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Autore: lapoetastra    31/12/2014    3 recensioni
< Non lo sa? >
< Cosa dovrei sapere? >, domandò l'uomo con una punta di panico nella voce profonda.
< Jack è... morto. Un mese fa, circa >, sussurrò Laureen.
Il mondo crollò di colpo addosso ad Ennis, frammentandosi nella caduta in mille affilate schegge che lo trafissero fin dentro il cuore.
Non sapeva, però, che tutto avrebbe preso una piega diversa, solo pochi giorni dopo.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, Ennis Del Mar, Jack Twist
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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< Buongiorno, signora. Mi chiamo Ennis Del Mar. Sono un caro amico di suo marito, Jack. Gli avevo spedito una cartolina, ma è tornata indietro, e su di essa c’è scritto… >
< Non lo sa? >
< Cosa dovrei sapere? >, domandò l'uomo, con una punta di panico nella voce profonda.
< Jack è... morto. Un mese fa, circa >, sussurrò Laureen.
Il mondo crollò di colpo addosso ad Ennis, frammentandosi nella caduta in mille affilate schegge che lo trafissero fin dentro il cuore.
Le parole della donna avevano dato corpo alle sue più nascoste ed inquietanti preoccupazioni, che si erano impossessate di lui togliendogli il sonno da quando l’amico – ed amante – non aveva più risposto alle sue cartoline.
< Signor Del Mar? C'è ancora? >
Il caldo e basso tono di Laureen lo riportò alla realtà.
< Io.. sì, sì, ci sono. E come è… accaduto? >, domandò, cercando di non far trapelare il tremito di disperazione che lo pervadeva.
< Stava riparando il trattore … e poi è... esplosa una gomma. Ha fatto un fracasso infernale, come uno sparo. Quando sono arrivati i soccorsi, era già morto >, mormorò la donna dall’altro capo del telefono, fermandosi poi ed iniziando a piangere sommessamente.
Ennis avrebbe dovuto dire qualcosa per consolarla – lei era la moglie, dopotutto – ma non riusciva a trovare le parole adatte, e le lacrime che gli inumidivano gli occhi gli avevano anche serrato la gola in una morsa inallentabile.
Aveva bisogno che qualcuno consolasse lui, in quel momento, ma Laureen taceva, persa nel proprio muto dolore.
< Io… condoglianze >, concluse Ennis, con voce tremante.
Poi, senza aspettare la risposta, attaccò.
Solo allora si lasciò andare ad un pianto a dirotto.
 


I giorni successivi furono per l’uomo un vero supplizio.
Non riusciva a chiudere gli occhi senza vedere davanti a sé il volto sorridente di Jack, senza sentire tra le dita la morbidezza dei suoi capelli neri continuamente spettinati, senza percepire il suo respiro caldo ed affannoso sulla pelle sensibile del proprio collo.
Ma poi ritornava di colpo alla realtà, quella realtà che lo stava lentamente disintegrando ed in cui Jack non era altro che un lontano, doloroso ricordo.
Un’altra cosa, inoltre, contribuiva a distruggere l’anima già ferita di Ennis: il senso di colpa.
Perché l’ultima volta in cui aveva visto Jack, lo aveva trattato male, antecedendo il lavoro a lui.
In quel momento aveva visto la disperazione dilagare negli occhi verdi dell’amante, quegli occhi che erano i più belli che avesse mai visto e che lo avevano fatto innamorare perdutamente.
Ma Ennis, invece di stringerlo tra le braccia e dirgli che non era vero, che niente al mondo veniva prima di lui, era rimasto in silenzio, e se n’era andato senza neanche guardarlo in faccia.
Ora quell’espressione triste e laconica gli bruciava nel cervello come un ferro rovente.
Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di tornare indietro nel tempo e cambiare gli eventi, e salvarlo, magari, da quello stupido incidente che se l’era portato via per sempre, ma i giorni passavano inesorabili, pieni di dolore.
Ed Ennis era sempre più giù, non riusciva a sorridere e a dormire, a malapena mangiava.
Non viveva.
Si trascinava semplicemente avanti.
 


