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Autore: HeySoul    10/01/2015    0 recensioni
Si limitava a studiarla da lontano, qualche volta. In una moviola di capelli disordinati ed espressioni concentrate, di gambe accavallate deliziosamente e i suoi calzini al ginocchio a farla sembrare più giovane.
Genere: Commedia, Generale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alex Turner, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Chapter Eight
“You got the lights on in the afternoon
And the nights are drawn out long
And you're kissing to cut through the gloom
With a cough drop coloured tongue.”

 
«Dovresti fare una pausa.» La voce squillante di Eileen riempiva la stanza con un’acustica interessante. Alex aveva sempre pensato che la ragazza avesse un timbro femminile definibile solo con la parola dolce, un po’ come tutto di lei. Quelle identiche parole erano state ripetute più volte, sempre con un tono incalzante. Voleva essere la distrazione, e con quel suo modo di piegare il capo da un lato, nell’imitazione di un animale curioso, ci andava davvero vicina. Era seduta a gambe incrociate sul letto a due piazze del ragazzo, mentre lui s’impegnava a riempire valigie e riordinare capi di vestiario. Quel pomeriggio sarebbe partito per Sheffield, la sua città natale. Era da qualche mese che non vedeva la sua famiglia ma, più di tutto, doveva lavorare. Dovevano registrare la prima canzone del nuovo album che era un po’ un esperimento, visto il sound nuovo e tanto diverso dai precedenti, che forse non avrebbero nemmeno incluso nella dozzina di tracce. Alla fine si erano lasciati con l’idea di decidere solo a risultato ottimato. Avendo quei progetti in programma, il cantante necessitava di spostarsi e ritornare in Europa, ed avendo procrastinato troppo a lungo la faccenda delle valigie adesso si ritrovava a dover muoversi con frenesia da una parte all’altra, raccogliendo ogni oggetto che non avrebbe potuto lasciarsi dietro. La presenza della ragazza in quello stato caotico era giustificata dalla proposta di lei di aiutarlo, essendo la partenza dell’aereo solo qualche ora più tardi, ma alla fine si era ritrovata ad ammettere di non sapere da dove incominciare in quell’appartamento quasi totalmente sconosciuto. E allora se ne stava là annoiata, per quanto attenta ad ogni singolo gesto del ragazzo, con le mani sul ventre in continua crescita. Dal loro diverbio e dall’accordo, non completamente espresso a voce alta, sul doversi separare a causa di quello che lei aveva chiamato pasticcio, era passato poco più di un mese. Ai loro amici e a se stessi sembrava un’idea assurda che entrambi tendessero a restare uno al fianco dell’altra, pur avendo parlato dei motivi per cui la loro relazione, con l’aggiunta di una nuova vita, non avrebbe potuto funzionare. L’argomento era stato denominato proprio con quelle parole sentite in almeno altre dieci versioni diverse nei problemi di coppia, anche se i loro fatti raccontavano qualcosa di insolito. Infatti era stata lei, nonostante il bisogno della compagnia di Alexander e del sentimento che provava nei suoi confronti, ad essere tanto pura e altruista da mettere in primo piano la vita che il ragazzo, ancora troppo giovane per caricarsi impegni simili, portava avanti come rockstar. Eileen sosteneva che fosse una responsabilità interamente sua e che lui non si sarebbe sentito in dovere di restare al suo fianco, tanto più che il bambino era stato concepito da una relazione precedente. Tutta la faccenda sembrava dolorosamente surreale ma questi erano i fatti e loro si erano adattati, per quanto i sentimenti profondamente umani li guidassero in decine di diverse direzioni che dovevano sforzarsi di ignorare. La pancia della futura mamma era però un segno troppo evidente per essere ignorato davvero, anche se le dimensioni rimanevano ancora ridotte, così ogni tanto entrambi ci gettavano un’occhiata, ognuno perso nei propri pensieri.
