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Autore: Malefica5    14/01/2015    2 recensioni
A Valoran c'è chi vive con la morte nel cuore e chi continua ad esistere nonostante sia già passato a miglior vita da tempo. I terribili abitanti delle Isole Ombra portano con loro storie di sangue e di dolore, chi dice di aver visto un non-morto e di essere sopravvissuto è spesso un cialtrone.
Loro erano l'unico barlume di speranza, l'unico baluardo di resistenza della Vita contro la Morte, il solo appiglio per coloro che venivano tormentati dal male.
Erano portatori di luce, erano portatori di pace, erano portatori di purezza.
Erano i Purificatori.
Due cuori in uno solo.
Lucian e Senna.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Lucian, Sorpresa, Thresh
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Lucian aveva quasi ultimato le preparazioni a cui si dedicava prima di ogni combattimento e adesso stava lucidando le due singolari pistole da cui non si separava mai.
Era una sorta di rituale, perciò eseguiva il tutto con una precisione maniacale. Nessuno doveva disturbarlo in quei frangenti.
Non era un fissato di dispensatori di morte come Jinx o un sanguinario come Miss Fortune: imparare a combattere con due armi era stato difficile, ma mai quanto arrendersi a lottare da solo.
Tuttora, quando le dita sopra il panno sfioravano l’incisione a “S” sul lato della sua pistola più grande, si sentiva mancare il fiato.

