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Autore: Itchi D Panda    30/01/2015    1 recensioni
"Guardo quel sole intramontabile che da sei giorni è lì, immobile, per ucciderci e soffocarci con il suo calore. Mi manca la notte. Mi manca la luna, e le stelle, le notti dove io e Sher ci sdraiavamo sulla polena della Aka, dietro la guerriera alata sulla tigre che rappresentava la nave, e ci mettevamo a guardare le stelle, a contarle, ridere e parlare fino all'alba. E mi manca il mare."
ATTENZIONE: Per capire a fondo i contenuti di questa one shot, è necessario leggere la fanfiction a più capitoli "Butterflies and hurricanes - Sunburn" Troverete il link nella One Shot.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'Butterflies And Hurricanes.'
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Disclaimer: I personaggi citati in questa fanfiction mi appartengono. Il mondo in cui è ambientata (nonostante il luogo citato sia sconosciuto) fa parte del manga One Piece, proprietà di Eiichiro Oda. Questa fanfiction è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. Buona lettura!
 


Attenzione!! Per capire a fondo i fatti narrati in questa one shot, è necessario leggere la long fic  "Butterflies and Hurricanes - Sunburn"  (a cui potete accedere cliccando sul nome!). 
Aggiungo un TW per parolacce, un po' di violenza e morte (purtroppo).
 


 
Butterflies and Hurricanes – Time will heal my pain.




 
 
-Sher, fermiamoci ti prego...-

-Se ci fermiamo non arriveremo mai dagli altri...-

-Sono giorni che camminiamo...sai che ho una buona resistenza, ma fino ad un certo punto...-

Sheratan sospirò rumorosamente, guardandomi e stringendo le labbra preoccupato -E va bene, accampiamoci uh… - si guardò intorno per un attimo, prima di indicare con il dito -…vicino a quella duna. Per questa volta hai vinto tu, Dyane, ma alla prossima non ci fermiamo-

Sorrisi tra me e me, intimamente. Ci dirigemmo velocemente al riparo, e appena mi sedetti sulla sabbia fine e dorata sentii un dolore atroce alle gambe e ai piedi. Sfilai via gli stivali svuotandoli della sabbia entrata durante la tempesta del giorno prima che ci aveva devastati, e mi massaggiai la pianta del piede. Le vesciche mi torturavano, e cercai di fare attenzione a non scoppiarle, sbuffando. Un’infezione era l’ultima cosa che ci serviva.

Dopo un sospiro sofferente, alzai lo sguardo su Sheratan che montava la tenda. Si muoveva agilmente e con leggerezza con quel suo corpo muscoloso e asciutto, come se non avessimo appena camminato per chilometri… l’unica indicazione della sua stanchezza era il sudore sulla sua pelle e il fiato pesante. Era bellissimo, l’avevo sempre pensato. I suoi capelli scuri color della notte e i suoi occhi turchesi e chiarissimi lo facevano sembrare etereo.

Alzai il volto al cielo, prima di rimettere gli stivali e alzarmi per aiutarlo. Lo sentii imprecare sottovoce e mi avvicinai subito. -Ehi, tutto bene?-

-Sì, solo un graffio- mi mostrò il palmo della mano velocemente, prima di coprire il taglio che stava iniziando sanguinare. Indossò i suoi guanti, ripescandoli dal borsone.

-Dovremmo fasciarlo, Sher…-

Sheratan annuì ma continuò a montare la tenda, e ben presto ce ne dimenticammo.

Guardavo quel sole intramontabile che da sei giorni stava lì, immobile, per ucciderci e soffocarci con il suo calore. Mi mancava la notte. Mi mancava la luna, le stelle, le notti dove io e Sheratan ci sdraiavamo sulla polena della Aka Tora, dietro la guerriera alata che rappresentava la nave, e ci mettevamo a guardare le stelle, a contarle, ridere e parlare fino all'alba. E mi mancava il mare, il suo profumo, il suo rumore rilassante e la frescura degli schizzi dell’acqua. Perché quel dannato sole non tramontava? Cosa voleva da me e Sheratan questo deserto? È per questo che lo raccontavano come maledetto? Lo chiamavano così perchè il sole non tramonta, e uccide tutti prima che arrivino alla fine di questa terra?

