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Autore: J85    24/11/2008    3 recensioni
Questa è la mia prima fan fiction che pubblicai qualche anno fa, il genere esatto è sportivo: si parla di calcio!
Genere: Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“I MIGLIORI”

 

Nel nostro mondo, come tutti sappiamo, esistono cose brutte, come le guerre, ma anche cose belle, come l’amicizia, questo racconto parla di una di queste ultime e, più precisamente, dello sport.

Con la parola sport s’identifica un insieme di attività, per lo più fisiche, con la quale una persona o un gruppo di esse dà il proprio meglio per raggiungere un obiettivo.

In questo racconto viene presa sotto esame una di queste ossia il calcio, uno sport tra i più famosi, se non il più famoso, al mondo, dove il diverso colore di pelle e le diverse culture vengono messe da parte per un unico obiettivo: fare gol!

La città dove si svolge questo racconto si chiama Engla e, come in tutte le città che si rispettino, ad Engla vi sono molte scuole, tra cui una delle più rinomate è la Fota.

In questa scuola si è appena trasferito un nuovo studente, il suo nome è Giacomo Paci e la sua più grande passione è il calcio, di cui abbiamo parlato poco prima, ed ora sta giusto andando nella palestra scolastica per iscriversi alla squadra della scuola ed il suo unico pensiero è: “Speriamo che mi accettino!”.

Essendo nuovo della scuola, una volta arrivato in palestra, non sa a chi rivolgersi…per fortuna in suo aiuto arriva un ragazzo a cui lui presentandosi chiede “ciao sono Giacomo Paci, sono nuovo della scuola e vorrei iscrivermi alla squadra scolastica, te sai per caso a chi mi devo rivolgere?”.

Il ragazzo gli risponde “ti devi rivolgere al professore Bianchi, che ora è impegnato con una sua classe”.

“Ah…e te sai quando finisce?” chiese Giacomo.

“Si, tra una quindicina di minuti…se vuoi aspetto qui con te” propose l’anonimo, per ora, ragazzo.

“Non sarebbe una brutta idea visto che non lo conosco neanche!” disse Giacomo.

“Ok, tanto anch’io lo sto aspettando per parlare della squadra” rispose l’altro.

Dopo questa affermazione, nel cervello di Giacomo, cominciavano a crearsi numerosi quesiti riguardanti l’identità del ragazzo con cui aveva appena parlato.

Passati cinque minuti in religioso silenzio, il nostro eroe decise di dare una risposta hai suoi interrogativi e chiese “scusami ancora, ma te chi sei?”.

Il giovane rimase un po’ sorpreso da questa domanda arrivata in un modo così diretto, ma subito dopo rispose “io sono Gabriele Cento, regista e capitano della squadra dell’istituto Fota!”.

Un attimo dopo questa risposta Giacomo rimase impietrito, come se avesse visto chi sa quali apparizioni, non trovando parole migliori che “ah scusa…non lo sapevo!”.

“E perché dovresti scusarti? Hai detto che sei nuovo della scuola”.

Dopo questo primo imbarazzo iniziale i due ragazzi fecero subito amicizia, grazie soprattutto alla grande passione di entrambi per il calcio, e, sempre in attesa che il prof. Bianchi termini la sua lezione, i due si scambiarono diverse opinioni sul loro sport preferito.

Alla fine li raggiunse anche il tanto voluto prof. Bianchi, che accetto molto volentieri l’ingresso nella squadra di Giacomo.

Bene ragazzi, scusate se non mi dilungo sui particolari, ma adesso dobbiamo avanzare di nove mesi rispetto al precedente avvenimento, nel mese in cui il campionato interscolastico è quasi giunto al termine e, con un po’ meno importanza, gli studenti devono svolgere un piccolo esame per essere ammessi alla classe superiore, non vi preoccupate questa è una caratteristica solamente della scuola Fota!

Come avrete sicuramente capito, per il nostro eroe è uno dei periodi più impegnativi dell’anno, e Giacomo è impegnatissimo nel far rientrare, nello stesso arco di tempo, studio e calcio.

Al secondo poi non può proprio rinunciare visto che la sua squadra, l’istituto Fota appunto, con una vittoria per 1-0 si è qualificata alla finale per il primo e secondo posto, lui stesso è molto migliorato rispetto ai primi allenamenti, grazie anche all’aiuto del capitano, e suo amico, Gabriele, che gli ha insegnato come muoversi nel campo di gioco e a mettere le proprie gambe al servizio della squadra, insomma ad essere un grande centrocampista.

Purtroppo, a rovinare questa storia, arriva un terribile imprevisto che si manifesta come un foglio di carta dove è scritta la data della finale.