***

La notte era incredibilmente limpida e serena, il cielo era trapuntato da una miriade di stelle che brillavano come diamanti su un prezioso arazzo blu scuro e una piacevole brezza tiepida giungeva dal mare portando con sé l’odore della salsedine.
Era il loro anniversario e lei gli dava le spalle, appoggiata alla balaustra del balcone, intenta a contemplare la bellezza della spiaggia sottostante, delle onde placide che si infrangevano sul bagnasciuga e della luna quasi piena che si rifletteva sull’acqua color pece.
Lucian, invece, non aveva occhi che per lei.
Sebbene si conoscessero da una vita e fossero sposati da cinque anni, per lui lo spettacolo più bello che potesse manifestarsi davanti ai suoi occhi continuava ad essere quella donna.
Gli appariva ancora più splendida quando la convinceva a indossare indumenti femminili come aveva fatto quella sera: l’abito candido in finissima seta di Ionia copriva dolcemente le morbide forme di quel corpo statuario e contrastava con il colore eburneo della pelle, facendola risaltare. Uno spacco generoso su un fianco lasciava scoperta una gamba tornita che continuava a catturare l’imbarazzata attenzione del marito, fortunatamente non visto neppure quando si ritrovava a contemplare la schiena e le spalle, lasciate seminude dal vestito, su cui ricadeva il velo di morbidi boccoli bruni.
Lui stava ancora seduto al tavolo di quel ristorante che vantava di proporre “i piatti di pesce più raffinati di Bilgewater”, indossando un due pezzi grigio decorato secondo la moda della città e scolando un bicchiere di vino frizzante dietro l’altro. Un fazzoletto celeste faceva capolino sotto il colletto inamidato della camicia bianca per scomparire nuovamente sotto la giacca, aggiungendo un tocco di classe all’eleganza che lo contraddistingueva sempre nei modi e nel portamento.
Vedendo che la compagna tardava a voltarsi, si decise a prendere l’iniziativa e, riempiendo due flute di liquido ambrato, si alzò tenendoli uno in ciascuna mano per avvicinarsi a quella che il suo cervello non si dava tregua a definire ora “Regina”, ora “Dea”.
«Senna…»
Si decise a sussurrare, quasi come se le stesse confidando un segreto quando fu al suo fianco, e le porse un bicchiere.
Notò che lo sguardo della compagna era perso in quel punto oltre l’orizzonte dove vanno a nascondersi i pensieri che ognuno conserva come intimi segreti. In quel momento l’uomo si chiese se lo avrebbe reso partecipe delle sue riflessioni.
Ella tardò a voltarsi verso il marito, ma quando lo fece sorrideva.
«A guardarlo così sembra impossibile, vero? Che questo cielo possa essere coperto da nuvole sinistre da un momento all’altro e che dal mare possano giungere le più immonde delle creature».
Lucian aveva immediatamente capito cosa l’amata moglie stesse guardando poco prima e, sebbene le Isole Ombra fossero impossibili da vedere da quel luogo, lontane oltre il Mare del Guardiano, dalla parte opposta di Valoran, anche lui rivolse lo sguardo a nord-ovest.
«Forse è per questo che la Mietitura non giunge mai in estate: le forze oscure che si annidano nella zona più sperduta di questo mondo non si arrischiano a venire allo scoperto quando la Vita è in piena fioritura».
Non voleva affrontare certi argomenti, non quel giorno. Inoltre doveva ancora consegnarle il regalo, per cui era suo interesse che il clima della serata non venisse intaccato dalla tristezza.
Senna era fatta così, le Isole Ombra e i loro terribili abitanti erano un’ossessione difficile da accantonare, ma lui sarebbe riuscito a distrarla.
Le allungò nuovamente il bicchiere che lei ancora non aveva notato e questa volta venne accettato.
«Non lasciamoci oscurare da pensieri oltremodo infelici stasera, vorrei dedicare a noi due questa splendida notte, in più dobbiamo ancora brindare» Il sorriso sulle labbra di Lucian era mite e rassicurante.
Senna scosse il capo e i capelli vaporosi accompagnarono il movimento.
«Non erano pensieri tristi i miei. Stavo riflettendo su quanto fossi fortunata e felice di essere qui con te, quest’oggi». Si poteva leggere la sincerità nei suoi occhi castani, in una misura sufficiente a stregare quelli dell’altro.
