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Autore: Dart Anevon    22/01/2015    4 recensioni
Salute a te, amico mio. [...] Il foglio su cui ho scritto queste parole è molto particolare, alcuni lo definirebbero magico. Basta che vi scrivi sopra ciò che desideri ed esso si avvererà. [...]
Primo racconto in assoluto che pubblico su questo sito. Una storia auto-conclusiva con la pretesa di rientrare nel genere Horror: un ragazzo sfortunato riceve all'improvviso un foglio miracoloso in grado di cambiargli la vita. Sarà veramente così?
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non appena la corriera si avvicinò alla sua fermata, si alzò e quasi corse verso l'uscita, accompagnato dalle grida e dalle risate di scherno degli altri ragazzi.

«Bei capelli, Neghi» lo umiliò una ragazza, tra le risatine delle sue amiche.

Dai sedili in fondo si levò un coro di voci stridule.

«Coglione, coglione...»

Dovette sopportare gli sguardi che si giravano a fissarlo mentre passava, compreso quello dell'autista. Si precipitò fuori, cercando di ignorare le risate di quei bastardi e si incamminò verso casa dall'altra parte della strada, sperando di trovarla deserta. Arrivato ad una vecchia palazzina di 5 piani, armeggiò con le chiavi, aprì il portone, si precipitò dentro, lo richiuse con un colpo secco e rimase lì, bloccato dalla vergogna.

Non era la prima volta che veniva preso di mira dai bulletti dell'autobus, ma non era mai stato umiliato in quel modo. Gli avevano tirato carte, preso a sberle, insultato; e quel giorno, tanto per cambiare, avevano deciso di fargli esplodere il pallone di una masticante sulla testa, impastandogli tutti i capelli.

Dopo qualche minuto, cominciò a salire le scale.

L'ascensore era rotto, come sempre del resto. Entrato nell'appartamento all'ultimo piano, si diresse verso il bagno. Era tutto chiuso, segno che suo padre non era ancora tornato. Sollevato dal pensiero che quella giornata sarebbe potuta andare peggio, poggiò la mano sulla maniglia della porta del bagno. Ma prima che lo facesse lui, essa si abbassò da sola e davanti gli apparve un uomo ben più alto e robusto di lui, con barba non fatta e vestiti impregnati dall'odore di alcol.

«Ciao papà» biascicò, abbassando lo sguardo e aspettando il peggio.

«Cos'hai combinato ai capelli?» Chiese lui con voce neutra e che puzzava di tabacco e birra.

«N-niente...»

«Guardami!»

Non era una richiesta, ma un ordine a cui doveva obbedire se non voleva finire male. Alzò gli occhi, incrociando quelli del padre. Si fissarono per alcuni istanti. Per un attimo pensò veramente che non lo avrebbe picchiato quella volta, se lo figurò addirittura a sussurrargli parole di conforto e di sostegno.

Un sogno a occhi aperti, -niente di meno, niente di più- interrotto bruscamente da un ceffone tale da scaraventarlo a terra.

Un dolore lancinante lo attraversò. Ma non era finita. Il padre lo afferrò per il collo e gli alitò addosso tutto il suo disprezzo.

«Ma tu guarda... Il padre di una mezzasega dovevo diventare» e continuò con le percosse.

 

*

 

Al proprio compleanno ci si aspetterebbe di ricevere regali, baci e tutto il repertorio annesso. Il finire in un letto d'ospedale a causa del padre ubriaco e incazzato invece non è compreso nell'elenco, tranne che per lui: Tommaso Neghi, 14enne, zimbello dei compagni di scuola e “scemo del paese”.

A parte diversi lividi e un paio di denti saltati via, andava tutto bene: quantomeno sarebbe dovuto rimanere lì per un po', lontano dai suoi coetanei e dall'uomo che lo aveva ridotto in quello stato.

Era in compagnia di un bambino: durante l'orario serale delle visite era venuti la famiglia e gli amici al completo a trovarlo. Avevano dovuto entrare a turni per quanto erano numerosi.

Appoggiato allo schienale rialzato del letto, lo fissava dormire con accanto quella che aveva capito essere la madre, addormentatasi a sua volta sulla sedia accanto al letto del figlio. Per lui invece non era e non sarebbe venuto nessuno.

