi meglio David fra le braccia. Joel analizzò la scritta con aria apprensiva.

“Ti sto prendendo in giro” lo tranquillizzò a quel punto il padre, stringendogli una spalla. “Hai avuto una gran bella idea per festeggiare zia Posy. Sei proprio un genietto” aggiunse, sorridendogli fiero. Joel ricambiò, contemplando orgoglioso la sua espressione serena. Quando era suo padre a chiamarlo genietto o cervellone, quei soprannomi assumevano una sfumatura diversa. Non erano fastidiosi, perché erano intrisi di un affetto speciale che l’uomo non aveva mai serbato a nessun altro. Per suo padre era perfetto così com’era; proprio come lo era per zia Posy.

In quel momento la festeggiata si avvicinò a loro, quasi avesse avvertito i pensieri del ragazzino.

“Wow, Joey…” esordì, facendogli l’occhiolino. “…Papà che scherza? Siamo sicuri che sia davvero lui?”

Il ragazzino le sorrise, ma sbuffò esasperato quando la zia gli scompigliò i capelli.

“Mi hai spettinato tutto” osservò, sistemandoseli sul davanti.

In risposta Posy glieli arruffò di nuovo, sorridendo malandrina.

“Sei peggio di Johanna” la rimbeccò Gale. La sorella gli fece la linguaccia, prima di chinarsi sul neonato addormentato fra le sue braccia.

“Ma ciao, David” mormorò, sfiorandogli il dorso di una manina. “Come si sta in braccio al tuo padrino? Non ti ha spaventato con quel muso lungo, vero?”

Il piccolo agitò appena un pugno, ma continuò a sonnecchiare tranquillo.

“Invece di prendermi in giro, perché non vai dai tuoi nipoti?” esordì a quel punto Gale, indicando il gruppo di bambini radunati intorno al tavolo dei regali. “Credo che vogliano darti qualcosa”.

 

Posy rivolse a Joel un’occhiata incuriosita e il ragazzino la prese per mano, guidandola verso i suoi cugini. I gemelli corsero subito incontro alla zia per esibire i loro tatuaggi di pennarello.

 

“Caspita, ma siete praticamente più bravi di me!” osservò la ragazza, facendosi mostrare intenerita tutti i loro ‘capolavori’. Fece poi vedere a June, Prim e Haley l’anello di fidanzamento che le aveva regalato Dru, sorridendo delle loro espressioni ammirate.

 

“Cavoli, ma è un sacco bello!” esordì June, voltandole la mano per rimirarlo. “Scommetto che è preziosissimo e che zio Dru per averlo ha dovuto sconfiggere un drago di quelli che sputano ghiaccio e fulmini e…”

 

“I draghi sputano fuoco, non i fulmini!” la interruppe Noel, scuotendo contrariato la testa.

 

“Anche il nostro regalo è molto bello, comunque” s’intrufolò nel discorso Haley, mentre Joel andava a prendere il pacchetto. “Perché parla di te e l’abbiamo fatto noi.”


“Sì, il nostro regalo è più bello!” esclamò Adam, abbracciando la zia.

 

“Adesso sono proprio curiosissima!” dichiarò Posy, accarezzando la testa del gemellino, prima di sedersi. Joel le mise il pacchetto sulle ginocchia e la ragazza incominciò a scartarlo. Tirò fuori dall’involucro un barattolo trasparente, di quelli da conserva. Era pieno di una polverina azzurra e blu che immaginò dovesse essere sale colorato.

 

“Ti abbiamo preso il cielo” annunciò Prim con un sorriso dolce, appoggiandosi alla sua sedia.

 

Posy rimirò stupita il contenitore, facendolo roteare; i bambini avevano incollato al suo interno delle stelline di cartone giallo e, sul coperchio, la scrittura infantile ma ordinata di Prim recitava: ‘il cielo di zia Posy’. Lo sguardo della giovane cercò subito quello di Joel, che le rivolse un sorriso vispo.

 

“Aprilo” la incoraggiò, premendo un dito sul tappo di sughero. "Il cielo non scappa, te lo prometto!”

 

Posy sollevò il coperchio e frugò nella polvere azzurrina fino a quando le sue dita non incapparono in una busta di carta rosa. La tirò fuori con attenzione e la aprì, estraendone una serie di stelle di cartone. Ognuna di esse aveva un disegno sul davanti e il nome di uno dei bambini sul retro.

