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Autore: lallipumbaa    21/01/2015    4 recensioni
La sabbia del deserto egiziano scorre come in una clessidra, lenta e inesorabile, legando due epoche lontane.
Londra, 1935. La famiglia O'Connell riabbraccia un membro della famiglia finalmente a casa e Ardeth Bay arriva all'insaputa di tutti sulle tracce di un'antica minaccia.
Due anime legate da un'antica promessa: "Ci rivedremo, Kosey, te lo prometto. Ti aspetterò per l’eternità se necessario, ma staremo insieme nuovamente. Sarà un’altra vita, saranno altri tempi, ma ci ritroveremo. È una promessa."
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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−CAPITOLO 6−


Erano nella tenda principale. Oltre a loro due c’erano anche Ijja ed Hennu, altre donne anziane e si trovarono anche qualche uomo, tra cui l’uomo col velo indaco, dal quale si intravedevano spiccare dalla carnagione scura i due occhi azzurro cielo che aveva visto quel giorno nel deserto. L’uomo le si avvicinò, inchinandosi leggermente “Piacere di incontrarti finalmente. Io sono Mbarek, il gemello di Ijja.” “Piacere mio. Tu… sei quello che ci ha salvati dalla tempesta di sabbia o sbaglio?” “Esatto! Eravamo io e Keffu.” Disse indicando un altro uomo, il volto coperto da un velo nero, “Ma probabilmente ti ricordi solo di me dato che dopo che ti ho caricata a cavallo sei completamente svenuta!” “Mi dispiace!!” commentò mettendosi una mano in faccia facendo ridere Mbarek che si voltò verso Ardeth parlandogli in arabo. Breanne si voltò verso l’uomo con un sopracciglio alzato non comprendendo cosa stessero dicendo. Alla fine le si avvicinò di più sorridendo “Mi ha solo detto che sei davvero come dice sua sorella!” “Ti ha detto che sono un danno?” chiese ricevendo come risposta “No, che sei una sagoma!”.
Si sedettero in cerchio così che tutti potessero guardarsi negli occhi. Hennu era su una pigna di cuscini così che la sua statura minuta non la mettesse in svantaggio. Ijja traduceva per lei. “Sapete tutti perché siamo qui. L’Ombra sta mano a mano acquisendo potere e come in passato vuole che la Luce soccomba. Fortunatamente, abbiamo tra noi la nostra portatrice di Luce. Breanne è la reincarnazione dello spirito di Amunet, colei che parlava con Hathor, che era Hathor. La portatrice di vita, la dea delle Fonti del Nilo, ma anche colei dagli impeti distruttivi. Breanne è già entrata in contatto con l’Ombra. La stanno tentando, ma fortunatamente non sono ancora riusciti a prenderla.” Breanne alzò la mano “Domanda. Chi è l’Ombra?” “È colui che loro chiamano ‘Il Padrone’… è la reincarnazione di colui che era collegato a sua volta con Seth, il dio del Caos.” Rispose Hennu attraverso la voce di Ijja “Tutti quelli che mi hanno contattato continuano a ripetere che questo fantomatico padrone mi aspetta da 5000 anni e durante uno degli ultimi attacchi un essere dell’Ombra mi ha detto che è qualcuno che conosco. Quindi suppongo che fosse qualcuno che Amunet conosceva.” “Esatto. Supponiamo che sia la reincarnazione di Okpara, il consigliere del Faraone al quale sei andata in sposa nella tua vita precedente.” “E perché 5000 anni fa ha tentato di ucciderla? O meglio… l’ha uccisa! Non poteva tenerla in vita?” il ragionamento non aveva senso. Perché cercare di corrompere per passare dalla loro parte quando aveva l’originale sotto mano molto tempo prima? Hennu continuò con la spiegazione senza dar retta alla sua domanda “Bisogna far sì che raggiunga il tempio minore di Abu Simbel senza che la riescano a fermare e a contaminarla. Deve entrare nel tempio ed erigere una barriera prima che l’Ombra possa raggiungerli. Devi rimanere nella sala dell’idolo a pregare la dea, come facevi nel passato, e poi capirai quando sarai tornata alla grandezza di un tempo. Solo allora, sarai in grado di sconfiggere l’Ombra.” “Come diamine faccio a sapere come pregare Hathor?” Breanne stava cominciando a perdere la pazienza: era molto più contenuta di suo fratello, ma nemmeno per lei la pazienza era una virtù della quale era stata dotata. Stavano dando tutti per scontato cose di cui lei non sapeva nulla. Aveva l’impressione che nonostante fosse lei quella che a quanto pare doveva fare la maggior parte del lavoro sporco, in quella tenda era quella che ne sapeva di meno. Ardeth se ne accorse e le strinse la mano. “Non preoccuparti… io sarò lì con te.” Le disse guardandola negli occhi “Lo so, ma lo sai che non voglio che nessuno, men che meno tu, metta a rischio la vita per me. Solo che non ho la minima idea di quello che devo fare…” “Arriveranno anche quei ricordi, non preoccuparti…” le disse Hennu “La fate facile voi.” Commentò cominciando a sentirsi scomoda e a disagio sui cuscini. “Amunet, tu sei la nostra speranza. Se tu cadi, l’Ombra vince e il caos regnerà sulla Terra.” “Mettiamo le cose in chiaro, dato che qui sembra che stiamo facendo confusione. Io non sono Amunet. Sono Breanne, ho una mente separata dalla sua. Siamo due entità differenti!” sbottò, stanca di essere chiamata con un nome che non era il suo. “Sei sicura?”