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Autore: Giulia K Monroe    17/11/2008    9 recensioni
E se Harry Potter avesse avuto una sorella minore?
E se Sirius Black non fosse stato catturato e portato ad Azkaban?
Cosa sarebbe successo alla storia più amata di tutti i tempi? Scopritelo leggendo!
***
All'improvviso lo sguardo opaco, grigio metallo sporco, si accese. Luminoso e carico di rabbioso odio, si riversò su quello della ragazza, che trasalì spaventata.
Alexis fece per indietreggiare, ma lui non glielo permise: lasciata scivolare la mano da sotto le sue, le aveva artigliato le spalle con una presa tanto violenta da farla gemere per il dolore; l'aveva quindi trascinata contro l'armadio e l'aveva sbattuta furibondo contro lo specchio, facendole mancare il respiro.
«Perché non ti sei fidata di me?!» ruggì Draco e alzò il braccio con una mossa così repentina che lei, per un attimo, temette che stesse per colpirla; lui invece scaraventò il pugno al di sopra della sua spalla e il suo viso venne sfiorato solo dall'aria smossa: le nocche pallide avevano cozzato con lo specchio al quale era poggiata, incrinandolo.

[IN FASE DI REVISIONE]
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Famiglia Malfoy, Harry Potter, Nuovo personaggio, Sirius Black | Coppie: Harry/Ginny, Lucius/Narcissa, Ron/Hermione
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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Quando finalmente uscì dalla Gringott, Alexis aveva lo stomaco sotto sopra. Pensò che avrebbe dovuto prendere più monete, perché di tornare là sotto, per almeno un altro decennio, non ne aveva proprio intenzione. Si augurò con tutto il cuore che i soldi che aveva preso le bastassero a coprire tutte le spese previste.
Ripreso il controllo del proprio stomaco, e ringraziando mentalmente il fatto che quella mattina non avesse fatto colazione, si frugò nelle tasche della gonna, per prendere il fogliettino che le aveva dato Sirius la mattina precedente: la sua prossima meta era Ollivander, il miglior negozio di bacchette di tutto il regno magico.
Camminò per una decina buona di minuti prima di trovarlo, ma di certo il viaggio non fu noioso: ogni volta che si girava, notava qualcosa di nuovo che la sorprendeva, la faceva sorridere, la meravigliava. Ne scrutò l’interno curiosa, ma non vide nulla: era buio e la stanza sembrava abbandonata. Decise di entrare, per verificare se il negozio fosse davvero vuoto come appariva. Aprì la porta in vetro e questa urtò una serie di bastoncini metallici, appesi proprio sopra di essa, che produsse un tintinnio forte nel silenzio.
Era una stanzetta non molto grande, ammobiliata solo con un lungo bancone in legno, sopra il quale erano disordinatamente sparse alcune carte, e un’enorme scaffalatura ricolma di scatolette piatte.
Alexis si avvicinò al bancone, non appena si affacciò oltre di esso per vedere se ci fosse qualcuno, un rumore improvviso la fece sobbalzare.
Il proprietario del negozio, un uomo sull’ottantina, mingherlino e con paio di occhialetti dall’aspetto fragile, era arrivato trasportato da una scala che scorreva lungo tutta la libreria. «Non volevo spaventarla, signorina» si scusò e scese i pochi gradini. Si avvicinò al bancone e la scrutò con attenzione attraverso i fini occhiali che portava in modo precario sulla punta del naso adunco. «È qui per una bacchetta, immagino.»
Alexis annuì, ancora con lo stomaco sottosopra per il viaggio alla Gringott e con il cuore in gola per lo spavento.
«Bene, bene. Vediamo, posso sapere quel è il suo nome?»
«Alexandra Black» rispose lei per l’ennesima volta in quella mattinata. Sembrava che tutti lo facessero apposta, a sentirle dire quel falso nome, a farla mentire.
