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Autore: Angelika_Morgenstern    12/01/2015    11 recensioni
[Canzoni]
Dal diario di Markus:
"Mio nipote Klaus ha indubbiamente preso di me, guarda sempre le montagne.
Dio mi perdoni per ciò che sto per dire ma sono quasi contento che la natura non gli abbia donato delle gambe sane.
Diversamente la storia si ripeterebbe.
Farebbe ciò che ho fatto io in passato."
Genere: Drammatico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Favola

1. Un mattino

 

“E
raccontano che lui si trasformò
in albero e che fu per scelta sua
che si fermò
e stava lì a guardare
la terra partorire fiori nuovi.”
Favola – Eros Ramazzotti

 

Il cielo ancora plumbeo, i raggi del sole che iniziavano col fare capolino spuntando negli spazi tra le nuvole, la nebbia del primo mattino che si ritirava lentamente, la rugiada che imperlava l'erba tagliata corta ai bordi delle strade.
Volatili cinguettanti volavano intrecciando le loro traiettorie, disegnando trame estremamente semplici a mezz'aria, felici del loro libero vagare senza ostacoli, il loro cinguettare a chiunque sarebbe sembrato un festoso inno alla semplicità della loro vita.
Uno di essi si separò dal compagno, planando dolcemente poco più in basso, fino a raggiungere uno degli alberi che costeggiavano la piazza principale del paese, voltando il becco alle montagne che avevano assunto un colore rosato grazie al sole che aveva iniziato la sua ascesa sulla volta celeste da poco più di un'ora.
I punto migliore da dove ammirarle era indubbiamente una piccola casa del colore del grano con il pittoresco tetto coperto di tegole scure, sul quale si ergeva una canna fumaria nera, sporca fino all'impensabile, e dalla quale usciva ancora una nube scura nonostante all'esterno non facesse più molto freddo da qualche giorno.
Il calore nell'aria era giunto tardi quell'anno e la vecchina che abitava lì aveva acceso il camino da circa mezz'ora per accogliere il nipotino in una sala da pranzo più calda, ove ogni mattina facevano colazione insieme prima che il bimbo si dirigesse verso la scuola. Dopodiché la nonnina avrebbe iniziato a sbrigare le faccende di casa.
Ed eccola controllare ancora che il fuoco avesse preso e rimanesse acceso per l'intera giornata, come sempre.
Si strinse nelle spalle curve, degne di una persona avanti con l'età, sotto lo scialle blu con stampe di candidi gigli il cui perimetro era appena ornato da un paio di fili argentei.
Il solito scialle, lo stesso che indossava ogni giorno tanto da aver assorbito il profumo dei fiori freschi con cui ornava il balcone, l'odore preferito della vecchina, la quale si voltò dirigendosi verso una piccola porta intagliata in ciliegio mentre si appoggiava al muro di legno, che aveva contratto un perfetto matrimonio con l'arredamento della casa.

Con le nocche sembrò quasi carezzare volutamente la superficie del piccolo uscio e l'aprì.
All'interno della stanza, seduto sul letto vi era un bambino dai capelli così biondi che alcune ciocche potevano dar fastidio alla vista per il chiarore emanato.
Il piccolo guardava con insistenza fuori dalla finestra posta al di sopra del suo giaciglio, tenendo da una parte la tendina di cotone a quadretti bianchi e verde pastello, fissando qualcosa con aria sognante, rapito a tal punto da battere raramente le palpebre, i grandi occhi azzurro cielo sgranati.
La nonna avanzò appena, tastando con una mano il suo chignon al fine di controllare che la matita tenuta tra i lisci capelli color zucchero a velo non avesse ceduto, come spesso accadeva grazie alla pesantezza della sua ancora folta chioma.
Aprì la bocca a cuore quasi schiacciata tra le paffute guance appena solcate da rughe che ricordavano le impronte degli sci sulla neve fresca, e disse — Klaus, sei già lì a vedere le montagne?
Il bimbo si voltò, guardando la vecchina, mostrando un sorriso in parte sdentato — Stavo dando il buongiorno. – disse pacatamente.
La vecchina drizzò la schiena per quel che l'età le permetteva, piazzando i pugni chiusi sui fianchi ormai fusi col punto vita in larghezza — E a me non saluti? – domandò chiudendo un occhio in segno di finto rimprovero.
Il piccolo scese dal letto e zoppicò a dare un bacio sulla guancia della nonna, sporgendosi sulle punte dei candidi piedi nudi.

