Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance
Segui la storia  |       
Autore: elisbpl    21/01/2015    1 recensioni
New Jersey, Gennaio 2016.
L'idea sembrava morta, ma non lo è. L'idea è folle. L'idea è viva, sembra più viva che mai.
Ma come ha potuto un'idea così potente scorrere, andare via, trasportata dalla corrente? Semplice: non l'ha mai fatto. L'idea sa nuotare. E' stata brava a nascondersi in attesa di una nuova era. L'idea sopravvive.
E loro torneranno.
Sembri viva, idea.
Che ne dici?
___
[dalla storia:
"-Non scappare via. Non farlo più.
-Non lo farò. Giuro su ciò che vuoi che domani sarò ancora qui.
-Mi fido.
-L’hai sempre fatto.
-Lo so."
___
Sospirò e deglutì prima di parlare, questa volta a bassa voce, il tono tra il triste e il rassegnato: - Quindi, cosa vuoi fare, Gee?
Il cantante accennò un sorriso e parlò sicuro, le mani ancora sulle sue guance, guardandolo sempre fisso negli occhi: - Voglio rimettere insieme i My Chemical Romance.
Gerard si rese conto che in quella situazione e in quella posizione, le opzioni riguardo ciò che Frank avrebbe potuto fare dopo la sua affermazione erano due: o annullava la distanza e lo baciava, o annullava la distanza e gli dava una testata in bocca.
Più probabile la testata.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Ray Toro | Coppie: Frank/Gerard
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
~Capitolo 2.
“And if we can find where we belong,
We’ll have to make it on our own.
Face all the burn and take it out
Because the only hope for me is you alone”.



 
La folla dello stadio lo acclamava, urlando a gran voce il suo nome. Si sentiva finalmente al suo posto: era su un palco che doveva stare, a suonare come meglio sapeva fare, sempre.
Avevano appena suonato la canzone di apertura e lui stava per presentare i membri del suo fantastico gruppo. Chi l’avrebbe detto che in neanche due anni sarebbero arrivati così lontano?
Frank si girò, dando le spalle al pubblico, per guardare i membri dei The Cellabration e urlare i loro nomi, ma rimase paralizzato, gli occhi sbarrati: Ray gli sorrideva come aveva sempre fatto, Bob picchiettava insistentemente sulla grancassa con una bacchetta come ogni volta che attendeva l’inizio di un pezzo, Mikey lo guardava come a invitarlo a continuare.
Si stropicciò gli occhi con le mani pensando che magari stava avendo una svista, che magari l’avevano drogato, e se le ritrovò tutte sporche di nero. Matita? Ma se non si truccava da anni…
Alzò lo sguardo dalle proprie mani, sempre più incredulo, e fu lì che lo vide: il suo cantante stava avanzando verso il centro del palco. Verso di lui. Andava a passo sicuro, ma non aveva incrociato nemmeno una volta i suoi occhi. Lo oltrepassò e si mise sul bordo del palco, il più vicino possibile alla folla, prese il microfono e aprì la bocca per urlare, ma non ne uscì alcun suono. Frank continuava a guardarlo, ma Gerard ora gli dava le spalle. Il pubblico cominciava a spazientirsi, le urla si trasformarono in fischi, Gerard lasciò cadere il microfono e si prese la testa tra le mani. Si girò verso Frank e finalmente alzò gli occhi a incrociare il suo sguardo, e il chitarrista si sentì sprofondare. Non aveva mai visto quei due occhi così, e lui li aveva tenuti avanti per più di dieci anni, ci aveva superato i momenti peggiori assieme. Adesso quegli occhi, che un tempo non erano altro che verde liquido velato solo a volte da poche preoccupazioni, erano un misto di depressione, dolore, infelicità. Ci si leggeva dentro la sensazione di star cadendo troppo in basso, di star sprofondando una volta per tutte, per sempre. Frank fece istintivamente un passo avanti per correre dal cantante, ma le gambe cominciarono a tremargli, a non sostenere più il suo peso. Gerard continuava a guardarlo con gli stessi occhi di morte, Frank arrancava ad ogni passo verso di lui, la distanza che sembrava aumentare sempre di più, le gambe che vibravano sempre più forte. Era ancora distante da lui quando crollò. Si portò le mani alle gambe tremanti, le lacrime agli occhi, e lo vide, ancora troppo lontano, dischiudere le labbra in quello che sarebbe potuto essere un sospiro rassegnato come allo stesso tempo un grido di supplica.
“Aiutami”.


Frank spalancò gli occhi e si tirò a sedere, il respiro corto, le guance bagnate e il cuore che batteva all’impazzata. Che cazzo gli stava succedendo?