Un giorno l'uomo si trovava nella singola taverna presente nella città in cui viveva.
Era seduto al piccolo tavolino vicino alla finestra dove, tempo prima, scriveva le cartoline a Jack, con la mente sorvolata dalle mille idee riguardo a cosa l’amico avrebbe potuto rispondere.
Ed ora, fermo in quel medesimo posto, senza penna e carta davanti, le lacrime avevano preso il sopravvento sui suoi occhi scuri.
Cercò di riscuotersi quando vide due uomini entrare nel locale e prendere posto nel tavolo di fronte a lui.
< Oggi ho visto Carl baciare un uomo, giù al molo >, sussurrò il più giovane, piano, ma non abbastanza da non essere sentito da Ennis, che si mise subito ad ascoltare la conversazione.
Sapeva di chi stava parlando.
Carl era il gestore del negozio di alimentari, aveva circa una cinquantina d’anni e non era sposato.
In realtà nessuno lo aveva mai visto in compagnia di una donna, e si sa che in una piccola città le dicerie circolano in fretta, nonostante si rivelassero spesso errate.
Ora però esse sembravano essere confermate.
< Lo sapevo. L’avevo sempre sospettato, io >, ruggì l’uomo più anziano, sbattendo con forza il pugno massiccio sul tavolo, come se l'omosessualità di Carl lo facesse particolarmente adirare.
Per un po’ nessuno parlò, ed Ennis riprese a guardare fuori dalla finestra il paesaggio innevato e a pensare a quanto gli mancasse Jack.
< Allora, quando? >, la domanda di quello giovane lo distolse improvvisamente dai suoi tristi ricordi.
< Stanotte. Appena chiude il negozio ed è solo. Non possiamo permettere che la lurida feccia infetti ancora la nostra città. E speriamo che questo qui non lotti come ha fatto l’altro, il texano. Quello sì che ci ha dato del filo da torcere. >
< È vero, ma non si è potuto opporre alla volontà del destino. E del nostro fucile a canne mozze >, disse il più giovane, scoppiando in una risata isterica, imitato immediatamente dal suo compagno.
Ennis, ancora seduto dietro di loro, non rideva.
E neanche piangeva più.
Le domande gli perforavano la mente con la loro quantità e la loro pressione.
Che cosa avrebbero fatto a Carl?
Lo avrebbero ucciso quella sera stessa, come avevano già fatto con altri omosessuali?
Ma soprattutto, chi era quel texano di cui parlavano e che avevano sicuramente mandato all’altro mondo?
Jack veniva dal Texas, ma Jack era morto a causa di un incidente mentre cambiava la dannata ruota del suo trattore.
Le risate forsennate dei due assassini omofobi intanto continuavano, facendosi sempre più alte e stridule.
Di colpo però il più giovane tornò ad essere serio, e guardò preoccupato l’amico.
< Senti, Neil… tu non pensi che ci beccheranno, prima o poi, vero? >, sussurrò piano.
L’uomo chiamato Neil continuò a sogghignare, per niente allarmato.
< Vedi, John, questa è una piccola città. Tutti sanno tutto di tutti. Quindi sicuramente qualcuno avrà scoperto o almeno sospettato che alcuni dei morti negli ultimi anni non sono stati vittime di semplice e fortuiti incidenti, non credi? >
John annuì lentamente.
< Eppure, non ci è mai successo nulla. Anzi, non sono proprio neanche state aperte inchieste e fatte indagini sul loro omicidio. Perché? Perché qui tutti odiano i gay, i finocchi, come li vuoi chiamare. E noi facciamo solo un favore, a quei tutti, eliminandoli dalla faccia della Terra >, riprese Neil.
Ennis ascoltava in silenzio.
Sapeva che da un paio d’anni a quella parte capitavano sempre più spesso incidenti strani e mortali, ma era talmente preso dalle sue scappatelle romantiche con Jack su a Brokeback Mountain che non ci aveva dato poi molto peso.
Le disgrazie capitavano, in fin dei conti, e lui non era certo un tipo socievole che conosceva i segreti ed i gusti sessuali di qualsiasi abitante della città.
Ora, però, quella rivelazione così inattesa lo aveva spezzato in due, tramortendolo come se avesse ricevuto una martellata sulla nuca.
< E non ritieni che magari nel Texas non la pensino così? Che magari qualcuno abbia capito che quell’uomo che abbiamo ucciso un mese fa mentre eravamo lì in vacanza non sia stata vittima di un incidente come abbiamo voluto far credere? > chiese ancora John, sempre più terrorizzato e dubbioso.
Ennis, intanto, tremava.
< Nah, è impossibile >, rispose Neil, divertito. < Ho un amico che abita nella sua stessa città, e mi ha detto che ormai e bell’e che sepolto e che tutti, persino la sua bella moglie, hanno creduto alla storia del copertone della gomma del trattore esploso che l’ha ucciso sul colpo, perforandogli il costato proprio come un… proiettile di un fucile a canne mozze! >
I due uomini ricominciarono a ridere, orgogliosi della propria audace impresa.
< Com’è… com’è che si.. si chiamava? >, balbettò dopo un po’ John con le lacrime agli occhi tra un singulto e l’altro di ilarità.
< Jack Twist. Si chiamava Jack Twist. >
Non era stato Neil a parlare.
Oramai il vecchio non avrebbe più potuto spiccicare una singola parola, non con la gola tagliata.
Ennis, dietro di lui, aveva ancora la lama insanguinata del coltello stretta forsennatamente tra le dita.
Aveva tremato per un momento.
Ma non nell’uccidere quel lurido animale omofobo, quanto piuttosto nel pronunciare il nome dell’unico uomo che avesse mai amato, prima che quello schifosolo dicesse con la sua gracchiante voce, sporcandolo.
John, sconvolto, cercò disperatamente di prendere il fucile, ma Ennis fu più veloce e gli piantò la lunga arma che portava sempre con sé dritta nel costato, lasciando l’uomo a boccheggiare, fradicio del suo stesso caldo sangue.
Quando si fu accertato che entrambi gli assassini fossero morti, lasciò il locale.
La fredda aria notturna lo congelò fin dentro le ossa, seccando il sangue dei due uomini che gli imbrattava completamente la camicia blu.
Aveva dovuto farlo.
Avevano ucciso Jack, il suo Jack, solo perché era omosessuale, e lui non poteva permettere che restassero impuniti.
“È la legge del taglione”, gli aveva spiegato suo padre quando era piccolo, e lui aveva pensato  sempre che fosse una delle migliori leggi redatte dall’uomo nel corso della storia.
< Jack, io ti giuro… >, sussurrò Ennis, ma il resto della frase si perse nel gelido vento invernale, sovrastato dalle sirene della polizia che stavano andando a prenderlo.
   
 
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