Film > Il Corvo
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Autore: S_a_r_a    19/01/2015    0 recensioni
Una notte qualunque, in una città qualunque, su una strada qualunque il buio si estende come una macchia d'olio. Solo una luce brilla nell'oscurità: un sorriso a 32 denti. Eterno. Immutabile. È il sorriso della morte.
La leggenda narra che quando una persona muore, un corvo trasporta la sua anima nell'aldilà. Però, se le circostanze della morte sono brutali e l'anima non ha pace, a volte capita che il corvo la riporti indietro a regolare i conti.
Al diavolo le leggende, il corvo è obsoleto. Questa partita se la gioca il quokka, il marsupiale più feroce e coccoloso che ci sia. Insieme a una versione quasi femminile di Eric Draven, molto più bionda e logorroica.
Una rivisitazione un po' particolare – forse molto particolare - del film ispirato all'opera di James O'Barr.
Genere: Comico, Demenziale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Movieverse | Avvertimenti: Gender Bender
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Resa dei conti

 





Lo sgangherato trio sgattaiolò dalla finestra senza farsi notare, alla volta dell'ultima conquista. Dopo aver raccapezzato i fatti salienti, tutto tornava per il sergente.

“Avete fatto un bel lavoretto a quel Gillette, sapete che dovrei arrestarvi per questo? Era uno spettacolo terribile!”. Fitzroy ancora rabbrividiva al pensiero di quel banana boat.

“Lo pensi sul serio? Anche io credo sia geniale!”, e, a un'occhiata disgustata di Roy, aggiunse “tranquillo, gli incantesimi lanciati da un comune quokka si annullano da soli. Non mi sono mai diplomato all'accademia dei maghi, perciò non serve una controfattura per quel manigoldo. Per Mallock invece non so cosa si possa fare, l'hanno stirato per benino”.

“Ha una serie di fratture e una contusione cerebrale, è già in terapia intensiva. Se la caverà. Quando questa storia sarà finita, avranno quel che si meritano, ma se ne occuperà la polizia, intesi?”, disse Roy con un'alzata di sopracciglia.

“Mpf, per forza, il nostro tempo qui è limitato. Io ho un sacco di cose da fare a casa e dovrò trovare una spiegazione convincente per aver fregato il libro a papà, o sono guai! Se penso alla sua punizione preferita...il country club degli stregoni, è una tale noia! Giocano a carte tutto il tempo conversando riguardo ai grandi problemi della nostra comunità. E poi mi proibirebbe la balera del venerdì sera per un mese! Ho bisogno di allenarmi, presto ci sarà la selezione regionale per...miseriaccia, Regina mi ha attaccato la parlantina!”

“Non è una brutta cosa, sai, un po' di chiacchiere tengono alto il morale della squadra. Una delle prime regole all'addestramento per gli appostamenti: conoscere i propri partner e instaurare fiducia reciproca. Eccoci arrivati”. Il sergente si fermò davanti a un palazzo malandato. Il portone era aperto, magnifico. Entrando si trovarono al centro di una stretta tromba di scale. Salirono al secondo piano. Fitzroy era sul punto di suonare il campanello, ma decise di agire da vero agente di polizia questa volta. Caricò il colpo e assestò un calcio alla porta, sfondandola.

“Mani in alto, polizia!”. Ma nel buio di quel sozzo monolocale nessuno alzò le mani. Era vuoto. A un tratto qualcosa nel letto si rigirò, dalle coperte fece pigramente capolino una testa.

“Ehi, chi diavolo siete, che volete a quest'ora?”. Garfield si alzò strizzando gli occhi, un uomo gli puntava contro una torcia, non era solo.

“Faccio io le domande, bella addormentata. Sei Garfield, non è vero?”. Il sergente non aveva bisogno di una risposta. La figura, illuminata dal raggio artificiale, che si stagliava davanti a lui nel tetro della stanza era piccola e grassoccia, dal pelo rossastro e con un'aria più fiacca che preoccupata. Ai suoi piedi un cartone della pizza vuoto. Era proprio una versione umanizzata di Garfield.

“Sì, perché?”, rispose lui. La punta lucente e minacciosa di una Beretta 92 spiccava davanti al volto scuro di Fitzroy.

“Abbiamo da fare una chiacchierata, vieni con me”.