— Vieni, la colazione è pronta. Ci sono i kaisersemmeln* che piacciono tanto a te. 
Si avviò verso la cucina, seguita dal nipotino solo dopo che questi si fosse voltato a guardare un'ultima volta, per quella mattina, le montagne.
Bellissime, naturali ed imponenti sculture, forgiate dagli elementi nel corso degli anni, dei secoli, dei millenni. Il solo pensiero dell'imperversare del tempo sulla roccia che veniva plasmata dal volere di chissà quale essere superiore faceva correre su per la schiena del piccolo Klaus un brivido di eccitazione.

Ma com'era mai potuto accadere?
La roccia era dura e più le vette s'innalzavano, più veniva a mancare l'erba, scoprendo la scultura come fosse la testa di un uomo avanti con l'età. Eppure loro continuavano a vegliare amorevolmente la cittadina, salutandola ogni mattina al suo risveglio, quando i flebili raggi del sole facevano capolino tingendo il cielo e tutto ciò che la natura spettacolare aveva costruito in quel lembo di terra, svelando la differenza tra i piani separati dall'orizzonte.
Pensando ciò il bambino era rimasto di nuovo imbambolato, perso nei suoi fantasiosi pensieri.

— Klaus, vieni!
Dopo aver lanciato un bacino a fior di labbra alle sue amiche di pietra, seguì finalmente sua nonna nella sala da pranzo, felice di vedere la fiamma del camino danzare come fosse viva. Si avvicinò alla sua seggiola e la fissò, traendo un sospiro di sollievo. La nonna allungò le mani verso di lui, che esclamò — No, faccio io! Sono grande!
Afferrò la seduta con le manine candide e cercò di salire, incespicando neanche stesse tentando di scavalcare una montagna. Rinunciò. Tentò di nuovo in altro modo e di nuovo quasi cadde.
Solo al terzo tentativo, cambiando ancora approccio con l'oggetto, sempre sotto lo sguardo vigile, preoccupato ed affranto della nonna il piccolo riuscì a dominare la sedia, salendovi sopra.
Era più piccolo di statura per la sua età, doveva avere circa sei anni eppure doveva ricevere ancora aiuti per sedersi, ma sembrava non preoccuparsene.

— Senti nonna...
— Mh?
— Pensi che crescerò ancora? – domandò con la sua voce che suonava simile a dei campanelli e faceva sciogliere il cuore alla vecchina. Questa quasi lasciò cadere la ciotola di latte caldo che gli stava poggiando di fronte ma si riprese in tempo, poggiandogli le mani sulle spalle strette e magre.
— Amore di nonna, certo che crescerai!
— E quando sarò cresciuto mamma e papà la smetteranno di lavorare e rimarranno un po' a casa con me?
La nonna cercò di dominare l'istinto di stringere forte a sé quell'esserino fragile, avvertendo in pieno la sua solitudine.