Quel giorno per Giacomo era cominciato come tanti altri, la mattina le solite sei ore di scuola, mentre il pomeriggio c’era l’allenamento con la squadra, che invece aveva assunto una particolare importanza essendo una settimana prima della sfida finale, all’arrivo nell’ingresso degli spogliatoi, il giovane aveva subito notato un consistente accalcamento di suoi compagni davanti al muro dove venivano appesi i fogli con le notizie importanti.

La curiosità spinse Giacomo a chiedere “che c’è di tanto interessante ragazzi?”.

Uno dei suoi compagni gli rispose “c’è la data della finale!”.

Allora il giocatore penetrò nell’agglomerato umano per sapere finalmente il giorno in cui si sarebbe verificata la partita da lui tanto attesa, la vide e subito esultò, come avesse fatto un euro gol.

Un altro suo compagno lo vide e subito gli chiese “ma che hai da esultare?”.

L’altro, un po’ sorpreso da questa domanda, gli rispose “come? Non siete contenti anche voi di sapere il giorno della nostra vittoria finale?!”.

Il compagno scosse la testa e gli disse “ma l’hai vista bene la data?”.

Giacomo si girò per osservare di nuova la data, ritornò con la faccia verso il suo compare e rispose “si, e allora?”.

Il ragazzo, che stava visibilmente perdendo la pazienza, gli domandò “non ti sembra la stessa degli ultimi esami?”.

A questa domanda il nostro eroe cominciò a sudare freddo, si girò un’altra volta verso il foglio, e rimase in un silenzio tombale, silenzio rotto dall’esclamazione del capitano che, uscito dallo spogliatoio, disse “ragazzi, venite dentro che il mister ci deve dire una cosa”.

Non ci vuole certo la palla di cristallo per indovinare cosa il prof. X doveva dire loro, nonostante ciò i ragazzi entrarono, si sedettero sulle panchine e rimasero in ascolto.

Allora l’allenatore cominciò “ragazzi…penso abbiate già visto tutti il foglio attaccato fuori e quindi non vi dico cosa fare, poiché siamo obbligati a farla, quindi sono vi ho convocato qui per dirvi che sono fiero dei risultati ottenuti quest’anno”.

Dopo queste parole un applauso scrosciante avvolse tutto lo spogliatoio, con anche X commosso dall’affetto che i suoi ragazzi gli dimostrarono.

L’ultimo allenamento della squadra dell’istituto Fota si svolse circondata da un’aria di sconforto totale da parte di tutti i giocatori, dei quali il più sconfortato è proprio Giacomo che vedeva io suoi sogni venir spazzati via in un attimo.

Un vecchio proverbio, ma sempre di moda, dice: “la speranza è l’ultima a morire” e questo racconto n’è la prova, infatti, dopo aver fatto la doccia, il nostro eroe parlava dell’ultima terribile novità con il capitano “certo non ci voleva questa cosa a rovinare tutto il nostro impegno!”.

Gabriele rispose “hai ragione…non hanno imparato niente dagli errori passati!”.

Quest’ultima affermazione sorprese il ragazzo che domandò “che vorresti dire?”.

“Che non è la prima volta che succede ma la seconda!”.

“Cosa???” disse Giacomo rimanendo bloccato sulle gambe.

Allora il capitano raccontò all’altro che già tre anni prima, quando lui era appena arrivato all’istituto, si era verificata una situazione uguale a quell’attuale: tutti gli studenti decisero di fare l’esame tranne undici che giocarono la finale!

“Chi sono? Posso sapere i loro nomi?” chiese Giacomo.

Il capitano rispose “li chiamavano i “Migliori”, se t’interessa tanto domani ti posso dare un foglio con scritto che cosa fanno adesso”.

“Si, grazie capitano!” fu la risposta del giovane centrocampista.

Nei suoi occhi si era riaccesa la luce della speranza, infatti nella sua mente si faceva sempre più spazio un idea tanto strana quanto difficile da realizzare.

L’idea di Giacomo era infatti quella di, una volta ricevuto il foglio da Gabriele, andare a cercare questi undici misteriosi giocatori per proporgli di tornare a giocare con l’istituto Fota.

Il giorno seguente i due ragazzi s’incontrarono al luogo e l’orario stabilito il giorno prima e, sempre come stabilito, Gabriele diede a Giacomo il foglio, che a questo punto aveva assunto un importanza elevatissima, ricordandogli che “avrai dieci giorni per trovarli…fai del tuo meglio!”

Dopo aver rapidamente salutato il capitano, il nostro eroe salì in sella alla sua fidata mountain bike e partì subito alla ricerca degli undici cavalieri pronti, com’erano nelle sue speranze, ad aiutarlo in questa impresa; il primo della lista era il portiere Luca Jani che, secondo i dati riportati nel foglio, non aveva lasciato lo sport passando dal calcio al basket.

Dopo aver messo la bici sul cavalletto Giacomo esclamò “Allora… secondo le indicazioni di Gabri, la palestra dovrebbe essere questa” mentre controlla in un foglio l’indirizzo dell’impianto.

