Anime & Manga > Guilty Crown
Ricorda la storia  |      
Autore: lovingbooks    04/01/2015    2 recensioni
questa è una storia che parla di tempo, ed è su Daryl e Tsugumi.
è incentrata su dei giorni particolari delle loro vite, belli e brutti.
se vi incuriosisce, leggete!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daryl Yan
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il tempo, nella vita, è fondamentale. Ve lo dico per esperienza. Le ore, i minuti, i secondi sono indispensabili per raggiungere un luogo, per un appuntamento, o per cose più importanti, come vivere e morire.
Essenziale.
E, come dimostrazione, vi racconterò una storia. Una storia che parla di una coppia e del tempo trascorso insieme, del tempo che li ha separati e di quello che li ha fatti ritrovare.
 
Tsugumi era una bambina dolce, solare e affettuosa. Aiutava sempre tutti e aveva una passione per i giocattoli, come tutti i bambini, del resto.
La vigilia di Natale dei suoi nove anni, andò in giro per il centro della città con la sua famiglia, c’era uno spirito natalizio nell’aria: le luci brillavano di colori diversi per le strade, gli alberi erano pieni di decorazioni e in ogni dove c’era un bambino che sorrideva, per non parlare dell’odore di dolci che emanavano le pasticcerie.
Tsugumi amava il Natale.
Mentre i genitori guardavano una vetrina, la piccola bambina si perse a guardare in alto: il cielo, le luci sui tetti. Si muoveva senza accorgersene e, per sbaglio, urtò qualcuno.
Subito ritornò alla realtà e si scusò con la persona di fronte a lei, che la guardava divertita. Tsugumi perse le parole, fissando gli occhi del ragazzino biondo che le era davanti: erano di un viola chiaro, simili ai suoi, ma raccontavano un’altra storia.
“Scusami” balbettò lei con timidezza, mentre lui le sorrideva gentile.
“Non ti preoccupare, piccolina” disse, scompigliandole leggermente i capelli. “Ti sei persa, per caso?” le chiese, guardandosi intorno. La bambina scosse vigorosamente la testa e indicò i suoi genitori, che erano ancora intenti a guardare la vetrina.
“Bene! Però, la prossima volta, guarda meglio intorno a te, potresti farti male” le sorrise di nuovo e se ne andò per la sua strada.
Tsugumi si avvicinò ai suoi genitori, che non si erano accorti di nulla e, con il pensiero, seguì quel ragazzino.
Dopo qualche ora e delle tazze di cioccolata calda, la bambina si era dimenticata dell’accaduto.
 
Ma non era ancora finita.
 
Daryl camminava per la strada, cuffie nelle orecchie e un libro alla mano, si guardava intorno come se tutto risplendesse, letteralmente, poiché era la vigilia di Natale, luci e decorazioni brillavano dovunque.
Sentiva che sarebbe successo qualcosa quel giorno. Insomma, aveva appena compiuto diciassette anni, doveva succedere qualcosa.
Stava leggendo il primo capitolo del proprio libro, continuando a camminare per strada, quando andò a sbattere contro qualcuno, cadendo a terra, il libro era di fianco a lui, e lo prese, prima di alzarsi. Ma, quando posò gli occhi sulla copertina capì che non era il suo libro: guardò di fronte a sé e vide una piccola ragazza, di circa quindici anni, con dei lunghi capelli viola scuro, raccolti in una coda. Aveva un viso piccolo e dolce, guardò i suoi occhi e si accorse che erano simili ai propri e sorrise involontariamente, porgendole il libro.
“Scusami” disse lui, in imbarazzo, mentre si toglieva una cuffia, guardando la ragazza.
Lei scosse la testa e sorrise “Non preoccuparti, è stata colpa mia, comunque tieni” disse, prendendo il proprio libro e dandogli il suo.
Durante questo scambio, si sfiorarono le dita e dei brividi passarono per i corpi di entrambi, insieme alla sensazione di essersi già incontrati.
Nessuno dei due ci fece caso e, sorridendo imbarazzati, ripresero le loro strade.
 
Daryl non sapeva che quello era quello che doveva succedere quel giorno, e nemmeno Tsugumi poteva farlo.
Le loro strade si sarebbero incontrate di nuovo.
 
