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Autore: Louren GO    21/01/2015    1 recensioni
Era una mattina come altre. Nella scuola elementare “Interzona” che si trovava in un piccolo paese di campagna, i bambini della classe 3°B stavano ascoltando una noiosa lezione di Matematica della maestra Betty. Qualcuno scarabocchiava qualcosa sul banco o sul quaderno, altri lanciavano cartocci di carta in giro per la classe, pochi seguivano la spiegazione e qualche compagno, seduto vicino alla finestra, viaggiava con la mente oltre confine.
Ad interrompere la lezione fu il richiamo di Maddy, una moretta con i codini legati da due nastri rossi seduta vicino alla finestra: «Guardate! Il cielo è diventato tutto viola!».
La maestra non riuscì a trattenere a sedere i suoi alunni, che in un battere di ciglio erano tutti accalcati a guardare fuori:
«Oh! Che meraviglia! Che cos’è?» chiesero all’unisono i bambini.
«Non lo so.» rispose l’insegnante «Non ho mai visto niente di simile.».
«Guardate c’è un riflesso di luce nel cortile!».
«È un disco volante!».
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~Era una mattina come altre. Nella scuola elementare “Interzona” che si trovava in un piccolo paese di campagna, i bambini della classe 3°B stavano ascoltando una noiosa lezione di Matematica della maestra Betty. Qualcuno scarabocchiava qualcosa sul banco o sul quaderno, altri lanciavano cartocci di carta in giro per la classe, pochi seguivano la spiegazione e qualche compagno, seduto vicino alla finestra, viaggiava con la mente oltre confine.
Era l’ultima ora. La maestra stava rimproverando un bambino che non riusciva a mettere in colonna gli addendi di un’addizione: «Sei proprio un testone! Devi mettere le unità sotto le unità e le decine sotto le decine! Non mi sembra una cosa tanto difficile!».
Il povero Perry, un tipetto alto, magro e con i capelli castani, era diventato tutto rosso e sudava freddo, imprigionato nel vuoto più totale della sua mente, quando ad interrompere la lezione fu il richiamo di Maddy, una moretta con i codini legati da due nastri rossi seduta vicino alla finestra: «Guardate! Il cielo è diventato tutto viola!».
La maestra non riuscì a trattenere a sedere i suoi alunni, che in un battere di ciglio erano tutti accalcati a guardare fuori, compreso il piccolo Perry.
«Oh! Che meraviglia! Che cos’è?» chiesero all’unisono i bambini.
«Non lo so.» rispose l’insegnante «Non ho mai visto niente di simile.».
«Guardate c’è un riflesso di luce nel cortile!».
«È un disco volante!».
Nello stupore generale, un enorme astronave grigia e piena di luci viola atterrò silenziosamente nel giardino della scuola. Le luci si spensero, si aprì una porticina arrotondata da cui scese una scala metallica a pioli.
La maestra Betty svenne, mentre i bambini si diressero velocemente all’esterno dell’edificio incuranti dei richiami di bidelli e insegnanti.
Dall’U.F.O. sbucarono tre esseri con una testa esageratamente grande rispetto al corpicino ossuto, di colore grigio e con grandi occhi neri come l’onice.
Scesero a terra e rimasero vicino all’astronave come in attesa.
Gli scolari, che fino a quel momento erano rimasti in silenzio e a debita distanza, si guardarono perplessi, senza sapere cosa fare.
Perry, ripreso dallo spavento della matematica, si avvicinò per primo ai tre esseri, accompagnato dallo sguardo incredulo dei suoi amici.
In lontananza il suono della campanella annunciava la fine di quella giornata scolastica. I genitori erano ammassati nell’uscita pronti a ritirare i propri figli.
La maggior parte dei bimbi della 3°B uscì dalla scuola per raccontare l’accaduto a padri e madri.
Rimasero lì solamente Perry, Maddy e Jerry, gli unici che erano soliti tornare a casa da soli.
Perry era rimasto fermo davanti ai tre marziani quando uno di essi emise un suono che poteva essere un saluto, senza aprire bocca.
«Non capisco. Io parlo italiano e non marziano.» disse Perry.
«Si dice marzianese scemotto!» lo rimproverò Jerry, un bambino cicciotto con le lentiggini ed i capelli color carota.
I tre testoni si consultarono silenziosamente, come se stessero parlando fra di loro telepaticamente.
«Ciao!» li stupì il secondo extraterrestre «Io sono X2Y, lui è X1Y e l’altro è X3Y.».
Maddy uscì dal suo silenzio: «Che bello! Parlate la nostra lingua?».
I tre amici si presentarono e descrissero ai marziani il luogo dove si trovavano, la loro scuola e il loro paese.
Ad un certo punto Jerry disse: «Ma noi dobbiamo tornare a casa per il pranzo! Voi cosa mangiate?» chiese incuriosito.
Uno dei tre marziani rispose: «Noi ci cibiamo esclusivamente di molecole di plastica.» rispose X1Y.