Una volta entrato, assiste ad un incredibile intercettazione da parte di uno dei ragazzi che si sta allenando.

Ciò fa esclamare al giovane “Non c’è dubbio è proprio lui!”

Mentre il n. 8 del Fota si avvicina alla sua “preda” arrivano spontanei i commenti degli altri giocatori di basket come: “Ehi! Chi è quello?” oppure “a me non sembra un giocatore di basket…”, ma Giacomo non curante di loro si fermò davanti a Luca e gli chiese “Tu sei Luca Jani, giusto?”.

Il pivot gli rispose “esatto, e tu chi sei?”.

“Mi chiamo Giacomo Paci ma comunque…Luca, saresti disposto a difendere la porta dell’istituto Fota ancora una volta?”.

Dopo quasi un minuto di pausa arrivò la risposta, “Lo farò ma ad una condizione…”

Giacomo, che non era certo sorpreso da questo imprevisto, chiese “E sarebbe?”.

Il portiere fece un sorriso beffardo “ Che tu mi batta a basket!”.

Nella scuola Fota non è solo il calcio lo sport praticato dai professori di educazione fisica, quindi, il nostro protagonista non si tirò indietro e rispose “Ok, ti dimostrerò che hai fatto male a cambiare sport!”.

Dopo 3 minuti per i preparativi i due giocatori erano pronti per iniziare la sfida, ma prima Luca detta le regole dell’incontro “Vince chi arriva prima a 10, visto che sei un principiante ti do 5 punti di vantaggio!”

Giacomo prese al volo questa opportunità e sbuffò “Fai come vuoi”.

La partita ebbe inizio e, dopo neanche mezzo minuto, Jani riesce a pareggiare con una delle sue schiacciate e ad un tiro da tre, ma il robusto Paci non si arrese e con un altro tiro da tre punti si portò a 8, ma questo non fa altro che infuriare il portiere che con un’altra schiacciata e due tiri liberi, conseguenza di un fallo in difesa di Giacomo, la partita ricomincia sul 9 a 8 per Jani.

Il ragazzo in svantaggio pensò: “Cavolo! Non pensavo fosse così bravo anche nel basket, ma non mi devo arrendere, devo vincere questa sfida per dare alla mia scuola un portiere forte e imbattibile!”

Fatte queste considerazioni Giacomo si portò in avanti e, soprattutto grazie alla sua forma fisica, riuscì a fare una schiacciata facendo cadere pure Luca, ma ecco che uno dei compagni di quest’ultimo, che si era offerto volontario per fare l’arbitro di questo particolare incontro, fischia, i due giocatori si girarono e lui decise per… “fallo in difesa, non importa effettuare i tiri liberi perché la partita è stata vinta dal ragazzo sconosciuto!”

“Si!!!!! Ce l’ho fatta!!!!!”, il n. 8 non si preoccupò del soprannome datogli ed esultò come se avesse segnato un gol.

Jani accettò la sconfitta e decise “Va bene, mi unirò a voi, ma prima ti volevo chiedere una cosa… hai mai pensato di cambiare sport?”

Il nostro eroe non rispose a questa domanda “provocatoria” e ripartì verso la sua prossima meta: l’istituto privato Seirin.

Qui ritroviamo Giacomo nella classe di Roberto Crosti dove si stanno svolgendo le lezioni pomeridiane, e dove il nostro amico ha rintracciato il prossimo acquisto per la sua squadra.

Giacomo entrando chiese un’informazione ad uno degli studenti “salve è questa la classe di un certo Roberto Crosti?”

L’altro gli “sì Roberto è là nel suo banco che studia ma se fossi in te non lo disturberei”

“Mi dispiace ma devo farlo, grazie lo stesso”.

Detto questo Giacomo si avvicinò al banco del terzino, che era talmente concentrato negli studi da non essersi accorto della presenza del n. 8 del Fota.

Ma, nonostante ciò, Paci non si fermò “ciao Roberto faccio parte della squadra di calcio dell’istituto Fota e ti volevo chie…”

Il ragazzo non fece in tempo a finire la frase che l’altro subito gli rispose “Non ora, devo assolutamente risolvere questo problema aritmetico!”

Quest’affermazione sconvolse il povero Giacomo che doveva a tutti i costi convincere Roby ad unirsi alla squadra.

Il nostro eroe pensò “e ora come faccio a convincerlo ad unirsi a noi?”

Mentre stava pensando questo si accorse di un errore di cui lo studente non si era accorto, ma preferì tacere.

“Accidenti devo assolutamente finire questo problema prima della fine delle lezioni!” esclamò seccato Crosti.

A questo punto Giacomo usò l’astuzia e propose “senti Roberto, io sono dell’istituto Fota, ed inoltre ho trovato l’errore che ti farà risolvere il problema, ora ti faccio una proposta, se l’errore è giusto ti unirai alla squadra con me e se, invece, l’errore è sbagliato me n’andrò via da solo ci stai?”

