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Autore: Madison Alyssa Johnson    20/01/2015    10 recensioni
Clastian seguito di Trenta giorni per farla innamorare.
L'ultimo giorno della convivenza è giunto. Molte cose sono successe, altrettante sono cambiate. L'odio ha ceduto il passo all'affetto, alla complicità e ad una meritata felicità.
Il mondo che aspetta fuori dalla porta, però, non è disposto a lasciarli in pace. Pretende delle risposte, da loro. Delle scelte.
Tutto ha un prezzo, anche la felicità.
Appoggiata al parapetto della torre, Clary socchiuse gli occhi. Suoni e colori le solleticavano i sensi, ma non riuscivano a farle dimenticare la presenza del ragazzo biondo al suo fianco. Il suo calore, così vicino, sembrava non aspettare altro che ustionarle la pelle. C’era una sorta di giustizia poetica nell’essere lì, si disse. Tutto era cominciato non distante da dov’erano in quel momento e l’odore di canale era quasi lo stesso di un mese prima, nella casa di Amatis. Era come un cerchio che si chiudeva.
Genere: Angst, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clarissa, Jace Lightwood, Jocelyn Fray, Sebastian / Jonathan Christopher Morgenstern
Note: What if? | Avvertimenti: Incest
- Questa storia fa parte della serie 'Anybody capable of love is capable of being saved.'
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You’re my Clar(it)y
 
 
 
 
 
If our love is tragedy, why are you my remedy? 
If our love’s insanity, why are you my clarity?

‒ Zedd, Clarity
 
 
 
 
 
