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Autore: SilverSoul    24/01/2015    5 recensioni
La vita di Maka, chiusa in un appartamento in unica compagnia dei suoi amati libri, sta per cambiare.
Riuscirà il mondo reale ad essere all'altezza di un mondo di carta, dove le alte aspettative, i grandi amori e i sogni nel cassetto sono a portata di mano?
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maka Albarn, Soul Eater Evans, Un po' tutti | Coppie: Soul/Maka
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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9) A song of scents and eyes
 
Maka dormiva su un letto di menta. E aveva caldo.

Okay, sapeva che non poteva essere sul serio distesa su un letto di quelle piccole pianticelle profumate, ma l’odore fresco e pungente che le invadeva le narici e la circondava come una soffice coperta induceva la sua mente, ancora provata dal dormiveglia, a crederci.

Ma il caldo, oh, la stava facendo impazzire.

La ragazza alzò la schiena di scatto, sedendosi a gambe incrociate e meditando un attimo, prima di aprire gli occhi.
Diede un’occhiata in giro: una sedia appoggiata al muro, la sua scrivania stracolma di lettere e libri, i vestiti sparsi in giro sul pavimento dove li aveva gettati, incurante di tutto, la bozza incompleta del suo futuro manoscritto…  Sì, era proprio nella sua camera, anche se non riusciva proprio a ricordarsi come ci fosse arrivata.

Maka scosse la testa, cercando di schiarirsi le idee, prima di cercare di buttare il piumone lontano da sé per liberarsi da quell’insopportabile caldo che la stava asfissiando.

Cercare, appunto.

La bionda fece appena in tempo ad alzare il lenzuolo che un “Miaaaaoo!” indispettito la facesse balzare per aria, spaventata.
Una piccola testolina pelosa spuntò dall’ammasso di coperte, dimenandosi per districarsi, e le si strusciò addosso, miagolando ancora più forte, in cerca di attenzioni.
<< E tu, chi sei? Cosa ci fai qui? >> borbottò Maka , la voce ancora arrochita dal sonno, mentre un sorriso involontario le spuntò sul viso quando la sua mano, quasi avesse una propria volontà, si tese automaticamente ad accarezzare la piccola gatta, a saggiarne il pelo morbido.

All’improvviso, la bestiola smise di fare e le fusa e si irrigidì, attenta, annusando l’aria intensamente: con un unico, elegante balzo, la micia lasciò sola Maka e sparì in direzione della cucina, la coda alta che sobbalzava  ad ogni suo baldanzoso passo.

In un istintivo gesto, Maka alzò appena un braccio, come per richiamare vagamente la gatta a sè, ed una manica scivolò leggera lungo il polso sottile, arrivando ben oltre la sua mano e cancellando ogni pensiero ozioso che aveva occupato la mente della giovane fino a quel momento.
Maka si stava ancora fissando stupita il braccio quando il piccolo sbuffo d’aria causato dal movimento di poco prima le colpì il viso.

Menta.

E la ragazza capì.

Capì il perché avesse caldo, lei, che era solita dormire senza pigiama e che non sarebbe andata a dormire con una felpa neanche con venti gradi sotto zero.
Capì come fosse arrivata in camera sua, quando l’ultimo ricordo che aveva era quello di essersi accoccolata sul divano davanti all’ingresso… be’, non di casa sua.
Capì perché avesse indosso quella felpa troppo grande, per essere una delle sue.
Capì perché si era svegliata così serena e rilassata, cosa che non succedeva da qualche settimana.
Capì anche perché la gatta fosse corsa in cucina quando un leggero sentore di cioccolato si propagò nella stanza, mischiandosi alla menta e creando un connubio perfetto. Era un leggero  effluvio, come di un dolce che cuoce in forno, tanto delicato ed invitante che il suo stomaco si risvegliò con un brontolio.
Capì che c’era davvero qualcuno nella sua cucina, però, solo quando udì distintamente il rumore di ceramica che si schiantava sul pavimento e la seguente imprecazione subito soffocata.

Soul.
Era tornato.
 
 ***
 
Maka rimase immobile per soli due secondi, prima di balzare in piedi e correre letteralmente in cucina, come aveva fatto quella gatta misteriosa poco prima di lei.
Si arrestò di botto sulla soglia della stanza, stupefatta, la bocca e gli occhi spalancati.
 