. Nonostante la voce di Ijja non rendesse il tono, l’espressione sul volto di Hennu bastava per farle rendere l’idea del sarcasmo della domanda. “E di grazia, quali sono i possibili scenari finali di questa lotta tra Luce e Ombra?” chiese, il sarcasmo che grondava da ogni parola. Hennu si fece improvvisamente seria “Gli scenari sono solo due: vinci tu o vince lui. E di scenari per il secondo ce ne sono altri due. Il primo è che loro ti convincano in una maniera o nell’altra a passare dalla loro parte trasformandoti in Hathor la distruttrice o, in caso non riuscissero, distruggerti definitivamente.”
Era troppo. Ne aveva abbastanza di tutto e di tutti quelli che erano nella stanza. Si alzò dai cuscini con calma, si inchinò leggermente e in silenzio uscì dalla tenda. Prima camminò piano, poi aumentò la velocità fino a quando non si trovò a correre veloce come non aveva mai fatto. Quando si sentì abbastanza lontana dall’oasi si fermò. Attorno a lei c’era solo roccia e sabbia, l’oasi era sempre a vista d’occhio ma sapeva che nessuno l’avrebbe sentita. Urlò a pieni polmoni. Perché lei? Perché proprio lei? O vinceva, o diventava un’assassina, o non le restava che morire. Erano quelle le tre cose che era destinata a diventare? Tutti gli sforzi di una vita per essere quello che era erano stati soffiati via come sabbia dal vento da poche parole. Carne da macello. Ecco quello che era destinata ad essere. Una marionetta nelle mani di qualcosa più grande di lei. Era in ginocchio, le braccia attorno al suo corpo, piegata su sé stessa. Si sentiva sola al mondo e nessuno avrebbe potuto aiutarla. L’unica persona che avrebbe potuto e dovuto è l’unica che avrebbe voluto che se ne stesse tranquilla e fuori dai guai. Sentì il nitrire di un cavallo e il suono attutito degli zoccoli sulla sabbia. Aspettò che la visione arrivasse, ma non fu così. “Breanne…” si girò di colpo verso di lui, mentre lo vide inginocchiarsi di fianco a lei, stringendola tra le braccia “Non voglio… non voglio farlo!” “Lo so, non è facile…” “E lo so che tu sei così testardo da tentare di difendermi, ma non voglio… non devi rimetterci per causa mia!” La guardò e capì cosa la sua reincarnazione avesse trovato in quella della ragazza: nonostante la facciata forte e sicura, sotto viveva ancora la bambina spaventata da esseri che vedeva al buio e nascondeva una fragilità che in quel momento di pressione la stava spezzando. La tenne stretta a sé, lasciandola sfogare. Sapeva che in quel momento aveva bisogno di lui e non se ne andò, ma rimase con lei come ancora di salvezza a cui aggrapparsi. Le prese il viso tra le mani “Ehy, è tutto a posto?” le chiese con affetto asciugandole le ultime lacrime e scostandole i capelli dal viso “No, ma cosa posso farci?” gli rispose rassegnata al suo destino “Combattere per salvare quello in cui credi e per proteggere quello che ami…” “Bè, allora ti conviene non metterti nei guai. Devo già salvare le chiappe al mondo, non posso salvare anche le tue!” disse facendogli un mezzo sorriso e buttando in campo una dichiarazione mascherata da battuta. Ardeth spalancò gli occhi “Bè, non credevo che l’elenco comprendesse anche me!” “Simpaticone!” l’apostrofò lei tirandogli una leggera sberla sul petto “Finalmente qualcuno sta tornando un’O’Connell!” “Fa’ poco lo spiritoso, posso ancora farti un paiolo così anche se è da ieri sera che non mi-” la zittì con un bacio di quelli che lasciano senza fiato e che azzerano la memoria a breve termine. Gli gettò le braccia al collo alzandosi sulle ginocchia così da essere più alta di lui. “Ti avverto, medjai, se mi baci un’altra volta in questa maniera non rispondo di me stessa.” Gli disse a pelo delle labbra facendolo ridere “Non credere che tu sia da sola in quello che hai appena detto!”.

