Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: hirondelle_    09/01/2015    1 recensioni
Erwin non si muove quando la lama gli sfiora piano le guance, per quanto si fidi del suo Capitano. Il pugno trema violentemente , appoggiato al ginocchio, e sente la gamba muoversi spontanea in un tic dettato dal nervosismo e la stanchezza. Levi non glielo fa presente, anche se gli dà fastidio, e per l’ennesima volta stringe la mano sulla sua coscia. Poi, quando si calma, torna a prendergli il viso tra il pollice e l’indice e riprende da dove si era fermato, con la delicatezza e la freddezza tipica di lui.
“Scusa.” dice ancora Erwin, sottovoce.
“Sta’ zitto.” replica il soldato.
[EruRi]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Irvin, Smith
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Premessa: L’autrice non ha avuto cuore di andare a leggersi le scan del manga e tutto quello che sa è dovuto all’anime e a qualche spoiler. Non vogliatele male. 
The pain in our eyes

“Sei sicuro?”
Erwin alza gli occhi su Levi e sorride con calma. Cerca nei dettagli del pallido viso un barlume di sentimento, e non trovandolo, sa che deve cercare più a fondo, come del resto è sempre stato solito fare - l’unico forse che ci abbia mai provato. “Sono sicuro, Levi.” afferma piano, e riabbassa lo sguardo sulle dita dei piedi, provando a saggiare la sensibilità dei tre arti che gli sono ancora rimasti. Il pavimento è freddo e pulito, e se non fosse per le innumerevoli macchie di caffè dovute a rovesciamenti imprevisti di infauste tazzine, si direbbe che sembri nuovo.
Levi sta in piedi, appoggiato a una finestra, e lo guarda. Lo guarda come solo lui potrebbe guardarlo, con quegli occhi piccoli e grigi puntati a cogliere ogni minimo accenno di debolezza. Eppure Erwin sa, ancora prima di provarlo, che qualora ne trovasse uno non gli proibirà di alzarsi dal letto e uscire dopo tanto tempo. 
“Ce la fai ad alzarti, vecchio?” chiede, gelido, ancora prima che possa fare qualcosa. Erwin sorride provando lentamente a mettersi in piedi  e, trattenendo una lieve delusione quando barcolla all’indietro immediatamente, torna seduto tra le lenzuola scuotendo la testa. Abbassa gli occhi inghiottendo l’orgoglio quando Levi gli si avvicina e gli poggia delicatamente una mano sul bicipite. 
“Vieni.” Lo sente sussurrare piano al suo orecchio, e il Comandante si lascia prendere e si alza un po’ barcollante, ma non timoroso. Levi si fa passare il suo unico braccio attorno alle spalle e a tentoni raggiungono i bagni privati. Erwin lo ringrazia mentalmente, perché in realtà sta soffocando le parole pur di non farsi sfuggire qualche pavida lacrima. 
Levi è calmo. Non lo sente rabbrividire come al solito, non appena si stringe a lui per necessità dettate dalle circostanze, né sussulta quando Erwin china appena il capo per baciargli la nuca. È consapevole del suo terrore per il contatto fisico, una fobia nata dalla sua mania per il pulito e forse troppo nascosta. “Peso troppo?”
“Mi credi debole?”
Erwin sorride a quella scocciata replica. “Certo che no, Amore.”
Levi alza appena lo sguardo. Si sono fermati sullo stipite, il parquet lucido sotto i loro piedi freddi, e gli occhi del Capitano affondano nello sguardo dell’altro come biglie di vetro. Erwin non attende che si alzi sulle punte: è lui ad abbassarsi, attento a non sbilanciarsi e a non sforzare troppo i muscoli afflitti della schiena. Lo bacia piano, non avvertendo nessuna resistenza al contatto pungente della sua pelle con la barba incolta, e si perde nel sapore di menta della sua bocca, nella fame che hanno l’uno dell’altro. “Rivaille” pronuncia piano, e il più giovane ha appena un sussulto quando sente il suo nome scivolare piano da quelle labbra voraci. È ricordo di notti di fuoco, notti passate all’esterno delle mura nell’attesa spasmodica della morte, ma anche all’interno del Quartier Generale, nascosti tra le lenzuola fresche di bucato a scacciare la paura tra baci e gemiti.
Levi ha paura ed Erwin lo sa da sempre. Per questo lo lascia andare, non appena giungono vicino alla vasca, e si spoglia nel silenzio della stanza, senza badare al suo sguardo inquisitore, senza curarsi della camicia che si strappa nei suoi goffi tentativi di sbottonarsela, sorridendo quando il Capitano lo aiuta a sfilarsela. Non c’è traccia di desiderio nel suo sguardo, ma Erwin avverte il suo palmo sulla pelle dello sterno, che lo privano piano di tutte le bende e si soffermano sul lato sinistro del suo torace.
Erwin lo guarda e vorrebbe baciarlo ancora. Rimane invece immobile, mentre quelle mani avvizzite e callose si soffermano sul battito cardiaco al di sotto della pelle, assorte. Levi non ci pensa e appoggia le sue labbra screpolate e sottili in quel punto, soffermandosi appena, soprappensiero. Poi si scosta e il suo sguardo è appena liquido, aspro e duro come quello di un vecchio.
Si fa da parte ed Erwin si immerge nell’acqua bollente autonomamente. Quando si volta Levi è già sullo stipite della porta, lo guarda e non sorride. “Ti preparo dei vestiti puliti. Chiamami se hai bisogno.” 
Erwin annuisce, appoggiando appena la testa sul bordo ammaccato, e chiude gli occhi.