 

 

Regina e Norman aspettavano che il sergente interrogasse Garfield. La loro avventura volgeva ormai al termine, sapevano di essere in buone mani con Fitzroy al lavoro.

Con aria trionfale, comparve alle loro spalle, esultando:”ragazzi, il caso è ufficialmente di nuovo chiuso. Ora devo tornare dentro a compilare un po' di scartoffie, odio la burocrazia. Direi che siete liberi, vedete di non fare danni.

Buon ritorno a casa”. Accennando un sorriso, si diresse verso il suo ufficio tra l'acclamazione generale del dipartimento, un'ovazione a Sergente Scoreggia che aveva risolto un caso che nessuno ricordava. Da quella sera pretese che lo chiamassero Robocop Fitzroy. Ma ufficiosamente rimase Sergente Scoreggia.

 

I due eroi stavano per allontanarsi dalla stazione, quando lei notò un volto familiare uscire da lì.

“Michael?”, fiatò flebilmente.

“Ci conosciamo?”, rispose guardingo Michael, sentendosi apostrofare da una bizzarra ragazza.

“Sono Regina, non mi riconosci?”. Norman rimase in disparte. Ancora questo tipo? Che strazio!

Michael si avvicinò, studiò il suo volto. “Non puoi essere tu. Sono venuto al tuo funerale, lo ricordo bene!”

Si guardarono a lungo, la tensione saliva. Regina gli sfiorò una guancia. Avrebbe desiderato stare lì ore a raccontargli tutto, ma bastò quel gesto. Michael rimase di granito. Una sequenza di immagini si era disvelata nella sua mente, come fosse un deja vu e avesse vissuto tutto ciò che aveva vissuto Regina quella sera.

“Santa madre di dio, è un miracolo! Posso comunicare coi morti! Come te la passi, Regina? Santo cielo, è una cosa STRE-PI-TO-SA! E sei davvero in formissima!”. Michael divenne euforico.

“Dici davvero? Me la cavo abbastanza bene dai, non si sta poi così male, sai?”. Prima di farsi prendere dall'emozione di rivedere l'amato, Regina si rese conto che era diverso. Lo ricordava molto più contenuto. Prese in mano la situazione.

“Senti, cosa ci facevi qui?”

“Oh, guarda questa sera ne succedono di tutti i colori. Ero con un'amica quando ci accorgiamo di un incidente. Un pazzoide ha investito un poveretto e ha tirato dritto come niente fosse. Non sapevamo cosa fare, il ragazzo svenuto! Allora cerchiamo aiuto, e dopo poco compare un poliziotto che vuole sapere l'accaduto. Io ho finito di deporre proprio ora”.

“Aspetta un attimo. Hai detto amica?”. Regina drizzò le antenne all'istante.

“Sì, si chiama Natasha, uno zuccherino, guarda. Mi spiace averla delusa, ma per noi proprio non c'è storia”.

“Storia? Non state insieme quindi?”. L'attenzione di Regina era attiva come non mai.

“No cara, come potremmo?”, Michael diede un'alzata di spalle.

“Ma io vi ho visti su una panchina, eravate come una cozza allo scoglio!”. Regina non capiva.

“Beh, Natasha ha voluto fare di testa sua, le serviva una prova, mica mi credeva!”

“Non credeva cosa?”.

Michael sospirò. “Sono gay”.

COSA? Lui? E lei non se n'era mai accorta.

“Ti ho sorpreso? Vedi, è da quando ti conosco che ti ho preso a modello. Sei proprio il tipo di donna che vorrei essere io!”. Accidenti, ora vedeva chiaro. E la sua mente realizzò quel che l'inconscio già aveva recepito. Michael aveva la sua stessa gestualità. E anche una buona dose di logorrea. Certo che il destino era proprio beffardo.

Regina cominciò a ridere a pieni polmoni, a momenti soffocava. Così facendo, se ne andò, ansiosa di ricongiungersi a Yogurt. Norman la seguì, voltandosi a guardare uno sbigottito Michael, col suo terribile sorriso da quokka.

 

Per ogni grande storia, c'è una grande morale. In questo caso, di sicuro, è solo questo: le case bruciano, la gente muore, ma il vero amore è per sempre.

E la puzza. Quella sì che rimane.







Here we are, ladies and gentlemen. Grazie a chi ha seguito e a coloro che seguiranno!

  
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