Soul era nella sua cucina.
Soul era nella sua cucina, in carne ed ossa.
 
Soul era nella sua cucina, non si era accorto di lei e, cosa ancora più sorprendente, non stava mangiando a sbafo come suo solito ma, anzi, stava cucinando.
Per lei, stava cucinando per lei.

Maka avvertì  una fitta al petto, a quel pensiero.
Una fitta piacevole, molto.
La bionda bloccò sul nascere il piccolo sorriso che le stava per illuminare il volto: l’aveva fatta arrabbiare, con quella sua fuga, e soffrire molto più di quello che avrebbe mai ammesso.
Non era disposta a passarci sopra così facilmente: il ragazzo avrebbe dovuto faticare un po’ più di così, per riguadagnarsi la sua fiducia.

“Non che io sia intenzionata a negargliela, però” pensò Maka maliziosamente.

Per non parlare del fatto che dovevano ancora chiarirsi per quanto riguarda quel piccolo bacio che avevano condiviso.
Prima di perdersi dietro qualche ragionamento contorto, la ragazza si schiarì forte la voce, cercando di attirare l’attenzione di Soul.
L’albino si girò, un mestolo e un pentolino in mano, sorpreso.

<< Oh. >> fu tutto quello che disse.
 
***

<< Oh. >>

Soul  se la ritrovò davanti all’improvviso, molto prima di quanto avesse immaginato, e, preso alla sprovvista,  iniziò  a osservarla minuziosamente: gli occhi lucidi e i capelli scompigliati che le incorniciavano il viso, il busto appena coperto dalla sua felpa malamente allacciata, le lunghe gambe dalla pelle di porcellana lasciate nude e i piedi scalzi.

Trattenne il fiato, cercando di farlo il più silenziosamente possibile.

Bellissima.
Bellissima, e seminuda.

Soul si perse nel mangiarsi con gli occhi quella figura così minuta ma allo stesso tempo così… perfetta.

Perfetta, almeno  per lui.
D’ora in poi, sarebbe stata sempre perfetta, sì, ma solo per lui.

Quel pensiero lo faceva sentire potente, ansioso e be’… eccitato.

“Accidenti! Ma non si rende conto di come gira per casa? E se qualcuno la vedesse? Cioè, qualcuno a parte me, insomma… Non è male vedersela comparire davanti così, ammettiamolo,  ma con queste vetrate enormi offre lo spettacolo a tutto il vicinato!… Ah, ho la soluzione: tende pesanti  di velluto nero alle finestre! A-ah, sono un genio! Oscureremo tutta questa luce così potrà anche andare in giro nuda, se volesse… Di certo non sarò io ad oppormi alla cos-“

<< Ti sarei grata se mi guardassi negli occhi, sai, ora che ti sei goduto il panorama. E magari se chiudessi la bocca. Non hai per niente un’aria cool, così >> i pensieri sui futuri cambiamenti di arredamento di  Soul vennero interrotti da quella voce, calda ma tagliente, resa roca dal recente risveglio.

Ah, come gli era mancata!

L’albino si rese conto che, effettivamente, era a bocca spalancata e sul punto di sbavare come un cagnolino, e che era appena stato beccato in pieno nel bel mezzo della sua perlustrazione.
Distolse lo sguardo, chiuse  le fauci ma si rifiutò di arrossire: dando le spalle alla ragazza, posò gli arnesi che aveva in mano sul tavolo, prima di girarsi strofinandosi  le dita sul grembiule e sorridere alla ragazza.

<< Colazione? >> propose, il tono vivace e allegro, più di quanto lo fosse stato nelle ultime settimane. O negli utimi mesi. O forse anni…
Maka annuì, sorridendo suo malgrado, e si sedette al tavolo: Soul le servì un piatto stracolmo di leccornie, prima di sedersi a sua volta e guardarla mangiare.
La ragazza sorrise ancora di più davanti a quel quadretto familiare.
“Potrei anche abituarmici” pensò la bionda, prima di afferrare una forchetta e iniziare a mangiare con gusto.

