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Autore: afep    17/01/2015    3 recensioni
“All'inizio della Prima Era erano molte, le cose da sistemare. Ed è in quei primi momenti che si colloca la storia che ti sto per raccontare.
Ti narrerò del Primo Stregone, che aveva un potere fatto per costruire ed erigere, per raddrizzare e incanalare. Il mio racconto inizia molto, moltissimo tempo fa, quando la luna era ancora giovane.
Gli Uomini ancora dovevano comparire, eppure già Nani ed Elfi camminavano sui monti o nelle vallate. Ed era su quei monti e in quelle vallate che si aggirava Durin il Senzamorte, Capostipite della stirpe che ne prese il nome. E mentre vagava, solitario come aveva sempre vissuto, accadde che una sera si specchiò nel Mirolago...”
---- sospesa ----
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bilbo, Durin, Gandalf, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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“A cosa pensi, vecchio amico?”
Seduto su un sedile di legno intagliato, accanto a una figura più minuta e vizza, l'anziano emise un lento sospiro esausto, esalando uno sbuffo di fumo che si arricciolò nell'aria immobile della sera. In lontananza risuonavano canti e risa, e caldi lumi spandevano la loro luce dall'interno della grande Casa di Imlardis.
“A molte cose, mio caro Bilbo. A molte cose.” Rispose laconico, succhiando dal lungo cannello intagliato della sua pipa. Al suo fianco la minuscola creatura dalla testa candida annuì pesantemente.
“Capisco.” Borbottò, emettendo piccole nuvolette di fumo. “Sai, a volte nemmeno io gioisco all'idea di andarmene. Ma è tempo, mio buon vecchio Gandalf: è tempo che io parta per la mia ultima avventura, e comincio a essere troppo stanco per pensare di poter rimandare ancora.”
Gandalf chinò il capo, affondando il naso nell'ombra creata dalla larga tesa del suo cappellaccio blu. Volute azzurrine si levavano dalla sua barba ogni volta che espirava, contorcendosi e creando forme complesse che svanivano prima che un occhio attento potesse riconoscerne la forma.
“Credo che sia giunto qualcuno, questa mattina.” Riprese Bilbo, e la sua testina coperta da ricci candidi ondeggiò piano in avanti. “Dei canti sono penetrati fin nei miei sogni, e mi sono svegliato con una gran fame e il desiderio di correre e ridere e mettermi a ballare.”
“Un Hobbit che si sveglia affamato, quale novità!” Esclamò Gandalf, e le sue robuste spalle furono scosse da un riso silenzioso. “Ma hai ragione, amico mio. Questa mattina una delegazione di Elfi è giunta da Lòrien scortando tra le sue fila Dama Galadriel, la Signora del Bosco d'Oro.”
“Ricordo il suo nome, tra gli scritti di Frodo. Dici che la vedrò questa sera, nella Sala dei Racconti?”
Gandalf sorrise mestamente, succhiando il cannello della sua pipa.
“Se non ti addormenterai, e se non sarai troppo impegnato a riempirti la pancia, forse riuscirai a vederla.”
Il vecchio Hobbit si lisciò soddisfatto il panciotto giallo e si sistemò meglio sul suo sedile intagliato. Da qualche parte tra le fronde giunsero delle risate musicali, che presto si fusero al canto allegro e sognante che proveniva dalla Casa.
“Quanta gioia, e quante risa.” Sospirò Bilbo d'un tratto. “Ma tu non sei proprio allegro, Gandalf, vecchio amico. Suvvia, lascia indietro le tue preoccupazioni. Per una sera almeno ti sarà ben concesso di essere allegro, voglio sperare.”
Gandalf sorrise ancora, senza perdere la sua aria mesta. Aspirò a lungo dalla sua pipa, e quando soffiò, il fumo assunse la forma di volatili cerchi concentrici che parevano cambiare colore alla luce delle prime stelle.