Tsugumi era seduta ad un tavolo, in un bar, mentre mescolava il proprio caffè con fare distratto, stava pensando che non era di certo come le altre ventenni.
Lei era diversa.
E questo non significava speciale, per niente.
Perché nell’essere diversa era compreso non avere nessun amico o avere i propri genitori troppo lontani e non potersi permettere un biglietto per andare a trovarli, nemmeno per la vigilia di Natale, che, appunto, stava passando sola in un bar.
Ancora assorta nei suoi pensieri, non si accorse che un ragazzo le si era seduto di fronte e alzò lo sguardo solo quando lui la salutò, con voce imbarazzata.
“Scusami” le disse “non volevo disturbarti, ma sono qui da un po’ e ti fissavo da lontano e.. oddio sembro un maniaco, forse dovrei ricominciare..”.
Tsugumi rise e scosse la testa, per poi bloccarlo con aria divertita “Non credo tu sia un maniaco…di solito hanno un aspetto molto meno normale del tuo” gli disse, facendolo ridere.
Quel ragazzo aveva una bella risata e lei ne era quasi rimasta affascinata, quasi, perché c’era dell’altro bello di lui: i capelli biondi, gli occhi simili ai suoi e, più di tutti, il fatto che l’aveva notata.
Per la prima volta qualcuno era venuto da lei.
“In ogni caso, mi sembravi triste e sono venuto qui a chiederti se andava tutto bene..” concluse lui.
Lei sembrò sorpresa, ma non lo diede a vedere “Non credo di dover parlare dei miei problemi con un estraneo..” rispose infine.
Lui scosse la testa “Sembra di no” disse, con un piccolo sorriso.
Forse è rimasto deluso, pensò Tsugumi. Ora si alza e se ne va.
Ma lui non lo fece, rimase con lei. Cambiò argomento ed iniziarono a parlare del più e del meno, passando tutto il pomeriggio insieme.
 
“Senti… mi dai il tuo numero?” chiese timidamente lui, prima che si separassero.
“Certo” sorrise lei, prendendo un foglio di carta dalla borsa e scarabocchiando il proprio numero di telefono, quindi glielo passò. Quando le loro dita si sfiorarono sentì dei brividi e lo guardò con la stessa aria interrogativa con cui la guardava lui.
“Ma… ci conosciamo?” chiesero in coro, e poi scoppiarono a ridere insieme.
“Okay, forse no” disse Tsugumi.
“Già.. ma io non so il tuo nome!” esordì lui, prendendo la giacca e alzandosi dalla propria sedia, mentre lasciava dei soldi sul tavolo.
“È vero... e io non so il tuo!” rise lei, prima di presentarsi “sono Tsugumi, e tu?” prese la giacca, porgendogli quindi la mano.
“Daryl” le sorrise, e lei guardò il tavolo: Daryl aveva pagato anche per lei.
I due si salutarono e tornarono alle rispettive case.
 
Non sapevano come sarebbe andata dopo.
 
I due iniziarono a scriversi, a parlare per ore al telefono e, dopo un paio di mesi, anche a uscire. Tsugumi aveva trovato in Daryl tutto quello che non aveva mai avuto: un amico, un fratello, una persona di cui fidarsi. Tuttavia anche Daryl aveva trovato qualcuno di speciale in Tsugumi: una persona che lo notava, che lo ascoltava veramente e che si ricordava di lui. Entrambi si stavano innamorando, ma non ne erano consapevoli, o quasi.
 