«Una nuova Black, dunque…» fece Olivander, pensieroso. La studiò per qualche altro istante, quindi si voltò e prese una delle tante scatoline che erano riposte sulla scaffalatura a parete. La aprì e la mostrò alla ragazza. «Acacia, piuma di fenice, nove pollici, flessibile. Simile a quella di Narcissa Black.» Gliela porse e Alexis la afferrò, stringendola incerta. «Su, su, la agiti!» la incitò il mago da dietro il bancone.
Lei la scrollò con un colpo di polso. Dalla punta venne fuori una scia luminosa, di un verde intenso, che andò a colpire una lampada poco distante. Questa si ruppe in mille pezzi.
Alexis la guardò sconcertata, quindi volse lo sguardo pietrificato verso l’uomo, che già scuoteva la testa.
«No, non è la sua» disse. Riprese la bacchetta e glie ne porse un’altra. «Provi questa: legno di noce, corde di cuore di drago, dieci pollici. Bellatrix Black.»
Ancora una volta, Alexis strinse la bacchetta tra le dita sottili e la agitò. La potenza del fascio di luce nera, che distrusse una bacheca appostata al muro, la fece volare all’indietro e finire in terra.
«Per tutti i troll, assolutamente no!» esclamò Ollivander. Raggiunse la ragazza e la aiutò a rimettersi in piedi: era terrorizzata!
Non avrebbe mai immaginato che scegliere una bacchetta fosse tanto traumatico… forse, anche di più della corsa sul carro della Gringott!
Osservandola ora più da vicino, Ollivander la scrutò curioso, soffermandosi sui suoi occhi. La fissò in quel verde intenso e si fece di nuovo pensieroso.
«Mi chiedo se…» mormorò tra sé e sé.
Tornò dietro al bancone, rovistò tra le varie scatoline e alla fine sembrò trovare ciò che cercava. Tornò da Alexis e le porse una nuova bacchetta.
«Chissà… salice, sibilante, dieci pollici e un quarto.»
Questa volta non aggiunse alcun nome.
Alexis la prese e questa volta non dovette neanche agitarla: una debole luce rossa uscì dalla punta della bacchetta, formando una cascata di stelle scintillanti.
È lei… - pensò, con un tuffo al cuore.
«Eccellente e straordinario» commentò Ollivander, «anche alquanto bizzarro, mi verrebbe da aggiungere.»
«Bizzarro?»
Alexis seguì l’uomo fino al bancone e ripose la bacchetta all’interno della scatola. Ollivander la prese e la chiuse con un nastrino, poi la mise in una busta.
«Già, davvero strano. Quella bacchetta è molto simile a quella di una persona che con lei ha ben poco a che fare. Anzi nulla, direi. Sono sette Galeoni.»
Alexis frugò nella borsa ed estrasse sette monete d’oro, che consegnò al negoziante. «Dice davvero? E chi sarebbe?»
«Un’eccellente strega, dai fluenti capelli rossi e dagli occhi splendidi come i suoi: il suo nome era Lily Evans» rispose Ollivander con un sorriso nostalgico e amareggiato.
Alexis sentì il suo cuore singhiozzare di nuovo. Gli occhi le si stavano velando di lacrime, così si incalzò a mostrare un sorriso di circostanza e a voltarsi. «Grazie e… arrivederla» si congedò, quindi uscì in tutta fretta dal negozio.
Mentre attraversava di corsa la strada affollata, sentì l’amara carezza di una lacrima rigarle una guancia, seguita da un'altra e un’altra ancora, che diventarono poi una moltitudine.
Mamma…
Le ci volle qualche giro dell’isolato, per calmarsi e riprendersi. Si controllò nel riflesso di una vetrina, fingendo di essere particolarmente interessata a un paio di pinze da cucina che si agitavano in una ciotola, e si asciugò le ultime lacrime sul bordo della manica.
Si voltò mentre tirava di nuovo fuori il bigliettino di Sirius: la sua prossima meta era “Madama Mc Clan”, per abiti e simili.
Alzando lo sguardo, si stupì di trovarsi già di fronte al negozio.  Si avvicinò alla vetrina e scrutò le varie divise scolastiche addosso ai manichini. Entrò. Mentre apriva la porta, catturò una parte del discorso di chi era all’interno.