Parigi era bellissima. La Senna luccicava come la Via Lattea e sorrideva a quanti l’ammiravano dalla Tour Eiffel. Il profilo di Notre-Dame attirava l’occhio con la sua lunga navata ammantata di luci.
Appoggiata al parapetto della torre, Clary socchiuse gli occhi. Suoni e colori le solleticavano i sensi, ma non riuscivano a farle dimenticare la presenza del ragazzo biondo al suo fianco. Il suo calore, così vicino, sembrava non aspettare altro che ustionarle la pelle. C’era una sorta di giustizia poetica nell’essere lì, si disse. Tutto era cominciato non distante da dov’erano in quel momento e l’odore di canale era quasi lo stesso di un mese prima, nella casa di Amatis. Era come un cerchio che si chiudeva. Sorrise.
‒ A che pensi? ‒ La voce di Jonathan la riscosse e le sue braccia calde la rinchiusero in un abbraccio che da troppo tempo la faceva tremare nel profondo.
‒ A tutto e a niente. ‒ rispose. Lo stomaco si accartocciò e si contorse. Lo aveva tenuto sulla corda fino a quel momento, ma era la prima a non tollerarlo più. Ci erano andati vicino così tante volte che ancora non riusciva a spiegarsi come aveva potuto resistergli.  
Le labbra del ragazzo stamparono un bacio sul suo collo, sotto l’orecchio, e sorrisero. ‒ A me? ‒ Il tono era dolce, ridente, vivo.
Clary si appoggiò con la schiena al suo petto e gli accarezzò il dorso delle mani. ‒ Anche. ‒
Jonathan ricambiò la stretta e respirò il suo profumo. Le baciò la guancia, la mandibola e la pelle sotto l’orecchio. ‒ E a che altro? ‒
A come dirti addio. Si morse il labbro inferiore fino a strapparne la pelle secca. ‒ Al tempo che abbiamo passato insieme. ‒ Deglutì. ‒ Sono scomparsa all’improvviso e la mia famiglia sarà di sicuro preoccupata per me. ‒ Si voltò e appoggiò le mani sulle sue spalle. ‒ Devo tornare da loro. ‒
Le mani di Jonathan la strinsero contro il suo petto e le esplorarono la schiena, nonostante tutti gli strati stoffa che le dividevano dalla pelle nuda. ‒ Sanno dove sei. ‒ disse. ‒ Ho fatto in modo che lo capissero. ‒
Che lo facesse Jace, vuoi dire. Lo squadrò. Ne comprendeva il motivo e adesso quel sangue sul suo corpo, tre settimane prima, aveva un nuovo significato. Non poteva odiarlo per questo, ma sua madre - la loro madre, anzi - non avrebbe pensato lo stesso. Sperò che non la ritenesse tanto debole da farsi fare il lavaggio del cervello. ‒ Perché non me l’hai detto? ‒
Jonathan sorrise. ‒ Non mi sembrava importante e tu non ne hai mai parlato. ‒
Clary gli morse piano le labbra. ‒ Ero piuttosto impegnata a convincerti a non distruggere il mondo. ‒ Lo baciò a stampo. ‒ E mi piacerebbe credere di essere riuscita. ‒
Jonathan le accarezzò il viso. Le spostò indietro i capelli e le sfiorò le guance con i pollici. ‒ Lo hai fatto. ‒ le assicurò. ‒ Ma non verrò con te ad Alicante. ‒
Il cuore di Clary saltò più di un battito e partì al galoppo. La bocca si inaridì.
‒ Tornare significherebbe rinunciare a te e non posso accettarlo. ‒ Fece un passo indietro. ‒ Perciò, lascio a te la scelta. ‒ Si lecco le labbra. ‒ Puoi tornare ad Alicante e dimenticarmi, oppure venire con me. ‒
Clary si tormentò le mani. ‒ Vuoi dire non vederli mai più? ‒
Jonathan le sfiorò le spalle, la schiena e la vita. Scosse la testa. ‒ Saranno i benvenuti ovunque tu voglia, ma solo se non tenteranno di allontanarti da me. ‒
Un sorriso leggero illuminò le labbra della ragazza. Lo abbracciò e lo baciò come non aveva mai fatto nemmeno con Jace. ‒ Non lo faranno, anche perché non servirebbe. ‒ promise. Si arrotolò una ciocca candida intorno alle dita e gli leccò le labbra.
Lui la trascinò nell’ennesimo bacio e si insinuò sotto il giaccone. ‒ Bene. ‒ sussurrò. ‒ Con l’eredità che ci resta possiamo fare quello che vogliamo. Qualsiasi cosa. ‒
Clary mugugnò e tamburellò sulla sua pelle. ‒ Va bene, allora ecco la mia proposta. ‒ Prese un respiro profondo. ‒ Andiamo da qualche parte, dove ti pare, e viviamo un paio d’anni da mondani. Semmai dovessi annoiarti, possiamo sempre andare a caccia di demoni. ‒
I suoi occhi la inchiodarono. ‒ Dubito che con te accanto avrò tempo di annoiarmi. ‒ sussurrò. Le accarezzò la pelle nuda e bollente. ‒ Se è questo che vuoi, faremo un tentativo. ‒
Clary sussultò, ma non si ritrasse. Annuì e si appoggiò al suo petto. ‒ Dovremmo scendere. ‒ sussurrò, rossa in viso.
Jonathan la baciò a stampo e si sforzò di lasciarla andare per chiamare l’ascensore.