Tante domande ma nessuna risposta, sommate al ricordo incessante delle persone che ci avvertivano, prima del deserto, in contrasto con quello dei miei compagni, con cui avevamo vissuto mille avventure.

Ma almeno lui era con me.

 
-Non andate! Non tornerete mai più indietro!-
-È pericoloso! Il mare è dall'altra parte, non ci arriverete mai!-
-Restate qui!-
-Il deserto è maledetto!-

 
Dopo aver finito di sistemare il nostro piccolo accampamento, mi stesi ancora una volta e mi girai sul fianco, mettendo il braccio sotto la testa. Sbuffai leggermente mentre stendevo la gamba che mi faceva un po’ male, e guardai Sheratan ancora una volta. Ricordavo bene il giorno in cui ci eravamo conosciuti… due bambini.
 

**


Stavo leggendo il libro della mamma, il nostro libro settimanale delle favole che mi raccontava prima di dormire. Ne avevamo un po’, e la mamma ne sceglieva due ogni settimana da leggere: uno per me, uno per Ryu.

Ryu faceva il duro, voleva sembrare un bambino maturo e già grande, ma in fondo piaceva anche a lui ascoltare la mamma mentre raccontava: lo faceva in modo speciale, pendevamo dalle sue labbra ad ogni parola, ogni dialogo e frase. Io avevo imparato a leggere da poco, quindi ancora arrancavo.

La mamma era dentro casa, a sistemare le candele e la piccola cucina. La nostra era una casa piccola, di appena tre stanze, perchè lei non poteva permettersi di più: la cucina era piccola ma c’era tutto ciò di cui avevamo bisogno, la stanza era completa di un tavolo e quattro sedie; il piccolo bagno e una camera da letto abbastanza spaziosa dove io, Ryu e lei dormivamo assieme. Sopravvivevamo un po’ delle cose che la mamma coltivava in quel pezzettino di terra dietro la porta, e che curava con tanti sacrifici, oltre a ciò che compravamo.

Ero fuori a leggere, seduta a terra a gambe incrociate, con un vestitino rosa e lungo fino alle ginocchia che aveva cucito mia madre stessa.

 
Mi alzai in piedi chiudendo con cura il libro. Non volevo assolutamente stropicciarlo, era più bello rispetto agli altri. Questo aveva illustrazioni colorate che si alzavano in piedi se tiravi fuori la linguetta di carta.
Lo lasciai davanti la porta, gridando.

-Vado sulla spiaggia!-

-Stai attenta Dyane!- Mia madre spuntò dalla porta. I capelli lunghissimi e blu come la notte erano raccolti in una coda bassa sulla nuca, gli occhi rossi accigliati -E torna prima del tramonto. Ok?-

-Va bene mamma-

Scappai sulla spiaggia, andandomi a sedere vicino la barchetta bianca e blu del pescatore, che la sera prima del crepuscolo era sempre allo stesso punto, sistemata a dovere.

-Ehi tu-

Un ragazzino spuntò da sopra la barchetta, tra le reti piegate per bene. Capelli blu e occhi... occhi enormi, e turchesi. Cacciai un urletto.

-Perché urli??- sembrava allarmato.

-Scusa...mi... mi sono spaventata-

-Scusa-

Il ragazzetto saltò giù dalla barchetta, sedendosi sulla sabbia davanti a me.

-Io sono Sheratan- fece un sorrisone mostrando tutti i denti e mi porse la mano.

-Io mi chiamo Dyane. Hai un nome strano-

-Ehi! Anche tu-


**


Ridacchiai ripensando a tutte le cose che facevamo insieme, a quante volte abbiamo fatto arrabbiare il locandiere del villaggio, Loke, spesso per avergli rotto le bottiglie di sakè, o a quante volte invece di spalare la neve ce la lanciavamo contro, colpendo anche qualche passante...

