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Autore: Espen    02/01/2015    4 recensioni
[Fanfiction partecipante al contest "La Sfida dei Dieci" indetto da Releeshahn]
“In questo mondo, l’unica cosa in cui puoi credere è che non puoi credere in nulla.
Dimentica i legami, le amicizie e gli amori, ti renderanno debole.
Dimentica il tuo dio, non ti aiuterà nel momento del bisogno.
Ricorda il volto dei tuoi genitori morenti, usa il tuo odio e la tua rabbia per andare avanti.
Fa della vendetta il tuo scopo.
In questo mondo, solo così potrai andare avanti.”
Yuriko Suzame è un’assassina, la migliore dell’Organizzazione Zero.
Yuriko Suzame ha venduto la propria umanità per cercare una vendetta che, forse, non raggiungerà mai.
Yuriko Suzame prima di tutto è un’umana, anche se il suo cuore si è congelato da anni in uno stato di finta apatia e indifferenza.
In un mondo dove regna il peccato, quanto sei disposto a pagare per sopravvivere?
Genere: Angst, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'The Organization Zero'
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NdA: era da davvero molto tempo che avevo in mente il personaggio di Yuriko Suzame, ma non ho mai avuto l’occasione di poterlo usare. Questo contest, per me, si è rivelato una grande fonte di ispirazione (per cui ci tengo a ringraziare Reeleshahn, che ha ideato il contest) dato che questa One-shot, di cui sono molto soddisfatta, è la prima di una lunga serie, che avrà come protagonisti altri membri dell’Organizzazione Zero. Questa fanfiction funge un po’ da “introduzione” a questa serie, per cui alcuni aspetti che qui non sono capibili, verranno spiegati nei racconti a venire.

Note importanti (se non le leggete, probabilmente certi aspetti della fic potrebbero sfuggirvi):
Il mondo in cui è ambientata la storia è parecchio futuristico, con tecnologie innovative, dai toni cyberpunk. Le nazioni esistono ancora, ma solo per “tradizione”, dato che tutto il potere economico, politico e sociale risiede nelle megalopoli. Esse sono divise in due parti: la Tall City, dove risiedono persone importanti, come governatori e capi d’azienda, e ricche; nella Slam City, dove è ambientata l’intera serie, regnano le associazioni malavitose e la maggior parte dei suoi abitanti sono poveri o svolgono lavori illegali.
Esistono gli Skills (di mia totale invenzione, come tutto il resto) che sono persone con poteri speciali, legati principalmente agli elementi naturali (fuoco, acqua, vento…) o a capacità “fisiche” (telecinesi, telepatia, chiaroveggenza…). Non si sa perché abbiano tali poteri, ma si stanno facendo numerose ricerche per scoprirlo. Un essere umano manifesta i suoi poteri di Skills intorno agli otto anni, ma non riesce a controllarli pienamente fino ai diciassette. (questo aspetto verrà chiarito nella fanfiction).
Esistono due tipi di Skills: quelli “naturali”, che hanno ereditato il loro potere perché appartenenti a una famiglia di Skills (come la famiglia Suzame); mentre quelli “innaturali” c non hanno parenti Skills da cui aver potuto ereditare il potere, per cui non si sa esattamente come siano diventati così –l’ipotesi più convincente è che sia a causa dello sviluppo delle nuove energie che hanno avuto conseguenze sul clima e sulle persone. Non vi sono differenze fra naturali e innaturali, se non che i primi riescono, anche grazie ai consigli e agli allenamenti dei propri famigliari, a controllare meglio il propri poteri.
Mi pare di aver detto tutto, quindi, senza trattenervi oltre, vi lascio alla fanfiction.

     
         
 
 
 
 