Sonno e tristezza ebbero presto la meglio su di lui e sprofondò nei suoi incubi...

«Ciao Tommaso!»

Si svegliò di colpo e fissò allarmato un vecchio dottore avanzare verso di lui. Diede uno sguardo all'orologio sulla parete di fronte: era quasi mezzanotte.

«S-salve» rispose con voce impastata.

«Come stai?» Continuò il medico. Tommaso lo fissò meglio, aveva capelli e barba dello stesso colore del camice. Nulla di strano, ma poco prima aveva visto uno strano luccichio negli occhi. Era durato il tempo di un batter di ciglia, ma lo aveva un po' turbato.

«I-io sto meglio»

«Ottimo» esclamò, esibendo un sorriso gioviale prima di abbassare lo sguardo per frugare nelle sue tasche in cerca di qualcosa.

«Devo fare altri esami?»

«Cosa? No no...» ribatté senza alzare la testa.

«Ma dove... ah-ah!» Con aria trionfante, estrasse dai pantaloni una busta bianca che porse al ragazzo. «Prendila è tua» disse.

«Eh?»

«Non è il tuo compleanno oggi?»

«Oh sì, beh...» che doveva dire? «Grazie ma non deve...»

«Non preoccuparti, mio giovane amico» ribatté con fare amichevole.

Data l'insistenza del medico, alla fine accettò quello strano regalo.

«Cosa contiene?»

«Tutto ciò che vuoi» e all'improvviso tutto si fece nero e lui non vide e non sentì più nulla.

 

*

 

«Tommaso Neghi! Tommaso?»

Si vegliò una seconda volta e fu quasi accecato dalla luce del Sole che entrava dalla finestra. Aveva mal di testa.

«Tom?» Continuò la voce da donna. Si voltò e vide una giovane infermiera calata su di lui.

«Sì?»

«Stai bene? Non riuscivo a svegliarti»

«Sì sto bene» ripeté e poi ricordò. «Il dottore che è venuto qui stanotte dov'è?»

«Quale dottore?»

«Era vecchio» rispose. «Mi ha dato anche una busta e...»

«Busta? Che busta?» Ripeté un po' tesa. Guardò intorno e sotto il letto, tra le lenzuola e Tommaso cercò di fare lo stesso, dolori permettendo.

«Qui non c'è niente» affermò lei seccata dopo alcuni minuti di ricerca.

«Ma sono sicuro di averla presa e...»

«Avrai solo sognato» disse con un tono che non ammetteva repliche.

Dopo avergli dato le sue medicine, uscì dalla stanza. Il bambino stava ancora dormendo, mentre la madre non c'era.

Ma sì forse era solo un sogno”

Prima di potersi stendere di nuovo sotto le coperte, la sua mano cominciò a stringere e a stropicciare qualcosa che prima non c'era. Allarmato, vide la busta: era apparsa all'improvviso nel suo pugno chiuso. Una voce dentro la sua testa ordinava al corpo di richiamare l'infermiera e di gettarla via. Ma la curiosità di sapere cosa conteneva era troppo forte. Mandando al diavolo ogni cautela l'aprì con mani tremanti e ne estrasse un foglio piegato in 3. Sopra vi era un breve testo. Cominciò a leggere velocemente senza capirci nulla. Prese un bel respiro per calmarsi e ricominciò dall'inizio.

 

Salute a te, amico mio. Scusa per il nostro precedente incontro ma non mi piace stare nello stesso posto troppo a lungo. Ma non voglio parlarti di me e non hai bisogno di sapere il mio nome, mi piace essere considerato un semplice benefattore.

Il foglio su cui ho scritto queste parole è molto particolare, alcuni lo definirebbero magico. Basta che vi scrivi sopra ciò che desideri ed esso si avvererà. Puoi fargli esaudire tutti i sogni che riesci a far entrare nella seconda pagina. Ma attento a non sprecare le tue opportunità, perciò tieni bene a mente queste regole:

-ciò che scrivi non può essere cancellato indipendente dal mezzo che usi e con esso il desiderio che hai espresso;

-non puoi chiedere con un altro desiderio di annullare il precedente;

-non puoi formulare due volte la stessa richiesta;

-non puoi chiedere cose impossibili: volare come un supereroe; far resuscitare le persone; diventare immortale; combattere un'invasione aliena e tutto ciò che (sono sicuro capirai) è fuori dalla portata umana.