-Ehi- si sedette vicino a me -allora, accendiamo il fuoco?- mi chiese con un sorrisetto idiota.

Non risposi, lanciandogli uno sguardo accigliato prima di rimettermi seduta.

-Stai tu di guardia?- gli chiesi.

-Sì-

-Fra due ore svegliami, così puoi dormire-

-Okay.- mi sorrise ancora.

Chiusi gli occhi e caddi molto velocemente in un sonno profondo, dato dalla stanchezza di ore e ore di cammino ininterrotto.


**

-Mamma…?-

Dyane sentiva chiaramente una voce roca e oscura di una donna, che urlava e strascicava parole incomprensibili.

-Mamma!!-

Dyane provò a chiamarla, e sentì la sua voce diventare candida come quella di una bambina.

-È tutta colpa tua!!-

-Scusa mamma!!-

-Ormai è tardi! Troppo tardi!-

Sangue. Sangue dappertutto, sul tavolo, sul ripiano, a terra, sul vestito. Sulle sue mani. Mani piccole e innocenti di una bambina di soli sette anni.

-Ryu! Ryu aiuto!-

Non c’era nessuno a soccorrerla, ad aiutarla. Nessuno a sentirla.
Un rantolo. Era lì. Lì vicino il tavolino, quella macchia bianca e rossa. Color cremisi. Cercò di avvicinarsi, ma non riusciva a muoversi. I piedi di Dyane, bambina, erano incollati al pavimento, lì dove si era creato un fiume di sangue, che a rivoli continuava a scorrere. Le imbrattò i piedi in poco tempo, scivolandole sulle gambe, facendola cadere a terra trascinandola verso il tavolo, verso quella macchia indistinta che vedeva in lontananza.

Era lei. I capelli blu imbrattati di sangue, il vestito candido come il latte divenuto ormai color cremisi. Gli occhi socchiusi in una smorfia di dolore.

-Tu....non saresti dovuta nascere... è tutta colpa tua-

Dyane cercava di parlare ma non riusciva più. Spalancava la bocca senza riuscire ad emettere neanche un rantolo.

-Sei un rifiuto umano-

Cominciò a sentire un'altra voce, stavolta maschile, provenire da dietro di lei.
-Sei una piccola e sporca bestiaccia- diceva. -Non saresti dovuta venire al mondo-

-Tu sei maledetta!-

Urlò. Stavolta la voce riuscì ad uscire, roca, strozzata, stridula.

-Ehi...ehi! Dyane! Dyane!!-

C’era un'altra voce però, che emergeva dal profondo del suo incubo, dal buio che stava iniziando ad assalirla. Una seconda voce maschile, calda, calma e rassicurante.
 
-Dyane! Svegliati! Ci sono io qui, ok?-


**

Mi svegliai di soprassalto prendendo un grosso respiro, come se fossi stata bloccata sott’acqua per un’eternità. Strinsi gli occhi toccandomi il viso con le mani, sentendo il sudore sotto i polpastrelli. Sembrava come se mi avessero appena gettato un secchio d'acqua in testa. Il sudore bruciava negli occhi, giù umidi per le lacrime, e provai a strofinarmeli con le dita.

-Dyane...ehi!- Sentii chiaramente le mani di un’altra persona spostare le mie, portandomi un fazzoletto sugli occhi e pian piano iniziai a pulirli con quello. Quando il bruciore si calmò, li aprii lentamente mettendo a fuoco i dintorni. Due occhioni turchesi mi fissavano.

-Un incubo, vero?-

Respiravo ancora affannosamente, ma mi fermai a guardare Sheratan.

-Sher...-

Lo vidi addolcire lo sguardo addolorato e con un pezzetto di stoffa iniziò ad asciugarmi il sudore e le lacrime.

-Ci sono io. Sono qui. Ok?-

-Sher...-

-Non dire nulla... Era solo un incubo-

Mi fermai per un minuto, in silenzio. Non riuscivo a non pensare a quel che avevo sognato.

