Una
sciocchezzuola, che ho buttato giù stamattina sul treno, ma
su cui riflettevo
da ormai qualche giorno, da quando giocando a Rubino Omega ho scoperto
che Ivan
e Max hanno fatto parte della stessa squadra, un tempo. Non sono mai
stata
un'appassionata dei giochi di terza generazione, ma questi remake mi
stanno
piacendo e non potrei smettere di shippare questi due neppure volendolo
– e
ovviamente non voglio.
Se ci
fossero errori o imprecisioni rispetto ai videogiochi vi prego di
perdonarmi e
di farmelo sapere.
Detto
questo, non mi rimane che augurarvi buona lettura e ovviamente buon
anno nuovo!
Afaneia
Pensi
che il cielo ci
sarebbe bastato?
«Max.
Sei
venuto.»
Acuta
osservazione, vorrebbe rispondere Max, ma ormai da anni sa che Ivan non
è molto
portato per le parole. Ivan è fatti, è irruenza e
fisicità invadente, è agire
senza riflettere e non curarsi delle conseguenze... tutto
ciò che non è lui.
Tuttavia, per quanto sforzo questo gli costi, reprime questa risposta e
tace,
cogli occhi infissi nello spettacolo di lava ribollente e gorgogliante
che pare
invocarlo da decine di metri più sotto.
Sente che
Ivan lo raggiunge, lo fiancheggia... socchiudendo gli occhi, s'impone
di non
pensare ai ricordi che la sua vicinanza prepotente, la sua presenza
maschia e
ingombrante gli richiama alla memoria. I ricordi della loro antica
militanza
nella medesima squadra, quando combattevano fianco a fianco e l'uno
guardava le
spalle dell'altro, ed erano giovani e non possedevano niente eppure era
come
avere tutto... Ma quello, pensa reprimendo con forza quei ricordi in un
angolo
remoto della propria mente, quello era prima. Prima del Team Idro e del
Team
Magma e dei loro progetti e di tutto il resto.
«Allora,
Max? Hai pensato alla mia proposta?»
«Sì...
ci
ho pensato.»
«Ebbene?»
La voce di Ivan vibra di impazienza e di angoscia, di aspettativa e di
tensione. Max ha ormai imparato a conoscere ogni singola sfumatura di
quella
sua voce possente. È la stessa voce con cui talora la sua
coscienza gli si
rivolge dall'abisso delle notti dei suoi progetti, l'unica voce da cui
egli
abbia mai ascoltata un'obiezione, anche solo per poterla contraddire...
ma è
anche la sola voce di
cui gli sia mai
importato udire un parere, la voce che lo accusa di non dare mai
abbastanza, di
non essere mai abbastanza, la voce che lo sprona a
proseguire, per
quanto in modi inusitati. Trae un sospiro profondo:
«Ivan...»
«Niente
giochetti, Max» lo interrompe Ivan bruscamente, in tono
d'urgenza. Max può
quasi vedere i suoi pugni contratti, le vene sporgenti sulle sua
braccia
muscolose e segnate. «Ti ho dato tutto il tempo per pensarci.
Ora voglio un sì
o un no. Ti unirai ai Team Idro?»
Sarebbe
così risibilmente semplice dire di sì. Questo
pensiero lo riempie di
un'amarezza che non avrebbe mai pensato di poter provare al riguardo:
forse
percependo questo suo attimo di cedimento, Ivan infierisce su di lui
con voce
che è angoscia, è disperazione e preghiera.
«Pensaci,
Max. Io e te, come tanti anni fa, ma stavolta nessun altro a darci
ordini o a
condividere il comando con noi. Dirigeremo il piano insieme, tu la
mente e io
il braccio. Anche dopo tutti questi anni, sono certo che non
è cambiato
niente.»
