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Autore: Merkelig    02/01/2015    0 recensioni
Dopoguerra. Due fratelli dagli occhi di smeraldo. Due angeli dalle ali d'acciaio.
Una storia di apocalissi, rivelazione e redenzione.
Terza classificata al contest "La sfida dei dieci (contest a pacchetti)" indetto da Releeshahn sul forum di Efp.
Genere: Drammatico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo III
Un lungo cammino
 

 
- Ero molto piccola quando è successo ma ricordo tutto perfettamente. Il cielo si fece rosso e cominciarono a piovere pietre infuocate. Epidemie, carestie e conflitti di portata mondiale iniziarono a diffondersi sulla Terra. Strane bestie salirono dal mare e dal sottosuolo, e presero a nutrirsi e a riprodursi. La morte aleggiava su tutta quella distruzione, come una macabra foschia che si diffondeva in ogni luogo. Per quattro, forse cinque anni gli uomini e le donne continuarono a morire.
Poi un giorno voi arrivaste sulla Terra.
Temendo un nuovo flagello gli uomini vi tirarono giù dal cielo, uno ad uno.
I credenti gridarono al sacrilegio, ma ormai il danno era stato fatto. Eravate scomparsi. Gli uomini già inneggiavano alla fine delle sofferenze. Poi siete ricomparsi all’improvviso, sette anni fa. E avete cominciato a dare la caccia ad ogni singolo essere umano che era scampato a quasi nove anni di Apocalisse.
Il resto della storia lo conosci. –
 
La ragazza tace. Osserva il fratellino che, con gli occhi sbarrati,  non ha smesso di guardarla neanche per un secondo durante il racconto. Gli mette un braccio intorno alle spalle con fare rassicurante.
Anche Aladiah è rimasto ammutolito dalla portata delle sue scoperte.
- Gli angeli… - domanda in tono titubante dopo un lungo momento – quelli come me insomma…che cosa facevano prima? Prima di tutto questo? Tu lo sai?
Serafina lo guarda, senza espressione.
– Per quelli che ci credevano, voi restavate al fianco delle persone per poterle proteggere. Viaggiavate pacifici attraverso la Terra nascondendovi sotto spoglie mortali. Vegliavate su di noi in pratica. Portavate con voi la parola di Dio.
- La parola di Dio…- l’angelo assapora il suono di quelle parole che gli risuonano inspiegabilmente familiari.
- Si. Stendevate le vostre ali piumate su coloro che erano meritevoli.
- Piumate?
La ragazza annuisce.
- Le vostre ali erano fatte di piume bianche ed erano grandi e soffici…
L’angelo osserva stranito le ampie ali d’acciaio che porta sulla propria schiena. Inspiegabilmente ora gli sembrano più pesanti rispetto a qualche momento prima, come se ne avvertisse l’estraneità. Si accorge che la ragazza le sta fissando. Non può biasimarla, sono davvero minacciose con le linee appuntite come lame e le piastre di metallo brunito simili a rasoi affilati. 
- Devo scoprire che cosa è successo dopo. – la voce dell’angelo, che si era incrinata mano a mano che le sue certezze venivano sconvolte, è tornata ad essere limpida e solida, come una lastra di ghiaccio.
La ragazza lo guarda fisso, senza fiatare.
- Esiste un luogo…insomma un luogo per quelli come me?
- Una specie. – pronuncia lei enigmatica.
- Dove?
- Senti…
- Ti prego. – la interrompe. – Dimmi soltanto dov’è. Poi me ne andrò via.
Lei per qualche momento lo scruta, con uno sguardo difficile da interpretare. Poi si alza in piedi.
- Da quella parte. – dice indicando con il braccio teso un punto alle spalle dell’angelo.
– Non è molto lontano. Lo riconoscerai appena lo vedrai.
Aladiah non replica. Si alza in piedi faticosamente e china brevemente il capo in direzione dei due umani, in segno di riconoscenza. Poi, appoggiandosi ai tronchi degli alberi ai margini della strada, si mette in cammino un passo alla volta.
 