Il povero Crosti, pensando che il ragazzo che gli era comparso davanti stesse bluffando, accettò dicendo “Va bene, avanti dimmi dov’è l’errore!”.

“Eccolo qua”, disse Giacomo indicando con il dito.

Dopo qualche minuto di riflessione…Crosti chiese all’altro “Dove li svolgete gli allenamenti?”.

Dopo che anche il terzino dei migliori ha deciso di unirsi alla squadra, la mountain-bike di Giacomo riparte per una nuova destinazione, un luogo in cui il ragazzo aveva sempre desiderato andare, il Milan Camp di Engla per “catturare” il terzino sinistro Paolo Mazzini.

Quest’ultimo era il fratello minore di un vero giocatore di calcio quale Patrizio Mazzini, difensore appunto del Milan, un uomo di cui Giacomo ammirava la correttezza sia in campo che fuori e per questo l’emozione era tanta.

Dopo aver chiesto ad un inserviente notizie sul calciatore, il nostro protagonista si sedette su una panchina in attesa del suo arrivo.

Passati cinque minuti Paolo salutò il ragazzo e gli chiese il perché lo stesse aspettando.

Giacomo rispose “sono qui per chiederti se vuoi tornare a giocare con l’istituto Fota per la finale del campionato scolastico!”.

Allora l’altro gli chiese “e secondo te perché dovrei tornare in una squadretta come la vostra quando ora sono nel Milan?”.

L’affermazione del ragazzo non aveva neanche bisogno di risposta, e questo Giacomo lo sapeva, ma in suo aiuto arrivò una persona a lui sconosciuta che disse “però come prova non sarebbe male…”.

Paolo si girò e riconobbe subito il personaggio cui chiese “che cosa intende dire mister?”.

L’uomo, che altri non era che l’allenatore di quel Camp, con un sorisetto in viso gli espose il suo pensiero “voglio dire che non è ancora deciso se ti unirai a noi o no, quindi potresti utilizzare quest’opportunità per convincere, me e gli altri, a puntare su di te invece che su altri giovani”.

“Quindi, se ho capito bene, se io vinco questa partita, posso far parte del Milan, se invece la perdo, ci devo rinunciare!” disse il terzino alquanto perplesso.

“Esatto” concluse l’allenatore.

Dopo un attimo di riflessione il ragazzo si girò verso Giacomo e gli disse “ok, sono dei vostri!”.

Quindi anche il terzino sinistro aveva accettato e il centrocampista centrale, deciso come non mai di rimettere insieme questa squadra di fenomeni, si avviò verso una struttura che altri non poteva essere se non un’officina meccanica.

L’obbiettivo di questa visita era “l’acquisto” del difensore centrale, e anche libero, Franco Bechi.

Appena entrato il ragazzo si trovò davanti solamente due operai, intenti ad effettuare il loro lavoro, ma nonostante ciò Giacomo domandò “scusate…è qui che posso trovare Franco?”

Dopo un attimo di silenzio totale, l’uomo che continuava a girare nella stanza alla ricerca dei vari strumenti di lavoro disse, riferendosi all’altra persona distesa sotto un macchina che effettuava delle riparazioni, “Franco, c’è un ragazzo che vuole te!”.

“Ok arrivo!” fu la risposta.

Una volta che il giovane meccanico si pulì le mani con un straccio ormai del tutto annerito, i due si presentarono, stringendosi la mano, e Giacomo poté quindi spiegargli il motivo per cui lui era lì.

Dopo averci riflettuto Franco si spiegò “vedi Giacomo, a me piacerebbe tornare a giocare a calcio, ma ormai ho preso un impegno con mio padre per aiutarlo qui all’officina…”, mentre il nostro eroe si stava deprimendo per la non riuscita di questo quarto giorno, ad aiutarlo arrivò ancora una volta la parola di un adulto “e perché no? In fondo avevo l’intenzione di prendermi le ferie in questa settimana quindi potresti anche andare a giocare!”

“Dici sul serio papà?” chiese Franco.

“Certo basta che mi fate un ultimo lavoretto: rimontate a nuovo questa macchina!”.

Così, grazie ai preziosi suggerimenti di Franco, i due ragazzi completarono il lavoro che gli era stato affidato e si accordarono per la riunione della squadra.

Il prossimo obbiettivo era forse il più difficile di tutti, poiché si trattava di Giorgio Basti, ex-ala destra e ora capo di una banda di teppisti: i Red Devils.

Appena entrato nel bar dove, informandosi, aveva saputo che si riuniva il gruppo, riconobbe subito i componenti e, soprattutto, il giocatore.

Con il cuore che gli batteva a mille, il giovane si avvicinò al loro tavolo e chiese “sei tu Giorgio Basti?”.

A sentire nominare il suo nome, il più capellone del gruppo si girò e chiese “e tu chi sei?”.