<< Buono, per uno che sa a malapena che forma ha un uovo >> Maka masticò un grosso boccone, prima di continuare << Però non ti basterà. >>
Soul la guardò stranito, facendosi attento e unendo le mani sotto il mento.
<< Cosa? >> le chiese un po’ indispettito.

“Sempre dritta al punto. Non me ne lascerà passare una neanche a pagarla!”

<< Non ti basteranno dei pancake e delle uova strapazzate per farti perdonare. Per rientrare nelle mie grazie. Per evitarti la spiegazione che mi devi. Per evitare che ti schianti un libro sulla testa, ora. Ovviamente, dopo aver finito queste delizie. >> La voce di Maka era decisa, acida e scontrosa, ma Soul lesse un briciolo di felicità nel luccichio dei suoi occhi che lo fissavano e sì, quello che sembrava un piccolo ghigno giocoso, prima che la bionda ricostruisse la sua maschera di finta indifferenza e tornasse a prestare attenzione al cibo.

Oh, Soul lo sapeva: sapeva che Maka non si sarebbe ammorbidita  finché non avesse avuto quel che voleva, e lui non aveva niente in contrario a darle delle spiegazioni. Spiegazioni che, sperava, sarebbero servite a farsi perdonare e, contemporaneamente, avrebbero fornito delle illuminazioni su quel che la bionda pensava riguardo al loro piccolo scontro di labbra.

Soul sapeva quello di cui era in debito con Maka, ma questo non significa che, prima di saldare il conto, non si sarebbe divertito – almeno un pochino – a sue spese.

“Magari posso provare a farla sciogliere in un altro modo”
Soul ghignò e, mentre allungava una mano verso la guancia di Maka e iniziava a tracciare delicatamente il contorno dello zigomo, ribatté a voce bassa e roca:
<< E se, diciamo, aggiungessi dei muffin al cioccolato? >>
Gli occhi verde prato di Maka scattarono nei suoi cremisi, per poi dirigersi verso le sue labbra, su cui Soul aveva intenzionalmente passato la lingua con deliberata lentezza, mentre continuava a fissarla.

Maka trattenne un fremito.

Non gliela avrebbe data vinta, non così facilmente.

La ragazza, presa da un impulso di momentaneo coraggio, sorrise appena e avvicinò il suo volto a quello di Soul, fino a solleticare con il proprio naso quello del ragazzo.
<< Be’,allora… Diciamo che si può trattare >> alitò sulle labbra dell’albino, calcando le parole,  prima di alzarsi e andare in salotto, senza mancare di fargli un occhiolino prima di sparire nella stanza accanto.

Soul rimase lì seduto, come imbambolato, le labbra che ancora pizzicavano per quel contatto appena accennato.

Forse, aveva sottovalutato Maka: a quel gioco, in fondo, si può giocare in due.
E Maka, per ora, aveva tra le dita la mano vincente.
 
***
 
Erano in salotto da almeno un quarto d’ora, e ancora non volava una mosca.

Lei, rintanata sul bracciolo del divano che l’aveva sorretta nelle molte notti che si era addormentata nella speranza che una certa chioma albina spuntasse dalla voragine nel muro, e lui all’altro capo della stanza, appoggiato sul mobile di legno scuro che ospitava la tv polverosa della ragazza.
Soul era entrato nella stanza dopo di lei, dopo aver sistemato il caos di pentole e stoviglie in cucina: si era fermato sulla soglia, aveva individuato la chioma bionda di Maka e a passi lenti e strascicati si era portato davanti a lei, appoggiandosi al mobile a braccia conserte.
Si stavano fissando da allora, in un muto scontro di occhi rossi e occhi verdi, aspettando con ansia e contemporaneamente sfidando l’altro a rompere quel muro di silenzio.

Silenzio che tra loro non aveva mai avuto modo di esistere, e che li stava inesorabilmente allontanando, più dello spazio che avevano fin troppo consapevolmente messo tra loro, entrambi consci di cosa fosse successo l’ultima volta che si erano ritrovati vicini.

Era cambiato tutto da allora, e così in fretta, che non si fidavano più di loro stessi.

Poteva un bacio così piccolo portare a ripercussioni interiori così grandi?