 

“Nelle stelle c’è rappresentato tutto quello che sei tu, zia Posy” spiegò Joel, sorridendo dello stupore disegnato sul volto della ragazza. “Ci sono le cose che ti appassionano e le persone a cui vuoi bene.”

 

“Joel dice che tu sei un po’ come il cielo e che quindi le cose che ti piacciono sono le tue stelle” proseguì con il discorso Haley, appoggiando un gomito sulla spalla del migliore amico. I due ragazzini si scambiarono un’occhiata complice e il più grande dei due annuì. “Per questo te le abbiamo disegnate”.

“Io ho disegnato Lilo” esordì in quel momento June, mostrandole una delle stelline. “Era la tua bambola, vero? Papà mi ha raccontato che quando eravate piccoli non avevate molti giocattoli, ma che tu avevi Lilo e le volevi bene.”

 

“Proprio così” confermò Posy, sorridendo intenerita al disegno prima di accarezzare i capelli della nipotina. Si era commossa e, nonostante la sua felicità fosse evidente, non riusciva a parlare molto come faceva di solito. “Era una bambola speciale, perché me l’aveva fatta nonna Hazelle. Sono contenta di averla nel mio cielo”.

Sorrise, mostrando ai bambini la stellina di June, prima di prenderne un’altra.

 

“Questa è una farfalla” spiegò timidamente Prim, sfiorando i contorni del disegno con i polpastrelli. “L’hanno fatta i gemelli, perché è il tuo animale preferito. Le ali sono blu e rosa, visto che sono i due colori che ti piacciono di più.”

 

“Io ho fatto quelle blu!” la informò Noel, alzando la mano.

 

“E io quelle rosa” aggiunse meccanicamente Adam, sorridendo orgoglioso alla zia.

 

Posy continuò a contemplare le stelline, soffermandosi a lungo su ognuna di esse. Joel la osservò sorridere dei propri ricordi, mentre la ragazza sfogliava, grazie al loro regalo, qualche pagina stropicciata del suo passato; la vide inseguire con i polpastrelli i contorni di un pupazzo di neve colorato da Haley, uno di quelli che la giovane si divertiva spesso a costruire assieme ai suoi nipoti. Per un momento Posy sembrò anche sul punto di versare qualche lacrima, mentre rimirava la rosa disegnata da Prim; avevano scelto di inserirla nelle stelline perché era il fiore preferito della zia, ma anche per via del significato del nome della giovane. A un certo punto la ragazza scoppiò a ridere, trovandosi fra le mani il disegno di uno spilungone magro con i capelli rossi.

 

“Ed ecco zio Dru” asserì Joel, sorridendole vispo. “È il tuo fidanzato e non poteva mancare fra le stelle del tuo cielo.

 

“Certo che l’avete proprio riempito di lentiggini!” osservò la ragazza con un guizzo divertito nello sguardo. “E questi siete tutti voi?” chiese infine, indicando delle figurine striminzite stipate dentro una delle stelline.

 

I bambini annuirono.

 

“Ci siamo messi nelle stelline perché ci vuoi bene” spiegò June, sfiorando ogni omino con il dito. “E abbiamo messo anche papà, zio Gale, zio Rory e nonna Hazelle.”

 

“Senza di loro il tuo cielo non sarebbe stato completo” dichiarò Joel, mentre la giovane finiva di esaminare tutte le stelline. “Buon compleanno, zia Posy” concluse, indirizzando un’occhiata d’intesa ai cugini. I bambini a quel punto si precipitarono a stringere la ragazza in un abbraccio di gruppo, rischiando di far cadere a terra il barattolo.

 

Posy si affrettò a posarlo sul tavolo.

“Venite qui, piccole pesti!” li invitò poi, stringendoli a sé uno alla volta. “Adam aveva ragione: il vostro regalo è decisamente il più bello di tutti”.

 

Joel sorrise fiero, mentre attendeva che il giro di abbracci terminasse. Aspettò che i suoi cugini fossero tornati a sparpagliarsi per il cortile, prima di avvicinarsi nuovamente alla zia.

 

“Non ho proprio idea di chi possa aver architettato un regalo tanto meraviglioso per me” commentò a quel punto Posy, sorridendogli sbarazzina. Lo attirò a sé per abbracciarlo e Joel si lasciò stringere volentieri.


“Nemmeno io” stette al gioco, sollevando la testa per indirizzarle un’occhiata furbetta. “Ma ho sentito dire che è un cervellone.”

 

Posy scoppiò a ridere. Joel non poté fare a meno di aggiornare la sua lista mentale, per aggiungere quella reazione alle cose che caratterizzavano sua zia: aveva un bel suono, la sua risata. Faceva venir voglia di sorridere.