“Il mio nome è Giacomo, ti volevo chiedere se tornavi a giocare a calcio con il Fota?” fu la risposta.

Dopo questa frase il ragazzo col giubbotto di pelle nero si alzò, si avvicinò al nostro, e gli tirò un fortissimo destro che lo fece stramazzare al suolo.

Giacomo, con il sangue che gli usciva copiosamente dal naso, non fece in tempo a rialzarsi che fu vittima di altri 5-6 colpi da parte di Giorgio, visibilmente irritato.

Nonostante tutto Giacomo non si arrese, e cominciò a urlare ad alta voce “ti prego rientra nella squadra…abbiamo bisogno di te…dobbiamo giocare la finale tra 3 giorni…ci saranno anche gli altri migliori…”

Dopo l’ultima affermazione, il pestaggio si fermò, con l’aggressore che rimase immobile per un po’ di tempo fissando il pavimento del locale.

Poi chiese “davvero ci saranno anche gli altri?”.

“Si” rispose il pestato con un filo di voce.

Dopo un altro attimo interminabile di silenzio, Giorgio disse “ok! Ci si vede sabato al campo d’allenamento” ed uscì.

Anche questa era fatta; seppur ancora un po’ malridotto, Giacomo stava raggiungendo il prossimo obbiettivo: Michele Plato, trequartista sinistro della squadra.

Per l’ennesima volta le notizie di Gabriele erano esatte, poiché il nostro protagonista trovò Michele nella strada segnata nel foglio intento a dipingere.

“Strano davvero il cambiamento da artista del campo di calcio ad artista della tela!” pensava Giacomo mentre gli si avvicinava.

“Ciao io sono Giacomo e sono qui per chiederti…” non riuscì a finire la frase che venne subito zittito dall’artista.

Proseguirono altri vani tentativi per almeno mezz’ora poi, per la prima volta in questa storia, Paci perse completamente le staffe e, con un potente calcio, buttò a terra la tela di Michele, rovinandola.

A questo punto Plato si alzò, si girò verso colui che gli aveva rovinato il dipinto, e disse “ti avevo detto di non disturbarmi…”.

“Ascoltami, io sono dell’istituto Fota e ti cercavo per chiederti se volevi tornare a giocare a calcio con noi?”.

“Dopo quello che hai fatto, non credo proprio” rispose lui con un aria seccata.

Dopo un attimo di silenzio arrivò inesorabile la trovata di Giacomo: “ok…se te lo rifaccio poi mi prometti che ti unirai a noi?”.

“Anche se non penso che tu ce la farai, accetto la tua scommessa!” fu la risposta.

Ora Giacomo mise tutto l’impegno che lo caratterizzava e che, unito a sue esperienze nel campo della pittura risalenti alle medie, gli diede la spinta per accettare anche questa sfida.

Dopo aver preso una nuova tela, il numero 8 si mise a rappresentare su di essa il pezzo di strada che Michele prima di lui stava dipingendo, anche se non ne capiva il motivo.

Durante la prestazione, lo stesso novello pittore era interessato dallo stile di pittura, semplice ma non primitivo, del giovane.

Finita l’opera, subito Giacomo chiese un parere all’altro che gli rispose “si…non è certo il mio stile…il tratto è ancora grezzo…però nel contesto è accettabile…”.

“Allora vieni con noi?” cosa che gli interessava ancora di più che dell’analisi precedente.

“Va bene, hai vinto te” e così anche Plato era arruolato.

Ma subito un’altra strana metamorfosi attendeva il nostro eroe: si tratta di Gianni Riva che aveva lasciato il calcio per la religione.

Giacomo arrivò nella chiesa dove ora risiedeva Gianni, parcheggiò la bicicletta ed entrò.

Una volta entrato chiese ad un chierichetto informazioni sul suo obbiettivo e lui rispose “ora è in preghiera, se vuole può aspettarlo qui…”.

Allora si sedette su una sedia lì vicina, deciso ad aspettarlo ma, forse per la stanchezza che aveva addosso o forse per il silenzio che vi era lì dentro, si appisolò sul posto.

Dopo un periodo di tempo non precisato una voce svegliò Giacomo “su svegliati ragazzo…ho sentito che mi cercavi…”.

Il ragazzo, ancora assonnato, riconobbe il suo possibile compagno di centrocampo nella figura che aveva davanti allora, con un rapido scatto, gli chiese “sei Gianni Riva? Sono qui per chiederti di unirti a noi…”.

Il novizio lo fermò “non urlare qui, sei in un luogo sacro”.

“ah…ok…ti dicevo che sono qui per chiederti di tornare a giocare a calcio per l’istituto Fota insieme ai tuoi vecchi compagni”.

L’altro non rispose ma andò a pregare in ginocchio davanti al crocifisso del santuario, e vi rimase per quasi un’ora.

