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Autore: ___jenna___    29/01/2015    0 recensioni
Dalia è una ragazza come tante, divisa fra la scuola, le amicizie, e un fratello maggiore, impegnato con il lavoro, con cui vive durante la momentanea assenza dei genitori.
Una vita normale, semplice e senza particolari sorprese o svolte: ma continuerà sempre così?
Cosa può mutare, in un inverno particolarmente piovoso e freddo? E potranno bastare una sveglia non suonata e un nuovo, particolare compagno di classe che si siede al posto suo, per scombussolarle la vita?
E cosa nasconde, quel nuovo inquilino del suo palazzo, che tanto somiglia al suo nuovo amico?
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ed ecco il mattino dopo. Avevo in programma di passare tutta la notte a studiare strategie per riottenere il mio covo. E’incredibile. Per la prima volta l’ho chiamato “mio covo”. Sì, perché credo davvero che quel covo adesso appartenga a me, che sia un po’il “mio luogo”. Nonostante fosse un ambiente colorato e accogliente, non l’avevo mai sentito davvero “mio” finora.
Dunque, sì, avevo – già da ieri sera -  in programma di passare un’intera notte con una lampadina che emanava luce fioca, a “meditare” su come rientrare nel covo. Ma è finita che sono crollata verso mezzanotte e un quarto. E ho capito che il proverbio è proprio vero: la notte porta consiglio. Mi ero svegliata con un’idea brillante, che forse avrebbe potuto cambiare la mia vita. Volevo avvertire Max che probabilmente saremmo tutti ritornati al covo in un batter d’occhio, ma erano le dieci e mezza di domenica e stava ancora dormendo. Era da ieri sera che si comportava in modo strano. Sì, fingeva indifferenza ma in realtà me ne accorgevo che voleva raggiungere il suo scopo quasi più di quanto lo volessi io. Con gli altri ho perso i contatti. Emy avrebbe potuto materializzarsi qui in qualsiasi momento, ma non l’ha fatto quindi penso ce l’abbia un po’con me. O forse sta studiando delle strategie per ottenere il covo, o magari cerca di passare del tempo con sua sorella ritrovata dopo tanto tempo. Avarett potrei vederlo benissimo se andassi alla scuolaguida, ma stavo pensando di rimandare la patente all’anno prossimo. Devo aver detto questo pensiero ad alta voce, perché mamma si è presentata in camera mia, piuttosto infuriata.
<< Ok. Cos’ho fatto, stavolta? >> chiesi.
<< Dimmelo tu. Hai scoperto una pietra magica, i tuoi poteri, delle Creature Magiche? Cose che ogni figlia fa, insomma! >> esclamò lei.
<< Qual è il problema? >>
<< Oggi non andrai a scuola, ma sarà l’ultimo giorno che succede. Ho sentito che vuoi lasciare la scuola guida e rimandarla all’anno prossimo. Per quanto mi riguarda, adesso tu sei fuori da quel covo. E forse è meglio così, voglio che tu viva la tua vita senza pensare a creature fantastiche e stupidi poteri magici. Ricomincia a frequentare l’autoscuola ... Ritorna domani stesso dai tuoi professori e compagni. M’inventerò una giustifica credibile ... >> sbottò.
 
<< Ma ... >> tentai di obiettare.
<< Fa’come ti dico. >>
Io annui. Sì, forse non dovevo tanto concentrarmi sul covo e farmi troppe speranze. Ero fuori dal covo, adesso ero nella mia vita di sempre, quel mondo non c’entrava più nulla con me. Avrei ricominciato a frequentare l’autoscuola, la scuola e tutte le altre cose che fa una ragazza di sedici anni.
Prima di abbandonare per sempre questo mondo magico, però, dovevo concedermi un’ultima magia da Tueldex. Una qualsiasi, magari una delle prime che avevo imparato. Decisi di spostare un oggetto solo guardandolo. Però provai con un oggetto pesante, come la libreria. Chiusi gli occhi per un attimo e quando li riaprii ... la libreria era ancora lì. Al suo posto. Ne ero sicura, non si era mossa di un millimetro! Mi domandai se avevo fatto un incantesimo corretto. Vidi una figura nella mia stanza. Era Emy, comparsa dal nulla.
 
