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Autore: damlen    23/01/2015    5 recensioni
Fanfiction ispirata alla serie Romanzo Criminale. Un Bufalo inedito, che sembra perdere la testa per Gaia, studentessa irriverente e spensierata. Un Bufalo scisso tra i sentimenti completamente nuovi provocatigli dalla ragazza e il suo "vero" modo di essere, quello che conoscono gli altri componenti della banda. Un Bufalo che piano piano conosce una parte di se stesso che era sempre rimasta nascosta.
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Il Bufalo non era mai stato un tipo particolarmente brillante. A scuola, da pischello, si divertiva più ad importunare i suoi poveri compagni di classe, che ad imparare qualcosa di matematica, italiano o geografia. Si poteva però considerare un ragazzo sveglio, anche se a volte, anzi, molto spesso, decisamente troppo impulsivo. Lo sapevano i suoi amici e lo sapeva la madre, che un giorno, all’improvviso, entrando in camera del figlio non aveva trovato più niente.
“Ma ‘ndo te sei trasferito? Te pareva brutto avvertirme?”
“A ma’ n’omo ad un certo punto ha bisogno de spazio, che te pensavi? Che sarei stato qua con te finche nun crepavo?”
“N’omo.. c’hai 25 anni Claudio, e manco l’ombra de un lavoro. Come hai fatto a rimedia’ i sordi pe’ a casa?”
“Tu nun te devi da preoccupa’ de questo, l’importante è che ora ne ho una.”
Ed effettivamente l’aveva trovato un posto tutto per sé. Un umile “appartamentino” in via della Magliana (una stanza in cui coesistevano cucina e camera da letto e un bagno) che per lui andava benissimo. Per quanto riguarda il come l’avesse rimediato, gli erano bastati i pochi soldi che lui, il Libanese e il Dandi avevano ottenuto da una rapina fatta il mese prima.
Tornato da casa della madre, per la quale aveva fatto delle commissioni, fece una doccia e si rollò una canna, giusto per passare il tempo. Doveva incontrarsi col Libanese e Dandi quel pomeriggio, perché a quanto pareva Libano aveva avuto una delle sue idee. Fece un po’ di tiri e quando cominciò a sentire il sorriso ebete farsi strada nella sua faccia e la testa che iniziava a girare la spense, mettendola nel taschino della camicia. Scese per strada e si avviò verso il loro solito luogo di ritrovo, il bar di Franco. Mentre stava camminando guardava per terra, mantenendo l’atteggiamento schivo di quando doveva fare uno dei suoi “lavoretti”. Per questo dopo poco andò a sbattere contro qualcuno, a cui caddero per terra diversi libri.
“Anvedi questo, me fa cadere ‘sti libri der cazzo sur piede, mo m’o dovranno amputare!”
Aveva cominciato a saltellare su un piede quando alzando lo sguardo si trovò davanti una ragazza. La squadrò. Il suo volto, incorniciato da morbidi boccoli di capelli castani, racchiudeva due ridenti occhi scuri, che gli fecero perdere un battito, o qualcosa del genere.
“Scusa, non t’avevo visto, spero di non averti fatto troppo male”.
La ragazza aveva un tono gentile, e Bufalo si ammorbidì leggermente, non riuscendo a tenere il suo solito muso duro davanti a quegli occhi.
“Ma no m’è già passato! Però te porti dietro ‘n bel po’ de peso!”
Raccolse la maggior parte dei libri per la ragazza e la guardò mentre raccoglieva il resto. “A Bu’, ma che cazzo stai a fa’? A momenti te sciogli di fronte a ‘na pischella quarsiasi? Ripigliate che è meglio” pensò fra sé e sé. Ma proprio non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, e si offrì di aiutarla ancora con i libri.
“Dove devi anna’?”
“Sto riportando questi libri in biblioteca, in via Pescaglia, ho dato oggi l’esame per cui mi servivano e non vedevo l’ora di liberarmene”
“Daje allora, te c’accompagno, così magari eviti de ammazza’ qualcuno”
La ragazza rise di gusto e lo ringraziò continuando a sorridergli, e Bufalo sentì nello stomaco qualcosa che non aveva mai sentito prima.
“Comunque io sono Gaia, Gaia Mancini”
“Io me chiamo Claudio”
“E cosa studi?”
Bufalo per la prima volta in vita sua si sentì in imbarazzo per la sua ignoranza, così decise di mentire a Gaia. “Tanto questa chi la rivede più”. A momenti non aveva neanche idea di cosa si potesse studiare all’università, si ricordava solo di un cugino studiava ingegneria dell’edilizia a Tor Vergata.
“Ingegneria dell’edilizia, a Tor Vergata, sto all’ultimo anno”
“Ah sei anche tu a Tor Vergata? Pure io studio lì, ma faccio Beni Culturali”
Continuarono a camminare in silenzio verso la biblioteca, e Bufalo di tanto in tanto si girava verso Gaia per scrutarne l’espressione. Fu la ragazza ad interrompere il silenzio, probabilmente perché lo reputava imbarazzante.
“Dove stavi andando? Non vorrei allungarti di troppo la strada”
“Me devo trova’ con degli amici miei in un bar qua sulla Magliana”
Bufalo preferiva il silenzio al sentimento di inferiorità che inevitabilmente provava parlando con la ragazza.