«Allora permettimi di brindare alla Dea che stasera si è abbigliata così splendidamente  solo per soddisfare un mio capriccio e che non baratterei mai neppure per mille cieli stellati o per mille mari tranquilli».
Gli occhi di Senna brillarono in un modo che Lucian conosceva bene, capitava solo quando veniva sopraffatta dall’emozione e costituiva un certo vanto per lui constatare di essere l’unica persona in grado di far scaturire quella reazione nell’amata.
«Allora io brinderò all’uomo che mi ha resa quello che sono, una donna piena di speranza, in grado di guardare al futuro invece di lasciarsi deperire fino a diventare né più né meno come gli esseri che si ostina a combattere».
Già, Lucian ricordava bene la giovane Senna. Entrambi appartenevano a delle famiglie che, da generazioni, combattevano contro i non-morti tramandandosi armi arcane, segreti e conoscenze accessibili solo a pochi. Li chiamavano i “Purificatori”. Non erano rimasti molti come loro: le creature provenienti dalle Isole Ombra avevano decimato la maggior parte di quei guerrieri, i restanti si erano ritirati e adesso a continuare il mestiere non erano più di una manciata. Anche i loro genitori vennero trascinati nell’oblio da quegli esseri, una giornata in cui la Mietitura, il periodo in cui i non-morti lasciano le loro dimore per andare a seminare terrore fra i vivi, si era presentata più dura e terribile del solito, lasciando Lucian e Senna orfani quando non erano che ragazzini. Lucian crebbe con lo zio, mentre Senna presso i nonni materni, ma questo non alterò la loro amicizia, già salda sin da quando erano poco più che infanti, correndo solo tre anni di differenza tra i due. Per onorare il ricordo dei loro genitori ne sposarono la causa giurando di estirpare la piaga dei non-morti da Runeterra e di vendicarsi dell’assassino dei loro cari, però da allora in Senna fu come se si fosse rotto qualcosa. Aveva smesso di sorridere, parlava poco e solo di metodi nuovi per distruggere quei mostri, mangiava e dormiva a stento. In poco tempo era diventata l’ombra della ragazza vitale e piena di energia che Lucian conosceva, ma lui non aveva idea di cosa potesse farla tornare come prima. Si limitava ad assecondare ogni sua pazzia, ogni suo piano folle, ogni richiesta, e impiegava tutta la dedizione che possedeva per prendersi cura di quella che considerava la sua unica amica, in quanto fosse la sola a poter capire cosa si provasse a combattere chi non aveva più diritto di esistere.
Il giorno in cui realizzò cosa rappresentasse Senna per lui, fu il giorno in cui le si ribellò. Lei gli stava proponendo il piano più folle e più rischioso che avesse mai progettato, troppe cose potevano andare storte e lui non poteva permetterlo. Sapeva che opporsi alle sue idee poteva voler dire attirare l’odio su di sé, perdere la sua fiducia per sempre, oppure farle prendere la decisione di attuare i suoi progetti da sola. Ma le avrebbe impedito di rischiare la sua vita inutilmente quella volta, fosse l’ultima cosa che faceva. I due litigarono a lungo e Lucian riversò sulla donna tutte le verità che lei cercava di nascondere a se stessa, le sue paure, le sue debolezze. Senna era in lacrime, lui, per impedirle di scappare, dovette inchiodarla al muro e…
Lucian sollevò il bicchiere: «Alla mia metà migliore» disse con un sorriso che non voleva abbandonare le proprie labbra.
«Ti amo, Senna»
«Ti amo, Lucian»
I due bicchieri si toccarono emettendo un tintinnio cristallino ed entrambi bevvero un sorso di liquido ambrato. Poi Lucian appoggiò il suo sulla balaustra e cinse la vita della donna con entrambe le braccia in una stretta dolce e sentita, per portare a contatto le loro labbra.
Da quel litigio che aveva rivelato il loro amore, avevano cominciato ad agire insieme e a muoversi in sintonia come due parti di una stessa entità.