«Davvero, sono quasi sicura che il tuo ordine stia per diventare maniacale.» Lei continuava a sporgersi per vedere l’interno della valigia con le maglie ripiegate alla perfezione e posizionate in una pila studiata. Si guadagnò solo una risata ma l’effetto sperato di distoglierlo almeno per qualche minuto dall’andare di qua e poi prendere una cosa laggiù restò solo un desiderio.
«Non ti facevo un tipo ordinato, sai?» Questa volta non sembrava voler lasciare perdere, così Alex decise di sistemare l’ultimo paio di pantaloni per avvicinarsi e lasciarle un bacio leggero sulle labbra.
«E’ una questione pratica, non voglio che le maglie si stropiccino.» Concesse infine, sperando che quella questione insistente non proseguisse oltre, per quanto, in parte, lo divertisse. La dolcezza che caratterizzava la ragazza consisteva nelle occasioni in cui dava mostra del suo lato infantile. Domande semplici e tipicamente curiose, modi bizzarri di fare e strane ostinazioni temporanee. I lati della bocca di lei si inclinarono leggermente all’ingiù, dando mostra di come quella risposta così logica l’avesse delusa. In fondo era ovvio che il suo unico obbiettivo fosse distrarlo, mentre lui era riuscito a raggirarla in quel modo fin troppo serio. Eileen non diede segno di voler ribattere anzi, si lasciò andare sul letto, coricandosi supina, con lo sguardo rivolto al soffitto. Così il ragazzo poté semplicemente tornare alla sua occupazione, notando distrattamente le chitarre ancora fuori dalle rispettive custodie e l’ultima pila di maglie da portare con sé. Prese a sistemare quest’ultime, aspettando il nuovo intervento della ragazza che sapeva sarebbe arrivato presto. Nel mentre si lasciò andare ad una serie di pensieri, tutti riguardanti la sua imminente partenza, il lasciarsi Los Angeles alle spalle per qualche mese. Per quel tempo non avrebbe rivisto una serie di amici californiani, fra cui Lana, se poteva davvero definire il rapporto fra loro come amichevole. Non ricordava perfettamente l’ultimo insulto che gli aveva riservato, qualcosa che riguardava i vecchi e i pantaloni a vita alta, le mode passate e il cattivo gusto. Doveva ammettere che quelle singolari attenzioni lo divertivano parecchio, nonostante lei ci tenesse a sottolineare la serietà dei suoi interventi. Si destò da quella serie di pensieri solo quando si accorse di stare sorridendo stringendo una delle maglie, in particolare una Lacoste blu chiaro. In un flashback rivide la propria ragazza ballare scompostamente al ritmo di una canzone mai sentita, muovendo i fianchi e con i capelli dorati ad ondeggiare sulla schiena; le cosce scoperte e i calzini al ginocchio candidi quanto l’innocenza che a volte lei rappresentava. Con ancora il sorriso ad arricciargli le labbra, si girò a ricercare quell’ultimo dettaglio nella ragazza che sapeva avrebbe trovato ancora sdraiata sul letto, sebbene le parole previste si stavano facendo attendere fin troppo. Quell’espressione ebete lasciò spazio ad una perplessa, le sopracciglia alzate e gli occhi grandi curiosi. Eileen non era infatti sdraiata, bensì in equilibrio sui talloni, accovacciata vicino ad una delle sue chitarre, quella acustica. Come un animale quando si sente osservato, lei volse lo sguardo dritto su di lui.
«Posso prenderla?» Chiese gentilmente, allungando la mano con incertezza ma fermandosi prima di poter anche solo sfiorare il legno dello strumento. Alex si sentì stranamente lusingato da quella richiesta così formale, per il semplice fatto che teneva per davvero alle sue compagne. Spesso tendeva a vederle come qualcosa più importante di un semplice oggetto, giustificandosi con se stesso pensando al suono che era anima e vita.
