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Autore: tbhhczerwony    03/01/2015    1 recensioni
[seguito della fanfic "—what am I really?"] [Hayami centric] [come nel prequel, possibile HamaHaya e altre coppie accennate] [sospesa]
dal primo capitolo:
"Sospirò, ormai soffocato dal caldo che c’era in pullman, il bello è che era pieno inverno, se usciva fuori rischiava di beccarsi un bel raffreddore, anche se aveva già la tosse ed era già tanto. Prese il suo cellulare e guardò l’ora, subito dopo si guardò in giro per i vari finestrini e vide che era già arrivato a destinazione, premette il tasto per fermare l’autobus e cercava di andare verso l’uscita del mezzo di trasporto, ripetendo varie frasi come «Mi scusi può farmi passare?» oppure un semplice «Permesso». Appena l’autobus si fermò poté uscire fuori, finalmente. Prese un respiro profondo e sorrise.
«Ah, finalmente un po’ d’aria!» esclamò contento.
"
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Hamano Kaiji, Hayami Tsurumasa, Kurama Norihito, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La complicata vita di Hayami Tsurumasa'
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ホーカス·ポーカス: a magic lie.

{ Chapter I }

In giro per la strada c’era un sacco di gente che andava e veniva per i viavai, alcune macchine che partivano a grande velocità per il lavoro e anche dei pullman. Un ragazzo dai capelli rossi, legati in una codetta bassa, occhiali di montatura color grigio-bianco rettangolari e occhi neri era dentro quel pullman pieno di gente, era in piedi affollato da persone e non ce la faceva più a stare lì, ma ormai era quello il pullman che doveva prendere ogni giorno per andare a lavoro. Sospirò, ormai soffocato dal caldo che c’era in pullman, il bello è che era pieno inverno, se usciva fuori rischiava di beccarsi un bel raffreddore, anche se aveva già la tosse ed era già tanto. Prese il suo cellulare e guardò l’ora, subito dopo si guardò in giro per i vari finestrini e vide che era già arrivato a destinazione, premette il tasto per fermare l’autobus e cercava di andare verso l’uscita del mezzo di trasporto, ripetendo varie frasi come «Mi scusi può farmi passare?» oppure un semplice «Permesso». Appena l’autobus si fermò poté uscire fuori, finalmente. Prese un respiro profondo e sorrise.
«Ah, finalmente un po’ d’aria!» esclamò contento. Subito dopo, mentre il pullman partì, iniziò a proseguire per la sua strada per andare a lavoro tranquillo. Prese il cellulare dalla sua tasca e riguardò l’orario, tra almeno dieci minuti erano le nove, così decise di correre per proseguire la strada.
Appena arrivò era ormai stanco ed erano le nove e un minuto, entrò nella sala professori e salutò i suoi colleghi.
«C-ciao» continuò, ansimando per la stanchezza «Scusate per il ritardo…».
Tsurumasa scelse di lavorare come professore alla Raimon Jr. High, professore di fisica e scienza. Adorava quel lavoro, aveva studiato un sacco e aveva faticato per averlo, ma ne era valsa la pena. Haruna era ancora insegnante lì, si voltò verso il ragazzo e sorrise.
«Ciao Hayami-kun»
«Buongiorno Otonashi-san»
La blu sorrise, guardando il rosso. Ripensò ancora a undici anni fa, quando lo vedeva triste, sconsolato, l’aveva visto crescere, era cresciuto con lui e, in quell’anno, era insegnate lì insieme a lei. Era veramente stupita di ciò. Lo stava ancora guardando, mentre lui stava prendendo dal suo armadietto vari libri, appena finì si voltò verso di lei.
«Qualcosa non va, Otonashi-senpai?» domandò Hayami.
Otonashi ridacchiò, scuotendo la testa imbarazzata. «No, no, tranquillo. Sto benissimo» continuò, «Solo, mi ricordo ancora quando avevi quattordici anni ed ero io la tua insegnante, che ricordi».
«Già, e non solo insegnante, anche manager della squadra»
Tsurumasa sospirò, sorridendo appena. «E’ un vero peccato che ora la squadra non ci sia più e stiano cercando nuovi membri, vorrei tornare piccolo solo per questo»
Haruna ridacchiò, subito dopo sospirando anche lei. «Già... Anche io volevo tornare piccola per restare con la mia squadra, è un vero peccato che non sia possibile»
«A chi lo dici»
Tra i due ci fu un po' di silenzio, il rosso prese la sua borsa e si diresse verso la porta della sala professori.
«Beh, devo andare» continuò, «A dopo».