Gli piaceva constatare come, grazie alle sue cure e alla sua perseveranza, fosse riuscito a far sbocciare di nuovo nella donna tutta la sua bellezza, sia interiore che esteriore. Non aveva mai conosciuto altre labbra a parte quelle di lei ma, nonostante l’ostinazione  e la testardaggine impareggiabili della compagna, era convinto che nessun’altra lo avrebbe saputo rendere felice e appagato allo stesso modo.
«Ho un regalo da darti…» disse, interrompendo controvoglia quel momento di intimità.
Fece un gesto al cameriere che era giunto per sparecchiare la tavola e questo tornò poco dopo sorreggendo un grosso cofanetto in legno intagliato, lo consegnò all’uomo dalla carnagione scura e si dileguò velocemente. Lucian non perse tempo ad aprire il coperchio e a rivelarne il contenuto, curioso di scorgere la reazione della sposa «Buon anniversario».
Dapprima ella, trovandosi di fronte le pistole che erano soliti utilizzare ogni giorno nelle loro missioni, sembrò non capire. Poi notò le incisioni sui lati e il suo volto si illuminò.
 Secondo la tradizione dei Purificatori, il momento principale della cerimonia di matrimonio era lo scambio dei cimeli di famiglia, normalmente armi, che si tramandavano di generazione in generazione. Le due famiglie custodivano pistole molto simili imbevute di poteri ancestrali talmente sorprendenti da renderle in grado di avere la meglio su quei mostri, di cui i giovani si servivano in ogni loro missione e che conservavano gelosamente come ricordo dei loro genitori. Così, dopo il matrimonio, avevano finito per combattere ognuno con l’arma dell’altro, più motivati di prima.
Adesso si potevano vedere le loro iniziali abilmente incise sulle loro vecchie pistole.
«Le ho fatte vedere ad un forestiero esperto di minerali che ha riconosciuto il materiale con cui sono state forgiate ed è riuscito a inciderlo senza danneggiarlo. Adesso il pegno del nostro amore è completo, non credi?»
Senna, per tutta risposta, impugnò la pistola più piccola con incisa la “L” e sorrise sorpresa al marito.
«“Ti offro in dono questo cimelio, grazie al quale io sarò sempre al tuo fianco e ti proteggerò nelle notti senza luna e negli inverni più rigidi”» Era parte del giuramento che si rivolsero l’un l’altra alla cerimonia nuziale. Lucian si accorse con vergogna che non si sarebbe ricordato così bene le parole a memoria.
«E’ un regalo stupendo, Lucian, sarò ancora più determinata a riuscire in quello che stiamo per fare».
Infatti l’ultima loro missione li aveva portati a scoprire molte cose su colui che stavano cercando: l’assassino dei loro genitori. Ricordavano poco del giorno in cui erano morti: un suono di catene, un lampo d’acciaio e una risata spettrale, poi era rimasta solo l’immagine dei cadaveri esanimi dei loro parenti a tormentare le loro notti insonni. Dopo aver catturato uno spettro che infestava un’abitazione di Bilgewater rendendo pazzi tutti i suoi abitanti, lo avevano interrogato e avevano scoperto che obbediva agli ordini di un non-morto molto potente e sadico, con l’hobby particolare del collezionismo di anime. Dalla descrizione che lo spettro aveva dato del suo superiore, Lucian e Senna avevano concordato che avrebbe potuto trattarsi del loro bersaglio, ma ciò che li aveva all’inizio sconcertati era stato l’apprendere dove esso risiedesse. Avrebbero dovuto raggiungere proprio le Isole Ombra, quelle terre avvolte nel mistero da cui nessuno era mai tornato vivo, la dimora di ogni terrore e di ogni male, popolate da creature che non dovrebbero più appartenere a questo mondo.
Avevano comunque deciso di passare all’azione: avrebbero attraversato Valoran e trovato il modo per solcare il Mare del Conquistatore fino ad arrivare dritti nella tana del nemico. In fondo combattevano spesso contro orde di non-morti, cosa sarebbe potuto cambiare?  
Avevano fatto un giuramento solenne.    
Ed erano insieme.
Lucian fece riporre alla donna la pistola e appoggiò la scatola a terra per abbracciarla con slancio. Quella notte aveva deciso di non pensare che a lei ed era intenzionato a tenerla sveglia fino all’alba circondandola con le sue più dolci e ardenti attenzioni.