Ci mise un altro minuto buono per rendersi conto che il tremore delle sue gambe non veniva dall’incubo che aveva appena vissuto, ma dalla vibrazione del cellulare che teneva nella tasca anteriore dei jeans. Si era addormentato sul divano ancora vestito quando era tornato a casa e aveva trovato la sua parte di letto occupata da tutte e tre le sue piccole pesti, ed era stato felice di vedere quelli che erano i più grandi amori della sua vita tutti a dormire beati nello stesso letto, senza urlare né litigare.
Fece un respiro profondo ed estrasse il cellulare dalla tasca, sperando che quella chiamata non fosse davvero di chi pensava che fosse. E non riuscì a non farsi saltare un battito quando scoprì che aveva pensato giusto.
Dopo due anni di completo silenzio, Gerard lo stava chiamando al cellulare. Alle quattro del mattino.
Che cazzo doveva fare?
Si maledì rendendosi conto di quanto fosse stupida quella domanda: sapeva già cosa avrebbe fatto.
Prese un altro grosso respiro e premette il tasto di risposta.
- Pronto? - la voce gli uscì roca e impastata dal sonno, quasi come un lamento.
- Uhm, sei Frank Iero, giusto?
Anche se erano passati anni dall’ultima volta che l’aveva sentita, non avrebbe mai dimenticato neanche una minima vibrazione della voce del suo cantante. E la voce dall’altro capo non era quella di Gerard, ma di una ragazza, indubbiamente. Due sensazioni completamente opposte lo invasero: da un lato, tirò un sospiro di sollievo perché non aveva dovuto affrontare subito l’altro, ma allo stesso tempo un brivido di terrore gli percosse la schiena, temendo che gli fosse successo qualcosa.
- Sì, sono io… - deglutì il groppo che gli si era fermato in gola - Che succede? Chi sei? Perché mi stai chiamando da questo numero?
- Hey, hey, calmo bello mio. Abbiamo in ostaggio il tuo amichetto. Vogliamo un milione di dollari o gli tagliamo la gola.
Silenzio. Passarono troppi secondi in silenzio, Frank talmente confuso che non riusciva neanche a pensare.
- Tesoro, dai, non mi morire. Stavo scherzando. Sono la ragazza del Bulletproof Bar, a Newark. Il tuo amichetto biondo qui è ubriaco fradicio, sono successe… Cose, e comunque ha fatto il tuo nome, quindi gli ho preso il cellulare e ti ho chiamato, spero non ti dispiaccia - la ragazza dall’altro capo del telefono parlava come se fosse la cosa più normale del mondo, chiamare a quell’ora della notte una persona per conto di un’altra persona che, tra l’altro, non sentiva da anni.
- Ti rendi conto che sono le quattro del mattino, vero? - fu tutto ciò che il chitarrista fu in grado di rispondere, sopraffatto da una miriade di pensieri ed emozioni contrastanti.
- Certo che me ne rendo conto. Ma mi rendo conto anche del fatto che il biondino qui presente ha detto di non avere nessuno che lo venisse a prendere e l’unico nome che sono riuscita a strappargli da bocca è stato il tuo, perciò ho pensato che saresti potuto venire tu. Comunque, ti dico solamente che tra dieci minuti io e il mio collega ce ne andiamo e lo lasciamo qui da solo, perché il bar l’abbiamo chiuso e ci siamo già presi fin troppo disturbo - dalla voce pareva scocciata, ma in realtà sembrava si stesse divertendo.
- Sì, sì, okay, arrivo - si ritrovò a dire senza che lo avesse deciso davvero.
- Fantastico! - ora era certo che si stesse divertendo.
Magari era solo uno stupido scherzo.
- Seh - mormorò e chiuse la chiamata.
Ma il numero di Gerard? E quell’incubo? Oh, dio.
Frank si ritrovò in piedi, le chiavi dell’auto già in mano.


Sapeva dove si trovava il Bulletproof, aveva vissuto a Newark praticamente per tutta la vita. Ci mise meno dei dieci minuti di tolleranza che gli erano stati dati, ad arrivare. Fermò l’auto quasi in mezzo alla strada, vicino al marciapiede di fronte al bar, e fu solo una volta spento il motore che si fermò a pensare a ciò che stava facendo.
In effetti, che cazzo stava facendo?
Si rispose che stava semplicemente aiutando un amico.
Cazzata.
Perché era lì? Gerard non aveva mai esitato a trattarlo di merda ogni volta che poteva. Non aveva mai cercato un modo per non farlo soffrire. Si era comportato sempre come un vero stronzo e… Oh, basta, cazzate. Il problema era che negli ultimi anni Frank non aveva fatto altro che ignorare Gerard e pensare a lui come la persona peggiore sulla faccia della terra. E l’aveva fatto per smettere di soffrire, ma non era servito a niente.
