Premessa. I protagonisti della one-shot
sono i genitori di Gale, Joel (senior) e Hazelle Hawthorne. La storia è ambientata qualche anno prima della
nascita di Gale e i due protagonisti hanno all’incirca vent’anni. Questa storia è stata scritta per il giochino
a prompt del gruppo Facebook
The Capitol
con prompt “Joel/Hazelle – matrimonio senza fedi”. La storia partecipa
anche alla challenge “Sulle ali della Fantasia”
indetta da Dark_Wolf.
Hazel Proposal.
“Non pensi che io sia pazza? Verrai con me?”
“Io sono certo che tu sia pazza e verrò con te comunque.”
La Ragazza di
Fuoco. Suzanne Collins
Il vento,
quel pomeriggio, percuoteva con violenza i teloni che coprivano i tavoli del
mercato. Hazelle si strinse nel golfino, mentre
frugava con lo sguardo la piazza alla ricerca del fidanzato. Aveva fretta di
rientrare per via dell’aria fredda che continuava a insinuarsi oltre il
colletto della sua mantella, ma non voleva tornare indietro senza aver prima
avvertito Joel. Capitava spesso che il ragazzo si allontanasse per un po’,
quando andavano assieme al mercato. Si distraeva di continuo – attirato da
questa o quella bancarella – e non riusciva ad attendere con pazienza il
proprio turno quando la fidanzata si metteva in coda per comprare frutta e
verdura. Faceva fatica a restare fermo troppo a lungo e quella sua iperattività
aveva sempre divertito Hazelle. Il più delle volte il
ragazzo riusciva perfino a farla commuovere, tornando dai suoi vagabondaggi con
qualche regalo per lei. Le comprava cose semplici, come un frutto o dei
fermagli per capelli a poco prezzo, scambiati al Forno con qualche erba o della
selvaggina. I suoi erano comunque gesti in grado di farle venire gli occhi
lucidi, vista la complicata situazione economica che caratterizzava loro e la maggior
parte dei ragazzi del Giacimento.
Quel giorno,
tuttavia, Joel non era ancora tornato ed erano trascorsi almeno venti minuti
dal momento in cui si era allontanato, attirato da una bancarella che
vendeva arnesi da lavoro. Hazelle riuscì a trovarlo
solo dopo aver fatto diversi giri della piazza: lo scovò intento ad analizzare
una serie di monili molto semplici, probabilmente di seconda o terza mano.
Alcuni erano un po’ sporchi o arrugginiti, ma certi sembravano ancora in buone
condizioni ed erano tutti molto graziosi. Joel continuava a fissare assorto
alcuni di quegli oggetti, ascoltando le spiegazioni del venditore.
Hazelle si affrettò a tirare una manica del fidanzato, per
distogliere la sua attenzione dalla bancarella; di solito era molto attento ai
soldi che spendeva, ma in quel momento era certa che il ragazzo stesse
meditando di comprare qualcosa e non poteva permettergli di commettere una
sciocchezza simile. Joel stava attraversando un periodo di crisi con il lavoro,
per via di alcuni screzi che aveva avuto con uno dei responsabili in miniera.
Il suo stipendio era stato dimezzato e il suo orgoglio gli impediva di
accettare l’aiuto dei genitori e, men che meno, quello della fidanzata.
“Che stai
combinando, straniero?” chiese la ragazza, appoggiandogli le dita sul mento per
guidare il suo volto verso di sé. Joel trasalì, colto di sorpresa, prima di
rivolgerle un sorrisetto scanzonato.
“Stavo solo
facendo quattro chiacchiere con…” incominciò, voltandosi verso il mercante.
“Ivan”
affermò il giovane venditore, indirizzandogli un’occhiata perplessa.
“Ivan, ecco”
confermò Joel, tendendo la mano per stringergliela. “E io sono Joel, Joel Hawthorne. Bel nome, Ivan, comunque” aggiunse, sorridendo
malandrino alla fidanzata. “Ha quattro lettere[1].”
Hazelle sospirò, rassegnata. Erano settimane che il
ragazzo continuava a fare commenti simili, elencandole tutti i nomi di quattro
lettere che gli venivano in mente. Aveva sempre avuto quella fissazione per il
numero quattro, ma il pallino per i nomi e il loro significato era una cosa
nuova. Se non fossero stati entrambi così giovani, Hazelle
avrebbe pensato che volesse proporle di fare un figlio.
“E di che
cosa stavate chiacchierando tu e Ivan?” domandò, incrociando le braccia al
petto.
Joel si
strinse nelle spalle.