Il gruppo decise di riunirsi il giorno stesso dopo pranzo, mentre i marziani avrebbero provveduto a rendere invisibile il loro disco volante per non destare sospetti.
Perry, Maddy e Jerry tornarono presso il cortile della scuola verso le cinque del pomeriggio. Il luogo sembrava deserto, quindi si misero a chiamare i loro amici alieni.
Dopo un tempo non definito X1Y, X2Y e X3Y si fecero vivi salutando i bambini con la mano.
Jerry espresse il desiderio di visitare l’astronave, per cui il gruppo entrò nel velivolo la cui struttura a tratti era visibile e a tratti no. Con grande stupore i tre compagni di scuola si trovarono come in un’ immensa piattaforma lucida, con una cupola da cui era visibile il cielo, circondata da mobiletti tondeggianti e lucidi, console piene di tasti, manopole e oblò.
Dopo un’oretta di esplorazione Perry chiese: «Come si chiama il vostro pianeta?».
«Si chiama Plus.» rispose X3Y «Si trova in un'altra galassia chiamata Ginseng.».
«Si può visitare?» domandò Maddy tutta eccitata.
«Certo. Dobbiamo solo impostare le coordinate per il pianeta Plus.»
I ragazzi furono invitati a sedersi su delle sedie perfettamente lucidate e ad allacciarsi le cinture di sicurezza; i tre testoni schiacciarono alcuni tasti e si accomodarono nei sedili di comando. All’interno un cerchio di luce cominciò a girare sempre più veloce accompagnato da un lievissimo sibilo.
L’astronave partì a tutta velocità sorvolando le nuvole e oltrepassando l’atmosfera; galleggiò nello spazio stellato per poi entrare in un tunnel lattescente circondato da piccoli meteoriti.
Finalmente giunsero sul pianta Plus: un enorme globo viola con qualche sfumatura più chiara.
Tutto sembrava irreale agli occhi dei bambini che seguivano gli extraterrestri pieni di meraviglia.
Furono condotti dentro l’abitazione a forma di cupola dei tre alieni, nati dalla stessa stella, quindi fratelli. La casa era in ordine e organizzata come l’astronave. In un angolo una strana macchina emetteva molecole di plastica ogni volta che si premeva un grande tasto rosso; in una seconda stanza c’erano tre letti di colore diverso simili a mezzi gusci d’uovo; il loro gabinetto era rappresentato da un semplice tubo e da una doccia dove l’acqua scorreva senza sosta in senso contrario.
Gli scolari vennero a sapere che gli abitanti di quel pianeta non avevano sesso e che per nascere bastava un desiderio e lo scontro di due stelle.
I bambini iniziarono ad aver fame: «Che si può mangiare?» chiese Jerry.
I tre testoni si guardarono perplessi emettendo suoni incomprensibili. Non potevano offrire delle molecole di plastica.
«Ci è venuta un’ idea.» disse X2Y «Seguiteci.»
Uscirono dall’abitazione, attraversarono un ponticello, salirono delle scale, ne scesero altre, attraversarono un tunnel, sorvolarono la città dentro una navicella che faceva da autobus, entrarono in un ascensore quadrato e molto largo e dopo essere saliti lungo una torre altissima, si trovarono dentro un laboratorio pieno di marchingegni.
In un angolo un uomo alto, magro, con i capelli bianchi scompigliati e un lungo camice bianco, dalle sembianze umane salutò i tre extraterrestri chiamandoli per nome.
«Kaito, ti presentiamo Perry, Maddy e Jerry, tre nostri amici terrestri.» esordì X3Y.
«Li abbiamo condotti qui sperando che tu possa procurare loro da mangiare.» completò X1Y.
«Ma certo, accomodatevi.» rispose cordialmente Kaito indicando un tavolo e delle sedie.
«Che ne dite di pesce e patatine fritte?»
«Si!» risposero in coro i bambini.
Lo osservarono prendere alcune provette contenenti sostanze colorate e un blocco simile a polistirolo.
Lo scienziato aprì il portello di una macchina metallica piena di pulsanti. Appoggiò all’interno il blocco e richiuse accuratamente; azionò una leva laterale facendo comparire una serie di ampolle fumanti collegate tra loro da sottili capillari di vetro lunghi e aggrovigliati tra loro.
Mise il contenuto delle fiale in diverse ampolle, girò alcune manopole, quindi schiacciò un pulsante.
Le ampolle si posizionarono all’interno della macchina, si udì qualche scoppiettio; dopo una decina di minuti, sotto lo sguardo sorpreso dei ragazzi, Kaito aprì il portello ed estrasse un vassoio di patatine e filetti di pesce a forma di cubo.
Un vero successo, gli ospiti lo ripulirono accompagnandolo con acqua fresca.
Rimasero a chiacchierare nel laboratorio per alcune ore: i bambini erano curiosi e avevano tante domande da rivolgere a Kaito:
«Kaito, da quanto tempo vivi qui sul pianeta Plus?» chiese Perry.