-Sono un demonio. Non sarei dovuta nascere per davvero... Se non fossi nata lei non sarebbe morta!-

-Basta Dyane! È stato solo un incubo!- mi prese il volto tra le mani – Tua madre ti amava! Non avrebbe mai detto cose simili, era una persona meravigliosa- mi abbracciò. Io mi strinsi al suo petto, provando a non piangere. – Non sei tu, Dyane. Sono i tuoi demoni interiori, le tue paure, che ti fanno fare questi incubi. Basta pensarci, okay?-

Annuii ancora, tirando su con il naso e iniziando a calmarmi. Restammo in quella posizione per un po’, non so quanto tempo, finchè piano non mi scostai.

Sheratan mi sorrise, lasciandomi un bacio sulle labbra – Va meglio, ora?-

Annuii ancora -Grazie...-

-Rimettiamoci in marcia, su. Ce la fai?-

-Sì...ma tu non hai dormito...-

-No, ma non preoccuparti. Mi sono riposato, su andiamo-

Ci alzammo, e ci rimettemmo in marcia subito dopo aver raccolto le nostre cose.




Nei giorni seguenti camminammo senza sosta, e per fortuna non incappammo in nessun pericolo o animale.

Sheratan però sembrava così strano, così stanco... Lo vedevo strofinarsi gli occhi continuamente, stringerli e socchiuderli come se non vedesse bene. In realtà erano già mesi che lo vedevo fiacco, stanco e debole, e nonostante lui stesso e Janey mi avevano assicurato che stesse bene, avevo sempre una presentimento terribile che mi pungeva il cuore… ora, con questo viaggio che stavamo facendo per tornare dagli altri, notavo che sembrava peggiorato.

Forse è per il caldo... pensavo.

Però a me non succedeva.

-Sheratan...-

-Sì?- stava finendo di riallacciarsi le scarpe, prima che ci alzassimo per ripartire.

-È successo qualcosa?-

-No... Perchè?- mi sembrava agitato.

-Ehi, hai…- gli poggiai la mano sulla guancia, fermandolo. -Hai gli occhi arrossati. Sheratan, sono giorni, anzi mesi che ti vedo diverso… mi nascondi qualcosa?-

-No Dyane....- si alzò -Forza andiamo-

-No. Finché non mi dici che ti succede non mi alzo-

-È il caldo!-

-No, non è il caldo! Perché a me non succede, allora?-

Non mi rispose, guardandomi per un attimo prima di girarsi e iniziare a camminare.

-Sher! Sheratan!- lo chiamai senza successo.

Fui costretta ad alzarmi e raggiungerlo, per non perderlo di vista.

-Sheratan!-

Ah, se avessi potuto volare! Se avessi potuto usare il mio frutto del diavolo, maledizione! Quel maledetto deserto non mi permetteva di farlo, come se fossi stata costantemente in contatto con della agalmatolite. Era da lì che derivava la debolezza.

Lo afferrai per un braccio bloccandolo e costringendolo a guardarmi.

-Dimmi che diamine ti succede- gli dissi con lo sguardo severo.

Lui mi guardava senza rispondere.

Che diavolo, non capiva la mia preoccupazione per lui?

-Ti dico che non è niente. Non sono abituato a questo caldo, mi dà fastidio. Forza, continuiamo- mi rispose frettolosamente.

Non gli credevo. Come potevo credere a quella stupidaggine? Nessuno di noi due era abituato a quel caldo, ovvio, vivevamo su un'isola del mare settentrionale, lì faceva quasi sempre freddo. Finsi di crederlo, o meglio lasciai cadere l’argomento, e continuammo a camminare. La distesa di sabbia sembrava non finire mai, era immensa.

La sete ci devastava la testa.



*

Dopo ore di cammino finalmente ci fermammo dietro una duna. Il sole sembrava in una posizione diversa rispetto a ore fa, anche se non si decideva a tramontare, ma fortunatamente la duna ci forniva un po’ di ombra.