***

«Lucian, fra poco dobbiamo andare».
Un tocco delicato sulla spalla e una dolce voce femminile interruppero il filo dei suoi pensieri.
Si voltò quasi di scatto chiedendosi perché non avesse cambiato nome impedendo ad altri che non fossero Lei di chiamarlo in quel modo, le sopracciglia corrugate rendevano ancora più minacciose le iridi gialle e il taglio affilato dei suoi occhi.
Davanti a lui si trovava un altro Campione della Lega: i lumi grandi e pieni di vita, la pelle coperta di squame verde smeraldo e la coda da sirena non lasciavano nessun dubbio sulla sua identità. Il lungo scettro che impugnava, i gioielli che portava al collo e una sorta di corona che sovrastava una strana chioma composta da pinne ondeggianti aveva sempre fatto sospettare a Lucian che ella fosse una sorta di principessa o comunque un personaggio di rilievo nel posto da cui proveniva, ma, nonostante si ritrovassero spesso a combattere fianco a fianco nella Corsia Inferiore dell’arena, non sapeva abbastanza della sua storia da poterlo stabilire con certezza. Cos’aveva spinto un personaggio dall’aria così nobile e così apparentemente inadatto al combattimento fino in quel covo di pazzi senza speranza? Era una domanda che non le aveva mai posto.
«Perdonami, non volevo disturbarti».
Vedendolo assorto, era con ogni probabilità venuta ad informarlo che la battaglia sarebbe cominciata a breve e non aveva certamente cattive intenzioni visto che quel giorno sarebbe stata il suo Support, ovvero la compagna che avrebbe dovuto proteggerlo secondo le divisioni di ruoli praticate alla Lega delle Leggende.
Un po’ in ritardo, Lucian capì di aver reagito troppo duramente, si pentì di averla trattata con quella freddezza e, mentre lei si stava già ritirando, si alzò dalla sua posizione e la trattenne per un polso.
Lei si voltò e posò gli occhi ambrati che non nascondevano un certo stupore in quelli di lui.
«Nami, io…» ma le parole gli morirono sulle labbra «niente…».
Sconfitto da se stesso, ritrasse la mano con cui aveva bloccato la sirena e abbassò lo sguardo. Non era più in grado di rivolgere gentilezze al prossimo, di scusarsi o ringraziare. Ogni volta dentro di sé qualcosa lo bloccava e gli impediva di sbilanciarsi, di dimostrare che provasse sentimenti umani come tutti. Era come se la dolcezza in lui appassisse prima ancora di germogliare, trovando un suolo troppo arido in cui attecchire. O forse preferiva così, che la gente pensasse a lui come ad un uomo vuoto con cui non valeva la pena di sprecare il proprio tempo, così che lo lasciassero in pace.
«Non ti preoccupare» la donna-pesce sollevò lo sguardo verso il soffitto della stanza in cui usavano prepararsi i membri della Squadra Blu: sopra di loro, gli Evocatori che li avevano scelti stavano radunando le loro energie per la battaglia «sembra che ci aspetterà un bello scontro» disse per cambiare argomento e riempire il silenzio che era sceso.
Sulle dita di Lucian la strana sensazione della pelle oltremodo liscia del suo Support non era ancora scomparsa del tutto. In risposta a quell’affermazione rivolse un istante lo sguardo verso la stessa direzione in cui lo aveva puntato lei e annuì. Conosceva il nome dell’Evocatore che lo aveva richiamato visto che richiedeva spesso di lui e sapeva che era in gamba. Persino colui che controllava Nami non gli era ignoto dal momento che i due usavano spesso duellare insieme e stimava il valore anche di tale individuo. Sarebbe stato uno scontro ad alti livelli, non aveva tempo per distrarsi con ricordi fastidiosi.
Seguì con lo sguardo Nami mentre si dirigeva verso il loro Midlaner per scambiare due chiacchiere. Anche lui proveniva dagli Abissi proprio come la sirena e forse per questo avevano stretto una grande amicizia: sembravano felici quando si ritrovavano insieme in squadra. Era molto più basso dell’altra e l’aspetto ricordava una buffa rana azzurra che si reggeva su due zampe, dai capelli a forma di tentacoli. Anche Fizz (era quello il nome della curiosa creatura) impugnava un’arma che somigliava a un tridente ma, mentre Nami incarnava la marea e sfruttava le proprietà curative dell’acqua, le specialità dell’anfibio ceruleo erano il combattimento uno contro uno e il controllo delle creature marine più pericolose.
Secondo le convenzioni della Lega, fra le quattro corsie in cui bisognava scontrarsi (Corsia Superiore, Centrale, Inferiore e Giungla), solo in quella Inferiore era previsto che si affrontasse una doppia coppia di Campioni, mentre le altre prevedevano esclusivamente duelli uno contro uno. Lucian spesso pensava a quanto fosse ironico il fatto che lui dovesse dirigersi praticamente sempre proprio verso la Corsia Inferiore, visto che il suo ruolo di AD Carry gli imponeva di non potersi facilmente allontanare da tale posizione. A giudicare dall’affinità dei due umanoidi marini, probabilmente la stessa Nami avrebbe preferito fare coppia con Fizz invece che con un uomo taciturno e sgarbato, così come lui avrebbe combattuto volentieri da solo.
Ma questo era impossibile.
In un certo senso, era obbligato a fare affidamento su qualcun altro nei duelli.
Proprio come quando c’era Lei.