Capi alla
pari, soli contro tutto il mondo, all'occorrenza. Max sorride
amaramente a
quest'immagine, socchiudendo gli occhi: povero, ostinato Ivan. Come
può credere
che potrebbe davvero funzionare?
«È
proprio
questo il punto» dice infine, voltandosi verso di lui sul
bordo fiammeggiante
del baratro del vulcano. «Non
è cambiato
niente.»
Non
capirà,
si rende conto immediatamente, con una fitta lancinante di dolore che
pare
volergli dilacerare il petto, quando vede i suoi occhi colmi di
speranza e
determinazione e la sua mano robusta e callosa tesa verso di lui.
«Lo
vedi
anche tu allora, no? Non è cambiato niente. Non
c'è nessuno di cui mi fidi come
di te. I miei sottoposti... no, non voglio parlare di loro ora. Abbiamo
condiviso un sacco di cose, io e te. Non ricordo più quante
volte ci siamo
salvati la vita a vicenda, quante notti al freddo, quanti...»
«Avevamo
vent'anni, Ivan.»
«E non
pensi che quei tempi possano tornare?»
«Te
l'ho
detto. È proprio questo il punto.»
È
proprio
questo, ma come farglielo capire? Come dirgli che sono loro il
problema, che non
sono cambiati affatto da quel tempo che Ivan ricorda, questo
è vero, ma che è
stato proprio a quel tempo che si sono divisi? Che sono troppo diversi
e
assieme troppo uguali, speculari e contrastanti tanto da non poter
coincidere e
incastrarsi?
«Ivan,
io e
te non siamo fatti per andare d'accordo.»
Perché
tutto ciò che Ivan ricorda è avvenuto,
è vero, ma forse egli sta ignorando
altri aspetti che non erano meno importanti. La loro
rivalità quasi violenta,
la loro continua competitività che si manifestava in ogni
aspetto della loro
strana relazione... quando persino fare l'amore sembrava una lotta e
una sfida
e una gara a chi faceva meglio.
«Siamo
stati insieme per anni, a modo nostro.»
«E dopo
quegli anni, tutto è finito.»
Dirlo fa
male, è doloroso e amaro, è come aceto che brucia
sulla carne scoperta di una
ferita, ma bisogna che Ivan capisca. Che loro due
funzionano meglio come
rivali che come amanti, come avversari che come alleati.
«È
per il
tuo assurdo piano, vero?»
«Sì»
risponde Max stancamente. È solo una parte del problema, ma
non è una bugia. «È
per il mio piano... anche, ma non solamente. E ora non è il
momento di
parlarne.»
«Allora
non
ti capisco, Max.»
Caro,
vecchio Ivan, con la sua testardaggine e la sua cieca ostinazione.
È sempre
stato così, Max ricorda ancora quando si soffermava a
spiegargli una seconda
volta i suoi piani e i loro obiettivi, sia perché Ivan li
capisse, sia perché
non agisse come al solito di testa propria – e di come tutto
sommato gli
piacesse e lo appagasse spiegargli le cose due volte.
«Non ti
capisco, Max» ripete Ivan, e ora la sua voce è
rabbiosa e incredula. «Se tu mi
avessi detto che è per il tuo piano, che è per...
io avrei capito. Ma io ti
offro di lottare fianco a fianco, come anni fa, di tornare quello che
eravamo
prima... Se non è per i tuoi ideali, perché
rifiuti?»
«Ivan...
certo che è anche per i miei ideali.» Che
sciocchezza: come se il suo piano non
fosse importante. Max non ha certamente gettato via anni di lavoro solo
per
abbandonare il suo progetto e abbracciare il partito opposto alla prima
occasione, ma quello che vuole dirgli è un'altra cosa.
«Quello che non vuoi
capire è che noi siamo nati per contraddirci e contrastarci.
Non ti ricordi?»
A queste
parole, Ivan tace lungamente, e se non fosse proprio lui, l'Ivan che
ormai
conosce troppo bene, Max penserebbe quasi che ha capito.