<< Emy! >> esclamai.
<< Che ti succede? Perché non si sposta la libreria? >> domandò lei allarmata, guardando fisso la libreria.
<< Il tuo tono preoccupato mi fa quasi paura. Non è niente di grave, probabilmente ho dimenticato la formula! >> dissi io, cercando di tranquillizzarla.
 
Lei mi ordinò di spostarsi e recitò una formula che avevo già sentito: faceva apparire delle scintille solo guardando un oggetto. Ovviamente non si poteva utilizzare sulle persone. Era un potere grandioso, che apparteneva a tutti: Cheerups, Tueldex, Creature Magiche. Emy indirizzò la voce verso il mio orologio a muro.
Non successe nulla. Lei sbuffò e camminò nervosamente su e giù per la stanza.
 
<< Vedi cos’è successo? Abbiamo perso i nostri poteri! >> disse. << E’ una sensazione orribile non avere i propri poteri. La detesto! >>
<< Detesti chi, scusa? >> chiesi incuriosita.
<< E’ Diane. E’Diane ad aver fatto sì che tutti noi perdessimo i poteri, senza ombra di dubbio. >>
<< Forse è colpa mia! >> dissi.
 
<< Per cosa? >> chiese Emy distrattamente.
<< Beh, io ho chiesto a Diane tutta la sua storia. Avremmo dovuto combattere direttamente, mi dispiace. >>
<< Non sarebbe cambiato nulla. Diane conosceva l’incantesimo che ci avrebbe banditi dal covo e fatto perdere tutti i nostri poteri. D’altronde, ci aveva avvertito che era pericolosa come avversario! >> sospirò Emy sedendosi su uno sgabello e guardando il cielo sereno.
 
<< Non sei triste per aver perso i tuoi poteri? Amelia è praticamente sconsolata, non fa che lamentarsi tutto il giorno! >> disse Emy.
<< Sì, anche a me dispiace. Ma in fondo avevo promesso alla mia famiglia di ricominciare una vita normale, dopo che eravamo stati banditi dal covo. E così, io non c’entro più niente con quel mondo, Emy! >> risposi con sincerità. Stranamente non me ne uscii con “rientreremo in quel covo”. Dovevo concentrarmi sulla mia vita e avere uno scopo realizzabile. Non avevo salvato nessuna Creatura Magica e probabilmente se Juan e uno di noi Cheerups non avesse combattuto, o lui o qualcuno di noi sarebbe sparito per sempre. Sì, c’era un modo per evitare di combattere con Juan: chiedere a qualcuno se avesse voluto sfidarci. E si era offerto un Sedreck, che avevo distrutto. Ma era bastata Diane con una spada affilata per far finire questo sogno.
 
<< Ti sto leggendo nella mente. >>    << Tu arrenditi, io no. >>
<< E’impossibile. Non posso credere di averlo detto, ma è impossibile. >>
 