                         The Detached Murderer


Giravano molte voci su Yuriko Suzame.                                                                                     
Nessuno sembrava sapere come o quando fosse arrivata nell’Organizzazione, ma tutti erano a conoscenza del suo talento nell’uccidere, di come i suoi occhi, grigi come il cielo annuvolato, non mostrassero mai pietà, nemmeno di fronte alla più miserabile delle vittime.  Le sue katane, forgiate in un epoca lontana, -nel periodo dei samurai specificava, mantenendo tono basso ma chiaro, a chi le poneva domande su esse- avevano ucciso molte persone, squarciandone la carne e sporcando di sangue l’asfalto già putrido, lasciando spettacoli orribili di corpi lacerati e smembrati. Ma a nessuno interessava se qualcuno moriva, ormai, in quel luogo dove il peccato regnava e non vi era più un dio o un re in cui credere, non si faceva più caso se c’era un cadavere in più nei vicoli bui.                           
Yuriko era un’assassina tanto abile quanto misteriosa, ma rimaneva la migliore nell’Organizzazione Zero. Non dimostrava mai di provare tristezza o rabbia o felicità, vivendo in una glaciale indifferenza che metteva in soggezione molte persone dell’Organizzazione, dai sicari con maggior esperienza ai novellini che dovevano ancora svolgere la loro prima missione, la loro prima uccisione.                                                        
Giravano molte voci su Yuriko Suzame, alcune vere altre no, ma lei continuava a rimanere un incognita fondamentale nell’Organizzazione.
 
I suoi passi rimbombavano nelle cupa caverna, le katane sbattevano ritmicamente sul suo fianco. Quel posto non le piaceva per niente, nonostante vi regnasse il silenzio che tanto ricercava, in quella città, ora lontana, dove il rumore e il caos erano in ogni angolo, in  quelle vie sporche di peccati e calpestate dai più luridi peccatori.                                                 
Yuriko schiuse la bocca, sentendo il rimbombo del suo lieve sospiro, e fece mente locale, ricordando qual’era la sua missione. Perché lei, essendo uno dei membri più capaci dell’Organizzazione, non si limitava a uccidere, ma svolgeva anche alcuni incarichi di ricerca e spionaggio, alle spese della Gilda X, avversaria storica dell’Organizzazione.

Yuriko osservò per qualche istante il fascicolo su cui erano scritti i dettagli della missione, poi alzò leggermente lo sguardo, ponendolo sulla direttrice.
Cyril Blanc aveva sempre amato quegli occhi, grigi e freddi, come il ghiaccio, così indifferentemente spietati.
Gli occhi di un’assassina.  
-Non si tratta di uccidere qualcuno.- si limitò a dire la ragazza, con tono neutrale.
Era in piedi, davanti alla scrivania, mentre lei era seduta sulla poltrona in pelle del suo ufficio.  
Incrociò le mani sullo scrittoio, mentre sospirava, paziente, sentendo gli occhi di Suzame su di sé.                                                                                                                                                      -Il vostro lavoro non si limita ad uccidere, dovresti saperlo Yuriko.-  
-Perché, fra tutte le persone che potevi scegliere, proprio io?
 -Questo è un incarico delicato, non sappiamo cosa stia nascondendo Dieterik in quelle grotte costiere a nord della città, così vicino alla zona dei Cherubini.-
-Peccato che tu abbia dimenticato un piccolo dettaglio: ho ben altro da fare che cercare di capire i piani di un capellone psicopatico.-
La direttrice sospirò, massaggiandosi le tempie. Odiava quando Yuriko si ostinava a non eseguire i suoi ordini.
-E cosa dovresti fare di così tanto urgente?
Se possibile, gli occhi della ragazza si fecero ancora più gelidi.
-Trovare l’assassino dei miei genitori, per esempio.-
Blanc si alzò dalla poltrona e, oltrepassando la scrivania, si trovò faccia a faccia con Yuriko, che continuava a tenere fissi gli occhi grigi nei suoi scuri.
-Tu fai parte della mia Organizzazione, per cui stai alle mie regole.-
-Io non faccio parte di niente, l’unico motivo per cui
collaboro con la tua organizzazione è per cercare quel lurido bastardo che ha ammazzato la mia famiglia.- 
Stavolta il suo tono di voce era bassissimo, ma non per timore o altro. 
Yuriko abbassava sempre la voce, più del solito, quando si arrabbiava, era una cosa che faceva involontariamente, ma provocava in tutti i suoi interlocutori una grande paura.
Tutti tranne Cyril.

Gli occhi di Blanc si fecero più seri, mentre le labbra rosse assumevano una piega rigida.
-Io ti ho dato una casa e ti ho insegnato ad uccidere. Hai un debito di vita con me, mocciosa, non dimenticarlo. Svolgere obbedientemente ciò che ti ordino, è il minimo che tu possa fare per ripagarmi.-

Sorrise malignamente, sapendo che Suzame non avrebbe potuto replicare a quello.
Infatti la ragazza fece una piccola smorfia  iraconda, per poi prendere malamente  il fascicolo e dirigersi verso la porta.
Aveva una mano sulla maniglia, quando si girò verso di lei, gli occhi più gelidi che mai.  
-Farò ciò che vuoi, ma con le mie regole.-

Yuriko ammirava molto Cyril, le aveva fatto da mentore quando era rimasta sola al mondo, ma non sopportava che qualcuno le desse ordini.
Lei, l’ultima della famiglia Suzame, non prendeva ordini da nessuno.                                                                                                          
L’unico motivo per cui aveva accettato di svolgere la missione, era per quella promessa che aveva fatto ancora molti anni fa’ alla direttrice.