Il 24 dicembre, la vigilia di Natale, Daryl portò Tsugumi sotto l’albero più bello della loro città. Ormai si conoscevano da due anni e avevano una relazione complicata: nessuno dei due aveva il coraggio di confessare i suoi veri sentimenti. Daryl era agitato quel giorno e, una volta sotto l’albero, l’ansia prese il sopravvento su di lui. Gli bastò guardare negli occhi Tsugumi e tutto passò, si sentì calmo e pieno di speranza, quindi le prese le mani e si avvicinò a lei, che nel frattempo arrossì.
“C’è una cosa che ti devo dire” iniziò lui, poi prese un lungo respiro e chiuse gli occhi, stringendole le mani con forza “mi piace il modo in cui cucini, il modo in cui ti leghi i capelli e quello in cui leggi, adoro il fatto che tu mi ascolti sempre quando parlo e che non ti sei mai messa prima degli altri, amo quando risolvi i miei problemi con il computer e quando ti avvicini a me per rubarmi del cibo. Odio quando litighiamo per un’idiozia, ma adoro quando facciamo pace, amo quando mi sorridi e odio quando piangi e potrei farti un elenco infinito delle cose che mi piacciono di te, mentre non riesco nemmeno ad immaginare un elenco delle cose che non mi piacciono di te” aprì gli occhi, perdendosi in quelli della ragazza, che stava trattenendo delle lacrime di gioia, quindi prese di nuovo un piccolo respiro “insomma, ti amo, Tsugumi. Da impazzire” finì lui.
Non ebbe il tempo di decifrare il viso della ragazza, perché lei gli buttò le braccia al collo e poggiò le labbra sulle sue. Si baciarono, per molto. Un bacio dolce e pieno di parole che non riuscivano a dirsi, un bacio per suggellare il loro amore.
Solo quando si staccarono per riprendere fiato, lei aprì gli occhi, puntandoli nei suoi e sussurrandogli piano “Anche io ti amo, Daryl”. E rimasero così: l’una tra le braccia dell’altro, sorridendo complici del proprio amore.
 
Peccato, però, che non sia finita qui.
 
Tsugumi, che ormai aveva ventisette anni, continuava a camminare per la stanza, il vestito le era stretto sul busto, ed di un bianco splendente, che dava fastidio agli occhi, ma era quello di sua madre e voleva indossarlo per lei.
Per renderle onore, perché morta qualche anno prima di cancro, suo padre le aveva dato il suo vestito nuziale.
Ed ora eccola lì, davanti ad uno specchio, con un vestito bianco, pronta a sposare l’uomo che ama: Daryl.
Chiuse gli occhi per tranquillizzarsi e pensò a quando lui, quel pomeriggio di primavera, l’aveva portata in campeggio.
 
Avevano camminato in salita fino a sera, quando Tsugumi era troppo stanca per continuare. Una volta montata, i due entrarono in tenda e lei, che aveva freddo, si era messa sotto le coperte e aveva lasciato scoperti solo gli occhi. Daryl, intenerito dalla propria ragazza, si mise accanto a lei e le cinse le spalle con un braccio.
Stettero senza parlare per un po’, poi il ragazzo diede un bacio a Tsugumi tra i capelli e le sussurrò, con voce dolce: “Vorrei che fosse così, per sempre. Tu ed io, in una casa, grande, piccola: come la vuoi tu. L’importante è stare insieme, magari con dei bambini. Non ti piacerebbe? Non sarebbe un bel futuro?”.
Tsugumi, che non era affatto preparata, arrossì di colpo, senza farlo notare, grazie alle coperte, e annuì, per poi rispondere: “Sarebbe meraviglioso. Soprattutto la parte di me e te. E dei bambini”, quindi alzò lo sguardo su di lui e gli sorrise.
“Ma dovremmo fare le cose per bene. Prima di tutto dobbiamo trovare una casa. E poi dovremmo sposarci” disse lui.
La ragazza spalancò gli occhi e lo guardò, sussurrando: “Credo di non aver capito”.
Daryl arrossì e, dopo un lungo respiro, si spostò verso lo zaino, prendendo una piccola scatola nera, voltandosi poi verso la sua ragazza, disse: “Insomma, quello che voglio dire è che ti amo. Voglio vivere con te, formare una famiglia con te, stare per sempre insieme. Quindi, vuoi sposarmi?” e puntò lo sguardo nel suo. Uno sguardo intenso, che valeva più di mille parole, di mille baci.
Tsugumi, che si era messa a sedere poco prima, portò una mano alla bocca e, con gli occhi lucidi, annuì.
“Sì, ti voglio sposare e voglio passare il resto della mia vita con te, Daryl”.
Allora lui l’aveva abbracciata e stretta a sé, l’aveva baciata, ma quella sera non era abbastanza, per nessuno dei due. E andarono oltre, tagliarono tutte le distanze, furono più vicini di chiunque altro.
Daryl guardava Tsugumi, come se non ci fosse nulla di più bello, la baciava, dovunque, come per dire cose che non poteva dire, la accarezzava, come se fosse fragile, e cercava di non farle male, come se fosse la cosa più importante del mondo.
Passarono la notte così, l’uno stretto al corpo dell’altra e Tsugumi non aveva più freddo: Daryl la riscaldava.
 