«Saranno ormai…quarant’anni.» rispose.
«Wow! E come hai fatto a finire qui?» domandò, sta volta, Jerry.
«Domanda interessante mio caro Jerry. E’ una storia molto lunga che risale ai tempi della guerra interspaziale da parte degli abitanti del pianeta Plus.»
«Wow! Ma quindi una volta terrestri ed extraterrestri erano nemici?»
«Esatto Maddy. E sentiamo, voi ragazzi sareste curiosi di sapere com’è andata a finire?»
«Si!» risposero i bambini all’unisono.
«Bene. All’epoca io avevo la vostra stessa età e come voi ero curioso di conoscere, vedere cose nuove.
Fin da piccolo credevo che da qualche parte, in un altro pianeta, esistessero esseri diversi da noi umani, con una capacità di apprendimento più sviluppata rispetto alla nostra; e infatti, un giorno, gli alieni si trovarono in conflitto con noi extraterrestri. La colpa era nostra perché stavamo inquinando lo spazio con i nostri rifiuti. Infatti una volta non esistevano marchingegni capaci di sbarazzarsi dell’immondizia e la spazzatura veniva mandata direttamente sullo spazio e rimaneva lì.
Questa guerra interspaziale iniziò nel 1964.
Io ero ancora intento ha costruire una macchina che mi avrebbe portato sullo spazio. Sapevo, però, che non avevo abbastanza strumenti e per concluderla dovevo chiedere aiuto agli alieni.
Così mi misi a costruire un radio trasmettitore che potesse richiamare alcuni di loro; era una sottospecie di cono fatto di metallo con un solo pulsante verde che bisognava tenere cliccato durante la registrazione della propria voce. Di notte provai questa mia nuova invenzione, ma non ricevetti nessuna risposta.
La mattina del giorno dopo, con mia grande sorpresa, vidi fuori dalla finestra una grande navicella grigia con qualche riflesso viola.
Corsi in giardino a vedere se c’erano gli alieni. Mi apparvero X1Y, X2Y e X3Y inizialmente sospettosi.
Dopo qualche tentativo di capire il loro linguaggio, con mia meraviglia ho scoperto che erano in grado di parlare la mia lingua.
Chiesi il loro aiuto per ultimare il mio missile spaziale: volevo a tutti i costi lasciare il pianeta terra. Fu allora che i tre amici mi raccontarono della guerra, dei rifiuti che noi umani lanciavamo nello spazio e del guasto irreparabile al loro disco volante provocato dallo schianto con una navicella nemica mentre stavano accorrendo in seguito al mio segnale.
Loro, con oggetti trovati nel mio piccolo laboratorio in casa, fecero le modifiche appropriate al mio missile e quando fu pronto per volare mi portarono sul pianeta Plus.
Anche loro come me volevano far cessare questa guerra di cui in parte mi sentivo responsabile come rappresentante dell’umanità.
Decidemmo di progettare e costruire bidoni in grado di raccogliere la spazzatura: nulla di tecnologico ma molto pratico.
Ne costruimmo a migliaia. Poi con un comunicato televisivo presentammo il nostro regalo agli abitanti del pianeta Terra, spiegandone l’utilità.
Il giorno dopo tutto il mondo era dotato dei nostri bidoni. Gli alieni di altri pianeti cessarono la guerra. Io decisi di restare.»
«Ma i tuoi genitori? Non li hai salutati?» chiese Maddy.
«I miei genitori sono gli unici a conoscenza di questo pianeta. Infatti ho spiegato loro quanto è importante per me la scienza e il fatto di dover rimanere qui.
Posso andarli a trovare tutte le volte che voglio o parlare con loro tramite webcam.»
«Wow!» dissero i bambini all’unisono.
«Non sarebbe ora di tornare a casa?» disse Maddy «I nostri genitori si staranno chiedendo che fine abbiamo fatto!» aggiunse.
I marziani e Kaito si guardarono perplessi: non volevano certo tenerli prigionieri, ma il rischio di far scoprire l’esistenza del pianeta Plus era reale.
Lo scienziato dal camice bianco ad un tratto propose: «Che ne dite di un bel brindisi di saluto prima del vostro ritorno?».
Azionò un secondo marchingegno, simile a una grossa macchina per il caffè espresso, mentre i tre marziani, attaccati alle sue costole, si erano messi a comunicare con il loro sibilo telepatico.
Anche il dottore conosceva quella lingua: per tranquillizzare i marziani dovette descrivere la sua idea di far bere un sonnifero che cancella anche la memoria.
La bevanda fu offerta ai terrestri facendo ben attenzione a non confonderla con l’acqua colorata destinata agli alieni e tutto divenne sfumato e sempre più invisibile.
Alle 7:30 del giorno dopo Perry, Maddy e Jerry si svegliarono nei propri letti con la strana sensazione di aver sognato uno splendido mondo lontano.
 
  
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