— Mamma e papà lavorano per farti mangiare, vestire e mandarti a scuola. Però ci sono io con te!
Il bimbo annuì poco convinto, poi domandò — Diventerò alto come il nonno?
La vecchina annuì, sorridendogli ed in quel mentre il suo sguardo sembrò sparire nei meandri della memoria.
Poi gli mise una mano dietro la nuca per dargli un bacio, ed in quel mentre qualcosa l'allarmò — Klaus, sento che scotti un po'...
— Davvero? Allora posso rimanere a casa ad aspettare la mamma che torna a mangiare? – domandò lui con occhi oltremodo luminosi.
Sua nonna lo rimproverò — Non devi saltare la scuola così spesso, crescerai ignorante e bugiardello!
Il bambino sembrò mortificato — Però io volevo stare un po' di più con mamma...
La vecchietta gli intimò di finire la sua colazione, cosa che Klaus fece anche troppo in fretta, tanto da allarmarla — Piano altrimenti ti strozzi!
— Shcusha gnogna! – rispose il bimbo, mandando giù un grosso boccone di pane, burro e marmellata. 
Riprese a mangiare più lentamente e, appena finì, scese dalla sedia con un balzo, inciampando.
L'anziana sapeva che Klaus era nato malformato, motivo per il quale trascorreva le giornate in casa con lui, accudendolo al posto dei genitori che lavoravano duramente per potersi permettere le cure mediche e le terapie di cui aveva bisogno.
Le sue gambe molto magre, anzi esili, avevano fatto disperare tutta la famiglia. Solo grazie ad una serie di costose operazioni era riuscito a guarire ed ora aveva cominciato a crescere come i bambini normali, anche se era alto quanto un piccolo di tre o quattro anni e doveva comunque continuare a sottoporsi a svariati controlli.
Aveva un animo gentile ed un carattere dolce ed affettuoso. Sentiva molto il peso della mancanza dei genitori ed era molto affezionato alla nonna.
Suo nonno era morto pochi anni fa, quando lui ne aveva tre, non in tempo per vederlo guarire. Klaus aspirava a diventare come lui, ovvero molto alto e con un fisico sano e ben piazzato. Fino al momento della sua morte, ad ottantasette anni, il tempo non era riuscito ad avere ragione sulla sua schiena, rimasta sempre ben dritta, gli occhi ancora di un azzurro quasi trasparente, vividi e brillanti come le stelle, dall'espressione forte che rispecchiavano il suo carattere testardo, indipendente, fiero, ribelle, solitario e duro come roccia.
Il piccolo non si spiegava per quale oscuro motivo una persona così forte fosse morta.
Una volta sceso dalla sedia andò a prendere sua nonna per una manica del maglione a righe larghe
— Cosa c'è? – domandò lei, tra le mani già lo straccio bagnato che usava per pulire il tavolo subito dopo la colazione.

— Non pulire, stai con me!
Ecco, quando Klaus faceva quella vocina supplichevole alla povera vecchietta si scioglieva il cuore.
Quel bambino le faceva tenerezza: non poteva avere fratellini perché dopo il primo parto sua madre non era più riuscita ad averne, i compagni di scuola non si avvicinavano molto per via del suo aspetto, i suoi genitori non erano mai in casa ed il nonno, il suo idolo che gli aveva promesso di insegnargli a scalare le montagne, era morto.
Sotto la superficie mite e gentile, il bambino nascondeva accuratamente un fardello di tristezza e solitudine, formatosi anche grazie alla consapevolezza di essere diverso.

Aveva sviluppato, però, uno spiccato amore per la natura.
La adorava, credeva che le montagne avessero vita propria e che, quando faceva più freddo esse soffiavano per scaldare la cittadina, generando così i fiocchi di neve che scendevano piano, simili a delle fate che si adagiavano sui tetti, scaldando le abitazioni come una calda e soffice trapunta.
Perché Klaus pensava, anzi, era sicuro che in realtà fuori dalla sua accogliente casina facesse molto freddo.
In fondo lui sapeva cos'era veramente il freddo.
Ed è ancora così piccolo...
All'anziana sfuggì una lacrima traditrice, che venne prontamente fermata dalle sue stesse dita
— Lo sai che devi stare a letto quando hai la febbre. Chiamerò il dottore e la mamma.
— Poi vieni da me, eh?

