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Autore: elisabieb    25/01/2015    2 recensioni
[SPOILER QUARTA STAGIONE] E' la prima volta che scrivo su questo fandom e ho deciso di farlo descrivendo (anzi riscrivendo), a mia immaginazione, un momento del 4x07, a cui si abbinano riferimenti del 4x04. Spero sia chiaro nel corso della OS a quali momenti mi sto riferendo :) - spero inoltre che sia all'altezza della magnifica serie che sta scrivendo Shonda ed ogni critica è ben accetta! Grazie a tutti!
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Il rumore della porta pesante che si chiude mi costringe ad aprire gli occhi e ad alzare lo sguardo. Sono nel carcere di massima sicurezza, sono da sola e sono qui per scoprire la verità. Voglio la verità e nessun'altra cosa al mondo. E voglio sentirla da lui. Da lui che ha accusato Jake. Da lui che continua imperterrito con i suoi discorsi e le sue deposizioni. Non è stato Jake. E voglio sentirglielo dire. Si siede davanti a me, quella orrenda tuta arancione, lo sguardo perso nel vuoto ma fisso su di me, le braccia davanti al corpo, le mani posate sulle ginocchia strette a pugno e poi il rumore delle manette, metallico, freddo, duro,  che si erano appena chiuse intorno ai suoi polsi impedendogli qualsiasi tentativo di muoversi e di scappare. Come se ne avesse avuto l'opportunità. Continua a fissarmi e distolgo leggermente lo sguardo, devo cercare di non farmi coinvolgere. Sono qui solo per sapere la verità e nient'altro.
“Ciao Tom” sillabo davanti a lui incrociando le braccia e cominciando a camminare nervosamente per quella stanza, improvvisamente troppo piccola “Il direttore Roberts mi ha gentilmente concesso di usare il suo ufficio” decido di spiegargli “In questo modo non mi sono dovuta registrare..” mi blocco per un attimo e mi metto esattamente davanti a lui “e possiamo tenerci questo incontro solo per noi.”
Lui rimane in silenzio, mi fissa, e per un attimo non so se distogliere lo sguardo o se continuare a parlargli come se non stesse succedendo niente. Sono qui solo per la verità e non devo farmi coinvolgere, mi ripeto mentalmente.
“Mi... mi dispiace” inizia a balbettare ad un certo punto “Non... non volevo fissarla, è che… non posso guardarla tanto spesso. Guardarla... E basta.” Continua a dire, la voce tremante e gli occhi fissi su di me. “Di solito lavoro, scansiono il perimetro, proteggo il mio Presidente. Sono nella stanza, ma non sono mai nella stanza. Di solito la guardo sempre con la coda dell'occhio. Non l’avevo… mai guardata. E... lei è... bellissima. Il volto che ha messo in moto migliaia di navi.”
Inizio quasi a sentirmi in imbarazzo per questo suo fare così diretto e allo stesso così malinconico.  
No, non posso sentire questo. Io.. Devo sapere. Faccio un respiro e mi accuccio leggermente alla sua altezza. Adesso posso guardarlo negli occhi. Adesso deve dirmi la verità. Sono qui solo per questo. Sono qui solo per la verità.
“Tom, devi dirmi la verità su chi ti ha ordinato di uccidere il figlio del Presidente. Devo saperlo.” Calco la voce su quel devo, deve capire che per me è importante sapere, deve capire che io non riesco a credere ad una sola parola di quello che ha detto finora. Non ho intenzione di mollare, non adesso. Cerco di essere disponibile, tranquilla, deve capire che può fidarsi di me.
“Perché l'hai lasciato?”
Di colpo cambia tono di voce e passa addirittura a darmi del tu. Adesso sembra quasi pieno di risentimento, rabbia, odio. Ha abbassato lo sguardo e con quelle poche e semplici parole mi ha trafitto, facendomi male, più male di una coltellata in pieno petto. Non lo ha nominato, ma si sta riferendo a lui e io non devo pensare a lui.
“Tom, ho bisogno di risposte” lo interrompo subito, non devo farmi coinvolgere, non posso pensare a Fitz in questo momento, non posso lasciare che le lacrime che già mi riempiono gli occhi inondino il mio viso.
Lui continua il suo discorso e io sto perdendo piano piano tutta quella sicurezza che avevo quando sono entrata in questa stanza.
“Anch'io” risponde semplicemente “Ho così tante domande che aspetto di farti da un'eternità. Cos'hai di così speciale? Hai così tanto potere su di lui, lui gravita intorno a te, quindi non capisco... Perché lo hai lasciato?”
“Non risponderò a questa domanda” tento di fare la distaccata ma non ci riesco. Non ci riesco. Se si tratta di Fitz io non riesco ad essere fredda e distaccata.
“È stato un ordine di Comando?” la sua domanda è talmente veloce che non riesco nemmeno a parlare. Mi sento debole, incapace di pensare.. mio padre? Mio padre non c’entra niente.
“Mio padre? Mio padre non mi da’ ordini”
“Credi di...Oh, credi di avere un padre” sussurra sconsolato, facendomi cadere ancora di più nello sconforto “Mi dispiace tanto, ma non hai un padre. Tu hai… Comando. Sei stata cresciuta da Comando, Comando non ha una famiglia, Comando ha solo soldati. Tu esegui i suoi ordini come tutti gli altri soldati, stai eseguendo gli ordini di Comando dal giorno della tua nascita”
“Chi ti ha dato l'ordine di uccidere il figlio del Presidente?” ripeto per l’ennesima volta, cercando di farlo smettere. Io sono venuta qui solo per uno scopo preciso e non per sentire questo.
“È venuto nel suo appartamento dopo che tu avevi lasciato la città” sta ancora parlando di Fitz e io sento improvvisamente che l’aria inizia a mancarmi. Nel mio appartamento? A fare cosa?
“Ha insistito, così lo abbiamo portato lì nel cuore della notte, senza neanche un'auto di scorta. Solo quattro agenti ed il mio Presidente”
 