La pioggia batteva forte sulle strade sporche.
 Aveva freddo, la piccola Yuriko, sola in quel vicolo, con il vestito bianco sporco di sangue non suo.
Ripensò ai suoi genitori, mentre una lacrima gelida e affilata come un rasoio le scendeva lungo la guancia. I loro cadaveri erano ancora là, in quella casa nella Tall City, dove, le ripeteva sua mamma, le persone stavano un po’ meglio rispetto a quelle che vivevano nella Slam City.
 La frangetta rossa si era appiccata alla fronte, e il piccolo corpo di Yuriko tremava, sia dal freddo sia, soprattutto, dalla paura.
Immagini macabre le scorrevano nella mente, interrottamente, come uno di quei film squallidi che guardava suo cugino Egil.
Pianse più forte a quel pensiero, sapendo che non avrebbe più sentito la voce di sua madre rimproverarlo perché faceva vedere alla cugina  film non adatti a una bambina.
          “La realtà è peggio dei film, zia.” Le ripeteva sempre Egil, con tono disinteressato.

Udì dei passi e si rannicchiò ancora di più dietro al cassonetto, probabilmente aveva delle ferite ai piedi, perché le facevano davvero male.
 La figura misteriosa si stava avvicinando sempre di più, e Yuriko cercò di ricordare qualche Abilità appresa durante gli allenamenti. Avrebbe potuto bruciarla, ma non sapeva se quel fuoco particolare si accedesse anche quando pioveva.
 -Non avere paura, Yuriko Suzame, io sono tua amica.-  
La bambina alzò leggermente lo sguardo e osservò la donna che aveva davanti. La luce di un lampione la illuminava parzialmente, risaltandone la carnagione chiara e gli occhi scuri; i capelli erano acconciati in  una particolare pettinatura, composta da treccine  raccolte in uno chignon.
 Indossava un completo scuro e i tacchi alti, mentre tra le mani guantate teneva un ombrello nero.
-Chi sei tu?-  
Domandò a voce bassissima, stanca e spossata.
 La donna sorrise leggermente, le sembrava gentile.
 -Cyril Blanc.- si presentò –ero amica dei tuoi genitori. Mi dispiace molto per ciò che è   successo.- -Come fai saperlo? È accaduto poche ore fa …-

Ora non sentiva più la pioggia bagnarla  perché Cyril aveva portato l’ombrello sopra la sua testa.
-Io so sempre tutto, piccola Yuriko.-
La donna si abbassò alla sua altezza, tenendo comunque l’ombrello sopra le loro teste, in modo che non si bagnassero, e sorrise.
Yuriko trovò strano quel sorriso, perché non era come quello di sua madre o di suo padre, che emanava calore e affetto. Quello, invece, era così freddo da sembrare finto, ma non era cattivo, più che altro pareva che Cyril si fosse dimenticata come si sorrideva.  -Io posso darti una casa e esaudire ogni tuo desiderio.-  
Yuriko la guardò per qualche istante, analizzandola con i suoi occhi grigi, illuminati dalla luce della luna. Lei avrebbe voluto riavere la sua famiglia, ma sapeva, sua mamma glielo aveva spiegato, che i morti non possono tornare in vita.  
            C’era solo un’altra cosa che desiderava in quel momento, un desiderio ardente, che le logorava il cuore pieno di odio e rancore. -Vendetta.-
 Sussurrò solamente, rivedendo per l’ennesima volta i corpi di tutta la sua famiglia a terra, mentre il sangue si espandeva sul pavimento. Blanc annuì, mentre quel sorriso falso scompariva dalle sue labbra.
-Posso aiutarti a rintracciare l’assassino della tua famiglia e istruirti affinché tu possa eliminarlo. Ma, vedi, in questo mondo niente si fa per niente, per cui voglio fare un patto con te.-  
-In cosa consiste?-  
 -Io ti farò diventare la Skill più forte della città, ma tu dovrai lavorare per la mia Organizzazione, giurandomi eterna fedeltà.-
 Le sue piccole mani tremavano, stava cominciando ad avere molto freddo. La pioggia continuava a scrosciare, incessante.
-Di cosa si occupa la tua organizzazione?  
Cyril sorrise sinistramente, con una malizia sadica nello sguardo.  
-Varie cose:addestramento di Skill, ricerche, spionaggio, assassini su commissione… Ma non temere, per ora farai un addestramento, quando sarai pronta parleremo del tuo ruolo nell’Organizzazione. Allora prometti di tenere massima fedeltà verso l’Organizzazione Zero in cambio dell’addestramento che riceverai da essa, quindi da me?-
 -Lo prometto.-  
E forse quella promessa fu il suo primo peccato.