***

Il coraggioso e riccamente pagato barcaiolo che li aveva accompagnati sulle Isole Ombra ormai aveva preso il largo da un pezzo, portandosi al sicuro dalle pericolose correnti che circondavano l’arcipelago, e attendeva il segnale per tornare a prelevarli a missione ultimata. Lucian e Senna continuavano a farsi strada passo dopo passo nella fitta nebbia che avvolgeva la costa dove non si poteva scorgere nessuna traccia di vita, animale o vegetale che fosse. Nonostante sapessero perfettamente che ci fosse la luna piena quella notte, i raggi argentei non riuscivano a penetrare la foschia quasi palpabile e loro erano costretti ad avanzare tenendo sollevate le pistole che erano in grado di emettere luce. Il mare plumbeo e un’infinita distesa di rocce e sabbia nere come il carbone sembravano costituire l’unico scenario naturale del posto, come se da quelle parti non vi si trovasse altro che morte. Qualsiasi cosa fossero le Isole Ombra e le creature che le popolavano, sembrava che non avessero niente in comune con ciò che esisteva nel resto del mondo.
Almeno non più.
Avevano deciso di ispezionare la costa prima di addentrarsi nell’entroterra, teorizzando che più fossero andati a fondo in quelle terre sconosciute, più avrebbero potuto incontrare pericoli.
Tuttavia la calma che li avvolgeva  ormai da ore era irreale e sospetta. Lucian strinse saldamente il manico della sua pistola mentre si guardava intorno sempre più dubbioso, tutti i sensi tesi per percepire ogni minimo movimento, ogni più flebile suono.
D’un tratto si udì un rumore inconfondibile di zoccoli che si allontanavano sulla roccia della scogliera, ma nonostante entrambi avessero già assunto la posizione d’attacco, non si verificò nessun altro evento degno di nota, perciò si limitarono a riprendere il cammino ancora più prudenti di prima.
Dopo un paio d’ore arrivarono all’imboccatura di una grotta che si apriva sulla scogliera e si affacciava su una distesa di sabbia nera che veniva inghiottita dalle onde dopo una decina di metri. Quando si avvicinarono, un vento gelido come la morte li investì facendo sventolare i vestiti e scompigliando loro i capelli. La nebbia circostante si diradò rivelando un vasto spiazzo pentagonale delimitato da cinque pietre aguzze che non potevano essere state disposte in quella posizione per caso. Ognuna di esse era collegata a quella successiva tramite una sostanza simile al vetro, ma traslucida e impalpabile e loro si trovavano all'interno del perimetro che delimitavano.
Dopo qualche secondo di silenzio, di fronte all’apertura cominciarono ad innalzarsi dal suolo brullo delle fiamme dal colore verde prive di calore. Una risata agghiacciante riecheggiò fra le pietre nere, seguita da una voce che sembrava provenire da un’altra dimensione.
«Complimenti! Non è da tutti raggiungere la Bocca dell’Inferno! Benvenuti!»
Le fiamme li circondarono completamente, ma rimanevano fredde e morte. Da esse sorse uno spettro terribile: lo scheletro che lo costituiva conservava molto poco delle sembianze umanoidi che un tempo aveva dovuto avere e su di esso erano adagiati abiti grigi e stracciati. Alla cintura che aveva attorno alla vita erano attaccate due catene anch’esse fatte di ossa: una era impugnata dal mostro e terminava con una grossa falce affilata, l’altra aveva all’estremità una lanterna che emanava una sinistra luce verdognola e si sorreggeva da sola a mezz’aria.
«Chi diavolo sei?!»
La voce di Senna era imperiosa e, sebbene avesse alzato il tono per farsi sentire e puntato già la pistola sul nuovo arrivato, non aveva nessuna incrinatura data dalla paura o dalla soggezione.
«Oh, che sgarbato, non mi sono ancora presentato! Il mio nome è Thresh, sono un… Collezionista, ma questo dovreste già saperlo. Voi non vi ricordate di me, ma io conosco bene voi e le vostre armi, Purificatori! A lungo avete indiscriminatamente perseguitato quelli come noi e i vostri parenti  hanno fatto lo stesso…»
Prese una pausa e Lucian potè vedere i muscoli di Senna irrigidirsi. Era lui lo spettro che cercavano e, a quanto pare, li stava aspettando. Il cenno che aveva fatto ai loro famigliari era bastato per mettere la moglie sull’attenti: cosa sapeva qualcosa dei loro genitori?
«Siete stati molto…carini… a venire a trovarmi, ma mi duole informarvi che non riuscirete ad uscire da qui facilmente. Avrete già apprezzato la mia prigione, immagino! La chiamo “la scatola”, sappiate che non potrete attraversare quelle pareti se non a vostre spese…» indicò l’inquietante barriera pentagonale che li circondava «…E adesso che abbiamo finito i convenevoli, perché non parliamo di hobby? Vi hanno già detto che colleziono anime, non è così? Ebbene…» La lanterna si sollevò emettendo un bagliore inquietante fino a portarsi di fronte all’essere «Ne possiedo di tutti i tipi eppure non sono mai soddisfatto del risultato raggiunto. Sapete, oggi ho intenzione di catturarne altre due! Non siete emozionati? Ma non vi preoccupate, sarete in compagnia! Probabilmente riconoscerete qualcuno di loro…»
Il volto del mostro, sebbene ossuto, sembrò contorcersi in un ghigno orribile mentre dalla lucerna si liberava un fumo denso che dette lentamente forma a quattro figure dai lineamenti umani.  A Lucian e a Senna si ghiacciò il sangue nelle vene e tutti i loro dubbi svanirono in un lampo: davanti a loro si trovavano le immagini ectoplasmatiche e inconsistenti dei loro defunti genitori. Era chiaro: tutto era stato architettato da quel non-morto estremamente astuto e dall’aura oltremodo potente e malvagia. Li aveva attirati sull’isola di sua iniziativa e loro erano caduti in trappola; persino lo spettro che avevano trovato a Bilgewater faceva parte del suo piano. Se fosse esistita la possibilità che l’apparizione dei genitori si trattasse di un imbroglio, fu smentita quando quei fantasmi sembrarono riconoscere i figli e le loro espressioni si tramutarono in maschere di terrore.
Erano caduti in un tranello, è vero, ma avevano raggiunto il loro obiettivo.
Adesso non rimaneva altro che far scomparire definitivamente quel mostro dalla faccia della terra e la loro vendetta sarebbe stata compiuta. Ma non sarebbe stato tutto così facile: allo sconvolto Lucian non sfuggì un fruscio proveniente dall’esterno della prigione, dove vide che un gruppo sempre più numeroso di ombre cominciava ad ammassarsi.
«TU!»
L’accusa della donna era un ruggito da leonessa che si dirigeva con la forza di una palla di cannone nella direzione del fantasma che aveva detto di chiamarsi Thresh. Il volto di Senna era irriconoscibile, trasfigurato dalla collera. Strinse la pistola saldamente e balzò in avanti prima che Lucian potesse afferrarla e impedirle di compiere azioni affrettate.
«ORA MORIRAI!» E cominciò a correre verso l’avversario.
Lui, per tutta risposta, si limitò a girarsi e a sollevare la sua arma, con l’intento di coprirle le spalle mentre l’orda di creature immonde si riversava su di loro.