Erwin non si muove quando la lama gli sfiora piano le guance, per quanto si fidi del suo Capitano. Il pugno trema violentemente , appoggiato al ginocchio, e sente la gamba muoversi spontanea in un tic dettato dal nervosismo e la stanchezza. Levi non glielo fa presente, anche se gli dà fastidio, e per l’ennesima volta stringe la mano sulla sua coscia. Poi, quando si calma, torna a prendergli il viso tra il pollice e l’indice e riprende da dove si era fermato, con la delicatezza e la freddezza tipica di lui.
“Scusa.” dice ancora Erwin, sottovoce. 
“Sta’ zitto.” replica il soldato. 
Ed Erwin chiude gli occhi,  inspira ed espira piano, finché Levi non si scosta da lui a lavoro finito e gli passa uno specchio per rimirare il lavoro. È soddisfatto, lo si vede dal sorrisetto compiaciuto, e Erwin guardandosi capisce che ha tutte le ragioni per esserlo. A Levi non piace la barba, non gli piace il contatto ispido contro le sue guance glabre come quelle di un ragazzino, e ad Erwin non dispiace. Soprattutto perché, andando avanti con gli anni, sembra meno vecchio. “Un lavoro eccellente, Capitano.”
“Sembra stupirsene, Comandante.”
Erwin sorride alla provocazione e lo attira verso di sé con l’unico braccio, costretto dal lenzuolo che ha attorno al collo. È nudo, ancora, avvolto nell’asciugamano che tiene legato alla vita, ed è grato a Levi di non curarsene quando appoggia il mento contro il suo stomaco e lo accarezza lungo la spina dorsale. E il Capitano accetta quel contatto senza resistenze, accarezzandogli i capelli radi sotto la nuca, e guardandolo dall’alto con i suoi occhietti grigi e freddi, come se fossero in attesa di qualche sua mossa. Erwin potrebbe farci l’amore, con quegli occhi. E invece gli lascia un bacio sul ventre da sopra la camicia, perché non ne ha la forza. Lo guarda dal basso e spinge il suo ginocchio contro il proprio inguine, senza in realtà mostrare alcuna malizia. 
Levi è in piedi tra le sue gambe. Quando si abbassa piano per raggiungere il suo viso, piegandosi sulle ginocchia, Erwin ha un brivido. Non ricorda l’ultima volta che hanno fatto l’amore, ma il bacio del Capitano è un risveglio dei sensi. 
Il Comandante vorrebbe piangere, pensando a quanto lo ama, e al fatto che potrebbe perderlo in qualsiasi istante, in qualsiasi momento. Quando si separa da lui ha gli occhi lucidi, e il Capitano fa finta di non notarli. “Dovresti vestirti ora, vecchio. Serve una mano con i bottoni?”
“Forse una.” sussurra e deglutisce a vuoto, sorridendo malinconico quando afferra i boxer scuri che l’altro gli porge e prova lentamente e goffamente a infilarseli. Stavolta Levi non lo aiuta e resta un po’ a fissarlo, per nulla turbato dalla sua nudità e certo che sul Comandante il suo sguardo non faccia il minimo effetto. Ma quando vede le spalle del Comandante sussultare in un singhiozzo non può impedirsi di avvicinarsi. Non l’ha mai visto così.
Erwin non è forte e Levi lo sa più di tutti. “Va bene.” dice piano. “È ok.” E lo aiuta ad infilarsi i pantaloni, sollevandolo appena con quella forza inaspettata che ha. “Sei ancora troppo debole.”