«Possibile che tu sia cresciuto così tanto e in un solo anno?» esclamò la voce di una donna.
«A quanto pare» rispose una voce maschile, dal tono tediato. «Sbrighiamoci, non voglio stare qua tutto il giorno. Mio padre ha promesso di comprarmi la nuova Nimbus 2001, quando uscirò da questo posto.» Non sapeva a chi appartenesse quella voce, ma Alexis lo trovò subito molto antipatico.
«Suo padre dovrebbe comprargli un po’ di educazione» borbottò la donna, mentre dal retrobottega tornava nel negozio. Si accorse della ragazza, ancora impalata di fronte alla porta. «Prego, si accomodi! Sono nella stanza accanto! Venga pure!» la invitò, mentre afferrava una manciata di stoffa scura da un armadio.
Alexis la seguì verso il retrobottega, che altro non era che la sartoria.
Su di uno sgabello, con aria annoiata, c’era il ragazzo che aveva visto alla Gringott.
Quando i loro sguardi si incontrarono, un ghigno sorpreso e divertito gli colorò le labbra. Alexis si sentì avvampare senza alcuna ragione particolare.
«Accomodati pure lì, cara» disse Madama McClan, indicandole uno sgabello vuoto. «Finisco col signorino Malfoy e sono subito da te.»
Alexis annuì e si sedette sullo sgabello, a occhi bassi.
La sarta riprese a lavorare con sollecitudine alla divisa del ragazzo, fin quando una delle sue assistenti non si affacciò oltre la porta con un sacco di indumenti tra le braccia, chiedendo il suo aiuto. Madama McClan si defilò con la promessa di tornare entro breve e li lasciò da soli.
Alexis fece di tutto per ignorarlo: si guardò con interesse una macchia di fango sulla punta delle scarpe; osservò i quadri appesi al muro, analizzando con interesse una corsa di cavalli che si spostava di scenario in scenario, seguendo i vari dipinti; aveva studiato le divise scolastiche indosso ai manichini… ma alla fine non ce l’aveva fatta. Il suo sguardo, come un ago attratto da una calamita, si spostò sul ragazzo. Lui la stava scrutando apertamente, senza farsi alcuno scrupolo, una guancia ora poggiata contro una mano chiusa a pugno.
«E così…sei una Black» soffiò d’ un tratto.
Alexis sobbalzò sorpresa, perché non si era proprio aspettata che lui le parlasse. «Sì» rispose, ma non aggiunse altro. Aveva deciso di interloquire il meno possibile, per non destare alcun tipo di sospetto in merito alla sua identità.
«Non ti ho mai vista, alle cene di famiglia» osservò il ragazzo, senza mai toglierle gli occhi di dosso.
Ad Alexis il cuore singhiozzò nel petto.
Ha davvero detto famiglia? Non sarà mica un membro della famiglia Black, vero?
Alexis non sapeva nulla della vera famiglia di Sirius, se non che erano dei razzisti purosangue che lo avevano cancellato dall’albero genealogico per motivi che lei non riusciva proprio a comprendere. L’unico altro membro della famiglia Black che avesse mai incontrato, era il dipinto nascosto dietro una tenda a Grimmauld Place: la madre di Sirius. L’esperienza era stata così traumatica, che non si era più avvicinata a quel corridoio neanche per sbaglio.
«Sei stata fortunata» mormorò il ragazzo. «Le cene familiari sono una tale noia.»
Si alzò dallo sgabello e la raggiunse. Alexis dovette sollevare il capo, per continuare a guardarlo in faccia: non sembrava essere tanto più grande di lei, ma di certo era alto. «Comunque, io sono Draco Malfoy» si presentò e le porse una mano pallida. «Posso sapere, esattamente, con quale membro della famiglia Black ho il piacere di parlare?»
Alexis si alzò e, ignorando del tutto la mano che lui le stava tendendo, si chinò in un salamelecco quasi irrisorio. In fondo, se doveva recitare la parte di una Black di fronte a un presunto parente, tanto valeva farlo bene. «Lei è Alexandra Black, sorella di Sirius Black.»
