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Autore: Arya Tata Montrose    24/01/2015    3 recensioni
I pensieri di Koichi, in una notte in cui, tormentato, decide di andare a trovare Mei, l'unica che, pur avendolo gettato nel baratro, può farlo riemergere.
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Hope you enjoy :D
Tata
[Accenni Koichi/Mei] [Angst] [688 words]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kouichi Sakakibara, Mei Misaki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sulle sponde del fiume infernale
 
 
Il campanello trillò quando la porta venne spinta in avanti, annunciando tristemente l’arrivo di un cliente. Koichi si guardò intorno e si chiese se avesse fatto bene ad entrare in quello spettrale negozio nel bel mezzo della notte. In effetti si chiedeva come mai fosse ancora aperto, a quell’ora, ma non ne aveva fatto una priorità quanto quello cui aveva pensato tutta la notte e che l’aveva portato ad uscire alla tiepida luce della luna, aiutata dai lampioni ai lati delle strade.
 
Pagò quello che, al posto dell’ingresso di una mostra di bambole, gli sembrò piuttosto il pedaggio per la traversata dello Stige e si avviò per i corridoi pieni dei corpi di ceramica e legno, contenitori delle anime trasportate dal fiume infernale. 
Non si accorse però di tutti quei corpi; spostava un piede avanti all’altro in un movimento meccanico e ripetitivo, evitando gli ostacoli in maniera disinvolta, senza però accorgersi veramente della loro presenza. La sua mente era focalizzata su quell’unico pensiero che gli annebbiava la mente da ore, giorni, mesi.
Da quando era arrivato in quella classe ed aveva salutato Mei, nulla era più stato come prima. Era venuto a conoscenza della verità mettendo insieme granelli di indizi, bugie, segreti strappati alla bocca dei suoi compagni. I primi momenti, però, aveva ingenuamente pensato che no, lui non poteva morire davvero, anzi, nessuno sarebbe potuto morire davvero; e invece si era sbagliato e se ne era accorto nel momento esatto in cui Sakuragi era scivolata da quella maledetta scala ed era morta a causa di quell’ombrello. Lì, Koichi, per la prima volta in tutta quella storia, aveva realizzato che sì, la maledizione era vera, e che anche lui poteva davvero morire.
 
Ed ora, nemmeno lui sapeva perché camminasse così meccanicamente verso le scale che lo avrebbero portato da Mei – oppure, un solo errore l’avrebbe fatto capitolare, l’avrebbe fatto cadere giù, giù agli inferi, l’avrebbe fatto sprofondare fino alla riva dello Stige, dove davvero Caronte avrebbe preteso il pedaggio per portarlo alla sofferenza eterna.
Si ritrovò davanti due rampe di scale – quella che scendeva, nel punto più vicino all’Ade che potesse ospitarlo da vivo; e quella che saliva, che, forse, l’avrebbe portato a toccare il cielo con un dito, dove Mei lo aspettava – e, senza nemmeno pensarci veramente – perché ora pensava solamente a vivere, a sentire il suo cuore battere forte ed i suoi pensieri risalire dall’abisso in cui solitamente erano confinati per salire in un mondo fatto di luce e quella che voleva chiamare speranza – si ritrovò a posare il piede destro sul primo scalino e a contrarre i muscoli di quella stessa gamba per darsi sostegno stabile ed a spingere lievemente con la gamba sinistra per darsi lo slancio e salire. Si ritrovò a salire senza nemmeno pensarci, per vedere quello scuro raggio di sole – che pure l’aveva gettato così vicino agli inferi, che aveva inciso il suo nome sulla lista dei pedaggi di Caronte – illuminare il suo mondo e farlo sentire vivo, col cuore a mille e la testa piena solo di nebulosa ed accecante felicità; voleva che quel raggio di sole nero gli colorasse il pallido viso di un sorriso sincero, vivo, vero.
 
E piano bussò alla porta che ancora lo divideva dalla sua luce, con il suono che rimbombava nell’ambiente chiuso e tetro e nelle sue orecchie, ancora vigili; perché ancora non era salvo.
Lo fu solo nell’attimo in cui lei gli aprì, facendo in modo che la luce del soggiorno filtrasse oltre la sua figura esile e scura e illuminasse l’opprimente luogo in cui la mente di Koichi stava vagando. Quando poi Mei lo invitò ad entrare, con un mesto sorriso ad increspare quelle labbra sempre chiuse in un’espressione seria e triste, anche lui si ritrovò a sorridere perché, nonostante fosse inconsapevolmente lei l’origine di tutta quella sua paura, di tutto quel sangue d’innocenti versato per un suo grossolano e sempre inconsapevole errore, Koichi era felice di averla rivista, di aver visto il suo raggio di sole scuro scaldarsi e rischiararsi di un sorriso la cui unica causa era la sua presenza, la sua amicizia, il silenzioso amore che nutriva per lei.
 
[688 words]

Author's corner:
Salve a tutti! 
Eccomi qui che per la prima volta mi presento su questo fandom con una storiella, forse un po' pesante e drammatica, ma avevo da tempo in mente quest'idea e ieri sono finamente riuscita a metterla nero su bianco sul foglio di Word.
È una piccola finestra nella mente di Koichi, che spero di essere riuscita a rendere abbbastanza bene, lasciando IC il personaggio. 
Mi farebbe veramente piacere un commento a proposito, per comprendere quali errori abbia commesso o quali siano i punti di forza di questo breve componimento. 
Beh, che altro dire? A presto!

Tata.
   
 
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