La situazione di stallo venne interrotta dalla micia: zampettando ma sempre elegante, l’animale arrivò in salotto e balzò al fianco di Maka, strusciandosi sinuosamente sulle sue gambe.
Una volta ottenute le carezze tanto agognate, la gatta si mise seduta composta e inizio anch’essa a fissare l’albino, in attesa.

Soul studiava attentamente la situazione, anche se i suoi occhi rimanevano fissi sul volto della bionda, attento a non rompere quel gioco di sguardi.
No, non avrebbe iniziato lui a parlare. Avrebbe lasciato che fosse lei ad esporsi, a  mostrarsi impaziente di sapere, impaziente di cavargli qualcosa di bocca, per poi accontentarla a suon di monosillabi e sguardi ammiccanti: tutto come da “codice di comportamento del maschio cool medio”.

Il tempo passava, intanto, e Maka diventava sempre più nervosa: Soul se n’era accorto dal cambiamento del ritmo delle carezze alla gatta. Erano passate dal “dolce e rassicurante” al “tengo occupate le mani prima di stringertele al collo”.

“Forse sto tirando un po’ troppo la corda…” si disse il ragazzo, ma fu allora che lo vide.

Il piccolo segno di cedimento che aveva aspettato da mezz’ora a quella parte era arrivato.

Maka aveva sbattuto le palpebre, e lo scintillio degli occhi si era fatto diverso: stava per iniziare.
 
***
E’ vero, Maka era consapevole che, a volte, era infantilmente testarda: si puntava sulle cose, e non arretrava di un passo, non fino a che stringeva la vittoria in pungo.
Era altrettanto vero, però, che sapeva di essere anche una persona matura, responsabile e razionale.

Avrebbe perciò interrotto lei quella specie di stupido braccio di ferro, quella stupida prova di forza che era iniziata da fin troppo, oramai.
E lo avrebbe fatto perché, così,  avrebbe sottolineato al ragazzo di essere lei quella più matura, tra i due.
“E coraggiosa. E brava. E responsabile. E con i voti migliori.” Gne gne gne.

Maka sbattè le palpebre e aprì la bocca, pronta per dare inizio alle danze, quando…
<< Si chiama Blake >> ammise Soul, ghignando al suo indirizzo quando vide la smorfia di disappunto che le si era disegnata sulle labbra per l’essere stata battuta sul tempo.
Inutile fingere di non sapere a cosa si riferisse, visto che la palla di pelo in questione stava facendo le fusa proprio sotto le sue dita.

<< Mmm >> mugugnò in assenso Maka, stringendo tra i denti il labbro inferiore, per poi squadralo da capo a piedi. << E perché Blake è nel mio appartamento?  >>
<< Qualche giorno fa stavo facendo una consegna, e l’ho vista per strada. Sembrava affamata, così sono tornato con del cibo. Mi segue da allora >> Soul si strinse nelle spalle, come a minimizzare la cosa, come se la gatta non avesse molta importanza per lui.

Anche se il suo primo pensiero quando aveva accarezzato quel pelo nero come la notte per la prima volta era stato il vero motivo per cui aveva deciso di tenerla con sé.
“E’ soffice come la Sua pelle, ma ha gli artigli affilati come il Suo carattere”

<< Anche se, a vedervi adesso, mi sa che d’ora in poi abiterà con te >> Soul sorrise al suono di un miagolio indignato,  emesso in protesta di quella mano che aveva abbandonato il suo collo peloso.

Maka sorrise in risposta, abbassando poi lo sguardo sulla bestiola, che stava cercando di artigliarle le dita.
<< Perché? >> soffiò appena Maka, mentre teneva i suoi occhi fissi sulla gatta e gli angoli della bocca rigidamente bloccati a mantenere quella parvenza di sorriso, che risultava, nonostante gli sforzi, fasullo.

Perché?
Soul sapeva a cosa si riferiva.

Perché te ne sei andato quel giorno, scappando dal mio appartamento come se avessi i segugi infernali alle calcagna?
Le braccia di Soul ora penzolavano ai suoi lati.

Perché te ne sei andato per settimane, senza un biglietto o una spiegazione?
Una spinta del bacino contro il mobile, e Soul si ritrovò in piedi, a meno di tre metri da lei.