Draco Malfoy assottigliò lo sguardo, ancora più interessato. «Oh, ora si spiega perché non ti ho mai vista prima d’ora» soffiò e i suoi occhi brillarono di curiosità ed eccitazione. «Sei la sorellina del mio famigerato cugino assassino di secondo grado.»
«Così sembrerebbe» mormorò Alexis e fu contenta che la sua voce non la tradisse, perché il suo stomaco stava bruciando d’ansia.
Quella rivelazione non le piaceva per niente: incontrare colui che avrebbe dovuto essere il suo presunto cugino di secondo grado… proprio la sua fortuna ci voleva.
E se sa che Sirius, in realtà, non ha sorelle?
Inorridita da quel pensiero, lo scacciò subito dalla sua testa. I suoi occhi, nel tentativo di evitare ancora lo sguardo indagatore di Malfoy, trovarono la sciarpa verde-argento abbandonata sullo sgabello sul quale era prima seduto. «Sei un Serpeverde?» domandò allora, sperando così di lasciar cadere il discorso della loro presunta e alquanto impossibile parentela.
«Mi pare ovvio» rispose lui secco. «Ci si aspetta che anche tu onori il nome della nostra famiglia, così oscenamente insozzato da quel traditore di tuo fratello.» Draco storse il naso in una smorfia, neanche gli fosse stata messa della Puzzalinfa sotto le narici.
Alexis strinse la mano in un pugno, col desiderio del tutto nuovo ed estraneo di scaraventarlo sul lungo naso di Malfoy.
Come osa…
«Eccomi qui, scusate davvero per l’attesa!»
L’ingresso di Madama McClan le impedì di mostrare a quell’arrogante, presunto cugino cosa ne pensasse di lui.
Malfoy le lanciò un’ultima occhiata, forse incuriosito dal modo in cui le guance di lei si erano d’un tratto accese. Le sorrise e lei lo trovò oltremodo irritante, quindi si trascinò di nuovo sullo sgabello e Alexis fece lo stesso.
Madama McClan lasciò cadere il materiale che aveva tra le braccia sulla scrivania, quindi tornò verso Draco e, con un colpo di bacchetta, rifinì la sua divisa. «Bene, signorino Malfoy: ho fatto, può andare.»
Il ragazzo si alzò e fece un semplice cenno col capo. Prima di varcare la soglia, si girò un’ultima volta verso Alexis, che stava facendo un grande sforzo per non guardarlo… e per non tirargli in testa un rocchetto di legno vuoto.
«Ci vediamo a scuola, allora…» la salutò.
Lei non rispose.
 
*
 
Finito che ebbe da Madama McClan, diede uno sguardo al biglietto di Sirius, che le indicava la sua ultima meta. Trovare la libreria non le fu difficile, le bastò seguire una folla di gente che si dirigeva eccitata dentro un grande negozio a due piani, parlando animatamente di un certo “scrittore famoso che si trovava dentro Il Ghirigoro, pronto a fare autografi.”
Alexis riuscì a intrufolarsi nella calca, ma non si preoccupò di oltrepassare la folla che si spingeva per vedere il famoso autore. In fondo, non le interessava.
Fu costretta a cambiare idea quasi subito.
«Non è possibile… è Harry Potter!» esclamò qualcuno, con stupore.
Alexis si congelò sul posto.
Cosa ha detto?
«Harry Potter?!» ripeté una voce, altrettanto incredula ed eccitata.
Harry… Harry è qui? Mio fratello…
Prima ancora di rendersi conto delle sue stesse azioni, Alexis si stava facendo largo tra la folla. La sua corporatura sottile le fu molto d’aiuto in quell’ardua impresa e, quando finalmente riuscì ad arrivare in prima fila, accanto a una ragazzina dai lisci capelli rossi, lo vide… e il suo cuore mancò un colpo. Sembrava la versione più giovane delle immagini nelle foto di loro padre, James Potter, con la sola differenza che dietro le lenti degli occhiali spiccavano due iridi di un verde brillante, identiche alle sue.