“Gli stavo
dicendo che ho una fidanzata bellissima, ovviamente” rispose poi, circondandole
la vita con un braccio. Quando si accorse che tremava per il freddo l’attirò a
sé per scaldarla. “Lo stavo facendo rosicare un po’, insomma.”
Hazelle gli diede un colpetto sulla nuca.
“Sempre il
solito ruffiano” mormorò appoggiandosi a lui, prima di tornare a guardare la
merce sulla bancarella. “Dai, che cos’hai visto?”
Joel sospirò;
le indicò poi un anellino di legno intrecciato. Era molto carino, il genere di
oggetto che le sarebbe piaciuto portare.
“Ivan mi ha
spiegato che è fatto con il legno di nocciolo” spiegò il ragazzo. “E Hazelle significa albero
di nocciolo. Mi sembrava perfetto.”
“Lo è, Joel”
ammise la giovane, sfiorandogli intenerita una guancia. Il suo
ragazzo aveva dei modi di fare contraddittori e in momenti come quelli non
poteva fare a meno di notarlo. Il più delle volte era distratto e impulsivo, ed
erano molte le cose che ignorava o a cui non faceva caso. Al tempo stesso,
tuttavia, aveva un’attenzione speciale per i dettagli e riusciva sempre a
sorprenderla, quando si soffermava a mettere in luce le piccole cose che la
caratterizzavano. “È davvero bellissimo, ma non è indispensabile e in questo
momento non ce lo possiamo permettere. Non mi serve un anello” aggiunse,
scompigliandogli affettuosa i capelli. “Ho già te e sono a posto così. Non ho
bisogno di altro.”
Sperava di
riuscire a distrarlo, ma Joel continuò a fissare impensierito il gioiello,
tamburellando con le dita sul legno della bancarella.
“È proprio
questo che stavo dicendo al signor Ivan, Haze” esordì
improvvisamente, grattandosi la testa. “Che non ho un soldo. Ho le tasche più
bucate di un poveraccio con i tarli nell’armadio.”
Hazelle sospirò.
“Magari più
avanti potremo permettercelo” asserì, stringendosi nuovamente nel golfino: il
vento aveva ripreso a farsi insistente. “Magari se riusciamo a trovare un buon
compromesso con Ivan, lui potrebbe tenercelo da parte” propose, voltandosi
verso il mercante.
L’uomo fece
per risponderle, ma Joel fu più veloce.
“Non ho un
soldo, Hazelle” ripeté, frustrato. Sbuffò,
rivoltandosi le tasche dei pantaloni. “Figuriamoci se potrò mai permettermi una
fede. E voglio sposarti.”
Lo disse
così, senza tanti giri di parole. Pronunciò l’ultima frase con una semplicità
tale che la ragazza impiegò qualche istante prima di comprenderne a pieno il
significato. A quel punto, lo sbalordimento spiazzò il suo cuore, accelerando
l’incedere dei suoi battiti.
“Che cos’hai
detto?”
“Che voglio
sposarti” ripeté con decisione il fidanzato, cingendole i fianchi con le
mani. “Non ho una fede o qualcosa di
decente da mettermi e il mio stipendio è misero, quindi non so nemmeno perché
te lo stia dicendo. Ma voglio sposarti.”
Le sistemò
una ciocca di capelli dietro l’orecchio, sfiorandole al contempo una guancia.
Il vento spettinò di nuovo entrambi, ma Joel non ci fece caso, impegnato
com’era a cercare di interpretare il silenzio della giovane attraverso il suo
sguardo. Aspettare non era mai stato il suo forte, così si chinò in avanti per baciarla. Hazelle, tuttavia, lo precedette. Gli prese il volto tra le
mani e unì le loro labbra, scordandosi per qualche istante il freddo pungente,
le tasche povere di entrambi e perfino l’imbarazzo di Ivan, che li stava
fissando interdetto.
“Sì” affermò
con decisione, non appena si separarono.
In quel
momento non era in grado di riflettere su quanto fossero giovani, né riuscì a
mettere in conto le difficoltà economiche a cui avrebbero potuto andare
incontro, se un giorno si fossero sposati. L’unica parola cui riusciva a
pensare era ‘sì’. Lo ripeté ancora, mentre le labbra di Joel si arricciavano a
formare un sorriso allegro e le sue mani la cingevano per la vita.
“Sì, nel senso di ‘sì, voglio sposarti’?”
chiese il ragazzo, appoggiando la fronte alla sua. “Anche senza fede?”
“Non
m’interessa la fede” dichiarò ferma Hazelle, prima di
rivolgere un’occhiata imbarazzata al mercante. “Senza offesa, Ivan. È davvero
molto bella.”
“Non pensi
che io sia pazzo?” le domandò a quel punto Joel, facendole l’occhiolino. La
ragazza gli arruffò i capelli.