Sheratan sembrava più stanco del solito. Montammo il nostro piccolo campo con non poca fatica, e appena finimmo sbuffai asciugandomi il sudore dalla fronte.

-Come va il taglio?- gli chiesi.

-Eh…- sospirò stancamente.

Mi avvicinai a lui, seduto a terra, e gli poggiai una mano sul braccio. Era sudato, molto, e iniziai a notare che aveva un po’ di fiatone... lo vidi chiudere gli occhi e prendere respiri profondi.

Mi sedetti davanti a lui e gli poggiai la mano sulla sua guancia, a mo' di carezza.

Fu in quel momento che mi preoccupai sul serio: mi guardò, e i suoi occhi... i suoi occhi erano così lucidi, liquidi e arrossati. In più la sua fronte era bollente, scottava da matti.

-Ehi...- mi resi conto che quello era molto più che il caldo, non era solo qualcosa di passeggero. Gli tastai ancora la fronte, subito dopo mi ci poggiai con la guancia. Era rovente.

-Sher, hai la febbre...- imprecai, non in quel momento! Immediatamente presi un pezzo di stoffa dal nostro borsone e lo bagnai con un po’ di acqua, poggiandoglielo sulla fronte e asciugandogli il sudore. -Stenditi, ecco…-

Lui sospirò, sforzandosi di sorridere. -Sto bene, Dyane…-

Fece per ridere ma il respiro gli si bloccò in gola. Lo sentii imprecare sottovoce e tentare di sopprim ere la tosse, ma fallì miseramente.

Prontamente gli afferrai la mano e gli sfilai via il guanto, scoprendo il taglio che si era procurato qualche giorno fa e che aveva un aspetto terribile. Era gonfio, la pelle era arrossata, caldissima, e dalla ferita iniziava a spuntare del pus.

-Cazzo, Sher, hai preso un’infezione-

-…dobbiamo fasciarlo-

Non avevamo garze pulite con noi, ma rovistai nel borsone per prendere un altro pezzo di stoffa dalla mia giacca. Strappai la stoffa alla bell’e meglio, bagnandone un pezzo per poter pulire la ferita e lasciando l’altro per poterla fasciare. Sheratan mi aiutò prontamente, ma vedevo che era chiaramente molto debole, forse anche troppo per una febbre causata da una piccola ferita infetta.

Prima che potessi dire qualcosa, un boato fece tremare i granelli di sabbia. Sentii la paura montarmi in petto, tra l’ansia di vedere Sheratan ridotto in quel modo in solo mezza giornata, improvvisamente, e quella per il boato che avevamo appena sentito.

Legai velocemente la fasciatura, e subito dopo Sheratan indossò il guanto per tener ferma la stoffa.

Improvvisamente, dalla sabbia emerse uno scorpione enorme, dalla misura a dir poco spaventosa e surreale.

-Che diavolo è quest'animale!?- urlai.

Scattai in piedi velocemente, pronta a sfoderare gli artigli che...non uscivano.
Dannazione! Avevo dimenticato che i poteri del frutto del diavolo in quelle terre erano annullati!! Immediatamente mi misi a cercare qualcosa per attaccare e difendermi, un pugnale, una pistola, una spada, qualunque cosa, mentre Sheratan si stava alzando a fatica, il braccio teso verso la sua spada.

Dal borsone pescai un pugnaletto e una pistola.

Cominciai a sparare con quest'ultima, mirando al pungiglione che a sua volta mirava diretto a Sheratan, e cercai di essere il più precisa possibile. Cominciavo a colpirlo, a volte di striscio, a volte a segno. Non ero per niente allenata, facevo sempre troppo affidamento al mio frutto del diavolo e non mi ero mai resa conto di quanto ne fossi dipendente. Mi abbassai velocemente a ricaricare i proiettili. 

Improvvisamente sentii il ragazzo gemere, e quando alzai lo sguardo verso di lui trovai il pungiglione dello scorpione conficcato nella sua gamba.

-Sheratan!!-

Con un movimento veloce si girò, poggiando l’altra gamba sopra l’animale e tagliandogli il pungiglione con una sola mossa ben assestata.

