Quando non puoi fermare
la musica, dirigi l’orchestra
Ricordi i tempi
felici, quando eravamo ancora dei bambini innocenti? All’epoca per noi
esistevano soltanto la musica e la nostra solida amicizia: amore e morte non si
erano ancora intromessi, nessuno aveva provato a minacciare il nostro rapporto.
Avevo promesso – ti avevo
promesso – che avrei sempre assistito a ogni tua esibizione, sempre in prima
fila, e che non avrei mai smesso di supportarti. Con il trascorrere dei giorni,
le tue melodie sono diventate il motivetto della mia vita e su queste note
tuttora si leva la mia anima.
Adesso giungono alle
mie orecchie come un fine e agrodolce canto funebre.
Chi avrebbe mai detto
che ci saremmo separati così presto? Non puoi immaginare quanto mi dispiaccia
averti abbandonato, Kyosuke. Se solo potessi, tornerei volentieri indietro nel
tempo e impedirei alla morte di strapparmi da te, assieme a un sacco di altre
cose.
Eppure non mi sono
arresa al mio triste destino. Non ho alcuna intenzione di infrangere il
giuramento che ti ho fatto ed è per questo motivo che anche oggi sono qui, per
ascoltare questo tuo sicuramente stupendo saggio.
Nonostante siano
trascorsi mesi dalla mia scomparsa, mi cerchi ancora con lo sguardo. Ho visto
che hai posato lo sguardo sulla mia poltroncina, la stessa sulla quale mi sono
seduta per anni, nella speranza di scorgermi.
Non piangere.
Che cosa mai
penserebbe Hitomi, in un frangente simile? Un buon fidanzato non versa lacrime
per un’altra donna. Non credo le farebbe piacere sapere che tu sei triste per
la sua rivale in amore, benché sia stata
una sua grande amica.
Da che pulpito viene
la predica! Ho perso letteralmente il conto di quante volte abbia gridato il
tuo nome, in preda a un dolore lancinante, in preda alla disperazione. Ho impiegato
un sacco di tempo per farci l’abitudine, sai? Faticavo ad accettare questo
triste e ingiusto destino, ma alla fine penso che sia giusto così: se qualcuno
ha scritto della mia morte nelle pagine della mia vita, ci sarà pur una
motivazione valida.
Forse tu non te ne
sarai accorto, preso com’eri e come sei tuttora dall’amore, ma sono cambiata
molto. Ho perfino imparato a comporre splendide melodie, proprio come fai tu. A
differenza tua, però, ho usato note molto particolari: dolcezza, reazione,
miseria, favola, solitudine, lacerazione e sinfonia. È con ognuna di queste
parole che ho composto lo spartito della mia vita in ogni sua sfaccettatura,
anche la più melodrammatica.
Ho diretto e dirigo
tuttora una maestosa orchestra, la spada è la mia bacchetta.
Ho tenuto molti
concerti in gran segreto, ma posso assicurarti che gli spettatori non sono mai
sopravvissuti: sono tutti deperiti di fronte alla bellezza dei miei sublimi
motivetti.
Non credo tu abbia mai
sentito parlare del mio nuovo e magico talento. Devi sapere che ero così
importante, nel mio particolare giro di affari, che chi mi invidiava mi voleva
letteralmente morta. Per questo motivo non sono affatto nota come Sayaka Miki,
quando indosso i panni di direttore: Oktavia von Seckendorff è il mio nome,
tanto melodico quanto sofferto.
Sai, mi sono proprio
ispirata a te durante il mio ultimo concerto. Ironia della sorte, è stato anche
il mio requiem di morte. Si chiama “Decretum”. Non trovi anche tu che sia un
nome particolarmente azzeccato? Avrei tanto voluto fartelo ascoltare, ma ormai
è troppo tardi.
Non guardarmi, ti
prego. Sapere che tu non possa vedermi mi stringe il cuore in una fredda morsa
d’acciaio. Anche se mi sono abituata all’idea che solo gli spiriti come me
possano vedermi, fatico ad accettare una simile condizione con te presente.