«Certo.» Si rigirò fra le mani il capo di vestiario, dimenticandosi quasi del suo attuale impiego alla vista delle dita affusolate di lei che stringevano, tradendo un poco di insicurezza, il manico dello strumento, fino a sollevarlo.
«Suoni?»
«Se per suonare intendi saper eseguire “Happy Birthday to You” e qualche altra canzone occasionale allora certamente. Potrei quasi farti concorrenza.» Un sorriso beffardo la avvolgeva dandole un’aria di divertimento. Ora aveva appena incrociato le gambe sul letto e sopra aveva posto la chitarra, accarezzando le corde senza preparare nessuna nota.
«Alex Turner non avrà futuro con te alle prese col mondo della musica, la band andrà in fallimento.» Annuì convinto, ostentando serietà per recitare nel modo migliore di cui era capace. La sentì ridere in modo cristallino, di quel suono armonico che riempie le stanze. Poi la vide farsi seria, guardarlo con una intensità non davvero adatta al momento, tradendo dolcezza grazie al gesto di piegare il capo da un lato.
«Hai appena realizzato di avere davanti l’affascinante cantante degli Arctic Monkeys o…?»
«Molto modesto, davvero.» Poi entrambi si lasciarono andare ad una risata. Alex sistemò la Lacoste nella valigia, dichiarando mentalmente di avere finito sul fronte abiti, mentre lei pizzicava le corde in un unico accordo semplice.
«In realtà stavo pensando di non averti mai davvero sentito suonare. Non veramente, non un intero pezzo degli Arctic Monkeys.» Un altro suono, questa volta meno preciso. Adesso il suo sguardo era basso sullo strumento, impartendo note staccate e senza ritmo. Una parte di capelli le ricadeva sulla guancia, nascondendo buona parte del viso. Quella richiesta era perfettamente normale e lecita ma qualcosa di celato suggeriva ad Alexander una certa malinconia. Gli ricordava vagamente l’ultima richiesta di un moribondo, non che Eileen stesse per morire, questo proprio no, solo che entrambi cercavano invano di nascondere il fatto che di lì a qualche ora lui sarebbe volato oltreoceano. Di certo i pomeriggi impastati di quel tipo di quotidianità sarebbero passati ad un numero nullo. A loro sarebbero rimaste le telefonate ma, per quanto la voce di Eileen fosse un qualcosa di celestiale nei suoi toni acuti, certamente non sarebbe stato lo stesso senza poter essere testimone del modo in cui le lentiggini le creavano ombre sul naso piccolo, o delle labbra a cuore che sempre si estendevano in un sorriso. Semplicemente lui non ci sarebbe stato. La lontananza avrebbe certamente portato beneficio ai propositi che si era prefissati, quelli che entrambi avrebbero voluto dimenticare per sempre. Così si ritrovò ad essere sicuro di non poter rifiutare quell’implicita richiesta per nessun motivo al mondo. Sarebbe stato crudele esattamente come vietare un ultimo desiderio sul letto di morte. Si limitò a guardarla più seriamente ma senza rendersi cupo, mantenendo un angolo della bocca leggermente alzato che gli dava un’aria complice; poi si sedette al bordo del letto, allungando la mano verso la chitarra che lei gli stava già passando, anche se non le aveva suggerito di farlo.
