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Autore: Dregova Tencligno    31/12/2014    0 recensioni
Sono la figlia di una strega, sono dotata di poteri che in molti non riuscirebbero nemmeno a immaginare. Vivo ricordi che non sono i miei ma sono gli unici indizi che ho per capire la mia natura. Sono stata una figlia, un’oggetto, un'anima, un fantasma. Se i nomi definiscono chi siamo sono stata Pulce, Piccola, Emma, Custode, Amore… Ma solo ad un nome, che ho perso molti anni fa, posso rispondere con certezza… nessuno me lo potrà togliere perché con quello sono morta e sono rinata.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ogni tanto mi colgono dei giramenti di testa, ma resisto e alla fine scompaiono lasciandomi solo un lieve senso di nausea.
Le piante che ci circondano sono sempre le stesse, si alternano creando un variopinto gioco di contrasti che si conclude con una serie di arbusti verdi dalle foglie ovali e dai frutti di un giallo pallido molto più piccoli dei precedenti.
-Questi cosa sono?-
Sfioro una foglia con un dito ma devo subito ritrarre la mano perché sento una fitta dolorosa che si irradia velocemente per tutto il braccio.
-Ma che diamine…-
Ho il polpastrello segnato da piccoli tagli che si rimarginano in fretta.
-Cosa è successo?-
-Questa pianta… questa pianta mi ha tagliato.-
Larz si fa ancora più serio. –Non possono farti niente, ti sarai sbagliata.-
-Non penso. So riconoscere un taglio quando lo vedo e il mio dito aveva tanti piccoli taglietti.-
-Sei solo stanca ma tra un po’ potrai riposarti.-
Mi afferra un braccio e mi allontana dalle piante e poco dopo siamo fuori dal frutteto e davanti a una casa enorme in legno.
Larz produce un acuto fischio mettendosi i mignoli in bocca e, dopo qualche secondo, la porta si apre.
Mi aspetto di vedere di tutto, ormai di stranezze ne avevo viste a bastanza, tranne quello che si presenta davanti a noi. Dalla casa esce una ragazza dai capelli lunghi raccolti in una coda. Indossa dei semplici abiti: una canottiera nera e una gonna bianca. Anche lei è scalza.
Ma qui non ci sono scarpe?
Le andiamo incontro e a ogni metro in meno che ci separa da lei, lo sguardo di Larz diventa sempre più dolce e i muscoli delle spalle sono percorsi da brevi fremiti. È come se l’aria si riempisse di elettricità; la sento contro la mia pelle, scoppietta allegra. Provo la stessa felicità di Larz.
È impossibile, penso, ma continuo a sentire una strana energia provenire proprio da ui. Ha qualcosa di stranamente familiare questa sensazione, so che dovrei ricordarmi di una cosa importante, ma non ci riesco…
Ormai siamo a due metri da lei e con un solo grande balzo Larz copre questa distanza lasciandomi il braccio e la afferra tenendola stretta al suo corpo e baciandola teneramente sulle labbra.
Mi colpisce nuovamente l’onda della felicità che emanano, mi pare ogni volta più tangibile.
È un semplice movimento alle mie spalle, un sibilo impercettibile. Mi sento osservata e mentre mi volto ho l’impressione di vedere un ombra che si nasconde tra la vegetazione.
-Larz, c’era qualcun altro nell’orto?-
-No. Perché?-
-Qualcuno si è nascosto tra le piante.-
-Ti sarai sbagliata.- mi dice la ragazza.
Vuol dire che oggi mi accade spesso…
-No.- le rispondo voltandomi di scatto verso di lei e azzerando la distanza tra noi
-Forse il tuo corpo…-
-Si sta ancora abituando?- finisco la frase di Larz scrollandomi dalle spalle le sue mani.
All’improvviso sento che c’è qualcosa che vorrei chiedergli, ma non riesco a formulare la domanda. Mi si ferma in gola e là muore prima di trasformarsi in parola.
-Vaaa beeeneee.- dice Larz. –Lei è Zoe. Mia moglie.- cerca di cambiare discorso.
I suoi occhi neri mi restituiscono lo stesso sguardo intenso con cui tento di entrarle nella testa.
-Ancora non ricorda come si chiama.- la informa Larz.
-Capisco.- e dopo un breve momento di esitante silenzio -Bene! Entrate in casa, siete arrivati giusto in tempo per il pranzo.-
Appena varcata la soglia vengo investita da vari odori, ma nonostante si fondino in un’orgia di fragranze riesco a percepire ogni singolo profumo. Margherita, arancio, mela, rosa, pane appena sfornato… Sento odore di casa.