<< Ti stai comportando da Dalia! >> esclamò lei divertita per la mia espressione stupita.
<< Io sono Dalia, Emy! >>
<< Beh, però non vedo quel coraggio che caratterizza Libera. >>
<< Fammi sapere se trovi una soluzione! Ma io non potrei comunque intervenire. E’ovvio che se voi combatteste, spererei che tornereste qui da me, vittoriosi, ma con quel mondo non ho più nulla a che fare, okay?  >> dissi guardando la pietra che avevo poggiato sulla sedia. C’erano tanti ricordi legati a quella pietra: combattimenti, difficoltà, festeggiamenti, strategie, tutti quei giorni nel covo. La presi in mano e la guardai in modo un po’nostalgico.
“Addio, pietra” pensai. “Non avrò più nulla a che fare con il tuo mondo” e feci per lanciarla via dalla finestra, scaraventandola nel traffico insistente di Liverpool. A molta gente piace avere un ricordo di un momento bellissimo, dopo che è finito ... Così potranno riguardarlo magari tra qualche anno e portarlo per sempre con sé, nella sua mente. Invece non è così. Per me quella pietra simboleggia la sconfitta, una sfida che non sono riuscita a superare. Ma chissà per quale strano motivo non riesco a decidermi a dire addio a questa pietra, così resto con la pietra sospesa in aria.
 
<< Aspetta un attimo! >> gridò Emy contemplando la pietra.
<< Sei stata veloce a trovare una soluzione. Sapevo che l’avresti detto, che non volevi buttassi via la pietra.  >>
<< Non ho trovato una soluzione, non esattamente. Porta qui la pietra! >> esclamò lei.
<< Sta vibrando? Discendenti in arrivo? Potrebbe benissimo essere Juan, ma a me ormai non importa. Sono destinata a vivere una vita normale ... >> scandii le parole nervosamente. Me la stavo prendendo con Emy inutilmente, non avrei risolto niente ma almeno mi sfogavo.
Lei scosse la testa e rigirò la pietra tra le mani.
 
<< Non è possibile ... >> disse a bassa voce, poi rivolse la pietra verso di me.
<< E’la pietra di sempre. Che c’è di strano? >>
<< Avvicinati. >>
Guardai la pietra da vicino e vidi delle immagini molto poco nitide.
 
<< Sono sfocate! Sta mostrando dei posti. >>
<< Esatto. C’è un luogo diverso sia dal lato di davanti della pietra, sia da quello di dietro. Mi sembrano familiari e penso di avere qualche idea. >>
 
<< Non credi possa essere ...? >>
<< Sì, il primo è il nostro covo. E il secondo è senz’altro il luogo in cui ci sono le macerie del castello. E c’è anche una ragazza bionda con una spada che non può non essere Diane. >>
<< Che vorrà dire? >> domandai perplessa.
Emy sorrise con espressione eroica che la faceva apparire un po’ridicola.
 