Quella notte ricominciarono i sogni a cui era ormai abituata, ma al contrario del solito il sogno si trasformò in incubo. Sentiva l’ombra pesare su di lei, come se non potesse muoversi e non potesse scappare. Una voce che non aveva mai sentito la chiamava a sé. Era calma, accattivante, quasi seducente, ma le faceva venire i brividi. Si voltò nell’oscurità, cercando di capire da dove arrivasse quella voce, quando sentì delle mani afferrarla trascinandola in basso verso un’oscurità ancora più pressante. Le mancava il respiro, i polmoni non sembravano più collaborare. Vieni Amunet… la chiamò la voce IO NON SONO AMUNET!! Si ribellò lei divincolandosi dalla presa forte su di lei. Sentì qualcuno che l’afferrava per le braccia “Apri gli occhi!” Lasciatemi stare… lasciatemi stare tutti!! “Breanne, sono io! Svegliati!”.
Non appena avvertì che qualcosa non andava era corso nella tenda della ragazza. La vide agitata che si contorceva, il viso imperlato di sudore. Era lontana da quella tenda, lo sapeva. Qualcosa stava succedendo e non era qualcosa di positivo. A scrollò, afferrandola saldamente per le spalle “Breanne!! Apri gli occhi!”. Non la sentiva. “Breanne, sono io! Svegliati!!”. La ragazza scattò a sedere aprendo gli occhi di scatto mettendosi a sedere per poi accasciarsi nuovamente quasi inerte sui cuscini. Le prese il viso tra le mani e non appena le vide gli occhi sbiancò: spalancati, lattei, la pupilla e l’iride si vedevano appena. La prese in braccio correndo verso la tenda di Hennu. Ijja li accolse “Entrate. Anche mia madre ha avvertito qualcosa.” Hennu lo guardò preoccupata non appena vide la sua espressione. “Cos’è successo?” gli chiese mentre stendeva la ragazza di fronte a lei “Non lo so. Stava sognando. Molto probabilmente un incubo. Appena ho avvertito che c’era qualcosa che non andava sono corso da lei… si contorceva, era completamente sudata. Quando l’ho chiamata si è seduta di scatto ed è ricaduta sui cuscini. Così…” Hennu le guardò gli occhi. “È altrove in questo momento… e dubito che sia in un bel posto. Aspetta, vediamo se riesco a richiamarla.” Nonostante Hennu fosse veramente anziana era la matriarca del clan. E sapeva perché. Cominciò ad intonare una litania, passando le mani sopra la testa, gli occhi e il cuore della ragazza ripetutamente. Oltre alla litania tutti i rumori della notte si spensero, c’era solo Hennu che cantava. Le mani della donna continuavano a spostarsi ad un ritmo ben preciso e dopo qualche minuto cominciarono quasi a sprigionare una luce lattea che divenne accecante in poco tempo. All’ultima parola della litania spinse le mani sul cuore. La luce si sprigionò in tutta la tenda accecando per un secondo i presenti. Pochi secondi dopo Breanne inarcò la schiena aprendo la bocca inspirando quanta più aria poteva, quasi fosse il suo primo respiro. Gli occhi avevano perso l’opacità lattea, tornado nuovamente azzurri. Afferrò la prima cosa che le capitò sotto mano, stringendola “Dove diavolo sono.” Il tono di voce trasudava panico “Sei nella tenda di Hennu, ti ha riportata indietro.”