“Non sono le preoccupazioni a opprimermi, mio caro Bilbo.” Lo rassicurò, sospirando stancamente. “Ma in questi giorni ripenso spesso agli avvenimenti degli ultimi anni, e ho come l'impressione di non aver fatto quanto dovevo, pur avendo sempre cercato di agire per il meglio. Questo mi riporta alla mente una vecchia storia, e anche se ai tempi la giudicai duramente, ora non posso fare a meno di riconsiderare ogni cosa.”
“Pensavo che dal Grigio al Bianco i tuoi discorsi si sarebbero fatti più chiari, eppure parli ancora per enigmi.” L'Hobbit terminò la sua pipata e sollevò la piccola testa verso l'alto, strizzando i vecchi occhi stanchi. “Di quale storia parli? Se è interessante, potrei anche decidere di aggiungerla alle appendici del mio libro. Ti ho già detto che Frodo lo ha quasi finito?”
“Lo hai fatto, e non più tardi di un giorno fa.” Gandalf ridacchiò ancora, ma la sua era una risata esausta, che si estinse presto e non si estese allo sguardo. “Si tratta di una storia antica, ormai quasi dimenticata. Forse solo i Nani, nelle profondità delle loro biblioteche, ne conservano ancora qualche memoria. Gli Elfi vi avevano composto ben poche canzoni e non le cantavano spesso, e ora le hanno completamente obliate. Eppure io la rammento bene, perché mi fu raccontata in prima persona da chi visse quei giorni.”
“Ora sei anche misterioso!” Protestò Bilbo, agitando comicamente la pipa verso l'amico. “Pretendo che tu mi racconti tutto, e con dovizia di particolari.”
Davanti alla sua buffa determinazione il vecchio Stregone sbottò in una breve risata, più allegra delle precedenti, alla quale rispose un coro di risa argentine proveniente dal palazzo di Elrond.
“Come posso dirti di no?” Esclamò, per poi sospirare profondamente. “Forse è proprio quel che devo fare. Parlarne mi aiuterà a sollevarmi questo peso dal petto. Dunque vuoi davvero sapere cosa accadde, Bilbo Baggins? Allora ascolta le mie parole, perché ti narrerò di fatti che non tutti conoscono, e di genti che non tutti ricordano. Ma prima di ogni cosa, è bene che ti riveli qualcosa sul mio Ordine.
“Un tempo ti dissi che eravamo in cinque. Oltre a me e a Saruman, lo Stregone Bianco, vi erano anche un Bruno, e due Blu. Ma prima di ogni cosa, prima ancora che gli Uomini erigessero le loro alte torri, c'era un sesto Stregone.”
L'Hobbit batté il fornelletto del sua pipa sul bordo del sedile per eliminarne le braci, e dopo averla appoggiata accanto a sé annuì soddisfatto e fece cenno a Gandalf di continuare.
“Il suo compito era di aiutare a portare l'Ordine, e di Mettere a Posto. A quei tempi, sai, c'erano una gran quantità di cose che non erano al posto giusto; alberi con le radici al vento, uccelli che si tuffavano nei fiumi, e fiumi che scorrevano verso l'alto invece che verso il basso...”
“Ora ti stai prendendo gioco di me.” Esclamò Bilbo, contrariato. “Dici cose senza senso.”
“Non sono senza senso, sciocco Hobbit che non sei altro.” Gandalf agitò per aria la sua pipa, e due scintille sprizzarono dalle braci e finirono sulla sua veste pallida. Lo Stregone vi picchiettò sopra le lunghe dita, accertandosi che fossero spente, e poi continuò.
“All'inizio della Prima Era erano molte, le cose da sistemare. Ed è in quei primi momenti che si colloca la storia che ti sto per raccontare. Ti narrerò del Primo Stregone, che aveva sembianze di donna e un grande potere, fatto per costruire ed erigere, per raddrizzare e incanalare. Il mio racconto inizia molto, moltissimo tempo fa, quando la luna era ancora giovane.
Gli Uomini ancora dovevano comparire, eppure già Nani ed Elfi camminavano sui monti o nelle vallate. Ed era su quei monti e in quelle vallate che si aggirava Durin il Senzamorte, Capostipite della stirpe che ne prese il nome. E mentre vagava, solitario come aveva sempre vissuto, accadde che una sera si specchiò nel Mirolago...”
 