 
Pont d’Iéna tagliava in due La Senna senza specchiarsi in essa.
Clary, avvolta dal braccio di Jonathan, studiò le luci che lottavano sul pelo dell’acqua nera. Perché è così difficile, dirlo? si chiese. Non avrebbe dovuto esitare. Il momento era perfetto e forse lui se lo aspettava anche. Aveva sprecato l’occasione giusta e chissà quando ce ne sarebbe stata un’altra. Ingoiò un sospiro. Non poteva dirglielo così, a casaccio. Ricambiò la stretta e sbirciò verso il suo profilo. Magari sarebbe riuscita a riprendere il discorso e a dimostrargli di non essere un totale disastro. O forse no.
Un messaggio di fuoco distrusse le sue speranze. Qualsiasi cosa vi fosse scritta bastò a incupire Jonathan.
Le sue labbra si stirarono, le sopracciglia si contrassero e le dita sulla sua anca tamburellarono per un minuto o due, prima che il ragazzo si decidesse a parlare. ‒ È un messaggio di Amatis. ‒ disse. ‒ Ha consegnato la Coppa e le mie condizioni al Conclave, ma accetteranno solo se riusciremo a convincere Jocelyn. ‒ Rise, aspro. ‒ Tanto varrebbe consegnarmi subito. ‒
Clary gli prese le mani. ‒ Possiamo farlo. ‒ 
Jonathan scosse la testa. ‒ Lei mi odia. ‒ Si liberò dalle fragili dita di sua sorella e allungò il passo per lasciarla indietro. Infilò le mani in tasca e ritirò il collo nel giaccone. Le spalle si incurvarono e il peso dei suoi diciassette anni sembrò piovergli addosso.
È solo un ragazzo. Come possono odiarlo così tanto? Lo inseguì, ma la suoneria del cellulare la fermò. L’aveva usato così poco, che quasi aveva dimenticato di averlo. ‒ Pronto? ‒
‒ Clary? Clary, sono io. ‒
Attratto dal rumore, Jonathan si voltò verso di lei. Tornò sui propri passi, ma rimase ad una distanza di sicurezza che lei non apprezzò affatto.
Gli fece cenno di avvicinarsi con una mano. ‒ Mamma? ‒ si costrinse a rispondere. ‒ Da dove stai chiamando? ‒
‒ Sì, Clary. Sono io. ‒ sospirò Jocelyn. ‒ Hai... Avete... Avete avuto il messaggio? ‒
Clary si irrigidì e cercò nel vuoto la mano di Jonathan. Si rilassò solo quando le loro dita si allacciarono e poté aggrapparsi alla sua stretta calda. ‒ Sì. ‒ rispose. ‒ Lo abbiamo avuto. ‒
‒ E cosa avete deciso di fare? ‒
Clary guardò verso Jonathan. « Fidati di me. » sillabò.
‒ Clary? ‒
Jonathan annuì.
‒ Accettiamo, mamma. ‒ Sospirò. ‒ Dove vuoi che ci vediamo? ‒
‒ Potevate presentarvi davanti al Conclave, invece di mandare avanti Amatis. ‒ La voce le tremò sul nome della donna e si alzò di un’ottava di troppo. ‒ Ad Hyde Park tra un’ora. ‒ Chiuse la chiamata di scatto, prima che Clary potesse anche solo pensare ad una risposta di senso compiuto.
Alla ragazza non rimase altra scelta che comunicare al fratello l’ultimatum della madre. ‒ Posso aprire un Portale ovunque, ma preferirei farlo a casa. ‒ aggiunse.
Jonathan annuì. ‒ Va bene. ‒ La strinse a sé e la baciò. Bastò a sciogliere la tensione dei muscoli prima che gli venisse un crampo.
Clary, rossa in viso, gli sorrise. ‒ Meglio che non sappia di questo. ‒ sussurrò sulle sue labbra e lo baciò di nuovo, fino a non avere più fiato.
‒ Non avevo nessuna intenzione di dirglielo, infatti. ‒