<< Che non tutto è finito, che non è finita qui. Una soluzione c’è, senz’altro. Dobbiamo solo trovarla. Ma tu preferisci vivere la tua solita vita e io non voglio intromettermi. >>
Io risi per il tono di Emy che sembrava indifferente. Sapevo che voleva avermi nel combattimento. Io ero sicura che ce l’avrebbe fatta anche da sola, ma volevo dare il mio appoggio. Sarebbe stato da codardi lasciarla combattere da sola. Una cosa era certa: Max era dalla mia parte. Quindi eravamo io, Max ed Emy. Chissà cosa ne pensavano gli altri! Forse erano già tornati a condurre la loro solita vita di sempre. L’idea che tutti i miei compagni di avventura ricordassero il covo solamente come una macchiolina sbiadita e insignificante della loro vita, non mi piaceva affatto. Ma probabilmente era così ... La Rembady era tornata a fare la vecchia strega e a terrorizzare generazioni di studenti, Avarett aveva ripreso le lezioni di scuolaguida, Juan era chissà in che parte del mondo.
<< Ehi, anche in quattro possiamo affrontare i nostri avversari! >> esclamò Emy carica. Sì, quel giorno Emy era particolarmente entusiasta ed ero quasi stupita che si fosse trattenuta dal saltellare allegramente per la mia casa.
<< Aspetta, che vuoi dire in quattro? Io, tu e Max. Siamo in tre. >>
<< Qualcuno si è presentato da me oggi e mi ha fatto parecchie domande. Non vede l’ora di riprendere il combattimento e cerca disperatamente una soluzione ... >>
<< Avarett? >>
<< Sì, lui. >>
 << Amelia e la Rembady, combatteranno? >>
Emy sospirò e continuò a camminare.
<< Amelia non ha mai combattuto seriamente ed è piuttosto terrorizzata, è una cosa nuova per lei. La Rembady non l’ho sentita, non sono in contatto con professoresse terrificanti.>>
<< E quindi Amelia cosa farà? >>
<< Per ora non lo sa ancora con precisione. Teme che se non combatte la odierò a vita, ma se combatte ha paura di perdermi lo stesso. Ma le ho risposto che anche se non dovesse combattere è sempre mia sorella e che comunque non mi perderà. Sono forte. Siamo forti, tutti noi! >> esclamò Emy.
<< Lo è anche Diane! >> risposi, cercando di tornare alla realtà. << Così forte da infrangere il nostro sogno, di buttarci via dalla nostra dimora! >>
“Chi è Diane?” gridò mio padre dall’altra stanza, mentre Emy stava per soffocarsi dalle risate.
<< Una mia compagna di classe! >> gridai per farmi sentire.
Poi sentii uno squillo e mi precipitai ad afferrare il mio cellulare, nascosto da qualche parte in uno scaffale con sopra un libro aperto. L’avevo lasciato tra le pagine del libro. Guardai il numero: non mi sembrava familiare, ma risposi ugualmente.
<< Ha sbagliato numero, giusto? >> dissi abbastanza annoiata. << Beh, non ha scelto un momento adeguato, sono in una pessima situazione! >>
<< Non hai voglia di rispondere nemmeno a ... Juan Acher? >>
<< JUAN?>> gridai.
<< Bella reazione. Voglio combattere. A costo d’impazzire per trovare una soluzione, per ritornare a combattere per ciò che è giusto. Siete stati voi a farmi cambiare idea, voi pieni di vita. Io vi do la mia disponibilità più totale ed è bene che lo sappiate. Potete contare su di me. >>
<< Grazie, Juan. >>
<< Ricorda però che più siamo meglio è. Diane è forte, sono all’oscuro di tutti i suoi poteri. Avresti qualche tua amica o amico, ovviamente non umana, disposta ad aiutarci? >> chiese lui.
<< C’è Talita, ma è troppo occupata nei suoi ruoli da Koster. Max le ha lasciato l’incarico per aiutarci. E poi Sylvie, la sorella di Avarett, ma sono sicura che non ci garantirebbe mai la sua disponibilità. Diciamo che disposto a combattere, a parte io, te, Emy,  forse Amelia, Avarett e Max ... Non c’è nessun altro! >> risposi.
<< Siamo troppo pochi, non basta. Diane sarà anche una, ma è quasi impossibile vincere con lei! E non sappiamo nemmeno da dove partire per ritornare nella nostra casa. >>
 
<< E’strano chiamarla casa. Io casa mia la considero questa qui a Liverpool con la mia stanza disordinata, il soggiorno grande e la cucina variopinta. Fa un certo effetto! >> dissi, inciampando in una delle cianfrusaglie che avevo lasciato in mezzo alla stanza.
<< Capisco. >>
<< E tu, invece, quale consideri casa tua? >>
<< Il mondo. Il mondo è casa mia. Sono fuggito dai miei avversari per anni, non ho una casa fissa. Ho viaggiato tantissimo, mi sono ambientato in mille posti, ho vissuto con il timore che mi trovassero. Ma adesso combatterò, perché voglio aiutare voi, che siete così determinati a salvarmi! >> sogghignò.
<< A volte ti invidio! >>
<< Amelia cosa ne pensa, combatterà? >> chiese.
<< Forse, ma penso di no. >>
<< Peccato, era molto forte, poteva aiutarci! >>
 