-Larz, sei andato a…-
Il rumore di un vaso che si rompe.
Mi volto e c’è una donna che mi osserva con occhi sgranati dalla sorpresa e dalla confusione, il labbro inferiore le trema, come le mani. Ho la vaga sensazione che sia sul punto di piangere.
-Non si ricorda.- dice Larz.
La sua pelle riacquista un po’ di colore, comunque non abbastanza da impedirle di sembrare mortalmente bianca rispetto ai suoi capelli neri e ondulati.
-Scu-scusate. È stata solo la sorpresa. Adesso pulisco.-
-No Eliza, faccio io.- si propone Zoe che ha già in mano una scopa.
Eliza…
-Eliza?- i suoi occhi si illuminano –Non ho mai sentito questo nome…-
Adesso sembra triste.
-Mi chiamo Elizabeth, ma Eliza va più che bene.- poi si rivolge a Larz –Resta un attimo con lei, vado a chiamare gli altri.- ed esce correndo.
Do una veloce occhiata all’arredamento della casa. Mi trovo in una piccola stanza con al centro un tavolo di legno coperto da una tovaglia a quadri rossi e bianchi. Ci sono due mobili con ante di vetro che mostrano una stupefacente collezione di bicchieri di cristallo di tutte le dimensioni e abbelliti nei più variopinti modi. C’è, ad esempio, un calice decorato con degli sgargianti colori che si intrecciano per dare vita a una farfalla dalle immense ali ed un altro circondato da petali disegnati con un delicato rosa. Ma c’è un particolare che non si può ignorare in questa stanza perché presente ovunque.
-Ci sono molti fiori.-
-E già. È normale per chi vive qui.- dice Larz.
-Non so se saprò abituarmi.-
-Non ti piacciono i fiori?-
-Non lo so.-
-Larz, vieni! Ti devo parlare.- dice Zoe uscendo da una camera. È preoccupata.
Rimango sola, per la terza volta, in un luogo che non conosco e che fatico a comprendere, ma non ho il tempo per pensare ad altro perché la porta d’ingresso si apre con foga lasciando entrare insieme a Eliza altre tre persone che mi guardano come se fossi un fantasma.
-Vorrei presentarti gli altri membri della mia famiglia. Lei è mia madre, Ingrid.- devo dire che assomiglia molto a Eliza, tranne per i capelli, quelli di Ingrid sono segnati da qualche ciocca bianca –Questi sono mio marito Dedalo e mio figlio Ronan.-
Padre e figlio sembrano due gocce d’acqua e lo sarebbero stati se il figlio non fosse stato più alto del padre più esile e con i capelli castano chiari invece che color miele. Ma la postura e l’espressione del viso sono identiche, gli occhi però erano quelli della madre.
-Piacere, io sono…- d’impulso ho iniziato una frase che non so completare –Non so chi sono ma appena me lo ricorderò lo saprete.- dico sorridendo.
Tutti mi guardano in silenzio aspettandosi chissà cosa, è Eliza a salvare la situazione.
-Vuoi qualcosa da mangiare?-
-Non può, per adesso.-
Larz e Zoe escono dalla stanza in cui si sono rinchiusi ed hanno una sguardo triste che peggiora quando fanno un malriuscito tentativo di sorridermi.
I presenti si scambiano sguardi carichi di messaggi che solo io sembro non essere in grado di decifrare. Larz è mortificato quando l’espressione di Eliza muta in un velo di tristezza; Dedalo posa una mano su una spalla della moglie, lei lo guarda e lui le sorride tristemente. Il suo obiettivo è quello di infonderle speranza, ma non ci riesce.
-Ronan…- dice Zoe -… perché non la porti a fare un giro mentre noi prepariamo da mangiare?-
Il ragazzo è visibilmente elettrizzato dall’offerta e un sorriso che va da un orecchio all’altro si disegna sul suo volto. Vorrei dire che non ne ho molta voglia, ma vengo presa di peso e portata fuori di casa e mi trovo a camminare al fianco di un gigante che mi osserva e sorride. Mette ansia il suo modo di farlo e per il momento decido di non dare molto peso alla cosa, ma continuo a guardarlo con la coda dell’occhio sperando che la smetta, cosa che non avviene. Allora provo a ignorarlo, continuo però a sentire il suo sguardo sulla mia testa e le rapide occhiate nella sua direzione non fanno altro che confermare i miei pensieri. Mi sta ancora osservando. È inquietante.