La blu sorrise, alzò una mano e l'agitò lievemente per salutarlo. «A dopo»
Hayami aprì la porta e uscì, chiudendola prima di andarsene. Si diresse in terza A, la classe dove in quel momento doveva andare per la prima ora. Corse per le scale, cercando di arrivare in tempo e, appena finì le scale si diresse nella classe. Appena entrò vide che prima la classe era in completo subbuglio, ma quando aprì completamente la porta vide che tutti quanti si misero in piedi davanti ai loro banchi.
«Buongiorno professore!» esclamarono gli alunni in coro.
Tsurumasa andò davanti alla cattedra e sorrise, mettendosi la mano destra dietro la nuca e ridacchiando nervosamente, imbarazzato. «Buongiorno anche a voi, ragazzi. Scusate per il ritardo» disse, sedendosi sulla cattedra, gli alunni fecero lo stesso, sedendosi ognuno sui loro banchi.
Il rosso si guardò un po' in giro e vide un aereoplano di carta per terra, in mezzo a due banchi della fila centrale e la fila a sinistra, negli ultimi due banchi.
«Ehm, ragazzi, chi è stato a buttarlo lì, quello?» domandò, indicando l'aereoplano di carta.
Due ragazzi che stavano negli ultimi due banchi –uno della fila centrale e l’altro della fila sinistra— si guardarono negli occhi, impauriti.
«Su, non mordo mica, potete dirlo» ridacchiò l'occhialuto, aspettando risposte.
I due ragazzi si alzarono. Quello della fila sinistra era alto e magro, capelli verdi e corti, sbarazzini, occhi color ametista e pelle pallida. L'altro invece era basso, capelli castano scuro e lunghi fino a metà collo, molto lisci e, aveva una frangia che arrivava fino alle sopracciglia. Occhi castano scuro e pelle chiara, tendente al rosa. Avevano tutti e due un'espressione piuttosto impaurita, si inchinarono davanti al banco.
«Siamo stati noi, professor Hayami» dissero in coro, imbarazzati e nervosi.
«Mh» mugugnò Hayami, «Ok, ma state tranquilli, rilassatevi, non siate così nervosi. Non sono mica malvagio» ridacchiò, poi continuò a parlare «Uno di voi andrà a buttare l'aereoplanino, solo questo».
Il verde e il castano si guardarono nuovamente, come per dire “Ci vai tu a prenderlo e buttarlo” - “Oh, no, ci vai tu, caro” o altre frasi del genere. Si voltarono a guardare il professore.
«Può scusarci un momento?» domandò il più basso.
«Certo, fate pure» rispose Tsurumasa.
I due si stavano parlando sussurrando, cercando di non farsi sentire da Hayami e dai loro compagni. Appena finirono, il più alto andò a buttare nel piccolo bidone della spazzatura l'aereoplanino di carta. In quel momento il rosso fece l'appello e cominciò a spiegare loro l'argomento nuovo di scienze. Dopo due ore suonò la campanella.
«...Se una mela diventasse della dimensione della Terra, gli atomi nella mela sarebbero approssimativamente delle dimensioni della mela originale» concluse di spiegare, indicando i disegni che aveva fatto alla lavagna, che successivamente cancellò.
Mise il pennarello nero della lavagna sulla cattedra, poi prese i tre libri che aveva poggiato due ore prima sulla cattedra e da terra prese la sua borsa, salutò gli alunni e uscì dalla classe, dirigendosi verso la sala professori.
Lì c'erano Haruna e altri due professori, la professoressa Yuko e il professor Hiroyuki. Yuko Yazawa era una donna normalmente né alta né bassa, insomma, d'altezza normale, ma di solito portava scarpe con i tacchi, aveva i capelli lisci e corti, biondo scuro, occhi nocciola e pelle mulatta. Hiroyuki Shimizu invece era un uomo giovane, più o meno dell'età di Tsurumasa -quindi tra i vent'anni, anche se quest'ultimo ne aveva venticinque–, piuttosto alto, fisico robusto, capelli neri e di media lunghezza, sbarazzini, occhi castani e pelle chiara.
«Ehilà» salutò Tsurumasa.
«Ehi, Hayami» lo salutò Hiroyuki, sorridendo, alzandosi e andando vicino a lui, dandogli il cinque.
Le altre due insegnanti lo salutarono con un sorriso e un semplice «ciao». Il rosso aprì il suo armadietto e mise dentro i libri che aveva in braccio poco prima.
«Te ne vai di già?» domandò Otonashi.
«No» rispose Hayami, «Sto prendendo il libro di fisica, devo andare in prima tra un po'»
«Capisco».
Appena finì la ricreazione i quattro insegnanti si separarono ognuno per la propria strada, Tsurumasa andò in prima D, in quella classe doveva rispiegare -perché per il giorno dopo aveva programmato una verifica- la lezione di fisica: Albert Eistein, dovevano sapere la lezione al meglio, sia orale che scritto.