«Per la signorina Eileen Harvard suonerò Suck It And See.» Sistemando meglio lo strumento ed incontrando il suo sguardo con divertimento. Pizzicò le corde, intonando il primo accordo ma senza continuare oltre. In quel lasso di tempo la vide mettersi più comoda, portandosi un ginocchio al petto ed allungando l’altra gamba, mostrando così le parigine e la pelle nivea fra i pantaloncini e le calze. Con quell’immagine nella mente, Alex riprese la canzone da quello stesso accordo. Per la prima frase rimase con l’attenzione concentrata su di lei, le dita si districavano sulle corde senza fatica, con quella naturalezza che solo la passione e gli anni passati sullo strumento ti concedono. Le sorrise apertamente, modificando quasi impercettibilmente il tono di voce. Quando lei, con molta dolcezza, ricambiò con quell’ombra di malinconia nello sguardo, capì che quelle note erano anche un po’ per lui. Chiuse gli occhi, concentrandosi sulle parole e sul suono della sua compagna. Altre volte gli era capitato di immergersi tanto in quello stesso pezzo ma adesso si sforzò di lasciare da parte gli episodi che avevano ispirato, a suo tempo, il testo per rimpiazzarli con i ricordi legati alla ragazza che era sicuro lo stesse fissando con estrema attenzione. La rivide la prima sera, sotto l’influenza delle luci, provando la stessa sensazione di attrazione inspiegabile. Nonostante in quell’istante non la stesse osservando, poteva assaporare ogni dettaglio della sua bellezza genuina. Le sue dita stavano sul quel ruvido metallico ma la sua mente lo ingannava, dandogli la percezione di pelle liscia.
Be cruel to me ‘cause I’m a fool for you.
Si era sentito stupido dopo aver realizzato quanto era stato catturato da lei. Eileen non era una donna seducente, di quelle che sfiorano un ragazzo facendogli accapponare la pelle per l’eccitazione. Lei non era uragani e tempeste ma aveva intrinseca la tranquillità di quel posto che chiami casa. Il suo stile da bambolina e la sensualità velata in alcuni gesti studiati alla perfezione la rendevano tanto particolare da giustificare, in parte, il comportamento che Alex si era trovato ad adottare. Non gli era mai davvero piaciuto interpretare la parte dello stolto, tantoché il suo aspetto dagli occhi grandi e scuri, che rispecchiavano così bene la sua timidezza, l’avevano portato ad episodi in cui, quando era più giovane, gli altri glielo rinfacciavano quasi con disprezzo. Ma se con lei aveva recitato la parte della persona che non vuole vedere l’evidenza, che si aggrappa alle più piccole sporgenze di felicità per negare quello che sa essere tanto negativo, era solo per tenerla stretta a sé. Perché la bontà del suo cuore rimaneva una rarità eccezionale e, se accompagnata dalla dolcezza caratteristica, veniva da sé capire l’innata protezione che chiunque sembrava provare per lei.
Preso da quel filo di pensieri non si era nemmeno accorto di stare tenendo il tempo con un piede. Le palpebre erano ancora chiuse, le labbra lasciavano andare parole nel suo tono di voce caldo, ma riusciva a percepire lo sguardo di lei sulla propria pelle. Non un fastidio, una carezza, di quelle che ti fanno sentire bene e ti tengono al sicuro. Riaprì gli occhi nel breve stacco dove la chitarra cantava per lui. Non avrebbe saputo dire se quelle note fossero le stesse di sempre o se differivano di qualcosa. La musica era parte di lui e non si sarebbe stupito più di tanto se la ragazza del presente avesse sovrastato il ricordo di quella della canzone. La vide sorridente e pensò con un accenno di distrazione che fosse una scena rassicurante, visto la frase dove descriveva quel momento e il successivo. Erano proprio seduti uno accanto all’altra e lui sarebbe partito al più tardi quel pomeriggio. Sarebbero stati lontani, questo era l’unico pensiero che lo tormentava in quel punto della canzone. Una volta che riprese a cantare, richiuse le palpebre, immergendosi nelle note fino alla fine.
Le corde metalliche vibravano ancora quando l’immagine di Eileen con gli occhi scuri traboccanti di lacrime gli si presentò provocandogli un tuffo al cuore. Difficile dire se fosse per l’orgoglio di essersi immerso tanto nella performance per suscitare emozione al suo scarso pubblico o per la malinconia che gli trasmetteva l’innocenza così palesata davanti a lui.