-Heh- Sheratan scosse la spada, schizzando il sangue di troppo sulla sabbia. -Ora l’ho fatto incazzare!- esclamò. Spostai lo sguardo velocemente da lui allo scorpione che aveva appena finito di contorcersi nella sabbia e iniziava caricarlo nuovamente.

Afferrai il pugnale, lasciando la pistola a terra, e attirando l’attenzione del ragazzo gli feci segno di indietreggiare.

Sheratan capì al volo. Attirò lo scorpione verso di sé, indietreggiando e schivandolo mentre con una mano si stringeva il polpaccio dove l’aveva punto. Velocemente corsi dietro l’animale, prendendo la rincorsa per saltargli sopra. Un colpo secco e veloce: affondai l’intera lama del pugnale in quella che doveva essere la testa di quella bestia, che iniziò a dimenarsi violentemente. Immediatamente caddi a terra, non riuscendo a trovare nessun appiglio, e lo scorpione si dimenticò subito di Sheratan per concentrarsi su di me, dimenando le sue zampe come per schiacciarmi.

Velocemente rotolai di lato per evitarlo, ma la scena durò poco: l’animale si tirò indietro, emettendo dei versi terrificanti prima di accasciarsi a terra e morire. Tirai un sospiro di sollievo, rilassandomi a terra per un secondo prima di alzarmi e avvicinarmi a Sheratan.

Il ragazzo si era accasciato a terra continuando a stringere la mano sul polpaccio.

-Ti sei fatta male? Stai bene?- mi fece mille domande, preoccupato, e io annuii.

-Certo, non preoccuparti- lo aiutai a mettersi seduto. Con un colpo strappò i pantaloni all’altezza della ferita, e subito scorsi la pelle arrossata e quasi violacea.

-Cazzo!- impreco, passandomi una mano tra i capelli e sentendo prontamente il panico salirmi in gola.

-Dyane, ascolta!- Sheratan mi chiamava mentre io mi guardavo intorno in cerca di qualcosa che potesse aiutarci, agitata. Mi voltai verso di lui, la paura negli occhi.

-Prendi il borsone- sembrava calmissimo, ma vedevo chiaramente le sue mani tremare. Mi mossi subito e con calma prese la giacca dal borsone, ormai strappata, ricavandone una lunga striscia di stoffa. Lo aiutai a stringere bene quello che doveva diventare un laccio emostatico, poi alzò di nuovo lo sguardo su di me. -Okay, va tutto bene. Prendi il pugnale-

-Il pugnale è rimasto conficcato in quel...quell'essere- ero ancora in preda al panico.

-Non fa niente, va bene anche la spada. Puliamola e poi fai una piccola incisione qui- la afferro velocemente, cercando di pulirla al meglio e usando un po’ di acqua per lavare la punta. Strinsi le dita sull'elsa decorata, per stabilizzare le mie mani tremanti. Con estrema cautela, e un po' di difficoltà, riuscii a fare un minuscolo taglietto. Vidi il ragazzo stringere i denti dal dolore.

-Ok, va bene...- si guardò intorno sempre più debole, ma almeno il laccio emostatico provvisorio sembrava aver funzionato. Poggiò entrambe le mani ai lati della ferita, stringendo, in modo da fare uscire un po' di veleno.

-Dyane...- sussurrava quasi impercettibilmente, ma io riuscivo a sentirlo. Non risposi, decidendo di stabilizzare il mio respiro e calmarmi, continuando ad aiutarlo a stringere la ferita per far uscire il veleno finchè uno strano liquido scuro iniziò a fuoriuscire dalla ferita.

-Che veleno insolito...- sussurrò.

-Non ho mai visto niente di simile… che cosa diamine era?-

Sheratan scosse la testa, poi alzò lo sguardo su di me -Dyane... ascoltami...-

-Non ora Sher...- non volevo nemmeno sapere che cosa avesse da dire! Rimase zitto, consapevole che io non lo avrei ascoltato comunque, e dopo un po' sembrò non uscire più nulla se non del sangue pulito.