<< Sono protettiva verso la mia sorellina, hai troppo interesse nei suoi confronti! >> commentò Emy divertita al telefono.
<< Emy, non è il momento per il tuo sarcasmo ... >>
<< Ah, Dalia, non sono sarcastica. E’solo ironia pungente fatta con l’intento di offendere qualcuno. >>
<< Ecco, appunto. >>
Spensi il telefono. Ero in preda alla gioia, tentavo di restare calma ma in realtà pensavo a mille soluzioni per ritornare nel covo.
<< Calmati, Dalia. >>
<< Calmarmi? Dovrei calmarmi? In questo momento, non so nemmeno lontanamente cosa significhi. Sai cosa significa ritornare per me ritornare a combattere, Emy? >> dissi.
<< Già, ma qualcuno te l’ha severamente proibito. Insomma, fino a due minuti fa eri disposta a lasciare tutto e dedicarti alla tua semplice vita normale. >>
<< Cambio idea spesso. E soprattutto adesso, quando ho saputo che combattono anche Avarett e Juan! >> esclamai.
 
 
<< Io devo andare, Dalia, ci rivedremo! >> aggiunse poi Emy, andandosene. Io decisi di avventarmi nel parco. Era giorno, ma non c’era ugualmente nessuno. Speravo d’incontrare Talita, anche se avevo deciso di andarci per correre e restare un po’sola senza che nessuno mi disturbasse. Avevo portato con me la pietra, perché se l’avesse trovata uno dei miei familiari – Max a parte – l’avrebbe buttata via senza pensarci troppo.
Perché infondo, per loro è una semplice pietra. Sospetta, certo, ma pur sempre una pietra. Non possono capire che in quella pietra è racchiusa la mia speranza, la mia possibilità di vittoria. La possibilità di vittoria di me, Max, Avarett, Emy, forse Amelia e la Rembady, Juan. Mentre correvo, la pietra cadde ma non si ruppe. Vibrava forte, fortissimo, come se ci fosse un terremoto in corso. E il suo colore da un chiaro azzurro era diventato un blu elettrico. 
<< Che succede? >> gridai, senza che nessuno potesse darmi risposta. In quel momento avevo solo un desiderio: non essere da sola. E invece lo ero. All’improvviso avvertii una forte folata di vento gelido. Un vento che diventava sempre più insistente, ogni secondo che passava. Non mi sarei stupita se fossi stata risucchiata dall’aria. La pietra giaceva per terra e non riuscivo a prenderla, perché il vento me lo impediva. Cercai di aggrapparmi a lei, ma non era facile. Non ero stata io ad essere trasportata via dal vento, ma la pietra. Mi alzai velocemente e cominciai a correre, cercandola. Era stata risucchiata dall’aria. Mentre correvo velocemente, caddi.
“Non credo proprio che ciò sia causa solo di un brutto vento” pensai.
 
<< Povera, tenace guerriera ... >> commentò una voce alle mie spalle.
Mi voltai. Diane ghignava, tenendo in mano la pietra.
<< Dimmi, Dalia, come ci si sente quando qualcuno ti porta via la tua cara pietra a cui tieni tanto? E’un oggetto, non dovrebbe avere valore. >>
<< Ce l’ha. Ce l’ha perché per ottenerla ho faticato tanto, perché rappresenta le vittorie di me e i miei amici. Rappresenta la speranza che ho di vincere contro di te ...  >> dissi tra un sospiro e l’altro, con voce rauca.
 
<< Tu non hai alcuna speranza di vincere contro di me, Dalia. Credevo l’avessi imparato quando ti ho mandata via dalla tua casetta, e così tutti i tuoi cari amici. >>
<< Restituisci la pietra, se per te non ha nessun valore. >>
<< Infatti non ce l’ha. E’una stupida pietra che rappresenta la vittoria dei Tueldex. E per quella categoria, i Tueldex con poteri magici, non posso che provare risentimento ... >> disse lei gettandola via a pochi metri di distanza.
La guardai poco convinta.
 