Nonostante la realtà in cui viveva fosse priva di valore, Yuriko, in quanto ultimo membro dei Suzame, era rimasta attaccata ai valori impartitogli dalla sua famiglia. E fra essi c’era l’importanza di mantenere una promessa.
-Le promesse sono molto importanti Yuriko, legano le anime di due persone. Tradire una promessa sarebbe come infangare un pezzo della propria anima e della propria dignità di essere umano. Anima e dignità vanno sempre difese, Yuriko.-
La sua anima si era sporcata di peccati già parecchio tempo fa’, quindi l’unica cosa a cui teneva ancora era la propria dignità. Non avrebbe mai permesso a nessuno di portargliela via.                                                                                                                                                          
 E questo Cyril lo sapeva benissimo, per tale motivo le ricordava sempre la promessa fatta.                  
E Yuriko la odiava davvero in quei momenti, dove veniva fuori la sua vera natura, quell’essere meschina e viscida, ma terribilmente furba.  Le ricordava un serpente, con quelle movenze eleganti e la voce seducente, tentatrice di peccati, che ti infettava col suo veleno appena ti avvicinavi troppo.            

Un forte ruggito si propagò per tutta la grotta, alcune stalattiti si infransero al suolo, a pochi metri da lei. La cicatrice, incisa sul dorso della mano destra, a forma di drago, simbolo della sua famiglia, cominciava a farle male.                                                                                         
Questo non va bene per niente.                                                                                                             
Essa era un sigillo, messole alla nascita, per impedire ai suoi poteri di Skill di prendere il sopravvento sul suo corpo e sulla sua mente. Infatti non era raro che accadessero gravi incidenti creati, anche involontariamente, da Skills. Per arginare ciò il governo aveva creato delle iniezioni, da fare a cadenza mensile, volte a “sopire” i loro poteri. Tuttavia tali cure, essendo ancora in fase di sperimentazione, erano parecchio costose e, ovviamente, se le potevano permettere solo i ricconi della Tall City.                                                                              
 Per questo nella Slam City le organizzazioni criminali, come l’Organizzazione Zero e la Gilda X, erano sovrane incontrastate. Esse offrivano agli Skills di quel luogo dimenticato da un governo corrotto dal denaro e dalla lussuria, un efficace addestramento per avere il pieno controllo sulle proprie abilità, oltre a un lavoro che, pur essendo squallido, permetteva loro la sopravvivenza.  Famiglie di antiche origini come quella dei Suzame, però, avevano ideato altri modi, applicati da generazioni passate, per arginare quel problema. Il sigillo, fatto quando si è appena nati, non serviva solo come “blocco”, ma avvertiva, tramite un lieve dolore, se c’erano elementi soprannaturali pericolosi nei dintorni.
Un altro ruggito proruppe nel silenzio, mentre il dolore alla mano si faceva più forte, facendo intendere che era più vicina a quella cosa.                                                                    
Afferrò le sue katane, legate alla cintura, pronta a combattere. Tale gesto, ormai, lo faceva automaticamente, come se fosse un robot, programmato a fare e dire determinata cose. Forse la sua intera esistenza era come quella di un androide gelido.                                               
Forse, aveva finito di vivere davvero quel giorno di otto anni fa’.

I Suzame si vantavano di avere origini giapponesi, benché di orientali avessero solo il nome.
                    Mentre suo padre diceva di essere per metà irlandese e metà italiano.[1]
                                           Yuriko aveva ereditato parecchie caratteristiche da suo padre e molti suoi parenti le dicevano che era graziosa e carina  con quei capelli rossi e gli occhi grigi, dal taglio, però, tipicamente orientale.
 Tuttavia Yuriko amava gli occhi di sua madre, così scuri e profondi.