 
Hyde Park era immenso, eppure trovare Jocelyn fu semplice; fin troppo.
‒ Ha tutta l’aria di una trappola. ‒ commentò Jonathan, a denti stretti.
Clary gli accarezzò l’avambraccio e lo precedette. ‒ Mamma. ‒
Jocelyn le rivolse appena un cenno, scura in viso. Era in tenuta da battaglia e il braccio sinistro sfoggiava una runa dell’invisibilità.
Clary stirò le labbra e tolse dalla tasca uno stilo. Ci mancava solo che i mondani li vedessero litigare con una panchina vuota.
‒ Molto bene. Ora possiamo parlare liberamente. ‒ disse Jocelyn, quando la runa scintillò nera sulle loro mani. Accavallò le gambe. ‒ Convincetemi. ‒
I due Morgenstern si scambiarono un’occhiata d’intesa e Clary annuì.
Jonathan prese un respiro profondo e intrecciò le dita a quelle di lei. ‒ Qualsiasi cosa dica o faccia non basterebbe a convincerti, Jocelyn. ‒ Si passò una mano tra i capelli. ‒ Vi ho consegnato la Coppa Infernale. Vi ho spiegato come liberare gli Ottenebrati dal suo effetto. Ho promesso di lasciarvi in pace. ‒ elencò. Il tono era calmo, ma per gli occhi di Clary la postura rigida tradiva lo sforzo di mantenersi tale. ‒ Eppure ancora non vi basta. ‒ La mano libera si strinse a pugno. ‒ Cosa volete cha faccia? Che mi consegni? ‒ Sorrise come Clary non lo vedeva fare da un mese, con rabbia e disgusto. ‒ No, grazie. Dopo diciassette anni in gabbia, direi che è ora di essere libero, non ti sembra? ‒
Clary gli strinse la mano. Calma. pensò. Sta’ calmo. Sono qui con te. Avrebbe dovuto inventare una runa per la telepatia. Sarebbe stata la sua prima runa permanente.
‒ Non mi risulta che Valentine ti abbia tenuto segregato e certo non era il tuo gemello cattivo, quello che ha attaccato Los Angeles, Londra, Taipei... o il Praetor. ‒ lo sfidò Jocelyn. I suoi occhi verdi avevano lo stesso fuoco di Clary, qualche mese prima, e il collo alzato a quel modo esponeva così bene la gola da fare la gioia di qualsiasi vampiro.
Jonathan digrignò i denti. ‒ Rinchiudermi in casa, lontano da qualsiasi essere umano non fosse lui, e farmi il lavaggio del cervello tu come lo chiami? Negarmi la compagnia di altri bambini, i gesti affettuosi, il Natale... come ti suona? ‒ Strinse le palpebre. ‒ Tu sai com’era lui. Sai quello che ha fatto a Jace. E non vuoi ammetterlo, altrimenti dovresti accettare  che è colpa tua. ‒ ringhiò. Il corpo era un fascio di cavi d’acciaio e il sangue demoniaco che gli scorreva nelle vene alimentava l’istinto violento.
Clary vide le vene gonfiarsi e capì che, se lo avesse lasciato continuare, se ne sarebbero pentiti entrambi. Lasciò la sua mano per accarezzargli le spalle e attraverso le scapole gli contò i battiti.
Jocelyn, congelata nella propria posa, guardò suo figlio calmarsi come se fosse un sogno. Schiuse le labbra, batté le palpebre, ma non disse una parola.
Jonathan sospirò e si voltò per sorridere a Clary. L’avrebbe anche baciata, se solo non ci fosse stata Jocelyn. ‒ Grazie. ‒ La abbracciò ed elargì alla Shadowhunter il suo miglior sorrisetto. ‒ Dovresti ringraziare tutti gli dèi che conosci di aver avuto Clary. Lei, almeno, ha avuto il fegato di affrontarmi e di ascoltare quello che avevo da dire. ‒
‒ Ah, sì? ‒ Jocelyn strinse i pugni. ‒ E cosa? Quanto ti piaccia uccidere e distruggere le vite altrui? ‒
Jonathan chiuse gli occhi e si massaggiò le tempie. ‒ Che ho fatto del mio meglio con quel che mi è stato dato. Che lui si è applicato con tutte le proprie forze per soffocare la mia umanità. Che per diciassette anni a nessuno è importato, cosa potessi volere. ‒ rispose, gelido. ‒ Non ti sembra strano che mi sia accontentato di una demone come madre? Magari perché tu non c’eri? ‒ Strinse i pugni fino a incidersi la carne. ‒ Sai cosa? Puoi dire quello che ti pare al Conclave. Non mi interessa. Intendo vivere la mia vita lontano da te e da loro e se tenterete di impedirmelo, mi difenderò. ‒ Posò la mano sulla schiena di Clary. ‒ Andiamocene, sorellina. Non c’è altro di cui discutere. ‒
Clary annuì. Rivolse appena uno sguardo a sua madre e nei suoi occhi non c’era colpa, ma biasimo.
‒ Non sono d’accordo. ‒ Jace uscì allo scoperto con la spada angelica sguainata. La puntò contro Jonathan e digrignò i denti. ‒ Vai al diavolo, se ti pare, ma scordati di trascinare Clary con te. ‒
Jonathan lasciò andare Clary e si voltò. ‒ In effetti, mi sembrava strano che non ti fossi ancora fatto vivo, fratellino. ‒ lo schernì. Fece un passo avanti per nascondere la sorella dietro di sé. ‒ Clarissa ha scelto di stare dalla mia parte e non ti permetterò di portarmela via. ‒
Jace ringhiò. ‒ Le hai fatto il lavaggio del cervello, vero? Che hai usato? Una runa, una pozione? ‒
‒ La verità? ‒ intervenne Clary. Aggirò Jonathan e gli fece da scudo. ‒ Non permetterò a nessuno di voi due di fargli del male. ‒ Aprì le braccia a croce e alzò il mento. ‒ Mamma, tu hai sempre cercato di tenermi lontano dal Mondo Invisibile. Adesso che sono io a volerne stare fuori dovresti essere contenta. ‒ Deglutì.
Jocelyn sostenne il suo sguardo, ma intrecciò le mani in grembo fino a farsi sbiancare le nocche.
 ‒ Jace, tu hai avuto i Lightwood. Se Valentine non ti avesse lasciato a loro, saresti diventato come Sebastian. ‒
Jace corrugò le sopracciglia. ‒ Non è vero. ‒ La spada angelica luccicava tra le sue mani, ma ancora non brillava del fuoco celeste.
Clary inarcò un sopracciglio. ‒ Davvero? ‒
Nessuno dei due osò ribattere.
‒ Ora spetta a Jonathan avere una seconda possibilità. ‒ continuò Clary ‒ E io voglio aiutarlo. È una mia scelta. Non mi ha costretto. ‒ Abbassò le braccia per cercare le mani del fratello. ‒ E se questo vorrà dire stare con lui fino alla fine dei miei giorni, lo farò. ‒
‒ E noi? ‒ intervenne Jocelyn. ‒ Io, Luke, Simon... i tuoi amici? ‒
Clary sospirò. Il viso si distese. ‒ Sarete sempre i benvenuti, se non cercherete di farmi cambiare idea. ‒ assicurò. Era inutile negare che avrebbe sentito la loro mancanza e sospettava che alcuni di loro (se non tutti) non le avrebbero permesso di escluderli dalla sua vita.
Jocelyn strinse le labbra. ‒ Vi farò avere due anni. ‒ disse. ‒ Se in due anni da mondani riuscirete a costruire qualcosa, vi lasceremo in pace; altrimenti, sarà il Conclave a decidere la vostra sorte. ‒
Clary sorrise. Si astenne dall’abbracciare Jocelyn solo perché nel mezzo c’era Jace, ma sua madre la conosceva troppo bene per non riconoscere la luce nei suoi occhi.
Jonathan strinse le mani della sorella e abbozzò una smorfia che avrebbe potuto essere qualunque cosa.
Jace schiuse le labbra in un verso che di certo non era di esultanza. Se non protestò, fu solo per l’occhiataccia di Jocelyn.
‒ Grazie, mamma. Ne faremo buon uso. ‒ promise Clary. Dovette fare forza su se stessa per non baciare Jonathan. Lo prese sotto braccio e si avviò verso l’uscita.
 