<< Hai generato tu questo vento? >> chiesi.
<< Sì. La pietra era solo uno stupido diversivo per attirarti qui. Sai cosa desideravo davvero? Che tu non fossi con i tuoi amici nel momento del combattimento. Perché con i tuoi amici ti senti forte anche quando non lo sei, me ne accorgo. >>
<< Dicevi di essere una semplice umana che non voleva che riaprisse il castello. Non lo sei, vero? >>
 
<< Sono anch’io una discendente dei Tueldex, di quelli senza magia. E’solo che noi discendenti la possediamo, la magia.>>
<< Aspetta un attimo! Ci basta uccidere solo un altro discendente per vincere. Eravamo preoccupati di dover uccidere Juan, ma non serve. Tu sei una discendente. Se uccidiamo te, vinciamo noi. Sei l’ultima rimasta, i nostri avversari sono finiti. >>
<< Non mi farò ammazzare da dei novellini. >>
<< Conosco bene la vostra categoria. Juan, Luke, Jake. >>
<< Juan è dalla tua parte, è diverso ... >> disse lei. << Ha tradito i suoi antenati, avevamo promesso che tutti noi avremmo dovuto impedire che qualcuno riaprisse Cheer Up. Passiamo alla resa dei conti, Dalia. >>
 
<< Forse, Diane, non hai previsto proprio tutto ... >> disse una voce.
<< Emy! >> esclamai.
<< Una o in più una in meno, sono in ogni caso più forte di voi. Sbaglio o ve l’ho dimostrato? >>
Non mi scomposi. << Forse. Dimostracelo di nuovo, adesso. >>
 
<< Come volete! >> disse Diane con aria di sfida. Aprì il palmo della mano e sia io che Emy sentimmo un rumore fortissimo, che mi fece venire un gran mal di testa. Stavo per addormentarmi. O per svenire.
 
 
 
Mi svegliai. Ero nel luogo dovevamo incontrato Diane per la prima volta. Ma Diane non c’era e non c’erano nemmeno i miei amici.
<< EMY! >> gridai. Nessuno mi rispose, nonostante continuavo a gridare. Cercavo di trattenere le lacrime, ma era evidente che ero rimasta bloccata lì.
<< Aiuto ... >> implorai una seconda volta. Non c’era nulla di peggiore della solitudine, per me. E in qualche modo, Diane aveva fatto sì che la mia paura peggiore si avverasse. In quel momento desideravo solamente che ci fosse qualcun altro lì, perfino un mio avversario. Chiunque. Era evidente, però, che Emy non c’era lì ... altrimenti sarebbe venuta ad aiutarmi. E ormai non sapevo neppure se Emy stesse bene, se stesse combattendo con Diane, se fosse arrivata già nel covo. Il covo, certo! Era la mia unica salvezza: potevano essere tutti lì e io, magari per uno strano scherzo del destino, ero l’unica finita in un altro posto. Non che questo ragionamento mi quadrasse particolarmente, ma ormai nulla aveva senso nella mia vita. Cercai di muovermi rapidamente verso il covo, ma ero bloccata. Bloccata lì, come se ci fosse stata una barriera invisibile.
<< DIANE! Liberami subito! Liberami! >> gridai. Cercai di dare a pugni a quell’inspiegabile barriera, ma ... non ci riuscii. Era come dare a pugni all’aria. E nessuno mi rispondeva. Probabilmente Diane non era lì in quel momento. Per essere ottimista, mi convincevo che era solo un sogno o un’illusione ottica provocata da Diane. Dovevo solo svegliarmi.
 
Ma non ci riuscivo. Quella barriera, quel vuoto mi stava divorando.
<< Aiuto! Liberatemi, liberatemi, trascinatemi via da qui ... >> gridai, tra le lacrime, scivolando a terra. Ma non mi giunse risposta, soltanto il risuonare della mia voce. 
  
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