Vorrei tanto sbracciarmi per farmi notare da te, urlare il tuo nome, correrti
incontro e stringerti in un nostalgico abbraccio, ma mi è vietato farlo.
Perché adesso stai
indugiando? Ti trema l’archetto. Non dovresti far aspettare così tanto il
pubblico, altrimenti rischi che il tuo rinnovato esordio sul palcoscenico si
trasformi in una disfatta.
Non voglio che tu
vanifichi il frutto del tuo lavoro per colpa mia.
So benissimo che
Madokami mi rimprovererà, ma preferisco mettermi il cuore in pace.
Non è la sola a
compiere grandi miracoli, credimi. Ne ho già fatto uno, quindi perché non
dovrei farne un secondo? Tra tutti gli Arcangeli al servizio della Dea, io sono
una delle più ribelli: vediamo di mantenere fede alla mia nomea, allora.
Aspettami, Kamijo. Sto
arrivando.
Ad ogni passo, una nota sottile. Sayaka si avviò lentamente alla volta del palcoscenico, determinata e irresponsabile come non mai. Pregò mentalmente che il suo amato Kyosuke potesse vederla, in quello che sarebbe stato il loro ultimo incontro. Non era certa che il suo piano sarebbe andato a buon fine, ma tanto valeva provare: che cosa aveva da perdere, dopotutto?
Non appena si trovò accanto al suo vecchio amico d’infanzia, si sollevò sulle punte e posò un bacio leggero sulla sua guancia. Con tristezza pensò a quanto sarebbe stato bello farlo quando ancora era in vita. Eppure non aveva mai azzardato prima di allora, per timore che lui potesse dimostrarsi in qualche modo disgustato o perlomeno stizzito.
Ma in quel frangente andò diversamente. Lo vide chiaramente sbarrare gli occhi, esterrefatto. Quando fece per voltarsi verso la ragazzina, questa lo bloccò posandogli una mano sulla spalla. «Non voltarti, Kyosuke» gli sussurrò in un orecchio, in un suggerimento che a lui suonò come una dolcissima e nostalgica melodia. Indeciso e incredulo, obbedì. Sì, l’aveva sentita.
Sayaka curvò le labbra in un piccolo e timido sorriso, mentre le sue guance si imporporavano velatamente. Quanto avrebbe dato, al secolo in cui era ancora soltanto Sayaka Miki – non Oktavia, non una Puella Magi –, per poter godere di simili istanti con il suo amato violinista!
«Penso di averti fatto aspettare troppo a lungo» aggiunse poi, posizionandosi alle sue spalle, schiena contro schiena. Sfiorò istintivamente la sua mano, intrecciando per un breve istante le dita con le sue, prima di sfoderare la sua spada in un movimento rapido e deciso. «Che ne dici di iniziare questo concerto? Il pubblico sta aspettando soltanto te».
Avrebbe voluto mormorare tante altre cose e confidargli quei piccoli segreti che portava nel suo cuore, ma il tempo era agli sgoccioli. Doveva assaporare ogni momento, gustando appieno quell’agrodolce tema di addio. Quale modo migliore per calare il sipario della sua vita e sul suo passato, se non duettando?
Spuma bianca le lambì le caviglie, mentre lo scroscio di onde fiere e gentili preannunciò l’ouverture. Oktavia si ergeva sopra le spalle della Puella Magi, anch’ella spada alla mano, e di fronte a lei uno schieramento di musicisti eleganti e piuttosto bizzarri. Aspettavano soltanto un segnale d’inizio da parte della loro direttrice.
«Sayaka...» mormorò con un tono quasi inudibile, poco prima di posare l’archetto sulle corde.
L’estasi di note ebbe finalmente inizio, ma il pubblico non udì soltanto il suo strumento: la melodia sembrava evocare ben altro, come se fosse accompagnata da tanti altri strumenti perfettamente coordinati tra loro.
Se solo il pubblico fosse stato in grado di vedere l’invisibile, allora avrebbero scorto una ragazza alle spalle del violinista, intenta a dirigere quella che sembrava una vera e propria orchestra.
