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Autore: Verde Pistacchio    04/01/2015    5 recensioni
Una mano ruvida le stava accarezzando l’incavo del collo e quella pelle che una volta era rosea e delicata adesso era circondata da graffi, cicatrici. La mano continuò il suo percorso fermandosi alla spalla, sollevando parte del tessuto che la sua vittima indossava, per quello che ne era rimasto, così il pollice ruvido della mano destra descriveva piccoli cerchi che man mano si ingrandivano sulla spalla e lui sorrise fiero e contento di come era iniziata questa storia. Per il meglio, proprio per il meglio.
Genere: Azione, Erotico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: Lime, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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DIFFERENT HUMAN
 
Prologo

 
Una mano ruvida le stava accarezzando l’incavo del collo e quella pelle che una volta era rosea e delicata adesso era circondata da graffi, cicatrici. La mano continuò il suo percorso fermandosi alla spalla, sollevando parte del tessuto che la sua vittima indossava, per quello che ne era rimasto, così il pollice ruvido della mano destra descriveva piccoli cerchi che man mano si ingrandivano sulla spalla e lui sorrise fiero e contento di come era iniziata questa storia. Per il meglio, proprio per il meglio. «Allora piccola Fragola, pensi di collaborare o sei ancora convinta che resistere stoicamente sia la migliore strategia?». I suoi occhi si ingrandirono e il cuore accelerò i battiti mentre cercava di allontanare quella mano che l’aveva già toccata, violata, tante volte o forse troppe. Sentiva il freddo sul suo corpo indolenzito e dolorante, ricoperto da escoriazioni che le arrossavano ogni centimetro di pelle. Mosse velocemente le gambe per quello che la corda poteva permetterle e scosse la testa a destra e sinistra. No, no, no e poi no. La risposta era sempre la stessa, più passavo i giorni, più si diversificavano i suoi giochetti su di lei e meno riusciva a convincerla. «Dannazione perché ti ostini a resistere, lo sai che non durerai molto!» lo sapeva, glielo ripeteva ogni giorno da quando tutto questo inferno era iniziato. Lo sapeva perché ne era cosciente, non riusciva più a sopportare le docce di gas o i bagni violenti a cui era sottoposta giornalmente. Sapeva che per quanto diverso potesse essere il suo corpo restava quello di un umano, un insulso, debole essere umano. Voleva gridare, gridargli in faccia tutto il suo odio, gridargli di finirla, gridargli che non sapeva niente di quello che gli chiedeva e che se anche sapesse non gli avrebbe detto niente.

«Preferirei morire piuttosto che parlare» queste furono le uniche risposte nei primi tre giorni poi lui decise di tapparle la bocca con uno spesso strato di nastro adesivo, persino respirare le riusciva difficile eppure nonostante tutto non riusciva a capire come la situazione fosse degenerata in pochi mesi. Aggrottò le sopracciglia, c’è chi disse che gli occhi siano lo specchio dell’anima che provasse a leggerle nel pensiero se era tanto ansiosi di una risposta. Una risposta che non sarebbe cambiata nel tempo. Con questo sperava di allontanarlo, così com’era successo tante altre volte. Ma così non fu.
Un forte sospirò uscì dalle narici dell’uomo, si stava arrabbiando e una vena pulsante e gonfia sbucò dal suo collo, le labbra si tirarono lasciando spazio alla dentatura bianca. La prese per le spalle e la sbatté violentemente al muro provocando un gemito soffocato e la pelle attorno alle scapole le bruciò come se fosse stata a contatto con le fiamme. Il gemito si spense in un delicato e debole lamento «Stolta che non sei altro.» avvicinò le sue labbra al suo orecchio e i capelli si mossero cullati dal suo fiato che riscaldava la carne vicino l’orecchio e le sussurrò piano, dolcemente «Potrei prenderti in questo momento, in questa posizione, farti urlare da loro fino a quando l’ultimo respiro non ti abbandonerà. Potrei farti provare le pene peggiori di questo mondo fino a quando sarai tu ad implorarmi di ucciderti ed io… lo farò con molto piacere» si allontanò da quel piccolo sporco corpo con la stessa velocità di una persona che sta per precipitare da un burrone, gettandola di nuovo a terra come se non fosse niente, come se non fosse un essere umano. «Ricordati solo queste parole. Puoi cambiare il tuo destino, sappilo. Dipende solo da te.» con queste parole e l’oscurità della stanza che lo accompagnava perennemente se ne andò.
Non lo aveva mai visto in viso, solo la sua corporatura e era stato concesso di vedere in quella stanza vuota. Nemmeno una finestra per alimentare le sue vane illusioni. Nemmeno una finestra per liberare il suo respiro. Nemmeno una finestra per scaldarsi al sole. Provò a muovere le mani per non risentire quell’odioso formicolio quando si addormentavano, ma le corde le tenevano ben strette nella loro morsa, le facevano male. Non poteva nemmeno asciugarsi gli occhi bagnati di lacrime salate come il mare ad ogni sua visita, ormai si erano asciugate.