Gli stessi che in quel momento, mentre era rannicchiata in un piccolo armadio, la osservavano, spenti.
Riusciva a vedere solamente il suo viso pallido, riverso sul pavimento della stanza degli allenamenti, mentre sentiva delle urla provenienti da altre stanze.
 Avrebbe voluto uscire, ma, oltre al fatto che per qualche assurdo motivo non riusciva ad utilizzare le sue Abilità, suo padre le aveva detto di rimanere nascosta. Le aveva sorriso rassicurante, ma Yuriko aveva un orrenda sensazione addosso, che andava al di là della semplice paura.
 Era qualcosa che sentiva gravare sulle spalle, un’ombra scura che l’avvolgeva completamente, sussurrandole che sarebbe successo qualcosa di terribile.  Non ricordava quanto tempo fosse rimasta chiusa lì dentro, forse ore o pochi minuti, ma uscì solo quando le urla finirono, cautamente. Osservò per qualche istante il corpo di sua madre, finché le lacrime scendevano.  Il suo intero corpo tremava e sentiva la bile salirle alla gola, l’odore di sangue e morte che impregnava l’aria Si diresse verso il corridoio, di corsa, sperando di vedere suo padre sorriderle, rassicurante, e dirle che sarebbe andato tutto bene, che era stato solo un brutto incubo. Ma ciò che vide la straziò definitivamente. 
Lungo il corridoio giacevano i corpi di tutti i suoi parenti, mentre il sangue macchiava il pavimento di legno.                                                                                                                           Cadde in ginocchio, accanto al corpo di suo padre, piangendo e urlando, disperata, che dovevano tutti alzarsi.
Urlò, sentendosi per la prima volta nella sua vita completamente sola.
E giurò, a se stessa e ai suoi famigliari morti, che si sarebbe vendicata.

I ruggiti si fecero ancora più forti e Yuriko evitò abilmente una stalattite che le stava per cadere in testa. Schioccò la lingua, seccata, domandandosi cosa diavolo stesse pianificando quel vecchio fuori di testa di Dieterik.

Cyril definiva Ludwig Dieterik come il “suo miglior nemico”. L’uomo era a capo della Gilda X da tanti anni quanti lo era Blanc con l’Organizzazione Zero. 
       Il controllo della città era continuamente conteso fra le due associazioni criminali, ma nessuna era mai riuscita a prevalere sull’altra.
La prima volta che lo aveva visto era stato quando aveva sedici anni, in una delle sue prime missioni per l’Organizzazione.
Era sotto copertura a una festa nella Tall City, con lei c’era anche Cyril, che indossava un vestito nero a una manica, con degli ornamenti dorati
lungo il busto, abbinati a un paio di orecchini a pendolo in oro. Beveva tranquillamente un alcolico rosso, osservando ogni invitato a quella festa. 
Sorrise, quando lo vide, e glielo indicò. 
-Quello è Ludwig Dieterik, l’uomo che devo riuscire ad uccidere assolutamente.-

Yuriko lo analizzò: i capelli, castani e lisci, raggiungevano le spalle. Era in piedi e parlottava con una signora vestita di rosa, sorridendo suadente.
Aveva una posa imperiale e rigida, ma ciò che colpì di più la ragazza fu la profonda cicatrice che partiva dal labbro inferiore e finiva sul mento. 
 -Quella l’ho fatta io quindici anni fa’.-  
Le sussurrò Blanc all’orecchio.   
 Yuriko le dedicò un’occhiata indifferente, ma che nascondeva una strana sorpresa.
                                                           -Comunque il tuo compito è di togliere di mezzo i suoi “accompagnatori”, al resto ci penso io.-

 Solo in quel momento Suzame notò due ragazzi accanto a Dieterik, uno era parecchio alto, con i capelli sparati in aria e un sorriso beffardo sul volto, l’altro aveva i capelli legati in una coda bassa e un’espressione rilassata in viso.
-Sono bravi?- chiese, mentre estraeva, senza essere vista, la pistola dalla borsetta che aveva con sé.
A causa del suo travestimento non aveva potuto portarsi  le katane e la cosa la irritava non poco.  
Cyril si limitò a ghignare sinistramente.  
                                                                    -Sono i migliori della Gilda X, ma tu sei più brava. Ora vai e fai quello che sai fare meglio: uccidere.-  
Yuriko le scoccò un’occhiata seccata.
-Non darmi ordini.- 
E sparò.