Ci era rimasto tre ore in quella classe, tutto quanto fisica, per i suoi alunni sembrava quasi impossibile che fossero passate così in fretta. Tsurumasa ridacchiò al pensiero, adorava la fisica e con le sue spiegazioni e quel modo simpatico che ha di spiegare con gli alunni, era tutto più bello. Molti ragazzi lo ammiravano, quasi che volevano fare anche loro i professori in futuro, volevano essere come lui.
Appena finirono le ore scolastiche tutti andarono a casa, al rosso mancavano i tempi in cui era alle medie, sempre in quella stessa scuola in cui insegnava, la Raimon. In quel periodo doveva tornare a casa in pullman, sempre, dato che aveva deciso di vivere vicino ad Osaka.
Tornò a casa dopo mezz'oretta di viaggio, la casa non era né grande né piccola, anzi abbastanza normale e aveva due piani. Viveva solo con il suo gattino Kuro-chan e la sua amica, Felicity Kanzaki. Felicity viveva da lui perché purtroppo non aveva trovato luoghi più vicini a Tokyo, lì era pieno e quindi chiese all'amico se poteva vivere da lui. Al rosso non dava fastidio, anzi, ultimamente non voleva stare molto solo, non gli importava nemmeno se fosse stato un ragazzo o una ragazza a vivere da lui, bastava fosse una persona, o che respirasse, il suo gattino nero non bastava, poveretto.
«Eccomi di ritorno, Felicity-chan!» salutò, entrando in soggiorno.
«Ehilà» disse la rosa, sorridendo.
Anche lei non era cambiata poi tanto in undici anni, aveva i capelli rosa un po' più corti, ma sempre pomposi, portava un cerchietto viola in testa, con un fiocco in cima e, aveva sempre la solita frangia, con qualche piccolo cambiamento in alcuni ciuffi.
Kuro-chan si avvicinò piano piano alla gamba destra di Tsurumasa, strusciandosi e miagolando felice. Il rosso lo prese in braccio e sorrise, accarezzandolo e dandogli dei grattini dietro le orecchie, il piccolo gatto faceva le fusa.
«Ti sono mancato, eh, Kuro-chan?» domandò, prendendolo da sotto gli incavi delle zampe anteriori e rivolgendogli lo sguardo verso di sé. Il gattino miagolò di nuovo, avvicinando il faccino un po' più al viso dell'occhialuto.
Hayami ridacchiò, poi rimise a terra il gattino. Kanzaki si alzò dal cuscino che c'era davanti al kotatsu, dirigendosi in cucina.
«Oggi cucino io~» disse la ragazza.
«D'accordo!» rispose il rosso, dirigendosi in camera sua.
Poggiò per terra la sua cartella e si cambiò d'abito, una semplice maglietta blu a maniche lunghe, dei pantaloni grigi e calze di lana, indossò anche una mantella di tessuto pesante, anche se in soggiorno c'era la stufa e il kotatsu, c'era comunque un po' freddo. Tornò in soggiorno, sedendosi davanti al kotatsu e mettendoci sotto le gambe, tremando un po' dal freddo.
Dopo qualche minuto Felicity tornò con un vassoio in mano, c'era il piatto di Tsurumasa e il suo, per pranzo, c'era anche quello di Kuro-chan, che lo poggiò per terra per farglielo mangiare. Invece i due –ovviamente- mangiarono sul kotatsu, guardando un programma TV a caso e chiacchierando della loro giornata.
La sera i due uscirono un po' di casa, andando un po' in giro per le strade. Dopo un po' di tempo, mentre camminavano, Tsurumasa vide davanti a sé -a pochi metri di distanza- un ragazzo che gli sembrava molto familiare. Si fermò e si tolse gli occhiali, pulendo le lenti con la manica del cappotto.
«Tsurumasa-kun, che succede?» domandò Felicity.
«Non ci credo, è davvero lui...» mormorò fra sé e sé il rosso. Cominciò a correre verso il ragazzo.
Era un po' più basso di lui, pelle molto scura, capelli azzurro-ghiaccio e piuttosto folti, più lunghi del solito ed erano legati in un piccolo codino basso, aveva sempre quel ciuffo che gli copriva l'occhio sinistro, era proprio lui, Kurama Norihito. Si voltò verso l'occhialuto, che urlava il suo nome mentre correva. «No, Hayami...?» sussurrò tra sé e sé, contento di vederlo. Fece una breve corsetta verso di lui per raggiungerlo, e si abbracciarono, poi quando sciolsero l'abbraccio si guardarono, sorridenti.
«Come va?» domandò Hayami.