«Quella ragazza doveva essere proprio fantastica.» Gli disse, cercando di nascondere la propria commozione con un commento del genere e una risata nervosa, mentre infilava le dita fra i capelli di grano. L’esatto istante in cui le lacrime traboccano da degli occhi tanto ricchi di vita diventa magico, se qualcuno riesce a cogliere il preciso momento in cui accade. Ad Alex si presentò un ventaglio di risposte, qualcuna ironica ed altre tanto veritiere da rivelare i segreti a cui quella traccia era legata, ma alla fine, quasi lo stesso ventaglio si fosse chiuso di scatto, capì di non riuscire ad esprimere a parole quello che provava.         Non era mai stato un mago con le risposte, almeno non quando non dovevano essere riportate su un foglio di carta e accompagnate dalla sua chitarra.
«Oh, signorina non piangere.» Pizzicò le corde in un ritmo nuovo, intonando quella frase nel suo accento inglese. Non avrebbe saputo dire con esattezza che emozione rappresentavano quelle perle liquide. Il fatto era che, in ogni caso, gli trasmettevano un disagio unico e di certo il suo intento non era stato quello di renderla ancora più triste.
«Nessuno qua sta piangendo.» Lei lo seguì, canticchiando quel verso di una traccia immaginaria mentre si asciugava con il dorso della mano quelle che erano palesemente lacrime, anche se non tante. Si guadagnò un’espressione sorpresa da parte del ragazzo, tanto la voce era stata cristallina e perfettamente intonata.
«Adesso tocca a te! Voglio sentirti cantare.»  Non poté fare a meno di chiederglielo. La sua vita era stata creata sulla base della musica e non si sarebbe mai perdonato l’essersi fatto sfuggire uno dei pochi momenti in cui avrebbe potuto convincere Eileen ad uscire dal suo nascondiglio di insicurezze. La sua voce non era esperta ma l’intonazione era straordinaria, tanto da chiedersi se in passato avesse preso lezioni di canto.
«Io non canto. E poi sarebbe decisamente fuori luogo dopo che tu hai suonato in quel modo
Alex allargò un po’ di più il suo sorriso, senza perdersi d’animo nemmeno per un istante.
«Tu stessa vuoi cantare, lo sento. Poco prima l’hai fatto, perché adesso dovrebbe essere diverso?» Articolare quel ragionamento semplice in così poche e chiare parole gli sembrava il miglior modo per incastrarla, convincendola a lasciarsi andare. Perché lui lo avvertiva, sapeva che lei stessa avrebbe voluto canticchiare, lasciando da parte la timidezza che raramente le infuocava le guance. E poco prima era stato così naturale non pensare ed intonare una nota che sarebbe bastato poco per disinibirsi ancora.
Sentì chiaramente la ragazza sbuffare rassegnata, gonfiando un poco le guance, ma senza tradire alcun sentimento di disappunto. Poco dopo sorrise ironica, stringendosi un po’ nelle spalle.
«Quando sentirai i tuoi timpani chiedere pietà e desidererai non amare così tanto la musica da sentirla dilaniata dalla mia voce non venire a lamentarti. Ti ho avvisato Alex Turner!» Eileen si guadagnò una risata dal ragazzo, che adesso aveva preso a pizzicare le corde sovrappensiero.
«Invece di borbottare scegli una canzone.» Le riferì, ancora più divertito. Per tutta risposta lei assottigliò lo sguardo, lanciandogli un’occhiataccia ma pur sempre con un velo di complicità.
«Here Comes The Sun.» Riferire anche l’artista sarebbe stato inutile, vista la fama di quel brano. Alexander alzò un sopracciglio, incuriosito da quella scelta, ma senza obbiettare oltre incominciò ad articolare le prime note. Si accorse di riuscire ad immaginare perfettamente la voce femminile della ragazza su quel pezzo ma questo non lo preparò al momento in cui lei intonò per davvero le prime parole. Lo fece con molta timidezza, tanto che il suono della chitarra copriva quasi quello della sua voce. Il cantante dovette plasmare il ritmo, adattandosi a quello un poco più lento e meno ritmato su cui Eileen pareva viaggiare. Più la canzone si evolveva, più la ragazza assumeva sicurezza, anche se adesso aveva preso ad ondeggiare a ritmo. La differenza maggiore fra l’esibizione precedente e quest’ultima stava essenzialmente nello sguardo del ragazzo. Se prima le palpebre erano rimaste socchiuse per la maggior parte del tempo, adesso i suoi grandi occhi scuri erano puntati sulla cantante. Perché adesso la musica proveniva da lei e il suo modo di esprimersi attraverso di quella era tanto struggente che risultava impossibile non rimanerne attratti.