Alla fine quella missione si era rivelata un fallimento, dato che Dieterik era riuscito a scappare, ma almeno aveva colpito a un braccio e a una gamba il sicario spilungone, anche se non sapeva se lo aveva effettivamente ucciso. Onestamente, non le interessava nemmeno.
 Si trovò davanti a un enorme apertura, da cui provenivano ruggiti fortissimi, quasi lamentosi. La cicatrice bruciava terribilmente e Yuriko, stringendo le katane fra le sue mani, sapeva di essere arrivata.
Con uno scatto attraversò quella fessura, trovandosi davanti a una specie di gigantesco drago, alto probabilmente un paio di metri, senza le zampi anteriori. Esso era imprigionato da grosse catene impregnate, lo poteva percepire, di Abilità Skills e si dimenava, furente, ruggendo fortissimo e ringhiando.                                                                                                  
Non aveva la più pallida idea di cosa fosse, ma sapeva esattamente cosa fare.                       
Uccidere.
 
 
 
-Nel rapporto che ti ho dato c’era scritto di portarlo alla base vivo.-                                          
 Yuriko era seduta comodamente sulla sedia dell’ufficio di Cyril, la quale camminava, furiosa, per la stanza, lanciandole occhiate furiose e rimproverandola.
 -E io ti ho detto che avrei svolto la missione alle mie regole. O forse la vecchiaia ti fa dimenticare le cose?- La ragazza godeva di un sadico piacere nel vedere la direttrice perdere completamente la pazienza.   -Non utilizzare quel tono con me, mocciosa impertinente.-                                                                  
Le disse, puntandole un dito contro, mantenendo comunque una postura composta. I suoi occhi, scuri come un cielo notturno privo di stelle, erano accessi da una fiamma di rabbia.                   
E Yuriko rise, fredda e senza una vera felicità, a quella visione.                                                                 
-Hai paura della verità, Cyril?-                                                                                                                          
Le domandò serafica, passandosi un dito fra i lunghi capelli. Vide la direttrice respirare profondamente, probabilmente per cercare di calmarsi. Poi, con la voce bassa e tremante dalla rabbia le ordinò di uscire.
 
La base principale dell’Organizzazione Zero era piuttosto grande. Lì si trovavano sia i Centri di Ricerca, volti a creare armi e nuove tecnologie utili all’Organizzazione, sia i Centri di Allenamento per gli Skills.                                                                                                              
 Nei corridoi c’erano ampie finestre, che davano sulla megalopoli, illuminata dalle luci artificiale dei grandi grattaceli e dalle insegne colorate dei locali. Aveva perso il conto di quante volte avesse calpestato quel pavimento, ma ogni volta sentiva gli sguardi dei suoi colleghi su di sé, che la analizzavano, incuriositi da quell’alone di mistero che la circondava.
                                                           -Quella è Yuriko Suzame! L’assassina migliore dell’Organizzazione.- -Si dice che non abbia paura di nulla.- -Ho sentito che con quelle katane abbia fatto fuori dieci uomini in meno di un minuto-
-Tu l’hai mai sentita parlare? Dicono che la sua voce spaventi persino la direttrice.-
Yuriko odiava quelle voci, che non sapevano assolutamente nulla di lei. D’altra parte era consapevole che non aveva mai fatto niente per smentirle. Non aveva amici o nemici nell’Organizzazione, perché non si fidava di nessuno. In quel mondo non poteva credere in niente e in nessuno.                                                                                                                              
Era stata una delle prime lezioni che aveva imparato nella sua nuova vita.


L’addestramento era cominciato qualche giorno dopo la strage dei Suzame, così chiamata dalla polizia, ipocrita e corrotta, che stava svolgendo le indagini per scoprire un colpevole che, Yuriko lo sapeva, non avrebbero trovato.
Stringeva fra le mani le katane della sua famiglia. Era stato un agente dell’Organizzazione a recuperarle dalla sua vecchia abitazione, perché lei non ce la faceva ancora a tornarvi, con le immagini di morte e sangue ancora troppo vivide nella mente.
                              Osservò Cyril Blanc, che aveva i capelli lunghi acconciati in una coda e indossava una tuta. Sarebbe stata lei a farle le lezioni.  
-Prima di cominciare con l’addestramento vero e proprio, c’è una cosa che devi imparare e ricordare, considerala come la tua prima lezione.-  
La guardò negli occhi, l’espressione severa in volto.
-In questo mondo, l’unica cosa in cui puoi credere è che non puoi credere in nulla.
    Dimentica i legami, le amicizie e gli amori, ti renderanno debole. 
Dimentica il tuo dio, non ti aiuterà nel momento del bisogno.
                                                       Ricorda il volto dei tuoi genitori morenti, usa il tuo odio e la tua rabbia per andare avanti.
Fa della vendetta il tuo scopo.
 In questo mondo, solo così potrai andare avanti.-