«Beh, diciamo bene... posso dire che... forse, ho superato la morte di Minamisawa.. non ci penso più molto spesso» rispose Kurama, con aria intristita e ridacchiando nervosamente, poi sorrise, «E a te, invece?»
«Dai, a me va piuttosto bene, vorrei solo che alcuni miei alunni s'impegnassero un po' di più... ce n'è uno in particolare, a cui vorrei dedicare più tempo, che prende quasi sempre due o tre» disse il rosso, ridacchiando.
«Mi ricorda qualcuno, quel ragazzo in particolare» annuì l'azzurro, sorridendo malinconicamente.
«Uhm? Chi?» chiese Tsurumasa.
«E chi secondo te? Quello stesso ragazzo che è partito per l'India e non si sa più se sia tornato o meno... sai benissimo di chi parlo, su! E non mi dire che non ci hai sofferto, perché non ci credo»
L'occhialuto sospirò. Norihito abbassò lo sguardo, prendendosi un piccolo ciuffo di capelli tra le dita della mano destra e rigirandoseli tra quelle. «Scusa, non volevo essere sgarbato... in fondo ci siamo rivisti dopo molto tempo...»
«No, non ti preoccupare... sta tranquillo» mormorò il rosso, sorridendogli.
Felicity si avvicinò ai due, piuttosto insicura. «Ehm...»
«Oh, ciao, Felicity. Anche a te non ti vedo da tempo» disse Kurama.
«Ciao Kurama! Eh, sì, è proprio vero... sono passati undici anni ma per noi sembra un'eternità» ridacchiò Kanzaki.
«Beh, ora che siamo tutti qui, potremmo anche prenderci una pizza al ristorante italiano, voi che dite? Così, per festeggiare... insomma, la nostra amicizia che ci lega da undici anni o anche più!» propose l'azzurro, sorridendo.
«La trovo una bella idea» disse il rosso, annuendo convinto e sorridendo.
«Già, anch'io!» esclamò la rosa, anche lei sorridendo.
I tre si diressero verso il ristorante italiano che c'era lì vicino, a pochi chilometri di distanza da loro. Erano veramente contenti di essersi rivisti dopo molto tempo.
 
Mentre i tre camminavano, c'era qualcuno che li fissava, da dietro un muro. Stava piangendo in silenzio e sorrideva malinconicamente, asciugandosi le lacrime dal viso con le dita.
«Tsurumasa-san...»
Di notte, più o meno le due a casa di Tsurumasa e Felicity, si sentiva la suoneria del cellulare del primo, il rosso era seduto nella sua scrivania della sua camera da letto, stava correggendo alcuni compiti in classe dei suoi alunni di varie classi.
Prese il cellulare e guardò il numero, non era per niente familiare. Ma decise di rispondere lo stesso.
«Sì, pronto?» disse, piuttosto interrogativo.
«Ehilà», la voce che gli stava parlando era così familiare, perse un battito quando la sentì. Sorrise tristemente.
«Ciao» disse debolmente.
«Come stai?» domandò il ragazzo dall'altra parte del telefono.
«Bene... e tu invece?» 
«Benone» quel ragazzo sospirò, «Sono contento di risentirti».
«Lo sono anch'io... dimmi... q-quando ci rivedremo?»
Sospirò nuovamente. «Non lo so, io spero comunque presto»
«Lo spero anch'io» disse il rosso, quasi piangendo, per fortuna dall'altra parte del telefono non si sentì.
Dopo qualche secondo chiusero la chiamata lì e, Hayami guardò il display del suo smartphone molto attentamente, commosso. Sospirò e sorrise, poggiando il cellulare vicino a sé e riprendendo a correggere i vari compiti in classe.
Appena finì erano più o meno le due e mezza di notte, sbuffò, poggiando i compiti in classe vicino alla sua cartella scolastica, poi si alzò dalla sedia della scrivania e si avvicinò al suo letto, finalmente poteva dormire in pace, o almeno era ciò che credeva lui. Perché si ritrovò continuamente a pensare a qualcosa in particolare, mentre cercava di addormentarsi.





{ Angolo di Ele }
allooora mi scuso prima di tutto per il mega-ritardo per il seguito ;A;
e poi, volevo dirvi anche... boh, all'inizio faccio sempre capitoli corti, capitemi (?)
e poi volevo dire anche... YEEE FINALMENTE *cough* perché ho scritto il primo capitolo di questa storia che è il seguito di “—what am I really?” e son tipo felice, ahw.
Oh, ditemi pure un po' i vostri pareri, perché di questo capitolo sono poco convinta e allo stesso tempo convinta e allo stesso tempo no, allo stesso tempo sì INSOMMA AVETE CAPITO yep- quindi spero appunto che come primo capitolo vi sia piaciuto!~
Au revoir,
Eleanor
   
 
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