 

“Grazie” mormorò ancora la giovane, facendogli una carezza sui capelli.

Joel si strinse nelle spalle per minimizzare. Prima di sciogliere l’abbraccio, tirò fuori dalla tasca un foglio piegato in quattro e glielo porse.

“È una lettera” spiegò, un po’ in imbarazzo, mettendosi le mani in tasca. “So che il regalo te l’abbiamo già fatto, ma ho pensato di scrivertela comunque. Potresti infilarla nel barattolo di cielo assieme alle stelle” propose, indicando il contenitore con un cenno del capo.

La zia gli sorrise con dolcezza, visibilmente intenerita dal suo gesto.

“Lo farò senz’altro” promise, mettendola assieme ai disegni dei nipoti.

Joel spostò il peso del corpo da un piede all’altro, senza sapere cos’altro aggiungere.

“Buon compleanno” scelse di ripetere infine, prima di correre a giocare con i suoi cugini.

Ben presto fu talmente occupato a sfidare Haley in una gara di corsa, che non fece nemmeno caso al momento in cui la zia spiegò il foglio per leggerlo.

 

“Cara zia Posy,

 

Penso di aver finalmente capito come mai ti piaccia così tanto il cielo: ci assomiglia, credo. Assomiglia a me, perché è un po’ diverso dalle altre componenti atmosferiche che ci circondano, eppure a chi lo guarda piace così com’è. Assomiglia a mio padre, perché alle volte diventa scuro e nuvoloso e ci fa sentire tristi solo a guardarlo, ma quando torna limpido non riusciamo a smettere di sorridere. E soprattutto assomiglia a te, perché quando un membro della nostra famiglia ha bisogno di aiuto tu ci sei sempre, proprio come la distesa azzurra sopra le nostre teste.

Forse siamo tutti un po’ dei pezzi di cielo, noi Hawthorne. Ed è per questo che guardiamo sempre in su, sperando di poterci volare dentro, un giorno. Tu sei stata la prima a capirlo e forse è per questo che sei un po’ più speciale di tutti noi. L’avevi capito già da piccola - quando ti sei fatta costruire la Casa Blu Cielo - che quando immaginiamo di volare là in alto ci si sentiamo più tranquilli, per qualche tempo. Le cose difficili fanno un po’ meno paura; anche quando si hanno un papà o un fratello da rassicurare per via degli incubi. O quando ci si crede un po’ diversi dagli altri bambini. Mentre si vola queste cose non hanno importanza, perché c’è qualcosa nel cielo che ci fa sentire invincibili.

Per questo, ti abbiamo regalato quel barattolo. Perché, anche se un giorno potrebbe rompersi, quello che c’è dentro rimarrebbe comunque intatto. E anche noi siamo così. Fuori siamo come dei contenitori trasparenti e ci possiamo graffiare o scheggiare. Ci possiamo sentire tristi e diversi dagli altri. Dentro, però, abbiamo il cielo e quello non può rompersi, né cadere.

Tutto questo me l’hai insegnato proprio tu. In fondo lo dice anche il tuo tatuaggio, no?

Il cielo non crolla mai.

E noi nemmeno.

Ti voglio bene!

Tuo nipote Joel

 

Note Finali.

Questa storia l’ho scritta per il penultimo turno del contest a cui partecipo con il personaggio di Posy. Per la prima volta in questo giro dovevamo abbandonare il punto di vista del nostro personaggio per scrivere dalla prospettiva di uno dei suoi parenti, e io ho scelto Joel Jr. perché… Beh, si sa che ho un debole per lui e mi mancava un pochettino *\*

Vabbè, motivazioni di carattere affettivo a parte, ci tenevo ad approfondire il rapporto zia Posy/nipotino che già era stato accennato in “Lo strano caso della ghiandaia Rory Hawthorne”. Inoltre, volevo approfittare di questa storia per approfondire lo stesso Joel, che è comparso in varie one-shots, ma quasi mai come protagonista (fa eccezione forse solo “Shelter from the Rain”, in cui, però, ha come co-protagonista Johanna Mason <3). Ci tenevo a parlare di lui, perché ci sono tante cose che prima o poi vorrei approfondire sul suo conto e così ho finalmente incominciato!