“Sei un tipo taciturno”
Gaia lo guardava con curiosità, fomentando il suo imbarazzo, e forse (forse) Bufalo arrossì, sentendosi come se lei lo avesse colto in fallo con quella affermazione, ma continuò a camminare senza risponderle.
Arrivarono alla biblioteca e riposero i libri in un ampio scaffale. Intravidero diversi ragazzi che studiavano, sparpagliati attorno ai grandi tavoli scuri. Mentre uscivano Bufalo si chiese se gli sarebbe piaciuta quella vita, la vita da studente, ma i suoi pensieri vennero interrotti dalla voce di Gaia.
“Grazie mille, ti devo un favore. Posso sdebitarmi subito offrendoti un caffè?”
Bufalo guardò l’ora.
“S’è fatto un po’ tardi, magari ‘n artra vorta”
Ma Gaia insistette.
“Facciamo così, ti accompagno al bar dove ci sono i tuoi amici e te lo offro lì”
“Nun serve, davero”
“Dai, mi fa piacere”
Il sorriso di quella ragazza gli risultava irresistibile.
“Daje allora, annamo, gli artri saranno già ‘ncazzati”
Tornarono indietro e si fermarono davanti al bar di Franco, e Bufalo cominciò ad agitarsi pensando sia a quanto si sarebbero incazzati per il suo ritardo Libano e Dandi, sia a come avrebbero reagito vedendolo arrivare con una ragazza. Scesero le scalette ed entrarono. Franco lo salutò con un cenno svogliato, ma si rizzò in piedi vedendo la ragazza.
“Buongiorno! Oggi c’hai compagnia eh Bufalì?”
Lo guardo con un sorrisetto ammiccante che probabilmente lo fece arrossire di nuovo.
“Sono Gaia, piacere di conoscerla”
“Che c’avrà da soridere sempre questa” pensò il ragazzo.
“Gli altri so de là nella sala biliardo che t’aspettano”
“Famme velocemente du’ caffè allora, li raggiungo poi”
Ma in quel momento Dandi e il Libanese entrarono dalla porta scorrevole che conduceva nell’altra sala.
“Aò anvedi chi ce sta, stavamo a ad ammuffì a forza d’aspettarte Bu’!”
Dandi aveva la solita espressione strafottente che lo caratterizzava. Il Libanese notò Gaia e sfoderò un sorrisetto sornione.
“A Bufalo, e che te sei annato a divertì senza de noi e hai pure portato qua er premio?”
I due gli rivolsero sguardi di scherno, e l’imbarazzo di Bufalo se possibile aumentò ancora di più.
“E solite teste de cazzo. Lei è Gaia, l’ho solo accompagnata a riportà dei libri che m’hanno quasi levato ‘n piede in biblioteca e vole per forza sdebitarse co ‘n caffè”
Gaia protese le sue mani snelle verso i due, presentandosi.
“Ah ‘na studentessa! Nulla a che vede’ co Bufalo nostro insomma”
Bufalo dovette trattenersi per non estrarre la pistola che teneva nella tasca dei pantaloni. I due, notando lo sguardo dell’amico e si ricomposero.
“Studiate anche voi a Tor Vergata con Claudio?”
La ragazza sorrise cordialmente, e il Libanese e Dandi si scambiarono uno sguardo incredulo per poi scoppiare a ridere.
“No no, ne basta uno che abbia ‘a capoccia funzionante, vero Bu’?”
Bufalo si stava incazzando sempre di più, ma non voleva sfigurare davanti  a Gaia.
“Eh sì anche perché rischierei de perderla del tutto ad anna’ in giro con du’ cojoni del genere”
Gaia rise di nuovo di gusto, e Bufalo non riuscì a non trattenere un sorriso.
“Anvedi, Bufalo che soride! Mai vista ‘na cosa der genere, vero Libano?”
“Eh no, mai successo no, che c’hai stregato l’amico?”
“Sentite aspettateme de là, bevo er caffè e torno”
“Vabbè, capito, ve lasciamo soli”
Tornarono al biliardo ridendo e girandosi verso l’amico, dandosi delle amichevoli pacche sulle spalle. “Ridete pure, che poi quanno arivo regolamo i conti”.
“Simpatici i tuoi amici!”
“Proprio, come er mal de testa”
Gaia continuava a sorridere, e nella testa di Bufalo balenò l’idea di farla smettere con un bacio. Ma la scacciò subito con forza. Lui non era tipo da queste smancerie romantiche, proprio per niente. Finirono i caffè e la ragazza pagò prontamente, ignorando le lamentele di Bufalo.
“T’avevo detto che nun serviva”
“Ma io t’avevo detto che l’avrei fatto volentieri”
Gaia lo squadrò come se aspettasse qualcosa. “Che cojone, e persone per bene ringraziano” pensò Bufalo.
“Be’ grazie allora”
“Di niente”
Sorrise, ancora.
“Ci vediamo Claudio, o meglio, Bufalo”
E stavolta sfoderò un sorriso divertito.
“Bona giornata Gaia”
La ragazza lasciò il bar e Bufalo si diresse verso la sala del biliardo, ma venne chiamato da Franco che lo guardava divertito.
“A Bu’, guarda che ha lasciato quarcosa pe’ te”.
Sventolò un foglietto che Bufalo corse ad afferrare. Lesse (con fatica) le scritte e i numeri nel pezzetto di carta. - Nel caso un giorno ti andasse di studiare con me, questo è il mio numero di telefono. Gaia – 
  
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