-Quanto ci mancava più o meno alla fine del deserto?- gli chiesi freneticamente, misurandogli la temperatura della fronte con la mano. Non sembrava più caldo rispetto a prima, ma lo era comunque… Sheratan i primi giorni aveva provato a calcolare quanto avremmo potuto impiegare. Eravamo stati divisi dai nostri compagni a causa di una tempesta, ma ci eravamo subito messi in marcia dopo aver fatto rifornimenti al villaggio sulle soglie del deserto. Aveva messo in conto un possibile ritmo di marcia, osservando bene il sole e la posizione nel cielo durante le ore del giorno.

Lo vidi guardare il cielo e il sole, che si era abbassato un po’ sull’orizzonte, facendo dei calcoli mentalmente -Dovrebbero essere passate altre cinque ore da quando ci siamo svegliati… non credo ci manchi molto, dovremmo essere vicini alla costa. Forse alcune ore di cammino? Ma Dyane...-

-Bene. Allora mettiamoci subito in marcia, ti reggo io. Sei ferito, e per di più hai la febbre- cercai di stabilizzarmi e dopo aver bendato la ferita con un altro lembo di stoffa, mi alzai in piedi. Volevo solo arrivare in fretta alla costa per poter ritrovare la nostra ciurma.

Raccolsi tutte le armi infilandole nel borsone. -Che schifo…- sfilai via il pugnale dall’animale ormai morto, pulendolo alla bell’e meglio e rinfoderandolo. Indossai il borsone a tracolla e mi diressi di nuovo verso Sheratan, facendomi passare il suo braccio attorno al collo.

Lo tirai su con un po' di fatica, quasi non riusciva a muovere la gamba ferita.

-Sei un disastro…- gli sorrisi.

-C’è sempre una prima volta eh- ridacchiò debolmente.

Iniziammo a camminare, un po' lenti ma in quel momento non importava. Dovevamo assolutamente arrivare in fretta sulla costa, dove sicuramente ci aspettavano i nostri compagni, la nostra nave, la nostra famiglia. Stringevo i denti dallo sforzo.

Ci vollero ben due ore e mezza di cammino per riuscire a vedere la linea blu del mare, pareva quasi un miraggio.

-Sher! Sheratan! Guarda!- ero felicissima, sollevata, mentre lui mi sorrideva debolmente, quasi senza forze, e accelerai immediatamente il passo. Arrancando, ci avvicinammo sempre di più -Ce l'abbiamo fatta! Forza Sher, forza!- Sheratan non mi rispondeva più.

Sentivo l’ansia trafiggermi il cuore come una lancia, lo sentivo come un peso morto.

Non morire, Sheratan.

Mi fermai un attimo tirandogli su la testa. Aveva gli occhi chiusi ma respirava, era solo svenuto. Facendolo appoggiare a me, in modo che non cadesse a terra, afferrai la borraccia dalla mia cintura e gli inumidii un po' le labbra secche. L’acqua era quasi finita ma non importava, eravamo quasi arrivati. Dalla sabbia iniziavano a spuntare dei ciuffi d’erba, macchie di terra qua e là.

Rilasciando un respiro che non sapevo di star trattenendo continuai a camminare, fino a toccare delle transenne di legno che indicavano il limite del deserto. I miei stivali, finalmente, toccavano l’erba, la terra, toccavano il legno, e arrancai fino a quello che doveva essere un porto. Intravidi subito una polena a forma di guerriera alata.

Iniziai a sbracciarmi, immediatamente vidi alcuni dei miei compagni scendere dalla nave per venirmi incontro. Sentivo le lacrime pungermi gli occhi dal sollievo.
Subito vidi una chioma lunga e scarlatta correre verso di noi, seguita poi da tutti gli
altri. Eileen mi saltò letteralmente addosso, scoppiando in lacrime.

-Lo sapevamo! Sapevamo che ce l'avreste fatta! Grazie al cielo!- sorrisi e vidi Ryu correre verso di noi.