Intanto, come accenna lui stesso nelle sue riflessioni, Joel è un bambino con alto potenziale cognitivo e questo ha sia dei vantaggi che degli svantaggi. È sicuramente molto sveglio – in “Lo strano caso della ghiandaia Rory Hawthorne sta imparando a leggere e ha quattro anni - ma la sua intelligenza lo fa spesso sentire un po’ diverso rispetto ai coetanei e anche scoraggiato, in alcune occasioni, perché accademicamente parlando non sempre rende quanto o più degli altri bambini. In classe è svogliato o distratto, perché spesso gli viene richiesto studiare cose che ha compreso e memorizzato o che non lo stimolano da un punto di vista intellettivo e quindi lascia perdere. Spesso quindi, i bambini con un quoziente intellettivo più alto non vengono identificati facilmente perché a scuola possono andare anche male. Non è il caso di Joellino che comunque, pur essendo in un momento di crisi dal punto di vista scolastico, avrà delle persone che saranno in grado di riconoscere il suo potenziale *coff coff* una certa maestra Delly *coff coff*. Questa parentesi è veramente inutile, lo so, ma ci tenevo ad approfondire questo aspetto della caratterizzazione di Joel.

Un’altra cosa che ci tenevo ad approfondire in questa storia è il rapporto fra Haley e Joel, che sono migliori amici come i due genitori. Come si evince abbastanza dalle storie precedenti in cui Haley interagisce con Gale (Di comete, principesse e anime gemelle | Forse sbagliano anche gli angeli | Mi fai un sorriso? | S.O.S. Hawthorne ) la bimba di casa Mellark ha da sempre una sorta di cottarella infantile per il bel papà di Joel. Tuttavia, in questo periodo è un po’ gelosetta del nuovo fratellino, David, che sembra aver attirato tutte le attenzioni di Gale, essendone il figlioccio *fischietta* E quindi fa un po’ la sostenuta u.u

Ecco, oltre a Joel e a Halley, ci tenevo anche a dare di nuovo un po’ di spazio ai nuovi bimbi di casa Hawthorne, che per ora erano comparsi praticamente solo in “S.O.S. Hawthorne e nell’epilogo de Il Cielo non Crolla. Sono un manipolo di pesti, fatta eccezione per Prim che è dolce e timida.

Infine, Posy! Nelle discussioni fra i nipotini ho cercato di inserire la maggior parte degli elementi che hanno fatto da filo conduttore nelle storie su di lei scritte per i turni precedenti del contest. La bambola Lilo, introdotta in “Posy aveva una bambola”, il significato del suo nome (da “A Flower that blooms in adversity”), il pupazzo di neve per agganciarmi a “Sorrisi di neve”, i suoi colori preferiti e il suo rapporto con Dru (“Qualcosa da chiamare Blu”; “Lo strano caso della ghiandaia Rory Hawthorne”) e, soprattutto, il suo amore per il cielo che viene raccontato principalmente in “Il cielo non crolla (ed io nemmeno)”. L’idea che Posy faccia la tatuatrice mi è balzata stupidamente alla mente dopo aver letto le situazioni proposte da Manufury per il quinto turno del contest. In una delle opzioni bisognava scrivere del nostro personaggio che diventava tatuatore e quando l’ho letta mi si è stampata in testa l’immagine di una Posy ormai cresciuta tutta presa a disegnare tatuaggi. Lei è un tipetto un po’ ribelle e vivace, quindi ce la vedevo bene a fare un lavoro simile. E così ho scelto di inserire questo dettaglio nel mio headcanon!

Basta, ho detto troppo come sempre! Spero davvero che la storia risulti comprensibile e di non essere andata troppo fuori tema :/

Un abbraccio e a presto!

Laura



[1] Fortino di legno blu costruito nel periodo post-rivolta, a un mesetto di distanza dal ritorno degli Hawthorne al Distretto 12. Il fortino è stato costruito per la piccola Posy Hawthorne, che all’epoca aveva 5 anni, e se ne parla nella mini-long “Il cielo non crolla (ed io nemmeno)”.

 

[2] Come viene raccontato in “La Cometa del Distretto 12”, Joel ha soprannominato la migliore amica “Halley” perché, la prima volta che si sono incontrati, aveva capito che si chiamasse così; aveva pensato subito a “Halley” perché lui e il padre erano al Distretto 12 proprio per avvistare il passaggio della cometa di Halley.

 

[3] Riferimento a ‘S.O.S. Hawthorne. Essendo June una bambina molto fantasiosa, s’inventa sempre di tutto e di più e in un’occasione ha incominciato a dire di aver visto degli scorpioni rosa in una cesta dei lego. Da quella volta, ogni tanto, i bambini si mettono a cercare questi scorpioni.

   
 
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