Gli occhi le si riempirono di lacrime per l’emozione e si coprì la bocca con una mano, per impedirsi di singhiozzare.
Harry…
«Un bel sorriso, Harry: insieme siamo la prima pagina!» disse l’uomo accanto a lui, ammiccando in direzione della macchina fotografica che immortalò il momento. Poi, quello che Alexis presumeva essere il famoso autore, fece una specie di monologo, ma le sue orecchie non avevano più udito.
Tutto era sparito e non esisteva altro che suo fratello, in quel momento.
Tornò in sé solo quando quegli occhi identici ai suoi si posarono su di lei con espressione cordialmente perplessa, facendole rendere conto del fatto che doveva starlo fissando in adorazione. Rimasero a fissarsi per qualche istante, prima che lo scrittore, tale Gilderoy Allock, consegnasse a Harry una pila di libri e lo rispedisse tra la folla.
Quando comprese che suo fratello si stava dirigendo esattamente nella direzione in cui si trovava lei, Alexis si voltò e si rinfilò tra la folla, senza preoccuparsi di spintonare qualcuno nella sua frettolosa fuga.
Non potevano incontrarsi, non così presto, o lei non sapeva se sarebbe stata in grado di trattenersi dal saltargli letteralmente addosso, stringerlo in un abbraccio soffocante, piangere contro il suo petto caldo, rivelargli ogni cosa.
Dall’alto, un paio d’occhi grigi la osservarono attraversare la folla.
Arrivata all’ingresso, Alexis non uscì, ma preferì piuttosto nascondersi dietro una grande libreria. Per buona misura, afferrò anche un tomo voluminoso e lo aprì a celare il suo volto.
Si affacciò da sopra il libro, scoprendo solo gli occhi, nel momento in cui sentì una voce strascicata, già fin troppo familiare.
«Scommetto che ti è piaciuto, Potter! Il famoso Harry Potter! Anche se entri in una libreria finisci in prima pagina» sputò con disprezzo Draco Malfoy.
Lo sguardo di Alexis si spostò rapido dagli occhi del Serpeverde a quelli del fratello, quindi scivolarono sulla ragazzina dai capelli rossi che prese parola. «Lascialo in pace!» sibilò, in difesa di Harry,
«Guarda, Potter, ti sei fatto la ragazza!» lo schernì Malfoy.
Ad Alexis fu subito chiaro che tra quel ragazzo e suo fratello non corresse buon sangue.
«Via, via, Draco, più garbato» lo rimproverò un uomo, che sembrava la copia sputata dello stesso ragazzo, solo con una trentina d’anni in più e capelli più lunghi. Dal modo confidenziale con cui l’aveva chiamato e con il quale gli aveva sfiorato la spalla, Alexis comprese che doveva trattarsi del padre. «Ah! Signor Potter: Lucius Malfoy» si presentò infatti, confermando la sua deduzione. «Finalmente ci conosciamo.»
Tese una mano e Harry gliela strinse, seppur senza alcun trasporto.
«Perdonami!» Lucius lo attirò a sé, senza alcuna gentilezza, e lo scrutò come fosse un antico manufatto. Con la punta del bastone che portava con sé, e che aveva all’estremità ritratta la testa di un serpente con la bocca spalancata, gli scostò la frangia, fino a riuscire a vedere la famosa cicatrice a forma di saetta.
Istintivamente Alexis andò a sfiorarsi la fronte, senza trovarci nulla; fu costretta a reprimere un brivido al pensiero che, quel maledettissimo giorno, avrebbe potuto esserci lei sotto le mani di Tu-Sai-Chi. E non era sicura che sarebbe riuscita a cavarsela con una semplice ferita.
«La tua cicatrice è leggenda… come d’altronde il mago che te l’ha procurata» sentenziò Lucius Malfoy, con tono quasi fiero.
Alexis dovette fare un grande sforzo per non lanciargli il libro in testa.
«Voldemort ha ucciso i miei genitori… non era altro che un assassino» rispose freddamente suo fratello e, quando lo sentì parlare per la prima volta, Alexis sentì i peli rizzarlesi sulle braccia: la sua voce era scura e profonda, calda… così diversa da quella di Malfoy e suo padre.