Era nell’oscurità della tenda immersa nella notte, era fradicia di sudore, il corpo che tremava. Il panico aveva preso possesso del suo corpo. L’aveva riportata alla luce, ma la sensazione di essere stata molto vicina a qualcosa di oscuro le attanagliava ancora la bocca dello stomaco. Teneva lo sguardo fisso sulle sue mani, incapace di guardare altro. “Guardami.” Sentì dire dall’uomo. Scosse la testa chiudendo gli occhi. “Breanne, guardami…” lentamente li riaprì, trovandosi seduto vicino al giaciglio di cuscini Ardeth che la teneva per le spalle. Non rispose, non disse nulla, richiuse gli occhi e continuò a inspirare profondamente. Non la forzò, rimanendo ad aspettare che si riprendesse. “Hai bisogno di un bagno.” Decretò dopo aver aspettato un paio di minuti in silenzio, caricandosela in spalla e uscendo dalla tenda nonostante le proteste di Hennu che lo intimava di lasciarla lì a riposare. “No, Ardeth! Lasciami giù!” protestò mentre camminava sulla sabbia fresca “Sssh! Non urlare o sveglierai l’intero accampamento!” la redarguì l’uomo che, nonostante le proteste e i calci della donna, continuava imperterrito. “So camminare da sola.” “Saprai anche camminare da sola, ma se ti lascio giù scappi. Come se non ti conoscessi.” Le ripose facendola voltare di scatto verso di lui assumendo un’espressione sconvolta per poi incrociare le braccia mentre la portava alla stessa cascatella dove Ijja l’aveva portata il pomeriggio prima. “Ora vuoi lasciarmi scendere?”. La adagiò a terra, lasciandola in piedi, prendendola per le spalle “Cos’è successo?” “Ora i sogni sono incubi. C’è una voce che mi chiama, e se resisto mi afferra trascinandomi in fondo…” “Breanne, guardami negli occhi… non devi aver paura di me.” Alzò il viso, cercando di sostenere lo sguardo dell’uomo davanti a sé per la prima volta da quando Hennu l’aveva fatta uscire dal baratro. I suoi occhi alla luce della luna erano diversi, quasi verdi. Gli afferrò la tunica, stringendola tra le mani. “Non ho paura di te. Ho paura di quello che potrei farti in futuro.” “Non mi farai nulla. Sarai abbastanza forte da resistergli.” “Non ne sono poi più così tanto sicura…”. La baciò di scatto, senza che lei potesse farci nulla. La strinse a sé, sentendola ricambiare dopo un attimo di ripresa. La prese in braccio e la portò alla tenda, adagiandola sopra i cuscini morbidi che formavano il suo letto, senza lasciarla andare per tutta la notte, facendole capire che l’amava e che nulla al mondo sarebbe riuscito a fargli cambiare idea.


*Accendini accesi in mano ondeggiando*
LOOOKING BACK ON THE THINGS I'VE DOOOONE, I WAS TRYING TO BE SOMEOOOONE! "Laura, ancora?" PLAY MY PART, KEPT YA IN THE DARK. "Già hai poco contegno nella vita reale, devi sputtanarti pure qui??" NOW LET ME SHOOOOOOOOW YOU THEEE SHAAAAPE OF MY HEAAAAAART!! "L'abbiamo persa."
Bene, dopo questa meravigliosa *Ahahahahahahahahhahahha* - Zittaaaaaa - dicevamo. Dopo questa meravigliosa... esternazione dei miei problemi mentali *Ah, pensavo intendessi della penosa interpretazione di "Shape of my Heart"*, vi lascio il mio pensierino post capitolo: i giochi finalmente iniziano e qualche dubbio viene dipanato! Riusciranno i nostri eroi a salvare il mondo dalle grinfie di questo fantomatico Padrone?
Sono curiosa di sapere quello che ne pensate... ringrazio tutti quelli che hanno la pazienza di leggere le mie elucubrazioni u_u per me significa tanto! Un bacione a tutti e alla prossima <3 Lalli
   
 
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