Perché mi hai lasciata sola a cercare di ordinare e comprendere la confusione che ti sei lasciato dietro?
Uno, due, tre, quattro passi, e Soul era davanti a Maka.

Una Maka che ora si stava alzando in piedi,  la testa tenuta alta e orgogliosa e che lo guardava negli occhi con cipiglio deciso.
Il cipiglio di chi ha già riflettuto abbastanza e ora sa che è il momento dell’azione.
Il cipiglio di chi sa cosa vuole ed è disposto a tutto per ottenerlo.

Soul la strinse tra le braccia, forte, spalmandosela addosso e inalando il suo odore, mentre con la bocca cercava il suo orecchio, incurante dei capelli biondi che gli finivano tra le labbra.

<< Non ero in grado di ragionare, in quel momento. Non sapevo cosa volevo >>  appena un soffio leggero, quello di Soul, che prese poi a seguire il contorno della mascella della ragazza con il naso, risalendo poi lungo la guancia, la tempia.

Soul si staccò appena, facendo in modo che gli occhi di Maka finissero nei suoi: la ragazza era ancora rigida tra le sue braccia, ed il suo sguardo era attento.

<< E ora lo sai? >> Era pronta a buttarsi nel precipizio, Maka, però non prima di aver dato un ultimo strattone alla corda di sicurezza che la legava: una piccola certezza che poteva essere ancora di salvezza o evidenza di morte.

Soul le sorrise, mentre le sue mani continuavano a viaggiare su quel corpo che tanto aveva agognato, ma da cui era fuggito per un’infinità di tempo, incapace di trovare il coraggio per fare chiarezza con se stesso.

La bocca del ragazzo calò sulla gola di Maka, creando delle lingue di fuoco al suo passaggio. Non baciava, Soul, ma si limitava ad accarezza la pelle soffice di Maka, dalla gola alla spalla, in un movimento ripetitivo ma sempre nuovo.

Lo spostamento si interruppe all’improvviso, mentre l’albino incastrava la testa tra la spalla e la mascella di Maka e la scuoteva appena, in un gesto di diniego che le provocò solletico.

Le labbra ripresero il loro moto per un po’, fino a giungere alla spalla dove si fermarono definitivamente: Soul spalancò le labbra le morse deciso la clavicola.

Maka non riuscì a trattenere un brivido, accompagnato da un piccolo gemito.

Il ragazzo riprese sfiorarla con le labbra nel punto in cui aveva appena assaggiato la sua pelle, soffiando leggermente e non riuscendo a trattenere una risatina roca, che rimbombò nella cassa toracica di Maka, eclissando persino il battito forsennato del suo cuore.

<< Ora,  so ciò di cui non posso fare a meno >> Un sussurro più lieve del respiro di Soul  contro di lei, appena più di uno schiudersi di labbra.

Qualcosa di talmente appena abbozzato, che il ragazzo di chiese se Maka l’avesse sentito.

La risposta alla sua domanda silenziosa arrivò quando le braccia di Maka, fino ad allora tenute ostinatamente incollate ai suoi fianchi, risalirono lungo il suo petto in una carezza leggera, per poi soffermarsi sulla sua schiena: la mano destra di Maka proseguì la sua corsa, fino ad approdare alla sua nuca, tuffandosi in quella nuvola argentea e intrappolandogli il collo tra le sue dita sottili.

Maka lo strise a sé, forte e dolce allo stesso tempo, quasi volesse mettere in contatto i loro due poveri cuori  quasi impazziti.

Ancora con la testa incastrata nell’incavo del collo della ragazza, a Soul mancò il fiato quando si accorse che il tempo scandito da entrambi era quello di una stessa ballata.
 
 
 






 
Alors, ciao, per vostra disgrazia non sono ancora morta sotto le valanghe di esami.
Questo capitolo non mi convince, anche perché è stato scritto in due volte e quindi magari non è proprio lineare dall’inizio alla fine.
Ebbene sì, sono una romanticona da strapazzo *sguardo omicida* ma a me è venuto il diabete alla fine del cap.
Quindi boh, non so cosa pensare né cosa dire, sono in dubbio su tutta la linea, ma tanto non avrei saputo scrivere di meglio, ma va bene così.
Grazie mille a tutti! :)
Alla prossima!
XOXO SilverSoul :)
 
  
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