Durante questo periodo di tempo, Giacomo si chiedeva perché era tornato a pregare visto che ci era stato per chi sa quanto tempo prima, e poi non gli aveva ancora spiegato bene la situazione.

A questo punto Gianni si alzò, si avvicinò, mise una mano nella spalla all’altro e disse “va bene…verrò con te…ma solo perché capisco che siete in una situazione difficile…”.

Giacomo sorrise, e poi uscì dal monastero per riprendere la sua ricerca, che si sta avvicinando alla conclusione.

Per il prossimo obbiettivo doveva pure affrontare un viaggio con il traghetto, per raggiungere l’isola Buca, dove la maggior parte delle persone andava per giocare a golf.

Infatti, stando alle informazioni lasciategli da Gabriele, Diego Marano, il terzultimo giocatore da cercare, passava molto tempo su quest’isola, per lo più a giocare a golf e a fumare, un suo brutto vizio.

Giacomo lo raggiunse in uno dei campi da gioco e gli espose subito il suo quesito “vuoi tornare a giocare con l’istituto Fota?”.

Lui non rispose e cercò di sfuggire a quello scocciatore salendo sul caddie, ma il nostro lo inseguiva da dietro porgendogli sempre la stessa domanda.

Alla fine si fermò davanti all’uscita del club di golf e prese una sigaretta che stava per accendersi quando, in un attimo, Giacomo lo raggiunse, gli prese la sigaretta dalla bocca e se la strinse in mano per sbriciolarla il più possibile.

A quest’ultimo atto, Diego per la prima volta parlò “ma che vuoi?”.

L’altro, dopo aver ripreso il fiato, gli rispose “te l’ho già detto…voglio che tu torni a giocare con  noi a calcio!”.

“Il Fota mi ha già scacciato una volta…tu pensi che non lo rifaccia ancora?” gli osservò Marano mentre scendeva dal caddie.

“Ma questa volta è solo per una partita…” lo informò Giacomo.

E così gli spiegò tutta la faccenda, che anche noi ora sappiamo a memoria, per poter suscitare in lui un minimo d’interesse in questa nuova impresa.

Dopo aver ascoltato tutto il giovane disse “bene, ho deciso…” e intanto si stava accendendo un’altra sigaretta.

Giacomo, seccato, gliela prese e gli chiese “allora cos’hai deciso?”.

“Sono dei vostri!” disse lui mentre buttava via il pacchetto di sigarette e l’accendino.

Nel raggiungere il penultimo obbiettivo della sua infinita odissea, il centravanti Marco Vanni, al nostro protagonista venne il dubbio che l’attuale capitano del Fota si fosse, in qualche modo, sbagliato nell’indicargli il posto dove l’avrebbe, quasi sicuramente, trovato.

Infatti lo trovò proprio nell’ospedale cittadino, nel reparto che era scritto nel foglietto, e la prima cosa che attirò l’attenzione di Giacomo fu il gesso leggero che avvolgeva la caviglia destra.

Nonostante questo, però, arrivò la solita proposta che fece rimanere perplessi entrambi.

“Come tu noterai bene, Giacomo, sto per terminare il mio periodo di riabilitazione, dopo un serio infortunio che ha colpito la mia caviglia, quindi non so se ce la farò a recuperare per la vostra partita” disse Marco.

L’altro ragazzo rimase per un po’ di tempo in silenzio, poi concluse “ok Marco, in bocca al lupo per la tua caviglia…”.

Detto questo si salutarono e si diressero in direzioni opposte l’uno dall’altro.

Fu così che Giacomo, deluso da questa sua ultima visita e stanco da questo suo lungo viaggio, si apprestava a trovare l’ultimo giocatore della sua squadra: Emanuele Pellegrini, il migliore dei precedenti nove grandi calciatori.

Prima di levare il cavalletto alla sua adorata mountain bike, Giacomo osservò nel foglietto l’ubicazione del suo ultimo obbiettivo e ci rimase di sasso; infatti vi era nel biglietto il nome del ragazzo ma mancava completamente il luogo dove l’avrebbe potuto trovare.

Preso dallo sconforto, si sedette su una panchina del parco davanti all’ospedale a fissare il vuoto.

Fu svegliato da questo suo stato solamente dalle urla di alcuni bambini che giocavano, tanto per cambiare, a pallone.

Nel girarsi verso questi notò che non era l’unico a fare da pubblico a questa semplice partita, vide infatti un ragazzo, che doveva avere all’incirca la sua età, che, in piedi, osservava il modo di giocare dei ragazzini, non certo impeccabile, per poi girarsi ed incamminarsi lontano.

A questo punto, Giacomo senti come una specie di sesto senso che lo spingeva a fermare quel ragazzo perché sentiva, senza prove certe, che quel ragazzo era proprio Emanuele.