Come se non bastasse a migliorare la sua situazione si ricordò di essere sporca. Questo pensiero la riempì di vergogna, come un bambino colto in flagrante mentre rubava qualcosa. Le sue mutande e i suoi pantaloni ne portavano il segno, l’urina bagnava le mutande e i suoi pantaloni erano sicuramente in compagnia di qualcosa di morbido o forse molliccio che puzzava e le causava prurito. Cercava da tempo di non pensarci ma era difficile poiché quelle cose rimaneva lì, non se ne andavano. L’unica magra consolazione era che in quello stato lui non avrebbe potuto attuare la sua minaccia, non un’altra volta. Ecco a cos’era ridotta, sperare di salvarsi da una morte dolorosa umiliandosi. Stranamente, senza riuscire a trovare una spiegazione un pensiero o più precisamente un ricordo venne a galla nella sua mente:
Ti porterò via con me
 
***
 
 
Continuava in modo imperterrito a digitare parole e password sul computer, gli occhi gli bruciavano già dopo le prime cinque ore di lavoro. Erano giorni che lavorava con questo ritmo e cominciava a sentire il corpo e la mente venir meno. Pausa, ci voleva una pausa di pochi minuti. Solo questo si concesse. Mollò miracolosamente la tastiera e si rilassò sullo schienale della poltrona.
«Ma dove sei finita?» continuava a sussurrare questa domanda da giorni ormai e ancora non riusciva a darsi una risposta ma si voltò verso la porta non appena notò una presenza. Keiichiro. «Credo sia meglio che tu spenga il computer Ryou, non concluderai niente andando avanti così.» Sei stanco, Hai bisogno di riposo. Quelle parole galleggiavano sulla sua testa come pesanti bollicine nell’aria. Era vero però, aveva bisogno di riposo, non sarebbe riuscito ad andare avanti ancora per molto. Keiichiro posò sul tavolo coperto da mappe della città, calcoli e fogli con vari scarabocchi una tazza bianca. Ryou la portò alle labbra senza domandarsi nulla. Camomilla. Gli venne da sorridere, ormai lui lo conosceva bene.
Domande, domande troppi quesiti nella sua testa e lo spazio era ridotto! Le borse sotto gli occhi e le occhiaie aveva rubato qualche anno al giovane viso del biondo americano. «Non erano così che dovevano andar le cose.» Keiichiro forse non aveva più vogli di dialogare d un paio di giorni, non sorrideva più. Il suo volto era segnato da varie rughe anche se non aveva perso il suo fascino e il suo carattere mite. Sospirò pesantemente. La situzione era chiara nella sua pericolosità: qualcuno, non si sa ancora chi, aveva rapito Ichigo ed eliminato ogni traccia che potesse condurli da lei. All’inizio pensarono che potesse essere opera di quei tre, Kisshu, Pie e Taruto, ma dopo l’ultimo scontro non si fecero più vedere. Era spariti dalla circolazione, si erano circondati della quiete prima della tempesta e, questa tempesta, sarebbe stata molto pericolosa.
«Le ragazze dove sono?» terminò di bere la camomilla e posò la tazza sul piattino. Fissò la scrivania che disordine! Pensò. «Sono nelle loro stanze. Stanno dormendo.» tranquillamente avrebbe aggiunto, ma entrambi sapevano che non così non era. Nella stanca aleggiò un triste silenzio carico di domande, pensieri, dubbi e preoccupazione.

Sotto il Caffè mew mew, oltre al laboratorio vi erano cinque stanze, tre occupate dalle ragazze, divise due per ogni stanza. In una di queste qualcuno non riusciva a dormire.
Purin si girava e rigirava fra le coperte, beandosi per pochi secondi della soave sensazione che il cotone le provocava sulla pelle. Gli occhi le si chiudevano ma non riusciva a dormire, una domanda voleva porre alle compagne la cui risposta però la spaventava. Ma lei era una delle cinque eroine della Terra, avevano affrontato situazioni pericolose ed insieme ne erano uscite vincitrici. Non doveva temere. «Retasu sei sveglia?» sussurrò piano per non spaventava, ma pregava che si vegliasse ugualmente. La ragazza si girò lentamente destandosi dal suo sonno leggero e senza sogni, chi sognava più ormai? «Non riesci a dormire Purin?» la più piccola fece no con la testa «Devo farti una domanda. È importante!» Retasu sbattè gli occhi e si fece più attenta «Dov’è Ichigo? Non viene più al caffè e Ryou si comporta in modo strano. Tutte voi vi comportate in modo strano.» il tono della sua voce le strinse il cuore, basso per non svegliare le altre ragazze nelle stanze accanto ma anche permeato di preoccupazione e dubbi. Purin era la più piccola tra tutte loro, era ancora una bambina Retasu ne era consapevole sebbene si occupasse da sola di tutti i suoi fratelli minori. Voleva addolcirle la verità ma non sapeva come. Per la prima volta si ritrovò senza parole, non sapeva che dire o come consolare la sua amica. Se le avesse detto la verità si sarebbe spaventata e non era il momento adatto, se invece avesse provato ad eludere la domanda si sarebbe insospettita. «Dormi Purin, è tardi ne riparleremo domani.» concluse così il breve dialogo fra loro due, con il tono stanco di una madre che abbia discusso troppe volte con il figlio. Purin si voltò dalla parte opposta e chiuse gli occhi, non sapeva che pensare. Nessuno fra le ragazze poteva immaginare che il giorno dopo una novità l’attendeva.










 

Note dell'autore

Era da parecchio tempo che non scrivevo. Ho rivisto un paio di puntate dell'anime e mi era venuta voglia di scrivere una long o un progetto da portare a termine (noterete che molte ff su tmm sono state cancellate). Faccio alcune precisazioni questa ff è ambientata in un momento impreciso dell'anime (prima della fine sicuramente) e ho portato alcune modifiche che leggerete più avanti. Non voglio spendere molte parole, anche perchè è quasi mezzanotte. Non aggiornerò con frequenza (come sempre) anche a causa degli esami che ci saranno a febbraio. In conclusione vi auguro buona lettura, buon anno nuovo e se volete potete dare un'occhiat al mio sito (in costruzione) Mondo 2.0  
   
 
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