***

«Benvenuti nella Landa degli Evocatori»

Il saluto atono dell’annunciatrice risuonò ovunque nell’Arena. Lucian era sceso in campo da pochi secondi e si stava dirigendo senza troppa fretta verso la sua posizione  nella Corsia Inferiore, le braccia distese lungo i fianchi e le due pistole già strette nei pugni. Nami lo seguiva a poca distanza con la sua strana andatura, sospesa a pochi centimetri da terra, così come se riuscisse a nuotare nell’aria alla stessa maniera con cui lo faceva nell’acqua, ma lui non se ne curava.
Arrivarono all’altezza della seconda torre e attesero sotto di essa, al sicuro, che si palesassero i nemici di cui ancora non conoscevano l’identità.

«Trenta secondi alla generazione dei minion»

L’annunciatrice avvisò i Campioni che la battaglia stava per iniziare: i piccoli mostriciattoli creati dai Nexus (grosse pietre magiche) all’interno delle rispettive basi stavano per giungere a combattere al fianco dei loro alleati.
Il primo avversario a palesarsi fu quella che avrebbe potuto forse definirsi una donna, un tempo: la pelle verdognola e luminescente avvolta da una corazza da guerriera e gli occhi vitrei lasciavano bene intendere che ella non vivesse più da parecchio tempo, sebbene ciò non le impedisse di camminare con un’andatura marziale e minacciosa. Da sotto l’elmo scendeva una cascata di capelli lisci e corvini mentre in mano stringeva una lancia che sembrava anch’essa composta della stessa sostanza che dà forma ai non-morti. Lei era un Tiratore, proprio come Lucian.
«Kalista»
Il sibilo del compagno non sfuggì a Nami che si voltò verso di lui. Il loro avversario si era appena unito alla Lega delle Leggende, ma l’uomo lo conosceva bene: si erano già affrontati diverse volte durante le sue missioni. Gioiva quando entravano nella Lega campioni già affrontati in passato: il loro stile di combattimento gli era noto e aveva la possibilità di massacrarli finché voleva, pienamente legittimato dal luogo in cui si trovava e dalle esigenze degli scontri nella Landa.
«Ben ritrovato, Lucian. Quanto tempo!» Il sorriso obliquo e sprezzante della guerriera non trovò risposta, perché un rumore di passi proveniente dalle sue spalle e una risata ben nota catturò l’attenzione dell’uomo.
«Buonasera Lucian, stavo giusto pensando a quanto sarebbe stato divertente combattere conto di te quest’oggi!» L’aspetto di Thresh non era mai cambiato in tutto quel tempo, come era consuetudine dei non-morti.
Lui, per tutta risposta, tese le braccia di fronte a sé, puntando le pistole direttamente alla fronte dei due avversari. Non avrebbe dato loro la soddisfazione di vedere il minimo cenno di turbamento nel suo sguardo, né di sentire la sua voce incrinarsi. Al contrario, un mezzo sorriso si dipinse sul suo volto.
«Hai ragione, Thresh, che inestimabile fortuna poter prendere a calci due rifiuti ambulanti allo stesso tempo! La Lega avrà voluto farmi un regalo!»
In quel mentre i minion stavano arrivando in corsia e, giunti di fronte ai loro campioni, cominciavano a scontrarsi tra di loro. Quello era il segnale che lo scontro era iniziato.
Lucian vide con la coda dell’occhio Nami portarsi avanti per impedire a Kalista di dare il colpo di grazia a quei piccoli soldati, atto che le avrebbe garantito esperienza e denaro extra, necessario per guadagnare vantaggio sull’AD Carry avversario. Lo sguardo della donna-pesce era determinato e battagliero, reggeva con entrambe le mani il suo scettro e i suoi movimenti erano studiati e puliti come quelli di una vera guerriera: era sorprendente come il suo atteggiamento dolce cambiasse quando si ritrovava nell’Arena. Si manteneva al riparo dietro i minion alleati, così che la falce di Thresh non potesse raggiungerla senza incontrare ostacoli e, con quella copertura, Lucian si sentì libero di attaccare a sua volta i minion rossi senza paura di essere eccessivamente infastidito dagli avversari.