 
 

 
 
 
La foresta termina bruscamente su un ampio spiazzo polveroso. L’angelo, sorpreso di trovarsi all’aperto così all’improvviso, si porta una mano davanti al viso e tossisce, infastidito dal pulviscolo finissimo che si insinua in bocca e nel naso.
I resti di numerose catapecchie sono disseminati un po’ ovunque, in mezzo a numerose macerie e detriti di altra natura. L’angelo si fa strada con difficoltà attraverso le povere rovine di vite distrutte.
Al centro di tutta quella desolazione spicca un edificio ancora in piedi.
È minuto, messo a confronto con le montagne di pietre che lo circondano, modesto, con le pareti chiare e il tetto brunito. Una singola, malinconica, torre si protende per quanto le è possibile verso il cielo.
Zoppicando, Aladiah varca lo spesso portone della piccola costruzione.
All’interno, un povero assortimento di oggetti vecchi e impolverati. Qualche panca di legno, un altare in marmo, poche candele bianche consumate. Un grosso crocifisso appeso in fondo, nella penombra.
Uno spicchio di luce, proveniente probabilmente dal buco lasciato da una tegola caduta, illumina il volto di una donna in un quadro.
L’angelo si avvicina silenzioso, per poterlo osservare meglio.
Una giovane donna bruna con una lunga veste turchina è stata interrotta durante la lettura di un pesante tomo dorato e guarda sorpresa una figura angelica che si inchina di fronte a lei.
Aladiah osserva rapito l’angelo nel quadro.
Non lo colpiscono più di tanto la carnagione chiara, i ricci scuri o il fatto che sopra la testa ha dipinto un cerchio luminoso. Il particolare che assorbe completamente l’attenzione dell’osservatore, fermando il suo respiro a metà, sono le ali che l’artista ha rappresentato sulla schiena del messaggero.
Sono bellissime. Sono straordinarie.
Le piume che le costituiscono sono bianchissime, di un bianco che sembra quasi rilucere debolmente nella penombra.
- Bello vero?
Aladiah sobbalza, all’inaspettato suono di una voce sconosciuta.
Mentre si spegne il debole eco di quelle parole rimandato appena dalle pareti dell’edificio, l’angelo si volta lentamente.
Un giovane uomo lo sta osservando, seduto su una panca.
Due occhi scuri lo osservano sagaci, seguendo ogni suo più piccolo movimento, da sotto una massa ribelle di corti ricci castani.
Indossa una tunica verde scuro, con riflessi dorati.
La sua postura, benché composta, ha qualcosa di impertinente.
Il giovane sconosciuto lo osserva tranquillo, con una lieve sfumatura di ilarità ad attraversargli gli occhi e ad incurvargli quasi impercettibilmente l’angolo delle labbra piene. 
- È l’Annunciazione.
L’angelo tace, studiando il suo interlocutore.
- Dio rivela agli uomini la salvezza. – azzarda l’altro.
Niente, Aladiah non raccoglie. Si limita ad osservarlo, impassibile.
Improvvisamente la sua attenzione viene catturata da un guizzo, un rapido riverbero alle spalle del giovane. Accortosi del suo sguardo, lui sorride e si china in avanti, appoggiando i gomiti sullo schienale della panca davanti a lui. La luce che prima lo illuminava ora scivola lieve sulle sue spalle e sulle sue candide ali piumate.
Aladiah trattiene il respiro.
Il ragazzo sorride misteriosamente.
- Chi sei? – riesce infine a sussurrare il giovane angelo rimasto ammutolito dallo stupore.
- Sono uno dei tuoi fratelli, Aladiah. Il mio nome è Gabriele.
 
 
 

 
 