Forse quello era stato l’unico consiglio che aveva ascoltato in tutta la sua vita –o era meglio dire sopravvivenza? Perché di essa si trattava, una persona che non prova più sentimenti non vive davvero.  Yuriko Suzame era una fredda assassina, figlia dell’odio e di quella vendetta che non riusciva a raggiungere.
 
I laboratori di ricerca si trovavano nell’area est dell’Organizzazione, ed era proprio lì che Yuriko si stava dirigendo. Nel Clockpad, un piccolo computer, utilizzato da molte associazioni criminali, che assomigliava ad un orologio da polso, le era arrivato un avviso da Brooke, una scienziata-ricercatrice, in cui diceva di aver capito cosa fosse l’essere che aveva ucciso e le chiedeva di andare da lei.
Brooke Milton era una quindicenne esaltata in un corpo di una venticinquenne. Era una donna strana, con i capelli colorati e l’ossessione per i robot e gli Skills. Non era raro trovarla nei corridoi dell’Organizzazione, intenta a pregare, senza successo, qualche agente di poter fare degli esperimenti su di lui per “analizzare meglio la tua condizione di Skills”. Yuriko la trovava abbastanza molesta, con le sue chiacchiere inutili e le sue urla eccitate da mocciosa in piena crisi ormonale. Ma riconosceva che Brooke era la migliore esperta di robotica dell’Organizzazione. Per questo la cosa che aveva ucciso era stata portata da lei, dato che Cyril, e anche la stessa Yuriko, credeva si trattasse di un androide.                                            
 Ma Brooke fece crollare quell’ipotesi, quando l’assassina giunse nel suo laboratorio.                          
-Una viverna.- si limitò a dire, esibendo quel sorriso che Suzame tanto odiava.                                    
  -Come?- chiese, confusa, anche se dalle sue espressioni non trapelava nessuna emozione se non indifferenza.                                                                                                                                       
  -L’ho tagliuzzato in varie parti e non ho trovato nessun elemento robotico. Così ho fatto qualche ricerca sul web e sono riuscita a capire che si trattava di una viverna, un animale mitologico.-                                                                                                                                             
 -E se è mitologico perché diamine esiste?                                                                                     
Milton si limitò a sorriderle, ignorando, forse volutamente, l’occhiata fredda che le stava gettando.                                                                                                                                                
  -Ho sentito che i Cherubini possiedono animali mitologici, come grifoni e pegasi.-                            
  -Sono solo leggende metropolitane, prive di alcun fondamento.-                                                                  
-Beh, allora hai ucciso una leggenda metropolitana.-
 
Quella sera Yuriko, sopra la sua moto, se ne andò dall’Organizzazione confusa. Girava per le strade della città, tra i palazzi altissimi, chiedendosi che diamine stessero combinando i Cherubini. Essi erano una specie di organizzazione religiosa, che aveva una visione del mondo immorale e corrotta e, pertanto, aveva deciso di staccarsi da esso, abitando in centri isolati, lontano dalle megalopoli. Nessuno sapeva chi fossero esattamente: c’era chi diceva fossero degli Skills, altri dei semplici fanatici, aveva anche sentito dire che erano alieni.                   
Lei non aveva mai pensato a quel gruppo misterioso, non le interessava poi molto; tuttavia si chiedeva qual’era il legame tra i Cherubini e quella viverna  Sospirò, decidendo di non pensarci oltre; il suo lavoro l’aveva svolto, toccava a Cyril risolvere quei problemi.                                                                                                                          
Girò in un piccolo vicolo, andando nell’area più sporca e peccatrice della Slam City. Non amava quel quartiere, ma era necessario che ci andasse per avere informazioni sull’assassino dei Suzame.                                                                                                                                   Si fermò davanti a uno squallido motel e si tolse il casco, puntando la pistola verso un paio di tizi, probabilmente mezzi ubriachi, che avevano fatto delle battute sul suo culo. Quelli si zittirono all’istante, ma l’attenzione di Yuriko non era per loro, ma bensì per il ragazzo dai capelli scuri e gli occhi chiari appoggiato al muro dell’edificio.                                                            
  -Sokolov.- lo salutò, con tono indifferente.                                                                                                                            
  -Suzame.- ribattè, esibendo un sorriso furbo.                                                                                      
 Ivan Sokolov era uno dei migliori informatori della città, gli aveva chiesto di cercare informazioni sull’assassino dei suoi genitori, ma i risultati non erano immediati come aveva sperato. Sembrava che quell’uomo fosse sparito nel nulla, in due anni di ricerca Ivan era riuscito a scoprire solamente che faceva parte della Gilda X e che, probabilmente, era uno dei massimi esponenti, forse un vice di uno dei dieci capi ai vertici dell’associazione criminale. Tuttavia, nonostante le poche informazioni raccolte, Yuriko continuava a rivolgersi a lui con cadenza regolare, due volte a settimana.                                                                                                  
 