La nonnina capì che Klaus pensava di essere l'ultima delle preoccupazioni altrui ma che accettava anche questo pur di non stare solo con la sua malattia, che ancora gli dava qualche fastidio dovuto alla convalescenza ed all'improvvisa crescita.
Temeva di essere dimenticato dagli altri.
La donna gli poggiò una mano sui capelli, dandogli un bacino sulla testa

— Faccio tutte queste cose solo per te!
Un sorriso illuminò il volto del bambino, che zoppicò verso il lettino, coprendosi e riprendendo a guardare le montagne.
La vecchina lo avvertì di coprirsi meglio e di sdraiarsi mentre componeva il numero di telefono del medico ma il bambino invece si sporse dal letto, afferrando una borsa rigida nera, la cui pelle era solcata da graffi, strappi e macchie.
Se la poggiò al lato e la aprì, estraendo con la massima delicatezza un vecchio violino dall'aria fragile ma, evidentemente abbastanza resistente.
Iniziò a suonare qualche nota a casaccio, gli occhi puntati verso la tastiera, la faccia contratta nello sforzo.
Aveva appena iniziato a prendere lezioni di violino e la nonna era commossa da ciò: sapeva che aveva iniziato perché anche suo nonno lo suonava e molto spesso gli aveva cantato delle ninne nanne accompagnandosi con lo stesso.
Klaus voleva riprodurre quei suoni così familiari e dolci, che in passato l'avevano cullato fino a farlo scivolare nel mondo dei sogni.
L'anziana aveva appena chiamato il medico quando chiamò la figlia — Morgana, sono mamma. Klaus sta male e l'ho fatto rimanere a casa. No, non agitarti è solo una febbre. Ah, bene, il bambino sarà molto felice! Allora a dopo.

Riattaccò ed andò nella stanza del bimbo, che smise subito di suonare — Hai sentito come sono bravo? – domandò lui, le gambe incrociate sul letto, ormai completamente scoperto. Quest'ultimo particolare fece accigliare la sua parente — Si, ma devi coprirti altrimenti quello ritorna a fare le ninne nella custodia, chiaro?
— Nonna ti prego, era del nonno!-
— Appunto! – replicò secca la vecchietta, poggiando con cura lo strumento nella sua custodia, che chiuse con delicatezza.
Il bambino si coprì, ostentando un certo fanciullesco disappunto — Che cosa mi racconti, stavolta? – domandò imbronciato.
Sua nonna rifletté prima di rispondere, sedendo con calma sul bordo del letto

— Una favola.
— Di che parla? – chiese euforico il piccolo.
— D'amore.
Il nipotino sembrò deluso.

— Non ti piace l'amore? – domandò sua nonna.

— In realtà non molto... preferivo qualcosa sulla natura. – borbottò quello.
— Ma questa favola parla dell'amore per la natura e dell'amore tra due persone.
— Vuoi dire che le due persone fecero la natura?– fu la conclusione poco convinta di Klaus.

— Oh, no! – rise sua nonna, dando un colpo di tosse. 
Ormai il bambino aveva capito che la vecchina stava per iniziare il racconto: assunse una posizione più comoda per le sue gambe, rimanendo vigile e attento mentre la donna aprì la bocca per parlare.

 

Buonasera a tutti :) 
Esordisco con un mea culpa in quanto non ho nessuna esperienza nella pubblicazione di testi online, ergo se ho sbagliato sezione, rating, ecc., chiedo venia!
Questa storia è in realtà un piccolo esperimento in quanto, purtroppo sono molto timida riguardo materiale scritto da me ma sono piena di storie anche molto vecchie. Inoltre credo che le critiche facciano bene qualora siano costruttive, ergo ho deciso di pubblicare qualcosa al fine di sfondare il muro della timidezza nonché migliorare il migliorabile :)
La storia è un po' vecchiotta, risale al 2007, è stata ripescata pochi giorni fa e corretta (sperando di averla resa quantomeno decente). Non è molto lunga (5 capitoli) ed è tratta dal pezzo ampiamente citato in ogni capitolo, per me molto caro in quanto risale alla mia infanzia.
Un po' tutta la mia modesta produzione ruota attorno alla musica, è un pallino che ho da età infantile a tal punto da influenzare qualsiasi parte della mia vita.
Beh, per ora è tutto, spero solo che la storia possa piacervi.
Attendo critiche a pioggia! ;)
Aggiornerò di lunedì.
Buona lettura! ^^

- Angelika


 
 
 
 
 
   
 
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