-Se non la smetti finirai col perforarmi la testa.-
Diventa rosso e i suoi occhi scuri diventano due pozzi neri.
-Scusa, è solo che sono felice che tu sia qui.-
-Felice che io sia qui? Ma se neanche ci conosciamo!-
Sembra ferito dalle mie parole e incomincia a fissarsi i piedi. Sta piangendo.
Tutto tranne questo.
Mi sento a disagio.
-Scusa, non dovevo risponderti male. È solo che è tutto molto strano e poi quell’acqua nera e densa…-
-Acqua nera e densa? Dove?-
-Dove mi ha salvata Larz.-
-È impossibile.-
-Anche tu! Ma cosa avete tutti, avete deciso che oggi è la giornata ‘fatela diventare matta’? So quello che ho visto, quello che ho provato. Non penso di essermi inventata tutto, non voglio essere al centro dell’attenzione di tutti. Voglio capire quello che mi sta succedendo, perché non ricordo nulla e perché mi trovo qui.-
Ronan mi guarda sbalordito.
-Forse ancora non ti sei abituata.-
Finalmente la domanda che mi grava nel petto riesce a uscire dopo aver scalato tutta la gola con le unghie e con i denti.
-A cosa mi devo abituare?!-
Mi guarda spaesato, si sente in colpa e in qualche modo riesco a percepirlo come è stato per l’affetto che lega Larz a Zoe.
Mi coglie ancora la sensazione di essere osservata, poso subito lo sguardo sul frutteto e vedo un’ombra oscura e minacciosa che si protrae nella nostra direzione tendendo i suoi artigli.
Un riverbero lontano, un’eco la cui origine si perde nello spazio, mi colpisce il timpano e tutto il mio essere vibra pronto a scappare e trovare un riparo. Non voglio essere trovata da quell’ombra. Non promette nulla di buono.
-Lo senti pure tu?-
-Cosa? Io non sento niente…-
-Ascolta.-
È un suono inconfondibile, quello di una goccia che cade su una superficie liquida.
-Io non sento niente.- ripete, ma io continuo a udirlo.
-Andiamo a casa.- dico. Sboccia la paura, lentamente cresce…
-Come? Perché?-
-Fidati.-
-Io mi fido.-
-Non puoi fidarti di una persona che non conosci.-
-Questo però non sembra valere per te. Ti sei chiesta il perché?-
L’eco diventa più forte e sento un peso gravarmi sulla testa.
-Andiamocene, ora.-
Mi muovo prima di lui, lo prendo per la mano.
Cerca di liberarsi, di fermarmi, vorrebbe delle spiegazioni ma non posso perdere tempo. C’è una cosa importante che mi spinge a comportarmi in questo modo anche se non so bene qual è.
Apro la porta con furia e ci spingo dentro Ronan. Tutti mi guardano allarmati.
-Cosa sta succedendo?- chiede Eliza allarmata.
-È impazzita! Dice di vedere e sentire cose che in realtà non ci sono.-
-Sicuramente si deve ancora abituare.-
Ancora questa frase che mi viene detta in continuazione e che incomincia a martellarmi il cervello.
-Mi volete spiegare a cosa?!-
Sto per perdere il controllo. La testa incomincia a farmi male, sembra sul punto di esplodere, cado a terra, in ginocchio, e stringo forte il cranio fra le mani.
-Piccola!- Eliza si avvicina a me e mi accarezza le spalle.
-Non si sta abituando, sta combattendo.- dice Zoe e Eliza mi guarda triste ma anche consapevole che è giusto ciò che sta accadendo, anche se io ignoro cosa sia.
-Allora si deve arrendere.- mormora Dedalo.
-No, deve continuare.-
-Che dici Zoe?!-
-Larz l’ha salvata. Stava affogando quando invece avrebbe dovuto galleggiare. C’era qualcosa che la stava chiamando.-
Zoe mi si avvicina.
-Senti ancora quel rumore?-
-Sì.-
-Chiudi gli occhi e concentrati su quello. Dimmi cosa vedi.-
Faccio come dice ma è difficile concentrarsi su qualcosa quando hai dell’esplosivo al posto del cervello, alla fine finisco col seguire il dolore e mi accorgo che anche il suono si fa più intenso.
-Sono tante gocce…- dico, la voce che trema -… sono piccole e pungenti come spilli. E sono rosse.-
-Cos’altro vedi?-
-Cadono. È una pioggia. Infrangono la superficie e si disperdono nel ventre di un lago vermiglio… sangue!-
-Non è possibile!- urla Dedalo.