Calma era la notte nella valle di Azanulbizar, e le stelle velate da nubi livide che si stagliavano contro il cielo nero.
Solo la loro luce lattiginosa riusciva a filtrare debolmente fino a terra, e in quel regno di ombre Durin dei Lungobarbi, Primo del suo popolo, si fermò sulla riva di un limpido lago per riposare.
Aveva marciato per giorni lungo le Montagne Nebbiose, scoprendo anfratti, cime impervie e profonde vallate di cui fino ad allora aveva ignorato l'esistenza. Aveva visto e fatto molte cose, eppure ora sentiva la necessità di fermarsi; le suole dei suoi stivali erano consumate e piene di buchi, e la fiasca che portava alla cintola quasi vuota.
Sospirando si sporse con la sua fiaschetta verso le acque del lago, ma non appena i suoi occhi si posarono sull'acqua limpida rimase abbagliato dalla meraviglia.
Sulla superficie cristallina si riflettevano le miriadi di stelle che le nuvole nascondevano alla vista, e il cielo che vi si specchiava pareva essere di una profondità infinita, del nero e del blu più cupi e al contempo più luminosi che avesse mai visto.

Riusciva a scorgere anche il proprio riflesso, niente più che un'ombra appena accennata, quasi restia a specchiarsi nel lago ma una luminosa corona di stelle pareva brillare sul suo capo, così bianca e abbacinante che sembrava in grado di oscurare ogni altra cosa.
Quale meraviglia.” Esclamò tra sé,e la fiasca che reggeva gli cadde di mano.
Concordo, è meraviglioso.” Gli rispose improvvisamente un'altra voce, e Durin si riscosse come se si fosse svegliato da un sogno.
Si guardò intorno alla ricerca della fonte di quella voce, e un movimento accanto a lui attirò la sua attenzione. Si accorse allora con sorpresa che quella che aveva scambiato per una roccia erratica ai piedi di un esile albero, a una decina di passi da lui, era in realtà una figura accucciata, aggrappata con entrambe le mani a un bordone di betulla che reggeva ritto contro il cielo. Lentamente la vide alzarsi, usando il bastone come stampella, e quando si abbassò il cappuccio sulle spalle poté vedere che si trattava di una donna.
Strano era invero il suo aspetto: non aveva barba, come invece avevano molte Nane, eppure non somigliava del tutto nemmeno agli Elfi, che Durin aveva visto correre lesti ai margini delle foreste.
Era alta di una, o forse due teste più di lui, e sebbene il suo volto non sembrasse altrettanto vecchio, gli occhi che brillavano nel suo viso parevano colmi di ogni genere di esperienza, e di una saggezza che lui poteva sperare di raggiungere solo vivendo moltissimi anni. Scuri erano i capelli che le scendevano sulle spalle, eppure vi erano già delle ciocche grigie, simili a ricami d'argento su velluto nero.
“Salute, Durin dei Lungobarbi, Primo dei Sette, tu che per primo scrutasti nelle profondità delle stelle.”

Chi sei tu? E come conosci il mio nome?” La interrogò Durin, levandosi in tutta la sua altezza e posando una mano sull'ascia rozza che portava alla cintura. La donna rise, gettando indietro la testa con fare allegro, e le stelle fecero capolino dalle nubi come se avessero risposto a una chiamata.
Quante domande tutte in una volta.” Esclamò quella, avvolgendo amorevolmente le dita attorno al suo bastone. “Conosco diverse cose di cui non dovrei essere a conoscenza, e ne ignoro alcune che invece dovrei sapere. Mi hanno chiamata in molti modi, e altre volte non mi hanno chiamata affatto. Ho molti appellativi, e non tutti veritieri, mentre vi sono altri nomi che mi si adatterebbero meglio, ma che nessuno mi ha mai dato.”
“Sono troppe parole, e nessuna è una risposta.” La incalzò il Primo tra i Nani, e la donna rise ancora, divertita dalla sua impazienza.

Nessuna è una risposta, perché non esiste davvero una risposta. Conosco il tuo nome, così come conosco il nome di molte altre cose, e creature, e piante. Io ho l'incarico di aiutare a Mettere a Posto, ma anche di Vigilare e Costruire e Fare... Fare, sì... oh, Ceredir!”La donna incastrò il bordone nell'incavo del gomito e batté le mani “Puoi chiamarmi Ceredir, perché io sono Colei che Fa.”
Durin non rispose e accarezzò la lama irregolare della sua ascia, osservando la donna che batteva le mani e scandiva il nome che si era appena attribuita, assaporandone il suono.
 
 

Gandalf sospirò, osservando il fumo che si levava nell'aria.
“Ah, la Prima. Un tempo ricordavo il suo nome, ma ora temo di averlo scordato.”Borbottò.
Bilbo non rispose, rimanendo immobile. Uno sguardo disattento avrebbe potuto credere che dormisse, ma lo Stregone sapeva che il vecchio Hobbit stava solo riflettendo.
Rimasero a lungo in silenzio, e alla fine la testa ricciuta del Mezzuomo si inclinò su un lato.
“Il Mirolago... non l'ho mai veduto.” Sospirò Bilbo tristemente. “Mi sarebbe piaciuto vederlo, ma temo dovrò accontentarmi dei racconti di chi vi si è specchiato prima di me. E cosa ci faceva lo Stregone Donna laggiù, o per meglio dire, lassù?”
“Difficile dirlo.” Borbottò Gandalf. “Non spiegò mai a nessuno i suoi motivi, ma io ho sempre creduto che, nella sua lungimiranza, avesse avuto il sentore dei tempi in divenire. E visto a cosa portò la sua conoscenza di Durin, credo proprio che lo stesse aspettando.”
 