“Vorrei solo poter alzarmi e guardare il mondo a testa alta.”
Levi potrebbe dire molte cose. Potrebbe fargli presente che non serve, che tutti i suoi uomini lo rispettano in ogni caso, che lui lo rispetta più di tanti altri. Ma non è in grado di raccontare menzogne. Perché quel gesto serve, se non agli altri, almeno a se stesso. Perché gli uomini al di fuori di quella stanza sono vipere pronte ad azzannarlo in qualunque momento, offuscate dal dolore delle perdite. E perché, soprattutto, lui non lo rispetta: semplicemente, lo ama.
Per questo motivo resta in silenzio, aiutandolo a infilare la camicia e abbottonandogliela come se potesse annullare qualsiasi cosa con quei pochi gesti. Non lo guarda più.
“Ci sono cose...” lo sente iniziare, mentre gli fa il nodo alla cravatta. “Ci sono cose che dai quasi per scontate. È quando le perdi che te ne accorgi. E ti chiedi dove hai sbagliato.”
Levi sa che non si riferisce solo al braccio. È qualcosa di più, qualcosa di loro. “Sai quanto me che non posso farti promesse in questo mondo.” mormora. È stanco, dopo notti e giorni passati accanto al suo letto ad attendere il suo risveglio, stanco dopo aver messo alla prova il suo autocontrollo per troppo tempo. Non crollerà, non davanti a lui, non ora. Gli aggiusta il colletto soprappensiero, assente. “Forse nella prossima vita avrò qualcosa su cui contare, e saprò mantenerle.” 
Il silenzio si prolunga per quelli che sembrano minuti. Levi si alza e attende che lui faccia lo stesso, per dargli sostegno e trascinarlo almeno fino alla mensa, dove sa che si trovano Hanji e tutti gli altri. Sarebbero stati sollevati di vederlo.  “Rivaille,” sussurra a un tratto Erwin, distogliendolo dai suoi pensieri, e i suoi occhi non sono più liquidi ma hanno preso il colore della sicurezza, una maschera di forza. “Per quel che vale: non morire.”
Levi lascia andare un sospiro e una lacrima. “Neanche tu.” mormora infine. “Non azzardarti.”
E dentro sorridono in lacrime, pensando a quanto troppo si amino. 

angolino di mademoiselle hirondelle
Questa è la mia prima fanfiction nel fandom di snk, e spero soltanto che si possa definire una degna entrata! Era da tempo che volevo scrivere qualcosa su questo anime, ma non trovavo mai l’ispirazione o l’argomento giusto. Spero solo di non aver reso i personaggi troppo ooc, sono chiaramente fuori esercizio! 
Come già scritto a inizio fic chiedo venia per la mia ignoranza riguardo gli eventi accaduti nelle scan, tutto quello che so deriva appunto dall’anime (di cui ho visto soltanto la serie e nemmeno tutti gli ova) e qualche sporadico spoiler perché spuntano come funghi e non si può evitarli nemmeno volendo.
Soprattutto se sei una shipper accanita dell’Eruri e della Jearco.
Per quanto riguarda il nome “Rivaille”: so benissimo che non si scrive così. Ma andiamo. Il modo in cui Erwin chiama Levi è qualcosa di unico. Mi fa venire i brividi. Se non sapete di cosa sto parlando correte subito a vedere ACWNR perché è bellissimo. 
In ogni caso ogni commento è gradito, anche negativo purché costruttivo c:
Au revoir!

Fay
   
 
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