Frank sapeva benissimo tutto ciò che di bello Gerard nascondeva dietro la faccia da stronzo. Probabilmente era la persona che lo sapeva meglio di chiunque altro. Non faceva mai cose senza pensarci, tutto era studiato, tutto, anche se non si fermava mai a spiegare agli altri le proprie ragioni. C’era stato un tempo in cui Frank capiva tutto ciò che passava per la testa del cantante, ma era passato. O forse no.
Prese ancora un respiro e scese dall’auto. Inizialmente vide solo i due baristi, intenti a parlare tra loro come se nulla fosse, poi fece caso alla massa di capelli biondi un po’ troppo lunghi che spuntava da un corpo rannicchiato a terra contro un muretto, il viso tra le ginocchia. Si trattenne dal fiondarsi su di lui immediatamente e alzò di nuovo lo sguardo sugli altri due che, accortisi del suo arrivo, avevano smesso di proferir parola e ora lo fissavano.
- Grazie per avermi chiamato - disse alla ragazza, senza stare a pensarci troppo.
- Figurati. Si è messo così appena abbiamo attaccato, non c’è modo di smuoverlo. Ah, scusa se sono stata un po’ brusca - gli porse il cellulare di Gerard, lui lo prese e se lo infilò in tasca - Noi ora andiamo.
- Okay.
- Statemi bene, belli - fece un mezzo sorriso, si voltò e cominciò a camminare, senza aspettare l’altro ragazzo che continuava a fissare Frank manco fosse stato un miraggio.
- Io… Io… - il ragazzo boccheggiò, poi mormorò qualcosa e si girò per scappare via, andando a raggiungere la sua collega.
Frank li guardò allontanarsi per qualche istante, rendendosi davvero conto di quanto fosse assurda quella situazione, poi prese l’ennesimo, enorme respiro e si voltò di nuovo verso Gerard.
Lui stava immobile, il viso ancora nascosto tra le ginocchia, si muoveva solamente quando qualche brivido gli percuoteva la schiena. Frank si sfilò la giacca e gliela mise sulle spalle, poi si sedette accanto a lui, in silenzio.
Probabilmente rimasero così per secoli, senza proferir parola. O così parve a Frank, quando magari furono solo pochi minuti. Il fatto che quando era con il cantante perdesse la cognizione del tempo non era cambiato per niente.
Solo all’ennesimo brivido che scosse Gerard, Frank sospirò e finalmente aprì bocca: - Ciao, Gee.
Gerard s’irrigidì completamente, ma non disse nulla.
- So che non vuoi dirmi cos’hai. In effetti non ne hai mai avuto bisogno. Magari mi arriverà un’illuminazione sui tuoi pensieri come mi arrivavano un tempo, in modo da essere l’unico a capirti senza il bisogno di spiegazioni. O magari no…
- Frank, sta’ zitto - lo interruppe bruscamente. La sua voce sembrava provenire dall’oltretomba.
- Come?! - Frank provò a ignorare la sensazione terribile che lo aveva appena attraversato, per rispondergli senza crollare, ancora una volta, come al solito.
- Sta’ zitto. Ti prego.
- Gerard…
- Frank - Gerard finalmente alzò il viso e incatenò gli occhi ai suoi. Frank rimase paralizzato, scosso ancora di più di poco prima, quando si era risvegliato da quell’incubo. Scosso ancora di più perché gli occhi di Gerard erano gli stessi di quelli del suo sogno. Erano occhi di morte. E questa volta lo guardavano davvero, a pochi centimetri dai suoi, affidandogli tutto ciò che non avrebbero affidato a nessun altro, lo sapeva. Anche se erano anni che non accadeva. O forse era proprio per questo. Possibile che Gerard si fosse tenuto tutto dentro per tutto il tempo in cui non si erano visti, né sentiti, né parlati, fino ad arrivare al punto di rottura? Sapeva che non c’era niente di logico in tutto ciò, ma i ragionamenti di Gerard spesso e volentieri seguivano una logica tutta loro. Ed era anche questo a renderlo così. A renderlo Gerard.
Frank mandò giù un groppo che gli si era formato in gola, senza riuscire a muoversi, né a staccare lo sguardo dal suo.
Gerard, d’altro canto, sembrava star combattendo una delle sue lotte interne peggiori, e il fatto che avesse bevuto tanto sicuramente non andava a giovargli.
Il chitarrista stava per riprendere il coraggio per parlare, per dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma l’altro lo interruppe ancora prima che cominciasse a parlare: - Frank - ripeté, e poi disse una parola come se fosse stata la prima della sua vita, la più importante, l’unica che avrebbe potuto salvarlo davvero. Una parola che Frank aveva visto uscire dalle sue labbra troppo poco tempo prima.
- Aiutami.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance / Vai alla pagina dell'autore: elisbpl