Infine non puoi liberarti del foglio, distruggerlo o darlo a qualcun altro. Quando verrà il momento, cioè quando starai per morire o semplicemente avrai riempito tutto lo spazio libero io verrò a trovarti di nuovo! Fino ad allora non mi resta che augurati buon divertimento!

 

Il foglio gli scivolò tra le mani e quasi cadde dal lettino. Il cuore gli batteva forte, mentre la sua mente cercava di dare una spiegazione rassicurante e logica a tutto ciò.

 

*

 

Quando l'aveva scartata, aveva messo la busta sopra le lenzuola. Quando la cercò, di lei però non c'era più traccia. Frugò ovunque ma non vide nulla. Decise di dare il foglio al primo che gli fosse capitato. Provò con la madre del ragazzo che cercava qualcosa da disegnare per il figlio. Ma quando glielo porse lei commentò senza alcun senso: “Ma che bello! Non ti preoccupare non c'è bisogno di rovinare il tuo disegno, cercherò qualcos'altro”. Sconvolto si riprese il foglio dove, a parte le parole che aveva letto, non c'era nulla. Provò a insistere ma lei fu inamovibile. Tentò anche col dottore che venne a visitarlo e in tutta risposta gli diede la sua penna per “continuare a scrivere il suo bel racconto”.

Alla fine lo aveva ripiegato e posato sul comodino. Passarono ore e la mattina transitò più velocemente del previsto verso il tramonto. Alla fine prese la sua decisione. In fondo che poteva capitargli di peggio? Magari quello strano individuo e il suo dono erano una ricompensa per tutto ciò che aveva passato.

Si ricordava bene di quelli che il giorno del suo ricovero gli avevano gonfiato e poi fatto esplodere sulla testa il pallone della gomma da masticare, tra le risate di tutti i ragazzi nel cortile del Liceo. Era stato per quella ragione che papà, vedendogli i capelli completamente impastati, era esploso dalla rabbia e lo aveva picchiato a sangue.

Sentiva ancora le sue parole: “Il padre di una mezzasega dovevo diventare”.

Col cuore in gola, prese carta e penna e cominciò a scrivere ciò che lo tormentava dalla mattina.

 

Non voglio più essere trattato male da mio padre e dai miei compagni. Voglio una vita migliore!

 

Finito, rimase lì in attesa di un segno, un'ondata di energia o qualsiasi cosa che lo facesse sentire diverso ma non accadde nulla. Stanco morto per l'ansia crollò in un sonno profondo. In compenso il giorno dopo, in maniera del tutto inaspettata, venne qualcuno a trovarlo. Era la sua anziana vicina di casa, la signora Corella. Gli disse che sarebbe andato a vivere con lei. Sul momento credette che fosse uno scherzo o peggio si fosse rimbambita a causa dell'età. Invece gli portò vestiti puliti, lo fece cambiare e lo condusse fuori dall'ospedale, non prima che i medici le avessero consegnato dei fogli su cui vi erano annotati i vari farmaci che lui avrebbe dovuto prendere per qualche tempo.

«Ma papà?» Chiese a un certo punto.

«Oh, tesoro...» fece lei un po' triste «Carmelo è scomparso il giorno in cui l'ambulanza ti ha portato via»

«Oh!» Fu l'unica cosa che riuscì a dire.

La vecchia viveva da sola, il marito era morto da diverso tempo e il figlio era all'estero per lavoro. Si dovette sistemare nella stanza di quest'ultimo e lì rimase non sapendo a cosa pensare o cosa provare. Il foglio -o quel che era veramente- funzionava: ora ne era certo. Ma suo padre era scomparso nel nulla. Di certo non poteva e non voleva essere triste. Finalmente una delle cose peggiori della sua vita si era levata di torno. Ma se gli fosse successo qualcosa? Sarebbe stata colpa sua? E d'un tratto gli venne l'illuminazione. Poteva chiederlo a quel pezzo di carta. Certo forse avrebbe sprecato un po' di spazio ma la voglia di sapere era troppo grande e dopotutto di carta da riempire ne aveva ancora in abbondanza. Così estrasse il foglio che aveva ripiegato e messo nella tasca della felpa e scese al piano di sotto. Chiese una penna all'anziana signora e si accomodò in cucina dove lei gli accese la televisione.