-Invece sì.- Zoe è calma.
-Cosa vuoi dire?- chiede Ronan. Poverino, mi dispiace per lui, come me anche lui ha perso le fila degli avvenimenti.
-Quello che vede e che sente è un risultato di una ribellione messa in moto dalla sua anima. Sa che questo non è il suo mondo, per questo non ricorda più chi è e il cibo, che a noi dona forza, le è indigesto.- mi prende per le spalle scostando Eliza, la guardo negli occhi –Devi lottare, non lasciare che ti costringa a rimanere qui.-
-Ma io…-
-Non ricordi nulla perché le tue memorie sono nel tuo vero mondo. Non in questo.-
-Falla smettere!- Dedalo la spinge di lato –L’abbiamo già perso una volta, non permetterò che accada di nuovo.-
-Amore…- Eliza gli prende una mano -… ti ha liberato ed è giusto che noi facciamo altrettanto per lei.-
-Non voglio! Ora che potevamo essere felici per sempre. Eliza, non possiamo permettere che accada…-
Eliza lo guarda negli occhi, poi mi guarda con il dolore nello sguardo ma anche con la consapevolezza che questa è l’unica cosa giusta da fare. Anche l’unica possibile.
-Mancherà a tutti.-
Continuano a discutere ma io non li sto più ad ascoltare. Ci sono delle voci, una preghiera che fa male.
-Il sangue dell’amato di colei che non è né viva né morta. L’anima del Custode che non può passare. L’offesa verso chi l’offesa pone.-
-Eliza! Hai sentito?-
-Il sangue dell’amato di colei che non è né viva né morta…-
-Qualcuno sta cercando di catturarla.- mormora Ingrid.
-L’anima del Custode che non può passare…-
-Figlia mia torna indietro.-
-L’offesa verso chi l’offesa pone…-
Zoe mi tira un schiaffo e mi afferra con violenza il viso costringendomi a guardarla negli occhi. Vi leggo molto dentro: sofferenza, rabbia, voglia di vendetta, ma anche amore e coraggio di chi sa che amare vuol dire soffrire perché non si ha mai nessuna certezza. Solo il sentimento che si prova.
-Non permettere che ti faccia del male, non lasciarle distruggere quello che ami come ha fatto con noi. Lotta!-
-Come?- la mia voce ridotta a un sussurro.
-Canta…-
Non so se ridere o piangere, mi sembra un’assurdità, ma, a quanto pare, il mio corpo sa cosa fare per la prima volta da quando sono qua. Le labbra si muovono da sole. La canzone parla di una notte sacra, limpida e magica. Di una creatura che ha il potere di spezzare le catene delle pene. Di voci angeliche.
È una melodia che lacera lo spazio, che attraversa il tempo. Strofe in grado di scaldare i venti gelidi e che fanno battere i cuori pietrificati. Un’armonia cresce e s’ingrossa come un fiume di ricordi che infrange la diga che lo arginava. Torna tutto. Ogni sensazione, ogni evento, non solo frammenti. Tutto. E ogni persona riacquista la propria storia.
Ingrid. La nonna fiera e pronta al combattimento, l’unica a potermi tenere testa.
Zoe. Il fantasma della mia epoca, la mia amica, il Custode che rinunciò alla sua anima per poter restare con il suo amato mortale, anche se per poco.
Larz. Il guerriero, l’angelo custode di mio fratello, il messaggero, il salvatore, l’amico.
Dedalo. Mio padre, il mio compagno di giochi, il mio custode e cavaliere personale da cui ho imparato a fidarmi degli altri e a picchiare duro perché anche se ero una ragazza dovevo saper difendermi.
Elizabeth. Mamma, amica, scrigno dei miei segreti, da lei ho ereditato la mania di prendermi cura delle persone anche quando loro non vorrebbero e il dono della mia famiglia: vedere chi non c’è più.
Ronan. Il mio fratellino impacciato, il gigante buono dagli occhi scuri come il cielo notturno sempre pronti a sciogliersi, timido ma sicuro, leale, il mio grattacapo personale, la luce dei miei occhi.
E io…
Ma io chi?
Ronan mi abbraccia e mentre tutto sparisce mi sussurra una frase che dà l’ultima pennellata all’affresco che rappresenta la mia storia. Custodito ora in forma indelebile nella mia mente.
-Ti voglio bene e veglierò sempre su di te. Lo sto già facendo da tempo, anche se tu non te ne sei mai accorta. Mi raccomando, ricordati chi sei…-
   
 
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