-Qualcosa di nuovo?- chiese la ragazza, osservando l’altro avvicinarsi a lei, sempre con quel sorrisino irritante sulle labbra, e porgergli la mano destra.                                                                                              
-Prima i soldi.-                                                                                                                                          
 Con un semplice gesto della mano spostò la pistola, in modo che mirasse all’inguine di Ivan.
 -Senti, informatore del cazzo, oggi ho avuto una giornata no e ho una fottuta voglia di andarmene nel mio appartamento a riposare. Quindi vedi di non fare giochetti idioti e dimmi se hai qualche fottuta notizia in più su quello stronzo che ha ammazzato la mia famiglia. E ti avverto, se menti me ne accorgo.-
Yuriko godette nel vedere l’informatore deglutire, mentre le pupille chiare si dilatavano leggermente, terrorizzate. Il sorriso era ancora sul suo viso, come un marchio di fabbrica, ma era leggermente tremolante.   
 -Niente di nuovo, mi dispiace.- si limitò a dire, con una voce controlla che, l’assassina lo sapeva, nascondeva puro terrore. Sospirò, quando avvertì la pistola spostarsi da quella parte del suo corpo estremamente delicata.                                                                                         
 Raggelò, guardando per qualche istante gli occhi grigi, freddi come il ghiaccio, di Yuriko.              
-Fanculo, ci vediamo la settimana prossima.- sussurrò solamente quest’ultima, mentre si metteva il casco e saliva sulla sua moto.
 
Appena arrivata nel suo appartamento, Yuriko si buttò sul letto, esausta. Chiuse gli occhi, sospirando frustata. Quella giornata, tra il mistero della viverna e la mancanza di informazioni, si era rivelata estremamente inconcludente. Non aveva fatto nessun passo avanti nel raggiungimento della sua vendetta, suo unico scopo di vita.                                                      
A volte si chiedeva cosa sarebbe successo una volta ucciso l’omicida della sua famiglia, ma non riusciva a trovare nessuna risposta soddisfacente. Probabilmente con il compimento della vendetta, sarebbe finita anche quella sopravvivenza che spacciava per vita. 
Dopo i suoi parenti, Yuriko non aveva niente per cui combattere. E mai come in quel momento quel luogo, quell’appartamento freddo come il suo cuore, le pareva fastidiosamente silenzioso.                                                                                                                         
 La sua vecchia vita, al contrario, era stata piena di rumori: dalle risate dei suoi cugini ai rimproveri di sua madre, alla voce calda e, talvolta, severa di suo padre.                                               
Non aveva nessuna foto della sua famiglia, perché i ricordi erano troppo dolorosi, nonostante fossero passati otto anni da quel tragico episodio. Molte persone pensavano che non avesse paura di nulla, ma in realtà Yuriko temeva la notte, perché i suoi sogni erano popolati da urla, cadaveri e sangue.
E se avesse avuto ancora delle lacrime da versare, avrebbe pianto, rotolandosi tra le lenzuola del letto in cerca di un calore che non avrebbe trovato. 
Ma ormai di quella ragazzina dai capelli rossi e gli occhi grigi non era rimasto altro che un involucro vuoto. 
Un’assassina spietata.                                                                                                                         
Una persona sola.
   
 
  
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