«Mmmh… devi essere molto coraggioso, se pronunci il suo nome… o molto sciocco!» esclamò il signor Malfoy con un ghigno, lasciandolo finalmente andare.
«La paura di un nome non fa che incrementare la paura della cosa stessa.»
Lo sguardo di Alexis scivolò, insieme a quello di Lucius, sulla figura della ragazza che aveva parlato: aveva folti riccioli bruni che le incorniciavano un viso piccolo e paffuto.
«E tu devi essere… la signorina Granger! Sì, Draco mi ha detto tutto riguardo a te e ai tuoi genitori: Babbani, vero?» rispose informato l’uomo, scrutandola con sufficienza.
Alexis vide Hermione Granger stringere gli occhi con rabbia, mentre Lucius Malfoy passava ad osservare il resto delle persone che componevano il numeroso gruppetto.
«Capelli rossi, espressioni vuote, malandato libro di seconda mano: voi dovete essere i Weasley!» sibilò, prendendo un volume, dalla copertina parecchio consumata, dal calderone che aveva in mano la ragazzina dai capelli rossi.
Nessuno dei fratelli rispose o almeno non fece in tempo. Infatti, colui che doveva essere il signor Weasley, a giudicare dalla somiglianza con i ragazzi, si era avvicinato e, ignorando intenzionalmente Malfoy, suggerì: «Ragazzi, qui è una bolgia. Andiamo fuori» e cominciò a spingerli verso l’esterno.
Lucius non sembrava avere intenzione di lasciarlo andar via. Non senza averlo prima salutato alla maniera dei Malfoy. «Bene, bene, bene! Weasley Senor!» esclamò, fingendosi sorpreso di vederlo.
«Lucius» rispose l’altro, senza preoccuparsi di celare il fastidio di incontrarlo anche lì.
«Super lavoro al Ministero, Arthur: tutte quelle ispezioni extra! Mi auguro che le paghino gli straordinari. Anche se, a giudicare dalle condizioni di questo» e indicò il libro che teneva ancora in mano, «direi di no. A che le serve disonorare il nome stesso di mago, se poi non la pagano neanche bene?»
«Abbiamo idee molto diverse riguardo ciò che disonora il nome di mago, Malfoy» rispose prontamente il signor Weasley.
Alexis fu subito d’accordo con lui: quel Lucius Malfoy non le piaceva affatto. E ancora meno le piaceva il figlio, che aveva avanzato critiche simili nei confronti di Sirius.
«È chiaro» soffiò il signor Malfoy, con aria di chi la sa lunga. «Frequentare Babbani…   credevo che la sua famiglia non potesse cadere più in basso» aggiunse, e lasciò cadere il libro preso in precedenza nel calderone della più piccola dei Weasley. Allo sguardo attento di Alexis, non sfuggì che aveva messo due libri e non uno, ma non vi diede peso.
«Ci vediamo al lavoro» si congedò infine Malfoy e, voltandosi in un frusciare di mantello, uscì dal negozio.
Il figlio lo seguì, non prima di essersi però fermato davanti ad Harry e aver detto, con lo stesso tono del padre: «Ci vediamo a scuola.»
Quindi si voltò, ma prima di varcare la soglia, i suoi occhi intercettarono quelli della ragazza che ancora seguiva la scena semi-nascosto dal grosso libro. Un ghigno appena accennato e Malfoy uscì dalla libreria, senza aggiungere nulla.
Quando spostò lo sguardo dall’uscita del negozio al numeroso gruppetto che aveva spiato fino a quel momento, si ritrovò otto paia d’occhi a fissarla incuriositi. Soprattutto quelli di suo fratello, che già l’aveva notata in precedenza, in mezzo alla folla.
Alexis arrossì fino alla punta dei capelli e si nascose nuovamente dietro il libro, quindi si voltò e si inoltrò all’interno della libreria, per scappare da quelle occhiate.
E, soprattutto, per scappare da Harry.
   
 
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