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Autore: Silvi4vale    26/01/2015    1 recensioni
E' il primo racconto che pubblico su questo sito, fatemi sapere se vi piace:)
Genere: Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Si sentiva impotente. Anni prima non avrebbe mai pensato di poter stare così male: era sicura di sé, non sentiva la necessità di fare affidamento su nessun altro oltre sé stessa. Forse era quella la fonte del problema: aveva fatto entrare gli altri, li aveva fatti avvicinare al buio profondo dentro di lei, e ora non si bastava più. Il semplice fatto di non essere più sufficiente la terrorizzava, ma allo stesso tempo maturava dentro di lei un desiderio di rivalsa. Troppe persone l’avevano già data per scontata, non pensavano che un giorno si sarebbe potuta allontanare definitivamente. Sfruttavano ogni piccola cosa, certo, niente di eccessivamente grave, ma tutte quelle piccole cose messe insieme, avevano covato nel suo animo una volontà  di vendetta. Primo fra tutti lui. Erano cresciuti insieme, amici di infanzia prima, poi compagni di classe per tutti gli anni della scuola e infine colleghi nella stessa facoltà. No, l’amore non c’entrava niente, non era innamorata di lui, come lui non lo era di lei. Erano stati una cosa sola per tanti anni, si completavano e si davano supporto l’un l’altra. Anche durante la sua malattia, che aveva rischiato di mettere fine a una giovane vita troppo precocemente, lei gli era stata accanto. Ma da quel momento tutto era cambiato. Giorno dopo giorno si era sentita messa da parte, chiamata solo quando aveva bisogno di un favore, un prestito. Non le piaceva sentirsi così, spesso pensava che il suo fosse un sentimento infantile, in fin dei conti si cresce, e crescendo non bisognerebbe dare così peso a queste cose materiali. Ma a volte sentiva un velo di prepotenza nelle sue parole, quando magari la sera prima di un esame importante la chiamava per farsi passare tutti i suoi appunti. Impossibile dire di no, le costava troppo. Metteva da parte il rancore e faceva quel che lui gli chiedeva. Ma mettendo, una, due, mille volte da parte quel rancore dentro di lei, questo si era accumulato, e ora voleva uscire fuori, eliminare quella causa di dolore e impotenza. Non sapeva quale fosse stata l’ultima goccia, non avrebbe saputo dirlo. Ma quella sera a casa di lui, dove per l’ennesima volta l’aveva invitata per cucinare qualcosa visto che lui era “troppo stanco per mettere mano ai fornelli” lo guardava con occhi diversi. Non vedeva più il bambino con cui per anni aveva giocato a costruire finte capanne con i bastoncini trovati nella proprietà del nonno, né l’amico di cui tante volte aveva raccolto le confidenze. Tutto era stato cancellato dall’ennesima richiesta. Sentiva l’odio crescere nelle viscere, formicolii alle mani e il sangue percorrere a maggiore velocità i suoi vasi. La vista si era annebbiata, ma non di lacrime, come tutte le volte precedenti, mentre affettava le patate per il contorno, una sottile nebbia era calata sui suoi occhi. In quel momento le accadde una cosa stranissima: si sentì uscire dal corpo, e leggera, galleggiava nell’aria guardando la scena dall’esterno. Lui, con lo smartphone in mano che mandava messaggi, comodamente seduto sul divano, lei che con i capelli raccolti in una coda per evitare che qualche capello finisse nella cena, cucinava in silenzio. Come erano arrivati a questo punto? Da quanto tempo lui non le chiedeva “come stai? Hai qualche novità?”, da quanto tempo non si mettevano seduti comodi e parlavano dei loro problemi, di quell’esame particolarmente difficile, di quel ragazzo e di quella ragazza che non li guardavano neanche per sbaglio? Probabilmente neanche lui avrebbe saputo rispondere. La gente dice che crescendo fai nuove amicizie, e quelle che pensavi fossero per sempre in realtà erano sì, persone con cui eri cresciuto, ma con le quali non saresti invecchiato. Sorvolava la stanza dall’alto, e mentre faceva questi pensieri la rabbia si impossessava di lei. No, non era colpa sua, lei aveva fatto il possibile per salvare quell’amicizia dall’indifferenza in cui stava precipitando, era sempre presente, si era ridotta a uno zerbino per fargli piacere. E mai un grazie, un segno di riconoscimento, come se tutto gli fosse dovuto. Mentre pensava a questo, vide il suo corpo girarsi e raggiungere in silenzio le spalle di lui. In mano aveva l’affilato coltello con cui aveva tagliato le fettine di carne in straccetti, proprio come piaceva a lui. Fu un attimo, improvvisamente ritornò tutt’uno con il proprio corpo mentre questo alzava il braccio che brandiva il coltello, e lo colpiva alle spalle, a tradimento. Che ironia, a tradimento, proprio quella stessa sensazione che lei aveva avuto negli ultimi due anni nei suoi confronti. Lui, dopo un attimo di sconcerto, aveva iniziato a gridare, implorandole di fermarsi, ma era troppo tardi ormai. Forse, se fosse stato più gentile  non sarebbe successo. Continuava a colpire a caso, braccia, gambe, torace, viso, e ad ogni taglio, ad ogni ferita un flashback le passava davanti. Erano piccoli, nella sua vecchia cameretta e stavano facendo il giuramento del sangue, si promettevano amicizia eterna, come tanti altri bambini. Quello non era il loro caso, lei stava mettendo fine a quell’amicizia persa anni prima già. Sentiva il sangue di lui colare sulle sue mani, era caldo e viscoso. Lui era ancora vivo, ma probabilmente lo sarebbe stato ancora per poco: c’era tanto di quel sangue che non sarebbe mai potuto sopravvivere. Di nuovo, si estraniò dal suo corpo, e guardò la scena dall’alto. Lui era ancora sul divano, lo smartphone era finito lontano, era completamente coperto dal suo sangue e respirava a stento. Lei era di fronte a lui ora, per guardarlo negli occhi, ma i suoi, di occhi erano diversi. La nebbia che li aveva offuscati prima era ancora lì, la separava come un sottile velo dal resto della stanza, tutta l’attenzione rivolta verso il vecchio amico. In quel momento fece una cosa stranissima, rovistò nelle tasche per cercare il pacchetto di sigarette, ne accese una e iniziò a fumare, seduta di fronte a lui. Mentre moriva, gli raccontò la sua giornata, gli parlò della colazione al bar, della folla che aveva trovato sull’autobus, dell’incontro casuale con quel bel ragazzo con cui era uscita qualche settimana prima, del profumo che aveva comprato, gli raccontò tutto. Come avevano fatto per tante volte prima, per l’ultima volta. Finita la sigaretta, lui non respirava più. Si alzò, andò in bagno per lavarsi, sciacquando bene ogni macchia di sangue, mise il cappotto e uscì di casa, lasciandolo lì, pallida immagine di quello che era stato da vivo. Camminava per le  strade e si sentiva libera, felice, rinata. Da quel momento nessuno avrebbe più osato abusare della sua amicizia, da quel momento era una persona diversa.
   
 
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