«Era una versione davvero bella.» Le disse a fine brano. Normalmente si sarebbe limitato a sorriderle ma adesso gli premeva farle quel complimento, dandole quella sicurezza che, soprattutto all’inizio, le era mancata.
«Sì, certo, e i gatti abbaiano.» Gonfiò le guance che ormai si erano totalmente colorate di un roseo acceso. Era adorabile quando si perdeva in quell’atteggiamento infantile ma Alex capì in fretta che sarebbe stata dura convincerla del contrario, tanto si era immersa in quella modestia incallita. Subito dopo si alzò andando a ricercare la custodia della chitarra. Dopotutto il suo lavoro sui bagagli non era terminato.
«Se per una volta fai a meno della modestia non si offende nessuno, sai?»
«Ma qualcuno si offende se non ritorni subito qui. E poi cosa devi impacchettare ancora?» Cambiando posizione sul materasso. Era un invito a cui difficilmente ci sarebbe potuti sottrarre. In fondo il ragazzo si era sempre trovato a definire Eileen come una casa, il luogo in cui tornare, dove ci si sente accettati e al sicuro.
«In realtà non stavo impacchettando proprio nulla. Cosa c’è?» Ritornò da lei, spingendosi oltre il materasso abbastanza da poterle accarezzare un lato del viso con il dorso della mano. Gli ricordò un felino quando mise una leggera pressione, quasi a chiedere di più.
«Anche se Lana adora darti tanti aggettivi strani, sei consapevole di essere una brava persona?» Quasi ostentando una sicurezza di cui prima sembrava esserne priva, piantò il proprio sguardo in quello dell’altro.
«Siamo diventati sentimentali?» Quel contatto lo rendeva instabile, facendolo vacillare più di quanto avrebbe voluto. Ritirarsi nell’ironia era una strategia collaudata e sicura.
«Dico sul serio. Sei il ragazzo più buono che abbia mai incontrato, anche se ti nascondi dietro giubbotti di pelle e ciuffi anni cinquanta e a quell’aria strafottente. Ma l’ho visto quando suoni, lì non puoi mentire.» Ed era un qualcosa di tanto semplice da non poter che essere veritiero. Alex aveva sempre saputo che se qualunque parte di lui sarebbe mutata nel tempo, l’unica a rimanere la costante sarebbe stato il suo amore per la musica. E quando c’è quel tipo di amore così viscerale, profondo, non si riesce a mentire o a cambiarlo, renderlo scenico. In presenza di Eileen era sempre stato umano e poco costruito. Non il frontman di una band ma solo un essere umano con sentimenti reali e miserabili; eppure lei era riuscita ad andare ancora oltre. Era stato forse lui stesso ad abbassare ogni difesa? O Eileen era stata capace di vedere oltre il velo che inconsapevolmente portava, anche senza avere le istruzioni per farlo? Gli sarebbe piaciuto saperlo con esattezza, anche solo per indirizzare la conversazione su un qualcosa di diverso. Non sapeva cosa dire, oltre al cambiare totalmente argomento. Odiava quel suo modo di non trovare le parole al momento giusto e, se le trovava, allora gli suonavano terribilmente stonate. In fondo cosa avrebbe dovuto rispondere? Dare il suo assenso? Sarebbe sembrato così tanto pomposo da surclassare persino il personaggio che era andato a crearsi in quegli ultimi tempi.