Tsugumi sentì bussare alla porta e tornò alla realtà, quindi andò ad aprire, ritrovandosi di fronte suo padre, pronto ad accompagnarla all’altare.
L’aveva già vista indossare l’abito di sua madre, ma lui la guardò, sorridendo, per poi abbracciarla, come solo un padre sa fare.
Quando si staccò posò su di lei uno sguardo pieno di ricordi, di tristezza e disse: “Sei uguale a lei”.
La ragazza sorrise e abbracciò di nuovo il padre, che, staccandosi dopo poco aggiunse: “Dobbiamo andare a un matrimonio, quindi sbrighiamoci!” e le porse il braccio, che lei incrociò con il proprio.
Tsugumi entrò con lui, seguita dalle sue damigelle.
C’era molta gente in chiesa, ma lei guardò solo Daryl. D’altro canto, lui guardò solo lei. Quando arrivò accanto al proprio ragazzo, prese la sua mano e la strinse forte, e non la lasciò andare fino alla fine.
 
“Puoi baciare la sposa!” esordì infine il prete, e Daryl si girò verso sua moglie, baciandola e abbracciandola.
Uscirono dalla chiesa, mano nella mano, e, una volta fuori, tutti lanciavano del riso, che si mischiava con la neve. Le decorazioni natalizie che i due sposi amavano tanto, erano appese per le strade, gli alberi decorati e i bambini andavano in giro per il centro, cercando di indovinare cosa avrebbero trovato sotto l’albero la mattina seguente.
Ma Tsugumi aveva già il suo regalo di Natale.
 
In realtà, erano due. Solo che lei ancora non lo sapeva.
 
La mattina di Natale, Tsugumi iniziò a saltare sul letto, cercando in tutti i modi di svegliare Daryl. Il ragazzo aprì gli occhi, ancora stanco, e le chiese cosa stesse facendo così presto, la mattina di Natale. Lei sorrise con aria innocente e riprese a saltare sul letto, quindi lui si alzò e cercò di bloccarla.
Allora lei gli urlò la notizia: “Ho un regalo! Per entrambi, esatto! Vuoi indovinare di cosa si tratta?”.
Lui cercò di indovinare: “Un giocattolo? Un pranzo di Natale? Hai vinto alla lotteria?” ma ogni risposta era sbagliata.
Allora si arrese, lei gli sorrise dolcemente e prese in lungo respiro: “Sono incinta!” e riprese a saltare sul letto.
Daryl, che inizialmente era sconvolto, sorrise e iniziò a saltare con lei, gridando: “Avremo un bambino!”.
 
Passarono nove lunghi mesi, la gravidanza non fu affatto difficile per Tsugumi, e Daryl era felice di vedere sua moglie allegra.
Filò tutto liscio, fino a settembre. La data del parto si avvicinava ed entrambi erano nervosi.
Finalmente, arrivò il giorno decisivo.
 
