Torno
ai lidi di Watchmen con una nuova,
pensatissima (???) shot. Chiedo perdono per le mie lunghe assenze,
purtroppo l’ispirazione
da un po’ è quel che è, ma sto facendo
del mio meglio per ritrovarla. Intanto
ringrazio di cuore tutti coloro che mi hanno sempre seguito e
continuano a
seguirmi, nonostante i miei continui ritardi. Un ringraziamento a bluemary per avermi dato lo spunto per questa storiella. Ora vi lascio alcuni
pomodori
marci, in caso la storia faccia proprio schifo. Buona lettura!
“Sì.”
“E…”
“Esatto.”
C’era
stato un momento in cui Dan aveva davvero voluto delle risposte. Ora se
ne
stava pentendo.
Tutto
era iniziato qualche giorno prima, quando, dopo il solito incontro dei
Crimebusters, si era accorto di aver dimenticato i propri occhiali
nella sala
riunioni. Nel momento in cui era arrivato davanti
all’ingresso della
stanza, però, aveva trovato la porta chiusa.
Dall’interno provenivano strani
rumori.
Respiri
affaticati, aveva osato indovinare. Aveva pensato che fosse solo
l’immaginazione.
Poi,
però, erano iniziati i gemiti. E lì aveva pensato
che non potesse essere vero.
“Avanti”
disse Adrian, interrompendo il flusso sconcertante dei suoi ricordi.
“Sei
sempre stato a conoscenza delle mie preferenze.”
Aveva
un lieve sorriso –compiaciuto?- sul volto.
“Non
sei tu” tagliò corto Dan.
Il
sorriso di Adrian si allargò appena.
“Lui?”
Dan
rimase zitto per qualche istante. Poi si tolse gli occhiali per
pulirli. Quegli
occhiali erano nella stessa stanza in cui Adrian e… non
poteva pensarlo. Prese
a pulire le lenti con più insistenza del dovuto.
“E
da quando…” chiese, un po’ rauco. Si
schiarì la voce. “Da quando esattamente
voi fate… vi vedete?”
Da
dietro la scrivania, Adrian accavallò le gambe e
intrecciò le dita, i gomiti
poggiati sui braccioli della sedia. Eccola, la posizione che assumeva
di solito
quando stava per raccontare una propria vittoria. Di solito in affari.
“Ho
sempre avuto un certo interesse, non posso nascondertelo. Dopotutto,
credo che
per me fosse anche una sfida.”
Dan
non stentava a crederlo. E Adrian doveva averlo notato,
perché si interruppe
per sondare il suo volto col consueto, enigmatico sorriso.
“Come
dicevo” riprese poi “era una sfida. E non posso
negare di essere… come dire, soddisfatto
della mia vittoria.”
Era
il modo cortese di Adrian per dire “lo tengo per le
palle”. Lo conosceva bene
ormai.
“Quindi
ora lo fate… vi vedete regolarmente?”
“Abbastanza.”
“Solo
qui?”
“Anche
qui.”
“Anche
qui?” chiese Dan,
indicando la sedia
dove si trovava.
Adrian
assunse un’aria vagamente pensierosa. “Il
più delle volte non mi accorgo di
dove siamo, quindi è probabile.”
Dan
sentiva l’impellente bisogno di alzarsi. E il suo turbamento
doveva essere
chiaro, perché le parole di Adrian furono una chiara
risposta al suo pensiero.
“La
mia assistente pulisce l’ufficio ogni mattina, Dan. Puoi
stare tranquillo. E
non abbiamo nemmeno sfiorato i tuoi occhiali” aggiunse
infine, lanciando
un’occhiata eloquente alle sue mani.
“Oh.
Certo che no.”
Ci
fu qualche istante di silenzio, secondi nei quali Adrian di mise a
scrivere
qualche appunto sul calendario. Secondi in cui Dan si chiese se alzarsi
e
andarsene oppure rimanere per sapere di più.
Per
qualche insulso istinto di autodistruzione, vinse la seconda opzione.
“Sei
proprio certo che lui non ti stia usando?”
Adrian
alzò gli occhi su di lui, smettendo di scrivere
all’istante. Che davvero fosse
fastidio quella punta di freddezza nei suoi occhi?
“Dan,
ho mai permesso a qualcuno di usarmi?”
“No.”
“Bene”
disse Adrian, tornando a sorridergli, affabile. “In ogni
caso, ti posso
assicurare che lui non mente quando stiamo…”
Dan
si costrinse a spegnere un istante il cervello. Pensa
a qualcos’altro, pensa a qualcos’altro.
Pensò
al momento in cui sarebbe tornato a casa a lucidare Archie. Le labbra
di Adrian
si mossero ancora per pochi istanti. Poi fu di nuovo il silenzio.
Non
erano passati che pochi secondi, quando il telefono si mise a squillare.
“Sì?” rispose Adrian, con gentilezza.
Mentre
la voce di donna parlava dall’altra parte della cornetta, Dan
si chiese quante
volte l'amico avesse risposto al telefono con quella disinvoltura,
mentre era
occupato in attività diverse dal lavoro.
“Grazie,
Marla” disse poi Adrian “di’ loro che in
cinque minuti sarò in sala riunioni.”
Detto
questo, riattaccò.
“Perdonami,
Dan. I miei azionisti sono in anticipo, e sai che non posso farli
aspettare.”
“Ma
certo” rispose lui, pensando che in effetti gli azionisti
fossero arrivati
proprio al momento più opportuno. Ora sarebbe tornato a casa
e avrebbe guardato
un po’ di tv, magari avrebbe davvero lucidato il
già lucidissimo Archie. Oppure
avrebbe chiesto a Laurie di uscire.
Sì,
avrebbe fatto così. Una cena con Laurie sarebbe stata
perfetta, sempre che non
fosse impegnata con Jon.
“Nessuno
lo sa, a parte me, vero?” chiese poi, ricordandosi
all’improvviso di inforcare
gli occhiali quando ormai si trovava sulla soglia
dell’ufficio.
“Nessuno.
E lui non deve sapere che tu ne sei a conoscenza. Ovviamente sai
perché.”
Annuì.
Non
voleva certo morire per mano del Comico.