«Siamo
cresciuti, Max, adesso» dice solamente, dopo un po', e la sua
voce è cupa e
vibra vagamente di delusione. Non è uno stupido, Ivan:
può essere testardo come
un mulo e può ignorare ostinatamente ciò che non
gli piace ammettere, ma ormai
si è reso conto di star perdendo terreno. «Non
siamo più due teste calde che
s'infiammavano per tutto.»
Tu lo
sei ancora, potrebbe
dire Max, ma non è questo che bisogna dire ora, e poi non
è neppure questo il
problema. Anzi, Ivan non sarebbe più Ivan se non fosse
quella testa calda
pronta a infiammarsi per tutto. Il problema non è tanto cosa
sono entrambi
singolarmente, ma cosa sono insieme.
«Hai
ragione, non lo siamo più» comincia lentamente.
«E non ti sei mai chiesto
perché? Non ti sei mai soffermato a riflettere un solo
momento su quanto ci
spingevamo a dare di più e a confrontarci, su quanto
ciascuno di noi volesse
far colpo sull'altro e impressionarlo e fare meglio ed essere
migliore...»
«Max...»
«Ascoltami»
ordina Max, e la sua voce che è sempre suonata
più fioca e debole ora sembra
risuonare più forte e in qualche modo sovrasta il tuonare
sotterraneo del
magma. «Quello che voglio dirti è che io ho il mio
obiettivo e tu hai il tuo,
ma che se abbracciassimo una causa comune, finiremmo egualmente per
dividerci... un'altra volta. Se non fossero la terra e l'acqua
sarebbero i
fiumi e i laghi, sarebbero le pianure e le colline, o... o non so che
altro.
Non siamo fatti per sostenerci, siamo fatti per contrastarci e
opporci... Se
non si trattasse di Kyogre e di Groudon, se non vi fosse che un
Rayquaza, pensi
forse che ci saremmo alleati per catturarlo?»
Vorrebbe
dirgli anche altre cose, Max. Vorrebbe dirgli che dopo tutti questi
anni, dopo
tanti avvenimenti e tanti cambiamenti, per lui Ivan è ancora
lo specchio dove
riflettere tutte le proprie azioni e la cartina al tornasole su cui
commisurare
e valutare ogni nuova idea; che da parte sua, quando sapeva di non
poter
ottenere il suo accordo, ha sempre ricercato la sua
contrarietà e la sua
disapprovazione, perché lui vuole essere
l'opposto di Ivan e non riesce
a essere altro; che forse, se non fosse stato perché Ivan
voleva l'oceano, non
sarebbe mai esistito neppure un Team Magma che perseguiva la
terraferma.
Vorrebbe dirgli anche che gli dispiace, che nonostante tutto gli
piacerebbe che
le cose fossero andate diversamente, che entrambi fossero diversi da
come sono,
ma che sa che per così come sono ora, se anche fossero stati
generati in un
mondo che non fosse fatto di terra e di acqua, un mondo univoco e
omogeneo e
privo di fratture... neppure quel mondo sarebbe loro bastato.
Ma Ivan non
è molto portato per le parole e Max non è sicuro
che capirebbe. Allora fa una
cosa che solo lui, che tra loro è sempre stato il
più subdolo e mendace,
potrebbe davvero fare. È tempo di porre fine a quella
conversazione che sta
diventando dolorosa e carica di rimpianto, allora si avvicina a Ivan e
lo
guarda negli occhi e gli sorride.
«No,
Ivan.
Non mi unirò al Team Idro. Il vostro piano fa acqua da tutte
le parti.»
Dopodiché,
Max gli batte la mano sulla spalla e comincia lentamente la faticosa
discesa
dal Monte Camino. Mentre prende posto nella cabina della funivia
sorride
pensierosamente, domandandosi quand'è che Ivan
capirà la sua battuta infelice.