Tsugumi era in sala parto che urlava, e Daryl era con lei. Le stringeva la mano ed era emozionato.
Sperava che fosse maschio, il suo primogenito. Così da fare cose padre-figlio, come insegnargli a giocare a qualche sport, portarlo alle partite, parlargli delle ragazze, di come ha conosciuto sua madre e di quanto l’ama, nonostante siano passati molti anni.
Ma se fosse stata una femmina, sarebbe stato felice comunque: le avrebbe fatto fare qualche sport, avrebbe tenuto i ragazzi lontano da lei e l’avrebbe resa la seconda donna della sua vita. Tsugumi stringeva forte la sua mano, mentre il dottore le diceva di spingere. E lei spingeva, spingeva forte. Strizzava gli occhi, stringeva la sua mano e continuava a spingere.
Poi il dottore disse: “Vedo la testa!” e fu tutto più semplice, diede le ultime spinte e il bambino nacque.
Era un maschio e Daryl fu il primo a prenderlo in braccio, gli porse il dito e il piccolo lo strinse con tutta la sua manina. Fu sul punto di piangere e l’avrebbe fatto, se l’infermiera non se lo fosse portato via, per fargli il bagno.
Daryl guardò Tsugumi con tutto l’amore possibile, perché gli aveva donato quel futuro che tanto desiderava e lei gli sorrise, ricambiando con tutto l’amore che poteva.
Pensavano entrambi che fosse tutto finito, ma poi le cose peggiorarono drasticamente; Tsugumi lanciò un urlo di dolore e iniziò a perdere molto sangue.
Daryl era confuso, voleva rimanere con sua moglie, ma i dottori gli dissero che era meglio uscire dalla stanza.
E così fece, mentre Tsugumi veniva trasportata in sala operatoria.
Rimase seduto per quelle che gli sembrarono delle ore, poi vide arrivare un dottore: aveva i vestiti sporchi di sangue e Daryl si preoccupò, gli corse incontro e gli chiese di sua moglie. “Per favore, mi dica come sta” furono le parole esatte.
Il dottore scosse la testa, togliendosi la mascherina e lo guardò con compassione.
“Signore, è stato difficile per sua moglie, non ha superato il parto” disse, molto lentamente.
Daryl si sentì mancare la terra sotto i piedi.
Tsugumi, sua moglie, la donna che amava, non c’era più.
Se ne era andata, per sempre.
Iniziò a girargli la testa e dovette appoggiarsi al muro per reggersi in piedi, immagini di Tsugumi gli comparvero davanti agli occhi.
Lei che sorrideva, che piangeva, che lo baciava, che lo guardava con dolcezza, con amore, che rideva.
Semplicemente lei.
Il dottore stava dicendo delle cose sconnesse, e Daryl inizialmente non capì, così gli chiese di ripetere.
“Abbiamo scoperto che era incinta di due gemelli. Signore, prima che morisse, ha partorito una bambina. Ora, ha anche una figlia”.
Il mondo smise per un attimo di girare.
La notizia di una figlia sconvolse ulteriormente Daryl e il pensiero di Tsugumi non se ne andava.
Chiese al dottore di vederla e quindi si fece accompagnare in sala operatoria.
Tsugumi era lì, distesa su una lastra di ferro, immobile.
Daryl non riuscì a guardarla in viso, ma gli bastò prendere la sua mano: fredda, non ricambiava la sua stretta.
Si fece forza e spostò, piano piano, lo sguardo sul viso di Tsugumi.
Sembrava viva. È un angelo che dorme. Tutto questo è uno scherzo, una presa in giro. A lei piace fare gli scherzi, pensò lui.
Ma sua moglie non sorrideva, non rideva, non si muoveva.
Non era più Tsugumi.
Scoppiò in un pianto disperato, per tutto ciò che aveva perso, per l’amore della sua vita che l’aveva lasciato, con due figli, per il suo sogno che si era spezzato.
Pianse, un pianto disperato, doloroso.
Ma, ad un certo punto, le lacrime non gli scesero più.
Rimase a fissare sua moglie, era in una condizione più dolorosa del pianto, più forte: la consapevolezza che se ne era andata, l’accettazione era impossibile.
Non poteva continuare una vita senza di lei, non poteva.
Proprio quando aveva preso la sua decisione, sentì un rumore.
Un pianto silenzioso, che proveniva da una culla d’ospedale.
Era nuovamente confuso, così andò a controllare.
Dentro la culla c’era una bambina, piccola, che muoveva braccia e gambe, aveva il viso contratto in una smorfia di dolore e Daryl capì che era sua figlia.
La prese in braccio, la cullò e, quando la bambina smise di piangere, sorrise.
Non poteva abbandonarla.
Tsugumi se ne era andata, ma gli aveva lasciato due vite, non poteva lasciarli da soli.
Sua moglie doveva aspettarlo e lui doveva vivere. Per lei, per i suoi figli.
 