«Non sono sicuro di essere quel tipo di persona che si ferma in un giorno di pioggia per accogliere un cane abbandonato.» Ammise, passandosi la mano sulle labbra con nervosismo. Interrogarsi su se stesso era qualcosa che non l’aveva mai portato da nessuna parte, non veramente. Aveva cercato di rimanere autentico, almeno quando era in compagnia di amici, di Eileen, ma adesso non era più tanto sicuro nemmeno di quello.
«Io penso di sì. In fondo è quello che hai fatto con me, no? Forse non mi avrai accudito come un cucciolo ma sei rimasto e questo è un dato di fatto. E poi quella sera pioveva.» La vide incrociare le gambe, forse cambiare posizione ancora una volta la rendeva più sicura. Per quanto serio poteva essere quel discorso, lei continuava a sorridere in un modo rassicurante ma non di quelli che fanno i medici, a labbra strette e finti, piuttosto quello che riserverebbe una madre per consolare un figlio. Lo era, lo teneva al caldo e al sicuro.
«Mi piace la pioggia.» Ribadì come se fosse molto importante a quel punto della conversazione. Fu sollevato dal sentirla ridere perché stava già pensando di essere stato stupido ed irrispettoso.
«Quello che sto cercando di fare è ringraziarti. Non sono sicura di poter essere come sono oggi se non ci fossi stato tu.» A quel punto si era avvicinata e aveva preso a disegnare strani cerchi invisibili sulla parte di pelle che lo scollo della maglia lasciava intravedere. Qualche volta giocherellava con la collana dorata che di tanto in tanto lui portava al collo.
«Sei più forte di quel che credi, piccola.» Ed era vero, questo l’aveva pensato tante volte in occasioni differenti. L’aveva stupido spesso la forza interiore da donna che lei portava dentro, in contrasto con l’aspetto innocente e bambino.
«Ricorda quello che ti ho detto, va bene?» Gli lasciò un bacio leggero sulla guancia, per poi inclinare appena il capo da un lato, con i capelli che le ricadevano in quel dettaglio tanto particolare quanto poco importante. Il perché le premesse tanto un qualcosa del genere gli sfuggiva. Ci pensò un po’ su, mentre le riportava all’ordine una ciocca di capelli di grano dietro l’orecchio e affondava poi il viso nell’incavo del suo collo. Anche l’utilità di ricordare un dettaglio simile non era per lui facilmente comprensibile. Non si era mai sentito una cattiva persona, questo proprio no, ma sapeva di non avere neanche un cuore puro come lei invece sosteneva. Si stupì solo della consapevolezza di avere la possibilità di stringere un essere umano così raro. Non corrotto dai soldi, né dalla gelosia o dall’egoismo, era stupefacente.
«Lo terrò a mente.» Le promise, continuando a saggiare quelle parole nella sua mente e a chiedersi il perché di tanta importanza.
«Ma sai? E’ solo un viaggio d’areo per l’Europa, non finirò negli inferi. Ci rivedremo ancora, ‘Leen.» Continuò poi, affondando il viso nel suo collo, inspirandone il profumo. Si aspettava di sentire una forte risata, di essere stato simpatico al punto giusto per sciogliere l’atmosfera appena malinconica. Invece dovette ritornare composto e guardarla negli occhi per scoprire che il sorriso che le piegava le labbra non coinvolgeva affatto gli occhi.
«Lo so. Starò qui ad aspettarti.» Gli concesse quasi subito, tanto che Alex si aggrappò a quel tono rassicurante per non finirci sul serio, negli inferi. Non sapeva come sarebbe andata finire e nemmeno come si sarebbe evoluta quella faccenda. Se c’era qualcosa che sapeva, invece, era di non voler lasciare quella stanza e di non voler slegare l’abbraccio che lo teneva unito ad Eileen. Cercò di prometterlo a se stesso: sarebbe tornato.
  
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