***

«Non così in fretta, bambola!»
Le apparizioni dei loro genitori si dissolsero in una nube di fumo e le decine di fantasmi che si erano gettate sui due umani giungendo da tutte le direzioni li separarono da quello che sembrava a tutti gli effetti il loro capo.
Senna fu costretta a cambiare il suo obiettivo e, girandosi di lato, sparò dei proiettili luminosi che andarono a freddare sul colpo tre non-morti. Anche Lucian era già passato all’azione e, dopo aver messo a bada alcune creature che si erano avventate su di lui,  ne aveva colpite alla testa due che volevano sorprendere la donna alle spalle. Senza perdere tempo raggiunse Senna e fece aderire la schiena a quella di lei, in modo da avere una visione a trecentosessanta gradi sulla situazione. Erano completamente accerchiati e non si riusciva a vedere la fine dello sciame di creature raccapriccianti di tutti i tipi che si erano radunate attorno a loro. Lei non sembrava impressionata, anzi, l’azione le stava facendo salire l’adrenalina.
«Abbiamo trovato la festa!»
«Saranno duecento…»
«Dì pure trecento!»
«Balliamo?»
«Balliamo!»
La coppia si lanciò all’attacco con foga e non si risparmiò nel combattimento, anche se per ogni nemico abbattuto sembravano comparirne altri dieci. Quelle creature sapevano cosa fosse la morte e non la temevano, per cui non conoscevano la fatica e lottavano fino allo stremo mordendo, graffiando e colpendo con le loro armi fantasma. Presto la fatica cominciò ad avere il sopravvento sulla carne mortale e i movimenti persero fluidità, concedendo ai nemici frazioni di secondo preziose per permettere ai loro colpi di andare a segno. Ferite più o meno profonde cominciarono ad aprirsi sui loro corpi e i loro vestiti presero a tingersi di cremisi, mentre l’orda non sembrava accennare a diradarsi.
Il primo a cadere fu Lucian. Un morso al collo gli aveva fatto perdere parecchio sangue e gli faceva male come se la ferita fosse in fiamme, il corpo era cosparso da un assortimento variegato di tagli. Il colpo di grazia gliel’aveva dato una sferzata sul retro delle ginocchia che gli aveva procurato un dolore tale da farlo urlare e cadere in avanti, carponi, con le mani nella sabbia. Probabilmente i tendini erano stati recisi, ma prima che potesse fare qualsiasi cosa per accertarsene, una botta bene assestata proprio sul morso dolorante lo costrinse a sottrarsi dalla fonte del dolore, facendolo finire così con la schiena per terra e con le mani a tamponare la ferita. Si accorse troppo tardi di aver lasciato la presa sulla pistola e questa si trovava ormai fuori portata, calciata lontano dai suoi carnefici. La fitta allo stomaco arrivò improvvisa e inevitabile: quando capì cos’era successo e riuscì a mettere a fuoco la scena, poté realizzare che il manico di una picca gli sbucava dal ventre su cui si allargava una macchia rossa e vischiosa.
«LUCIAN!»
L’urlo di Senna lo risvegliò dal torpore a cui si stava abbandonando. Aveva forse dimenticato il giuramento fatto? Avrebbe dovuto proteggerla. Non stava affatto onorando i suoi voti. Riuscì a piegare il collo ignorando la fitta atroce che lo colpì per guardare nella direzione da cui proveniva la voce della moglie. Lei sembrava aver avuto la meglio sui suoi avversari anche se le sue condizioni non erano rassicuranti: era coperta di sangue e si reggeva un braccio con la mano che doveva tenere anche la pistola. Barcollante, si stava avvicinando al marito quando la risata di Thresh sembrò segnalare agli spettri di fermarsi.
«A quanto pare ci siamo già arresi!»
La falce dell’essere venne scagliata con forza nella direzione di Lucian, che ebbe appena il tempo di pensare a quanto duramente avesse fallito.
Sia lui, sia Senna sapevano bene che la morte era una possibilità tutt’altro che remota nel loro mestiere, ma una fine così disonorevole per mano di colui di cui avrebbe dovuto vendicarsi era inaccettabile. Senza contare il fatto che non avrebbe più potuto aiutare la moglie in nessun modo, dovendola lasciare in mano ad una branca di mostri repellenti e sanguinari.
Non poté fare altro che chiudere gli occhi in attesa di sentire la lama affilata dilaniare le sue carni, ma il dolore tardava ad arrivare. Dopo qualche secondo si decise a sollevare le palpebre e, nonostante la vista annebbiata, riuscì a distinguere fin troppo nitidamente la raccapricciante scena che gli si parava davanti.









Ciao a tutti!
Questa ff è nata come un’esercitazione di scrittura, ma poi è diventata una sorta di lavoro mastodontico per mille motivi, fra cui la documentazione, la resa dei caratteri dei personaggi, i vari background, ecc…
Pensavo di scrivere un racconto breve ma, mano a mano che aggiungevo cose, il tutto si è un po’ ingigantito e mi sono venute fuori 17 pagine in Times New Roman 12, per cui ho deciso di dividerlo in due parti per renderlo un mattone un po’ più digeribile.
Avrei molte precisazioni da fare, ma preferirei evitare di scriverle adesso ed elencarle nel prossimo capitolo, per cui, se non vi torna qualcosa domandate pure, sebbene io probabilmente sia al corrente delle perplessità che un giocatore (o un non giocatore) di Lol possa avere. Ho cercato di mettere delle descrizioni veloci riguardo a termini ed elementi propri del gioco, in modo da non annoiare coloro che sono avvezzi alle sue dinamiche e da non lasciare spiazzato il lettore poco documentato. Spero di non essere stata troppo vaga o troppo prolissa, a seconda dei casi.
Mi sono anche sforzata di tradurre in italiano i termini tecnici là dove possibile anche se non l’ho potuto fare sempre (tradurre Midlaner come “Campione che combatte nella Corsia Centrale” mi sembrava un po’ eccessivo).
Che dire, Lucian è un gran bel personaggio, l’unico Campione con una vera e propria storia d’amore alle spalle, nonostante sia veramente cazzuto, per cui si presta bene come soggetto per la scrittura.
Spero che questo esperimento vi piaccia, caricherò la seconda parte entro la prossima settimana!
Cya!

  
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