 
- Gabriele…- pronunciandolo, Aladiah avverte una certa familiarità nel suono di quel nome.
- Si. – afferma l’altro in tono rassicurante. – Sono qui per portare un messaggio.
Per pochi momenti entrambi tacciono. Lo sguardo carico di stupore dell’angelo eretto in mezzo alla navata è ricambiato dalla tranquillità e dal calore negli occhi di quello seduto, come un bizzarro specchio asimmetrico.
Alla fine Aladiah trova la forza per domandare.
- Che messaggio?
- Tu devi conoscere la verità, Aladiah. Le buone intenzioni di un’anima persa hanno portato enormi sofferenze nel mondo. Devi riportare te stesso e i tuoi fratelli smarriti su un cammino giusto.
- Che significa? – chiede il giovane, confuso.
Prima di rispondere l’altro si alza e, aggirando la panca, gli si avvicina.
- Và al palazzo dorato e chiedi apertamente quello che vuoi sapere. E porta con te i tuoi fratelli, perché anche loro vedano e comprendano. – pronunciando le ultime parole  Gabriele gli posa una mano sulla spalla.
Una sensazione di fresco benessere si irradia nel corpo di Aladiah. Quando l’angelo abbassa lo sguardo si accorge che tutte le sue ferite sono scomparse.
Stupito, riporta lo sguardo sul viso dell’altro, che sta cercando di dissimulare con un sorriso un’ombra di malinconia.
- Devo andare, adesso. Il mio compito è finito. – fa quello, abbassando il braccio.
Aladiah resta in silenzio, attonito.
- Addio, fratello.
- Aspetta. – pronuncia l’angelo più giovane, con un’improvvisa nota dura nella voce – Perché adesso? Perché non intervenire prima?
L’altro lo osserva, con una piega mesta ad increspargli le labbra.
- Aspettavamo.
- Che cosa?
- Te.
La piccola stanza si riempie di luce. Quando Aladiah, abbagliato, riesce ad aprire gli occhi l’altro angelo è sparito.
 
 

 
 
 
Aladiah vola veloce, fendendo le nubi con le grandi ali d’acciaio.
Ben presto scorge all’orizzonte l’enorme palazzo dorato. Atterra sull’ampia terrazza e si inoltra per il lungo corridoio a passo spedito.
Quattordici angeli sono raccolti intorno alla luce al centro della stanza, con il capo chino.
Alla vista di tanti colori e tante ali scintillanti, così simili alle proprie, il giovane angelo prova una fitta di disagio.
- Aladiah! – lo accoglie la voce sorpresa di Jophiel.
A quel segnale tutti gli angeli gli si fanno incontro, febbrili. Jophiel si fa strada attraverso la piccola folla  per raggiungerlo.
- Aladiah! Dove sei stato? – gli domanda.
Il giovane angelo prende tempo prima di rispondere. Osserva i tanti occhi luminosi che lo circondano. Verde brillante, come la foresta sotto il sole. Blu profondo, degli abissi ciechi. Grigio pallido, che parla di una fredda mattina invernale. Azzurro tenue, del colore di un cielo gentile.
Mai prima d’ora, osservandoli con sguardo consapevole, aveva avvertito gli occhi dei suoi fratelli così vuoti. Mai prima d’ora aveva sentito i suoi simili così distanti.
Guarda l’amico di fronte a sé.
- Per qualche giorno sono rimasto sulla terra. Ho incontrato due umani. E… - esita un momento prima di proseguire, come se stesse cercando le parole adatte – ho un messaggio importante da riferire.
La voce bronzea risuona improvvisa.
- Che messaggio porti?
Titubante l’angelo guarda verso la fonte di luce, in direzione della quale tutti hanno voltato il viso.
- Io…io devo porre una domanda.
Il silenzio cala bruscamente. Gli angeli trattengono il fiato.
Aladiah percepisce il senso di disagio crescere esponenzialmente, tuttavia avanza imperterrito verso la luce.
- Non avvicinarti! – la voce, solitamente profonda e calma, risuona improvvisamente in modo stridulo, addirittura sgradevole. L’angelo trema ma prosegue.
- Mi è stato suggerito di chiedere ciò che avessi voluto sapere…- ormai è arrivato al basso basamento di marmo chiaro che delimita la grossa fonte di luce. – e ciò che voglio sapere è…
Aladiah è ormai di fronte alla grande, luminosa, entità dalla voce di bronzo. Tiene gli occhi bassi, per evitare di venire accecato, e non è ben sicuro di ciò che fa.
Poi all’improvviso capisce ciò che deve fare, mentre le parole giuste gli sbocciano nella mente.
- Voglio sapere chi sono.
E, con gesto deciso, cala il pugno chiuso verso il pavimento, direttamente nella grande fonte di luce.
  
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