 
 
Non toccare l'acqua.”
Inginocchiato sulla riva, Durin sollevò il capo e squadrò la strana donna. Era di nuovo appoggiata al suo bastone, e lo guardava con un sorriso furbo sul viso, simile a quello di un monello o di qualcuno che conosce un segreto che non vede l'ora di svelare.
La mia fiasca è vuota. Vuoi farmi morire di sete, oltre che di spavento, uscendo così improvvisamente dalle ombre?”
Le acque del lago sono gelide. Ti ghiaccerebbero tutti i peli della barba, se solo ve ne versassi una goccia.”
Cosa proponi di fare, allora, visto che hai tutte le risposte?”
“Più giù lungo il crinale c'è una fonte, da cui sgorga un'acqua che riempie il letto di un fiume.” Rispose Ceredir, fingendo di non udire il suo tono scontroso. “Ti accompagnerò, così potrai riempire la tua fiasca. Ma se hai sete ora, prendi la mia.”
Durin si risollevò dalla riva, raggiunse la donna e prese con diffidenza la borraccia che gli tendeva. Ne trasse un primo sorso titubante, ma non appena il liquido gli sfiorò la lingua si sentì come rigenerato. Era acqua, ma il suo sapore pareva racchiudere l'essenza stessa della primavera, e ogni sorso gli infondeva un piacevole vigore nelle membra stanche.

E' acqua della fonte presso cui ti porterò.” Disse la donna, ridendo nel vederlo prendere lunghi sorsi. “Ma poi tu mi accompagnerai di nuovo in questo luogo.”
Perché?” Le domandò il Primo tra i Nani, asciugandosi i baffi e la barba grigia. “Non vedo cosa ci sia di diverso da ogni altro luogo, a eccezione forse di questo lago. È tale alle altre montagne che si estendono più a Nord, da dove provengo.”
Quante sciocchezze escono da quella bocca, Durin delle Montagne Nebbiose.” Esclamò Ceredir, e per una volta parve contrariata da qualcosa. Si mosse fino alla sponda del limpido lago, e con una mano gli fece cenno di avvicinarsi di nuovo.
Quando il Nano le si affiancò, la donna sollevò il suo bordone e si sporse verso il centro dello specchio d'acqua, sfiorandolo con la sommità ramificata del suo bastone di betulla. Piccole onde concentriche incresparono la superficie, spandendosi in cerchi sempre più ampi, e la luce delle stelle venne offuscata da qualcosa che brillava sul fondo del lago.
Durin si sporse, ed ebbe come l'impressione che le acque fossero scomparse, permettendogli di guardare all'interno della montagna attraverso un enorme pozzo a cielo aperto. Vide la calda sfumatura di molti fuochi e fiaccole crescere debolmente fino a illuminare ogni cosa, e ovunque il suo sguardo si posasse c'erano grandi sale, corridoi, scale e terrazze, tutte scavate con maestria nella dura roccia, che si estendevano sin dove l'occhio poteva arrivare.
“Ti pare ancora una montagna come tutte le altre?” Gli domandò Ceredir, e quando Durin riuscì a distogliere lo sguardo dalla città di pietra vide che stava sorridendo con fare soddisfatto.
“C'è davvero tutto questo, sotto di noi?” Le domandò meravigliato, e la donna scoppiò in un'altra delle sue risate allegre.

Non ancora, ma ci sarà.” Gli rispose, e con un ampio gesto del suo bordone la visione svanì, tornando a mostrare la splendida volta di velluto del cielo notturno. “Saranno necessarie molte generazioni e molte vite, ma qualcuno dovrà pur cominciare, Durin, Primo tra Tutti.”










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Hola!
Questa storia mi girava in testa già da un po', e visto che ultimamente ho ripreso in mano Il Signore degli Anelli, ho pensato di buttare giù le mie idee su un foglio di carta – o digitale, in questo caso.
Questa è una storia puramente inventata che si colloca alla fine del libro, poco prima che Elrond, Gandalf e Galadriel, insieme ai due Hobbit portatori dell'Anello, partano per giungere ai Rifugi Oscuri. Come avrete visto è divisa in due parti, il racconto dello Stregone e lo “sguardo sui tempi che furono”, quest'ultimo sconosciuto a Gandalf.
Mi sono presa qualche licenza poetica, per cui se doveste notare qualche imprecisione è tutto da imputare al fatto che, pur modificando la storia che avevo in mente il più possibile per adattarla alla cronistoria, non avevo intenzione di stravolgerla.

Ceredir significa “l'artefice” o “Colui che fa” in lingua elfica, e mi sembrava adatto alla protagonista femminile.
Spero che la mia piccola storiella piaccia.
Al prossimo capitolo! :)
 
 
 

  
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