Fitz è in casa mia, lì, al centro del salotto, davanti a quel divano bianco e lo sguardo perso nel vuoto. Le palpebre abbassate, l’espressione delusa e addolorata. Le braccia abbandonate lungo il corpo, le mani strette a pugno, mentre i pensieri vagano veloci a chissà cosa. Probabilmente a quello scontro nello studio ovale di qualche giorno fa. Quella sera in cui lui si era completamente abbandonato, facendomi sciogliere completamente, facendomi sentire completamente inerme, debole.. solo come lui sa fare.
 
“Credo dovesse vederlo con i propri occhi... che eri davvero andata via. Il padrone di casa ci ha dato una chiave. Il Presidente... è entrato, e poi ha...” si blocca per un attimo e improvvisamente mi mancano le parole, mi manca quel senso di autorità che solitamente mi caratterizza, mi manca la forza, mi manca tutto.
“Gli altri tre agenti sono rimasti fuori in corridoio, ma, alla fine, sono entrato anch'io, perché ho sentito quel suono. Stava emettendo dei versi. Non... non stava piangendo, era più... Non lo so, non ho mai sentito un suono del genere”
Inizia a balbettare di nuovo e io non so più cosa replicare.
 
Fitz stava male, Fitz piangeva, Fitz era distrutto.. a causa mia.
Fitz inginocchiato a terra, le mani strette intorno al viso. E Tom con lui.
Io non c’ero.
Io ero su un’isola sperduta, con una nuova identità e con Jake.
 
“Appena sono entrato ha smesso e non ne abbiamo mai parlato” continua lieve ma mantenendo lo sguardo fisso su di mei, Ormai la mia vista è annebbiata, non riesco a capire niente.
“Lui è il mio Presidente. Aveva bisogno di te, stava male, voleva morire... ci ha anche provato, sai? Una volta”
Fitz ha provato ad uccidersi. Mi ripeto mentalmente.
 
Mille immagini che si sovrappongono.
Quel bacio disperato nel suo studio e le mie difese che man a mano vengono meno, le gambe improvvisamente molli, il sapore delle sue labbra sulle mie.
Fitz che pensa alla morte, al fatto che se io sono lontana lui non può sopravvivere.
Io che tento di allontanarmi dalla sua stretta.
Fitz che impugna una pistola.
La sua espressione delusa e afflitta quando scopre che non me ne sono andata da sola.
Fitz che si rigira la canna della pistola tra le mani, la mente completamente vuota, lo sguardo perso.
“Sono andata via con Jake”
Fitz che alza lo sguardo, fissando un qualcosa attraverso la finestra dello studio ovale. Le mille luci della città che brillano sotto i suoi occhi, contrastando inevitabilmente con quello che sente lui.
“Quindi sono un fallimento come padre, come marito e come uomo”
Fitz che punta la pistola contro la sua tempia.
Lui che si sente morire dentro e si sente improvvisamente ferito, anche da me.
Fitz che viene salvato ancora una volta. Ma non da me. Io non sono più capace di fare niente.
 
 
“Potrei proteggerlo da chiunque...tranne che da te. Non potrei mai proteggerlo da te. Sei bellissima, ma, in realtà, è ciò che cela il tuo sguardo. Adesso lo capisco e sai che tutti la amano. Il mio Presidente, Jake, Comando... Ti amano tutti. E adesso lo capisco. Capisco il perché. Elena di Troia, il viso che ha messo in moto migliaia di  navi. Nemmeno lei aveva un padre, suo padre era un Dio”
“Mio padre non è un Dio, è un uomo” sbotto facendolo stare zitto. Mi sta facendo sentire male ancora di più e io.. io ho bisogno di risposte. E devo ottenerle. E’ un agente del B613. Lo devo trattare come farebbe mio padre.
 “È un uomo scrupoloso a cui non piacciono le faccende in sospeso. Sei un problema da risolvere, non gli servi più per cui ti farà uccidere. Ti proteggerò, ti salverò la vita se mi dirai la verità” continuo senza nemmeno prendere fiato. Io devo sapere la verità. E deve dirmela lui. “Chi ti ha ordinato di uccidere il figlio del Presidente?” chiedo per un’ultima volta, stavolta sicura di ottenere la risposta che voglio.
“Jake Ballard” sussurra lieve, facendomi desistere completamente da un nuovo tentativo di riformulare quella domanda.
“Guardati le spalle, Tom” rispondo superandolo velocemente. So quello che devo fare.
 
“Non lasciarmi mai più così. Potrei non sopravvivere”
Le parole di Fitz che continuano a rimbombarmi in testa, anche dopo aver chiuso quella porta.
Lui ha tentato di uccidersi a causa mia e io.. io.. inizio a sentirmi tremendamente in colpa.
  
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