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Autore: istrice_riservato    10/01/2015    1 recensioni
I fatti descritti in questa storia sono immaginari. Ogni riferimento a cose o persone reali è puramente casuale. I personaggi sono ispirati a persone realmente esistite.
“[...] Gli venne spontaneo guardare l’orologio da polso, che segnava a malapena le sette di sera.
Non c’era mai quel tipo di silenzio, non a quell’ora della giornata. [...]”
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '«Five foot something with the skinny jeans».'
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Liam girò la chiave nella serratura. Quella scattò e la porta si scostò appena dallo stipite. Con un palmo poggiato contro il legno, la aprì ed entrò in casa. Dopo averla richiusa dietro di sé, notò subito quanto la casa fosse silenziosa ed aggrottò la fronte in un’espressione confusa, arricciando di poco le labbra. Gli venne spontaneo guardare l’orologio da polso, che segnava a malapena le sette di sera.
Non c’era mai quel tipo di silenzio, non a quell’ora della giornata.
Si tolse il cappotto e lo mise sull’appendiabiti da parete accanto alla porta d’ingresso. Siccome il silenzio che le sue orecchie continuavano a percepire sembrava troppo strano e troppo anormale, cominciò a girovagare per casa per scoprirne la causa. Buttò un occhio in salotto ed uno in cucina, senza trovare nulla che potesse aiutarlo a venire a capo dell’enigma.
Arrivato davanti alla camera da letto, Liam tentennò di fronte alla porta chiusa, per paura di disturbare colei che sapeva ben esserci al suo interno, anche se, al momento, era davvero silenziosa: di solito era sempre impegnata a studiare, ripetendo ad alta voce e camminando avanti ed indietro per la stanza e… Ecco cos’era tutto quel silenzio, Clover non stava ripetendo ad alta voce come suo solito!
Aprì piano la porta, usandola come scudo fino all’ultimo istante possibile, in modo da ripararsi da eventuali libri che sarebbero potuti arrivargli addosso per il semplice di fatto di essersi avventurato in quella zona che per lui era off-limits dalla otto di mattina fino alla sera tardi. Guardò verso la scrivania, certo di trovarla appollaiata sulla sedia e con la schiena ricurva sui suoi mille riassunti come di consueto, ma Clover non era lì. La sedia, rispetto alla scrivania, era storta, segno che fosse stata bruscamente scostata e poi abbandonata lì al suo destino. Il ripiano del mobile era invece del tutto ricoperto da quaderni, libri, penne, pastelli, matite, evidenziatori e fogli bianchi, alcuni usati ed altri ancora immacolati. Ora che ci faceva caso, c’era qualche libro e qualche quaderno anche per il pavimento, totalmente alla rinfusa.
Poi sentì qualcuno tirare su con il naso e si voltò verso il letto, la direzione da cui aveva sentito provenire il rumore. Socchiuse gli occhi e s’impegnò per mettere a fuoco quella parte di stanza in penombra – le luci erano tutte spente, fatta eccezione per la lampada sopra alla scrivania. Non appena ci riuscì, distinse il letto ordinatamente rifatto ed uno strano fagotto di coperte sopra di esso. E ci avrebbe anche creduto alla storia del fagotto, se non fosse stato che quel fagotto respirava e possedeva una lunga e folta chioma di capelli rossi.
Dopo che il fagotto di coperte ebbe tirato su con il naso per una seconda volta, decise di avvicinarglisi. Si stese al suo fianco e gli passò un braccio intorno, attirandolo verso di sé. A poco a poco lo sentì tremare sempre di più contro il suo corpo, fino a quando non iniziò anche qualche piccolo singhiozzo.
Liam non era del tutto sicuro del motivo di quel pianto ma, considerando i libri ed i quaderni sparsi un po’ ovunque, poteva tranquillamente sostenere la teoria secondo cui Clover stava attraversando uno dei suoi soliti momenti di sconforto a causa degli esami universitari. C’era da dire che ogni tanto le capitava: passava tutta la giornata a studiare, accumulando stress e stanchezza, e le bastava un rumore troppo forte, oppure qualcuno che entrava nella stanza per rivolgerle la parola – lui, ad esempio, ecco perché preferiva stare fuori casa il più a lungo possibile durante le sessioni d’esame, proprio come aveva fatto quel giorno – , per distrarsi ed entrare nello sconforto. Se poi i momenti di sconforto coincidevano con quei particolari giorni del mese era proprio la fine.
Si sentì un po’ in colpa per essere stato fuori casa mentre lei si trovava in quella situazione ma, alla fine dei conti, non l’aveva fatto con cattiveria. Lo faceva soltanto per farla studiare in pace e tranquillità e per evitare quegli stupidi ed inutili litigi tra di loro.
Continuò a tenerla stretta a sé, respirandole vicino, senza dire una parola.







Per altre OS di questa “serie”: Skinny jeans e Skinny jeans – Prequel.

   
 
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