L’ennesimo miracolo si era compiuto sulla scia di una sinfonia malinconica.
«Dire che mi sei mancato sarebbe un eufemismo» sussurrò la Puella Magi, proprio quando si stava avvicinando il momento clou del duetto. Nonostante gli occhi lucidi, non smise di dirigere ogni strumento con movimenti precisi e raffinati, anche se in quel momento avrebbe voluto voltarsi e stringere a sé il suo amato. Sollevò per un breve istante lo sguardo verso il soffitto, inghiottendo ogni lacrima amara. «Promettimi di non piangere. Non perdere più tempo a cercarmi, Kamijo: Hitomi non merita di vederti così per un’altra donna, anche se questa ti ha amato e ti ama con tutto il suo cuore».
Avrebbe giurato di aver sentito una leggera esitazione nell’esibizione del violinista, come se scosso da quanto lei aveva appena detto. Una piccola risatina agrodolce le sfuggì, così innocente e timida. «Non preoccuparti, adesso: so che hai scelto Hitomi e io l’ho accettato» proseguì, nonostante l’enorme nodo in gola che a tratti le impediva di dare voce ai suoi sentimenti. «Suona per lei, Kyosuke. Non smettere mai di nutrire amore nei suoi confronti. Non smettere mai di prestarle la dovuta attenzione. Scommetto che per te darebbe la vita».
Proprio come ho fatto io, avrebbe voluto aggiungere, ma non le sembrava affatto il caso. Porgergli un enorme rimorso come regalo di addio non era affatto corretto nei suoi confronti. Aveva dato l’anima e si era sacrificata per lui, su questo non v’era alcun dubbio, ma il musicista era colpevole di ciò? No, non le aveva chiesto di fare tutto questo. Era stata la ragazza, di sua sponte, a giocare a dadi con la morte per conquistare un amore impossibile.
«Vediamo di concludere questo concerto come si deve!» gridò poi la piccola sirenetta, dando inizio a quello che sarebbe stato il loro epico finale.
Vorrei restare al tuo
fianco per l’eternità. Ho dovuto raccogliere il coraggio a due mani, per
pronunciare tutte quelle nobili parole.
Sai, io non sono
affatto tagliata per il ruolo di cavaliere senza macchia e senza paura. Io non
ho affatto un cuore gentile, Kyosuke: non sai quanto darei per poterti stare
accanto, al posto di Hitomi. Venderei l’anima per questo, se solo non l’avessi
già fatto per regalarti un futuro degno di essere chiamato tale.
E per condannarmi a
una morte atroce. Ma lo rifarei senza alcuna esitazione.
Venderei dieci, cento,
mille anime solo per renderti felice.
Ed è per questo motivo
che preferisco farmi da parte silenziosamente, una volta per tutte, e di sanare
quella profonda ferita che hai nel cuore. Almeno non avremo alcun rimpianto, sai?
Tu potrai vivere il resto dei tuoi giorni in pace con te stesso, al fianco di
quella che un giorno – a differenza mia – sarà la tua sposa, mentre io non
posso fare altro che attenderti nell’alto dei cieli e nelle profondità dei
mari.
Avrei ancora così
tante cose da raccontarti e da confessarti, mio unico e dolce amore, ma il nostro
tempo sta per scadere.
Lascerò allora che
siano le note a parlare per me, quest’ultima volta.
Tutto si concluse con un trionfo di applausi. Il pubblico era a dir poco entusiasta, colpito da quello che a detta di tutti era un vero e proprio miracolo musicale. Era davvero così bravo quel violinista, così tanto da indurre ogni ascoltatore a immaginare tanti altri suoni oltre a quello del suo strumento.
Ma al giovane genio non importava affatto la gloria del momento. Non si preoccupò neppure di inchinarsi di fronte a tutti i presenti nella sala, tanto era preso da ben altri pensieri.
«Sayaka!» esclamò, voltandosi di scatto alla ricerca della sua tanto mancata amica d’infanzia.
Ma la piccola sirenetta era scomparsa, tra le lacrime per un’antica e nostalgica sinfonia chiamata vita.