 
La porta si chiuse alle loro spalle. Il calore della casa che avevano condiviso per un mese li avvolse e la consapevolezza che ora era davvero la loro casa risalì la schiena di Clary con un brivido elettrico.
Jonathan la strinse a sé, la baciò e la spinse contro il muro. Quasi le strappò il giaccone di dosso, nel cercare la pelle nuda e fredda di lei. ‒ Clary. ‒ sussurrò sulle sue labbra.
Lei sospirò. ‒ Jonathan. ‒ mugugnò sulla sua bocca, ad occhi socchiusi. Si inarcò all’indietro e a tentoni cercò i bottoni della camicia, incurante del maglione che la intralciava. A metà del tentativo si interruppe per affondare le dita nei suoi capelli e si ritrovò sollevata da terra. ‒ Mh... forse avremmo dovuto... essere un po’ più pazienti. ‒ commentò.
Jonathan le baciò il collo. ‒ Lo siamo stati più che a sufficienza. ‒ La depose sul divano e la baciò ancora. Se non l’avesse avuta subito sarebbe esploso. ‒ Non ti stai tirando indietro, vero? ‒ sussurrò. Aveva la fronte corrugata, i capelli in disordine e le pupille dilatate.
Clary, già rossa in viso, gli accarezzò le guance. ‒ Affatto. ‒ Sorrise. ‒ Ti amo. ‒ sussurrò. Il suo stomaco si riempì di farfalle, si contorse e le disse che due anni non le sarebbero mai bastati. Avrebbe dovuto assicurarsi che il Conclave non avesse nulla a cui aggrapparsi per dividerli. Lo baciò, lo abbracciò con le gambe e chiuse gli occhi. Aveva fatto la sua scelta e non sarebbe tornata indietro, mai.
Jonathan sorrise sulle sue labbra. ‒ Ti amo. ‒ rispose. Era sempre stato molto schietto su questo, ma forse prima di quel momento non aveva capito davvero cosa volesse dire. Le baciò il collo e le sollevò la maglia, ma le mani di Clary lo trattennero.
‒ Forse sarebbe meglio arrivare almeno in camera da letto. ‒ suggerì. Aveva la pelle d’oca, ma continuava a tenerlo stretto a sé con le gambe.
Jonathan annuì e la prese in braccio. La portò di sopra e la distese al centro del matrimoniale. ‒ Meglio, ora? ‒
Clary sorrise. ‒ Non rischio di cadere, quindi sì. ‒ Lo baciò e contribuì a rimuovere la stoffa che li intralciava. Sentiva il suo richiamo, sempre più forte, ma non era più accompagnato dalla sensazione di cadere e annegare nell’abisso.
Jonathan ricambiò il bacio e la avvolse tra le proprie braccia. Fu delicato. Come riuscisse a farle dimenticare ogni dubbio era un mistero per Clary, ma ogni tocco era sempre quello giusto per accenderle i sensi e spegnerle la mente.
Clary si lasciò andare volentieri. C’era qualcosa di diverso, rispetto alle altre volte in cui lui l’aveva tentata, ma non avrebbe saputo dire cosa. Forse era l’assenza di tensione nei muscoli, o il silenzio che li univa. Non lo sapeva e decise che non le importava. Lo accolse in sé e divenne chiaro. ‒ Tu sei mio. ‒ sussurrò. ‒ E io sono tua. ‒
Jonathan le sorrise. ‒ Tu sei la mia soluzione. ‒ La baciò. ‒ Ed io sarò la tua. ‒ promise. Era quella, si disse, la pace. Lei era tutto ciò che gli serviva. Lei, non il potere; solo lei e il suo calore.
 