Il funerale fu una tortura per Daryl, un’altra prova che Tsugumi non c’era più. Tutti gli facevano le condoglianze, ma non servivano a nulla. Lui aveva solo bisogno che lei tornasse, che gli dicesse per l’ultima volta “ti amo”, che lo baciasse e lo stringesse.
Ma non era possibile.
Purtroppo, lei non poteva tornare indietro e Daryl non poteva seguirla, non ancora.
 
I primi mesi furono difficili, Daryl era un disastro e dovette farsi aiutare da una vecchia signora, sua vicina di casa, che amava i bambini.
Doveva lavorare e fare da padre: un compito a tempo pieno.
Ma amava i suoi figli ed era felice con loro.
Tutti e due stavano crescendo, il maschio aveva i capelli biondi del padre e gli occhi viola della madre, mentre la femmina non aveva nulla di Daryl: era uguale a Tsugumi.
Presto divenne un padre esperto e amorevole.
Dopo alcuni anni, osservando sua figlia, che ormai era cresciuta, un ricordo gli tornò alla mente, una vigilia di Natale della sua giovinezza, quando si scontrò con una bambina e credette che si fosse persa.
Se lo era dimenticato.
Con questo, si ricordò di un altro incontro: era sempre la vigilia di Natale, e lui camminava per la città, libro alla mano e cuffie alle orecchie, era distratto e si scontrò con una ragazza, poco più piccola di lui.
Daryl si rese conto che aveva incontrato Tsugumi due volte, prima di andarle a parlare.
Tutti i loro incontri, le loro dati importanti, coincidevano con la vigilia di Natale. Così, per rendere omaggio alla donna che amava, decise di iniziare a festeggiarla, insieme ai suoi bambini.
E un giorno, presto o tardi, quando sarebbero diventati adulti e quando sarebbero stati pronti, avrebbe raccontato loro della straordinaria madre che avevano, dei loro incontri, della loro storia d’amore.
 
E gli anni passarono, velocemente. Daryl non si innamorò più, il suo cuore rimase sempre occupato da Tsugumi, ancora viva dentro di lui.
I suoi figli, invece, trovarono presto la persona giusta. Prima sua figlia e poi suo figlio.
 
Era l’inizio di primavera, Daryl stava viaggiando su una strada ancora ghiacciata, diretto al matrimonio di sua figlia.
Ormai era cresciuta ed era uguale a Tsugumi.
L’uomo sorrise tra sé, con quel pensiero.
Ripensò alla sua defunta moglie e a come sarebbe stata fiera di sua figlia, a come avrebbe sorriso vedendola con l’abito nuziale, a causa di questo pensiero non notò la macchina davanti a lui, tentò di fare una brusca frenata, ma era troppo tardi.
La macchina sbandò e andò fuori strada, contro un albero.
Daryl batté la testa e dopo solo il buio.
 
Chiamarono i soccorsi, ma era troppo tardi per lui.
Ormai era morto.
Ma non credo fosse triste, poiché ora è insieme alla donna che ama.
 
Perché vi ho raccontato questa storia? Semplice, è la mia, e meritava di essere raccontata.
Il tempo è tutto ciò che abbiamo, un secondo e possiamo morire. Vivete il tempo con le persone che amate, non sprecatelo: è una delle poche cose che non possiamo controllare.
 
NOTA AUTRICE
 
Okok, me ne sono uscita con questa cosa molto triste su due personaggi che amo, ma che ci posso fare?
Forse dovrei scrivere senza ascoltare la musica dei green day, sempre colpa loro, immagino.
Scherzi a parte, spero vi sia piaciuta e che non mi odiate.
Ogni volta che faccio una one shot qualcuno muore… dovrei smettere, immagino.
Ma pace e ameeeeen AHAHAHAHAHAHA.
Poi c’è la frase filosofica alla fine che credo di aver preso da qualche parte, ma forse no. Magari me la sono sognata, chi lo sa. AHAHHAHAHHAHAHAHHAA
Smetto di ridere come una maniaca, okok.
comunque ho messo che è un crossover, sperando che lo sia veramente.
e niente, baci baci.
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Guilty Crown / Vai alla pagina dell'autore: lovingbooks