Luci
di Natale
-
Papà, ma non accendiamo le luci
dell’albero di Natale?
- No,
quest’anno no.
- Ma alla
mamma piacevano le luci
di Natale.
- La mamma
non c’è più. Quest’anno
le luci non si accendono.
Serrando le
labbra, il piccolo
Kurt si alzò dalla sedia e uscì dalla cucina,
lasciandosi alle spalle un Burt
che aspettava solo che il figlio se ne andasse per poter piangere; si
era
ripromesso di non farlo mai davanti a lui.
Attraversando
il salotto, Kurt si
fermò davanti all’albero di Natale, addobbato e
tristemente spento;
velocemente, svitò la copertura di plastica colorata di una
delle lampadine e,
stringendola nel pugno chiuso, salì le scale e si chiuse in
camera sua,
gettandosi sul letto. Si era portato lì il pigiama di sua
madre; lo teneva
sotto la trapunta in modo che suo padre non lo vedesse, così
immaginava che lei
fosse lì, come le volte in cui dormiva con lui quando aveva
paura… e mai Kurt
aveva avuto così tanta paura come in quell’ultimo
periodo, da quando la mamma
era morta.
Sì,
morta. Non “è partita per un
lungo viaggio”, “gli angeli l’hanno
portata in cielo”, era morta,
semplicemente; il giorno prima era lì con lui e quello dopo
era stata chiusa in
una bara. Capirlo da subito, forse, lo avrebbe aiutato a superare prima
la
cosa. Superare? Certe cose difficilmente si superano, se non mai.
Povero
piccolo. Perdere la madre alla sua età.
Non esiste
un’età giusta per
perdere una madre. Tre anni, otto anni, quattordici anni,
ventitré anni… fa
male sempre e comunque.
Ma Kurt non
aveva pianto, non
aveva voluto farlo. Già piangevano troppe persone intorno a
lui (Dio, non
poteva nascondere un senso di rabbia verso lo zio Paul, il fratello
più grande
di mamma, che si comportava come se fosse l’unico a soffrire)
e poi… la mamma
non aveva mai pianto e nemmeno lui voleva, non davanti a tutti, non ce
la
faceva. Eppure c’erano dei momenti in cui avrebbe voluto
riuscirci, sfogarsi,
tirar fuori tutto fino a svuotarsi di tutto quel dolore.
Avere quella
stoffa sotto le
dita, sentire l’odore della mamma era solo una minima parte
del conforto che
Kurt avrebbe voluto avere. Quel mezzo abbozzo di ricordo non gli
impediva di
sentirsi smarrito, di non sentirsi più in grado di fare le
cose che un tempo
gli riuscivano così bene. Tutto per quella mancanza, la
nostalgia per quella
persona speciale che era abituato a vedere ogni giorno e che adesso non
c’era
più; non riusciva a vederla nemmeno nei suoi sogni.
Quel Natale,
il primo senza di
lei, aveva reso tutti tristi, eppure Kurt non voleva esserlo. Il Natale
era
sempre stata la festa preferita della mamma e anche la sua; ogni anno,
appena
iniziate le vacanze, loro due insieme addobbavano l’albero di
Natale e ogni
volta c’erano sempre delle decorazioni nuove da appendere e
mille luci da
districare. Lo avevano fatto anche quell’anno… e
meno di una settimana dopo… lei
non c’era più.
E le luci,
quelle luci che alla
mamma piacevano tanto, erano rimaste spente.
Non
sta bene accenderle dopo quanto è successo. Sarebbe una
mancanza di rispetto.
Ma quale
mancanza di rispetto! La
mamma amava vedere le luci di Natale accese. Se veramente era volata
in cielo
come tutti dicevano, allora sarebbe stata contenta di vedere da
lassù l’albero
di Natale con tutte le luci accese. Invece, in nome di una correttezza
che
faceva piacere unicamente a chi era ancora vivo, avevano strappato ad
un figlio
e al ricordo di sua madre il loro ultimo Natale.
Kurt aveva
ancora stretto nel
piccolo pugno la piccola punta di plastica colorata. Era blu, il colore
preferito di sua madre. La immaginò illuminata,
più luminosa di tutte le luci
di Natale messe insieme, in modo che dal cielo lei la vedesse.
- Sto
accendendo questa luce solo
per te. Buon Natale, mamma… Ti voglio bene.
Nota
dell’autore
Quest’
anno nemmeno a casa mia si
sono accese le luci dell’albero di Natale, anche se io lo
avrei voluto tanto.
Non si onora chi ci ha lasciato rinchiudendosi nel dolore e nel buio, e
questo
molti hanno paura di capirlo.
Ho sentito
il bisogno di scrivere
queste poche righe.