“Io sono certa che tu sia pazzo. E ti sposerò comunque[2]”
affermò, sollevandosi sulle punte per baciarlo di nuovo. “Magari non proprio adesso, però: sto morendo
di freddo” aggiunse, facendolo ridere. “Non riesco proprio a capire da dove sia
uscito tutto questo vento.”
L’espressione
del ragazzo si fece tutto a un tratto più vivace.
“Gale”
esclamò, stringendo la fidanzata a sé, per ripararla dal freddo. Hazelle gli rivolse un’occhiata interrogativa.
“Gale?”
“È un nome”
spiegò Joel, strizzandole l’occhio. “Un gran bel nome, in realtà. Significa tempesta. A volte chiamano così un vento
molto forte.”
Hazelle scosse la testa con fare divertito, prima di
adagiare la fronte contro il petto del ragazzo.
“Mi piace,
Gale” ammise infine, infilando le mani nelle sue tasche, per scaldarle. “E poi ha quattro lettere.”
Joel annuì,
rivolgendo alla fidanzata un’occhiata compiaciuta.
Il vento
continuò a stuzzicarli irrequieto, ma Hazelle non
riusciva più a trovarlo fastidioso come prima. Si sorprese a chiedersi che
carattere avrebbe potuto avere un bambino di nome Gale. Non poté fare a meno
di immaginarselo ostinato e un po’ ribelle, proprio come il vento forte che si
chiamava come lui.
Proprio come Joel Hawthorne.
Note Finali.
Questa storia
l’ho scritta per un giochino che abbiamo proposto nel gruppo “The Capitol”.
Tecnicamente doveva avere un minimo di 15 parole e credo più o meno un 110 di
massimo, ma visto che io sono la solita polpettomane (?)
non sono riuscita a stare nemmeno nelle 1000 parole -.- Mr. Hawthorne
e Hazelle rientrano nella mia Top 3 delle coppie in Hunger Games e mi diverto sempre molto a scrivere su di
loro, soprattutto perché non si sa proprio nulla su “Joel” quindi ormai l’ho un
po’ adottato come se fosse un mio OC <3
Il rapporto fra Joel e Hazelle ‘secondo il mio
headcanon’ per ora era stato mostrato
solo nel primo di capitolo di “Tutto ciò
che ho”, mentre i coniugi Hawthorne in generale
sono stati introdotti anche in “Wayward One”, “Il Ribelle” e
“The Miner Saw a Comet”,
nonché nella raccolta “4 children. 4 names. 4 letters”.
Come viene
raccontato in “Tutto ciò che ho”,
Joel è affetto da ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività), per
questo Hazelle accenna al fatto che sia
particolarmente impulsivo e iperattivo, nonché facilmente distraibile. E la sua
indole ribelle, appoggiata forse anche a questo suo problema, lo spinge spesso
ad avere problemi con le autorità, come viene raccontato in “Wayward One” e
mostrato in maniera più approfondita ne “Il
Ribelle”. Come si suol dire in questi casi, Gale
è proprio il figlio di suo padre (cit.) <3
Oltre alla
fissazione per il numero quattro, Joel ha effettivamente un po’ una passione
per il significato dei nomi. Questo dettaglio si è infilato nella sua
personalità mentre scrivevo la raccolta incentrata sul significato dei nomi dei
quattro fratellini Hawthorne, “Four Children. Four Names. Four Letters”.
Papà Hawthorne è presente in tutte e quattro le
storie ed è sempre lui a raccontare dei nomi scelti per i suoi figli. Gale,
come si accenna nella prima drabble della raccolta,
significa appunto ‘tempesta’ o ‘vento molto forte’. Il nome Hazelle,
invece, come ha specificato Joel nel racconto, deriva dall’albero di nocciolo.
Auguro un
Buon Anno in stra-ritardo a chiunque abbia letto
*sparge carbone di zucchero in giro, perché ormai si avvicina la Befana e qui
si sta parlando di minatori del Giacimento*
Laura
[1] Nelle mie storie il numero portafortuna di Joel è il quattro. L’origine di questa sua
tradizione viene spiegata in “Tutto ciò che ho”. Suo padre lo chiamava
‘Quattro’, perché quando era piccolo era talmente impulsivo e combina guai che
gli veniva detto di contare fino a quattro prima di fare qualcosa che avrebbe
potuto metterlo nei guai. Joel ha inoltre avuto quattro figli, tutti con nomi
di quattro lettere (Gale, Rory, Vick, Posy).
[2] Qui ho
inserito un parallelismo con la citazione inserita all’inizio della storia – il
dialogo fra Gale e Katniss alla casetta vicino al lago.