Allora si precipitò all’inseguimento e, una volta raggiunto, lo afferrò per un braccio e, ancora in affanno, gli chiese “Scusami ma posso sapere come ti chiami?”.

Il giovane si voltò, gli sorrise, e rispose “Certo! Mi chiamo Emanuele, perché lo vuoi sapere?”

“ah…ecco…vedi…” per un attimo Giacomo si era scordato la sua solita “filastrocca” che aveva ripetuto finora anche agli altri nove, sorpreso dalla reazione del ragazzo, poi si decise “io sono del Fota e sono qui per chiederti un favore…”.

Vi risparmio il solito pezzo in cui lui chiede all’altro di partecipare alla partita, chiaramente avrete capito che accettò di buon grado.

Ora, con un salto nel tempo, passiamo alla mattina del giorno fatidico, dove Giacomo ripensava, mentre faceva colazione, agli allenamenti che aveva svolto con i dieci campioni, vedendo in tutti loro lo spirito del vero calcio, fatto di impegno e di divertimento, e, nello stesso tempo, era orgoglioso di affrontare quella delicatissima sfida insieme a loro.

Il calcio d’inizio era fissato per le 10 di mattina, ma i ragazzi si ritrovarono fuori dal campo alle 9 e 30 per un ultima discussione riguardante la loro tattica e gli avversari.

“Sono contento che voi tutti abbiate accettato il mio invito…anche se per alcuni di voi non è stato affatto facile, vi ringrazio in anticipo del vostro prezioso aiuto, comunque vada questa partita”.

A rispondere fu Emanuele, capitano di quella dinamica selezione, “io spero di parlare a nome di tutti e ti ringrazio per questa nuova chance che ci hai dato, nonostante abbiamo lasciato il mondo del calcio e l’istituto Fota in quella maniera.”

“Che fate ancora lì?! Andate a riscaldarvi!”.

Tutti e undici i giocatori si girarono verso la persona che aveva pronunciato quelle parole e videro, incredibile ma vero, mister Bianchi, lo stesso allenatore che tre anni prima li aveva abbandonati al loro destino lasciandoli giocare una finale che, vinta dai nostri con una straordinaria prestazione, fu data vinta 3-0 agli avversari per la “non ufficialità” della squadra del Fota.

Il nuovo arrivato fu accolto con gioia e gratitudine solamente dal nostro protagonista, mentre i restanti dieci perdonarono comunque il loro ex-allenatore, ma il loro saluto si limitò ad una stretta di mano, che in fondo voleva dire molto più di altri saluti.

La partita poteva finalmente avere inizio: gli avversari dei nostri ragazzi, l’istituto Alstra, aveva conquistato la finale con gare giocate al massimo dell’impegno e con una classe che solo una volta fu vista nel cammino verso la finale del torneo, proprio la stessa finale menzionata precedentemente, e certo non erano i tipi di avversari che i ragazzi speravano di incontrare per il loro rientro nel calcio.

I primi 5 minuti della partita furono i classici minuti di studio reciproco da parte delle due squadre a qualcosa non andava da parte del Fota, infatti i giocatori avevano avuto solo un giorno per allenarsi insieme dopo tre anni di inattività in cui avevano perso ognuno le tracce dell’altro, per questo motivo, all’8’ minuto, la difesa del Fota fu infilata da un’azione personale del numero 9 avversario, che batte senza problemi il portiere Jani.

Quella squadra che aveva tanto entusiasmato tre anni prima ora era irriconoscibile: sbagliavano i passaggi più semplici, non riuscivano a fare scattare la trappola del fuorigioco, non centravano la porta nei loro pochi tiri degni di nota, ma soprattutto non avevano più fiducia l’uno nell’altro.

Nell’ultimo minuto del primo tempo l’Alstra riuscì a raddoppiare con una cross dalla sinistra messo dentro dal loro numero 10.

Durante l’intervallo negli spogliatoi l’aria che si respirava era tutt’altro che tranquillizzante, nessuno disse nulla e l’unico a parlare fu il mister che disse, durante il rientro in campo delle squadre “ora andiamo a giocare a calcio ragazzi…”.

Chi sa se fu per conseguenza a quella frase provocatoria, o per la voglia di non fare ulteriori figuracce, i ragazzi entrarono in campo con uno spirito nuovo, forte e vigoroso, e già dopo 5 minuti accorciarono le distanze con Vanni, i cui problemi alla caviglia sembravano non essere mai esistiti, che di testa insaccò alle spalle del portiere avversario un cross dalla destra di Basti, imprendibile sulla fascia come non lo era mai stato.

Ma l’Alstra non era squadra da arrendersi e allora ci provò subito dopo con un tiro da fuori area, che Jani levò dal sette come fosse la più facile delle palle.

Ad un certo punto la palla arrivò sui piedi di Crosti, forse il meno tecnico dei 10 magnifici ma in possesso di un passaggio millimetrico, che ovviamente sfruttò appena vide Marano sulla linea di centrocampo in attesa di un pallone giocabile.