«Distraiti un po' caro. Io vado a stendermi per un po'. Svegliami se suona il telefono: mio figlio avrebbe dovuto già chiamare... Che maleducato!» Finito il monologo, rabbuiata, si diresse in camera da letto, lasciandolo da solo. Pensò un attimo a ciò che doveva scrivere e poi lo mise su carta.

 

Com'è cambiata esattamente la mia vita? Che fine ha fatto mio padre?

 

Rimase in attesa, cercando di distrarsi con la TV. Su Rete 5, trasmettevano uno dei tanti programmi demenziali del pomeriggio. Quando prese il telecomando per cambiare canale, lo schermo si oscurò per un attimo e subito dopo arrivò la musichetta del telegiornale con la scritta: EDIZIONE STRAORDINARIA. Con la pelle d'oca e il cuore che accelerò i battiti rimase bloccato a sentire le parole della giornalista, chiaramente turbata da ciò che stava dicendo: riguardavano il suo paese.

«Alle ore 13:00 circa, all'uscita dei ragazzi dal Liceo Lucio Mastrangeli, un uomo non ancora identificato ha travolto con il suo furgoncino alcuni studenti mentre uscivano dal cancello della scuola. Dalle prime ricostruzioni sembra che l'uomo, da solo, sia poi sceso dal mezzo e abbia cominciato a sparare numerosi colpi d'arma da fuoco sui ragazzi, sugli insegnanti e sui genitori lì presenti. Una volta compiuto il massacro all'esterno, l'individuo si sarebbe barricato dentro la scuola continuando a uccidere tutti coloro che si trovavano all'interno dell'edificio. Diverse unità della polizia e dei carabinieri sono già arrivati sul posto e hanno ingaggiato uno scontro a fuoco con l'assassino, Non si conosce il numero esatto delle vittime ma...» dopodiché fu un susseguirsi di illazioni, interviste estemporanee a vari esperti criminologi...

In seguito non avrebbe saputo a dire quanto stese lì. 10 minuti? Un'ora? O magari di più? L'unica cosa che lo scosse dallo stato di trance in cui era caduto fu l'ennesimo aggiornamento sullo spaventoso evento.

«Abbiamo appena saputo che l'assalitore è stato abbattuto dagli agenti delle forze dell'ordine e... un momento» si interruppe la giornalista, schiacciandosi l'auricolare nell'orecchio. «L'uomo è stato identificato! Attendiamo ancora la conferma ufficiale, ma stando a quanto riportato dalle agenzie di stampa, si tratterebbe dell'Italiano Carmelo Neghi che...»

Aveva la sensazione che la casa si stringesse su di lui impedendogli di respirare. Nonostante la nausea riuscì ad agguantare penna e foglio e vi scrisse sopra un'unica parola prima di crollare al suolo.

 

Perché?

 

Ridestatosi dopo quel che gli parve un attimo, ci mise un po' a capire che si era fatta notte. Si alzò, accese la luce con la mano stranamente indolenzita e tornò al tavolo. Incredibile: durante il suo blackout, sotto la domanda che aveva scritto c'erano alcune righe di testo, che la penna sembrava aver scritto da sola.

No, era stato lui quando era incosciente.

Lo capì osservando la mano sporca d'inchiostro. Col cuore che sembrava volergli spaccare la gabbia toracica, iniziò a leggere.

 

Perché è questo ciò che volevi. Io sono uno strumento creato per far avverare i desideri di un individuo nei limiti delle possibilità umane. L'unico modo per far sì che tuo padre e i tuoi compagni non ti dessero più fastidio era di farli eliminare a vicenda. Come hai già letto, io posso esaudire i desideri ma non fare miracoli. Non posso farti amare da coloro che ti disprezzano, non posso darti felicità, soldi e potere senza toglierli a qualcun altro.

 

In risposta riuscì solo a scrivere quattro parole.

 

E ora cosa faccio?

 

Come se fosse telecomandata da qualcuno, la sua mano si mosse da sola sul foglio.

 

Esprimi il tuo nuovo desiderio.

   
 
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