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Autore: Ve_ga    12/01/2015    1 recensioni
Le vicissitudini di un ragazzo che si ritrova a vivere in determinate condizioni, in un indeterminato periodo storico.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Prologo -

La neve precipitava senza sosta, sommergendo strato dopo strato le sottili lamiere che noi eravamo costretti a chiamare tetto.
Il mio corpo era percosso da violenti brividi: il demone del freddo si divertiva ad agitarmi come se fossi l’ultima fogliolina in procinto di staccarsi, su di un albero all’ultimo giorno di Ottobre.
Quel lurido straccio che a malapena riusciva a coprirmi dal bacino in giù stava dando il massimo di sé per proteggere mia sorella dai diavoli che mi straziavano.  Forse riuscendoci, dato che il suo lento respiro, rannicchiato dietro la mia schiena, testimoniava la sua gita nel mondo dei sogni.
 
Sopravvivrò?
 
Questa era l’unico paletto che rimaneva fisso nel fiume innavigabile dei miei pensieri, ma di questo non posso esserne certo, dato che affogai tempo fa in quell’impetuoso torrente.
Spesse volte il mio villaggio si vedeva costretto a scavare nuove fosse comuni, in quanto il tasso di mortalità nei mesi invernali subiva dei picchi incredibili.
Il freddo è l’assassino perfetto, e la notte è il complice ideale: quante persone sono state trovate esanimi nel loro letto! Forse perché la legna da ardere non era sufficiente, o forse perché, chissà per quale crudele gioco del fato, il tetto smetteva di sopportare l’ingombrante carico del nevischio.
 
La notte stava dando i saluti finali, oramai i bagliori mattutini cominciavano ad irrompere prepotentemente in quel cielo nero, accompagnato dai passi dei Verdi che andavano scoprendo i malcapitati di cui ho parlato prima. Il loro lavoro è semplice: assicurarsi che noi svolgiamo il nostro senza intoppi. Qualora si dovesse liberare un posto in una baracca, loro troverebbero subito un sostituto, pescando tra coloro che non possono permettersi il lusso di avere un letto.
 
Tre colpi.
Questa era la loro domanda, e rispondere era obbligo dei vivi. Mio padre, coricato nel materasso di fianco, fa schioccare le sue stanche mani per tre volte.
I passi inquisitori si allontanano.
Mio padre era solito uscire all’alba, quindi lo avevamo occasione di vederlo solo la sera, quando potevamo permetterci di consumare il pasto giornaliero.
Da quando mia madre è scomparsa, lui si è sempre caricato di straordinari, in modo da non farci mancare mai niente. Fortunatamente a partire dall’anno scorso anch’io ho cominciato a lavorare in miniera, portando a casa la mia discreta parte.
 
Quel giorno il mio turno cominciava un po’ più presto, per via degli incarichi di pulizia straordinari. Le copiose nevicate costituivano un ostacolo per i carrelli carichi di carbone, che devono attraversare qualche centinaio di metri prima di raggiungere il centro di stoccaggio.
Solitamente i lavori di questo genere vengono assegnati ai novellini, poiché considerati “più leggeri”.
Sollevandomi dal materasso, mi resi conto che la temperatura era molto più bassa di quanto immaginassi. Il sole aveva appena fatto spuntare il naso da dietro l’orizzonte, donandoci appena quel suo respiro caldo e luminoso.
Mi assicurai di rimboccare bene le coperte a Tyra, ed uscii di fretta da casa.
Il torrente nella mia testa si fermò per un attimo, e divenne tanto chiaro da sembrare uno specchio d’acqua.
Non sapevo cosa pensare, era la prima volta che mi trovavo di fronte ad una situazione del genere.


 
   
 
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