Il fantasista appena stoppata la palla si girò e lasciò un primo avversario fermo sul posto; davanti a sé aveva cinque avversari compreso il portiere e, con la meraviglia di tutti, riuscì a superare i primi quattro nei modi più svariati, passandogli a sinistra, poi a destra, con tunnel incredibili, per poi saltare il portiere con una facilità disarmante e depositare il pallone in rete: al 55’ il risultato era sul  2 pari.

La partita era riaperta ma a tale match mancava ancora un protagonista: Emanuele Pellegrini.

Il nostro numero 10 infatti aveva solo fatto da spettatore ai quattro gol precedenti ma, a sei minuti dal meritato pareggio entra in scena anche lui; Riva, anche lui al massimo della forma, apre sulla destra per Basti che, dopo aver saltato un avversario, mette l’ennesimo cross in mezzo, in area, a spiccare il volo su tutti, c’è proprio Emanuele che con una splendida rovesciata porta in vantaggio il Fota.

Quindi 3-2 per noi; alla ripresa del gioco, la partita subisce un “periodo di stanca” dove entrambe le squadre fanno vedere ottime azioni, ma nessuna conclusa con il gol del pareggio o dell’aumento delle distanze.

Al 70’, con appena venti minuti alla fine, ai nostri viene fischiata una punizione dal limite sulla sinistra, il nostro mancino è Marano ma da quelle parti ha migliori risultati un tiro ad effetto di un destro, ed è per questo che a battere va Plato.

Con tanti fantasisti in squadra, Michele è stato dirottato sulla sinistra ma, nonostante questo, ha dato un grosso contributo alla partita con giocate sempre spettacolari; una di queste avviene proprio al 70’: il suo destro a girare non lascia scampo al portiere dell’Alstra e porta il risultato sul 4-2.

A questo punto sale in cattedra la difesa a 3 del Fota, guidata dal grande Bechi in posizione di libero, con i due ottimi marcatori Crosti e Mazzini e con uno strepitoso Jani che riesce a togliere le palle dai sette con una grande facilità, e il risultato rimane saldamente bloccato.

Nelle battute finali della partita, anche Riva prova ad aggiungersi alla lista dei marcatori con una gran botta da fuori area che il portiere avversario devia in angolo, siamo al 90’ e l’angolo viene battuto da Basti.

La palle scende morbida in area dove i giocatori dell’Alstra cercano in tutti i modi di bloccare i ragazzi del Fota ma, nonostante questo, uno di loro riesce comunque a svettare di testa e a segnare.

Che ci crediate o meno a chiudere la partita sul 5-2 è proprio il nostro Giacomo, il ragazzo con cui abbiamo condiviso questa particolare avventura e che ha disputato, come tutti gli altri, una partita incredibile con chiusure a centrocampo e rilanci quasi degni dello stesso Riva, e che ora sta piangendo come un bambino per il suo sogno realizzato.

Mister Bianchi entra in campo ad abbracciare tutti i suoi ragazzi chiedendogli ancora una volta, e questa volta ufficialmente, scusa per il suo comportamento risalente alla finale di tre anni fa, ed infine lancia una marea di complimenti a chiunque di questi 11 eroi gli capiti a tiro.

Dopo la premiazione, i festeggiamenti e le promesse per prossimi incontri, si torna alla realtà con Giacomo bocciato d’ufficio, il professore Bianchi cacciato dalla scuola e i 10 Migliori scomparsi ancora una volta nel nulla; quello che non sapevano i ragazzi e che sulle tribune, oltre ai normali spettatori di quell’incontro, vi erano presenti gli osservatori dei più grandi club di calcio europei, e quindi: Jani venne acquistato dalla squadra inglese del Liverpool, Crosti venne acquistato dalla squadra spagnola del Barcellona, Mazzini venne confermato al Milan insieme ad altri suoi due compagni, Bechi venne acquistato dalla squadra tedesca del Bayern Monaco, Basti venne acquistato dalla squadra inglese del Manchester United, Plato venne acquistato dalla squadra italiana della Juventus, Riva venne acquistato dalla squadra italiana del Milan, Marano venne acquistato dalla squadra italiana del Napoli, Vanni venne acquistato dalla squadra italiana del Milan ed infine Pellegrini venne acquistato dalla squadra spagnola del Real Madrid; anche mister Bianchi passò ai professionisti ed andò ad allenare la squadra argentina del Boca Juniors.

Bene, mi sembra che sia tutto…ansi no, c’è ancora una persona di cui bisogna parlare: dovete sapere che Giacomo, dopo essersi diplomato al prestigioso istituto Fota, fu notato da molte squadre ma infine a credere davvero in lui è stata la squadra italiana del Parma, dove milita attualmente.

Ora penso sia davvero tutto…

 

 

 

FINE

 

  
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