 
 
Anybody capable of love is capable of being saved.
Caroline Forbes ‒ The Vampire Diaries (4x13)
 
 Non si vede proprio che sono una Klaroline. No, eh. Crossover di citazioni a parte, lasciatemi dire solo che sono commossa perché stavolta è davvero finita. Magari in futuro potrebbe venirmi voglia di scrivere qualcosa sul loro futuro insieme, ma non vi prometto niente, perché ho un'originale che richiede tutta la mia attenzione e se la mollo di nuovo per i Clastian qualcuna a caso potrebbe uccidermi (sì, Hicchan, parlo proprio a te, nel caso fossi passata di qui a vedere cosa sto combinando. u_u) e, se permettete, ci tengo alla pellaccia. xD 
Detto questo, vi amo. Lo so, l'ho già detto, ma una volta in più non può far male. Vi amo perché avete dimostrato un entusiasmo che nemmeno avrei osato sognare per il mio piccolo progetto e lo avete fatto diventare qualcosa di grande e bello. E mi fate sentire meno in colpa perché shippo questi due. xD 
Poi - e chiudo, perché vi ho annoiato abbastanza - volevo precisare due cose: ho scelto di non descrivere la loro prima volta perché non solo la one shot era già chilometrica di suo, ma anche perché sono affaracci loro, quello che combinano, e non volevo mettere un rating che avrebbe potuto impedirvi di leggere il finale. :3 Però lo fanno, perché dopo tutto quello che è successo tra loro a Jonathan sarebbe venuto un colpo, se Clary avesse di nuovo risposto picche. xD 
Precisazioni di coda.
Quando Clary dice
‒ Jace, tu hai avuto i Lightwood. Se Valentine non ti avesse lasciato a loro, saresti diventato come Sebastian. ‒
 non è che mi sono bevuta il cervello di colpo: dice Sebastian perché ormai distingue con quel nome ciò che Jonathan era prima da quello che è poi diventato, cioè il ragazzo di cui è innamorata. 
Lo so, che tradurre "You're my Clarity." con "Tu sei la mia soluzione." è un filino tirato, ma "Tu sei la mia lucidità." era brutto e mi piaceva chiudere così, con questa soluzione per cui mi sono incapata nel momento esatto in cui ho sentito Clarity di Zedd.
E questo è quanto, davvero. Passo e chiudo. 

 
 
   
 
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