-Ehi! Cosa è successo?- immediatamente mi aiutò a sorreggere Sheratan.

-Lunga storia, presto, ha bisogno di cure!-

Mentre ci dirigevamo velocemente sulla nave iniziò a raccontarmi tutta la storia. Avevamo avuto sfortuna: erano riusciti ad arrivare a Syop poco dopo di noi, il villaggio ai piedi del deserto, e avevano chiesto informazioni. Lì erano venuti a sapere che io e Sheratan stavamo attraversando il deserto per arrivare dall'altra parte della costa, molto più trafficata, e allora avevano deciso di procedere fin lì dove saremmo arrivati. Certo, sarebbe stato meglio se li avessimo aspettati al villaggio, ma in quel momento non importava.

-Janey presto! Sher ha bisogno di cure!- urlai appena fummo sul ponte della nave.

Janey arrivò in un attimo, aiutandoci a portarlo in infermeria e a stenderlo su un lettino. Immediatamente iniziò a studiare le sue ferite.

-Dyane?- Sheratan si svegliò in quel momento. Mi avvicinai subito, mentre Janey si occupava della puntura sul polpaccio. La sua gamba aveva un aspetto terribile.

-Ce l'abbiamo fatta, Sher- sussurrai accarezzandogli la guancia. Le mie erano piene di lacrime. -Siamo riusciti ad arrivare sulla costa. Siamo qui, sulla nostra nave.-

-Dyane, devo dirti una cosa...- si affannò a parlare, aveva ancora il fiatone. Mi prese la mano, sorridendomi debolmente -Sono davvero un disastro, Dyane… pensavo, ma- fece una pausa, poi continuò. -Non mi è rimasto molto...- sussurrò debolmente.

-Cosa? Sher, non dire sciocchezze! Ora Janey ti curerà, andrà tutto bene!-

-Janey è una dottoressa magnifica, non ne ho dubbi. E io non morirò per il veleno...anche se sei stata brava. Davvero- le sue sopracciglia si incurvarono verso l'alto, e io mi persi. Che diavolo stava dicendo!? Con la coda dell'occhio vidi Jane che abbassava la testa e si mordeva il labbro, finendo velocemente di bendare la gamba.
Si strinse nelle spalle e non ebbe il coraggio di guardarmi prima di andare via.

-Che cosa...stai...dicendo..?- mi inginocchiai accanto al letto, stringendogli la mano e portandomela alla fronte –Non dire idiozie, non è il momento, non...- sentivo lacrime di tristezza iniziare a spingere prepotenti, ma le ingoiai. -Janey non..non dovrebbe fare qualcosa p-per...- balbettavo incapace quasi di continuare la frase, interrotta dai singhiozzi -...per togliere il veleno, per...-

-Sarebbe troppo tardi per la mia gamba, ma io...ti prego, ascoltami...- annuii, mordendomi ancora il labbro per provare a trattenere le lacrime, fallendo miseramente.

-Non te l'ho mai detto, e non mi pento di questo...- lo guardavo confusa, i suoi occhi turchesi e chiarissimi come un libro aperto, lucidi e pieni di lacrime, due pozze d’acqua tremanti.

-Che cosa...cos'hai, Sher?- mi sfuggì un singhiozzo.

Il ragazzo abbassò lo sguardo, guardando un punto indefinito -Ho una… malattia- sussurrò, e il mondo mi cadde addosso. -È una massa… ah, non serve che ti spieghi di cosa si tratta… ma sono arrivato ormai al limite.-

-C-cosa?- non riuscivo a crederci. No, non era possibile. Sentivo le forze abbandonarmi, mi sentivo come se avessi perso la sensibilità in tutto il corpo, e l’unica cosa che percepivo era il dolore al petto -Sheratan t-ti prego, n-non...Janey è brava, ti curerà, starai bene, d-davvero.-

Mi poggiò dolcemente la mano libera sulla guancia bagnata dalle lacrime, che continuavano a scendere.

-Andrà tutto bene...- mi sussurrò, un sorriso amaro a tagliargli la faccia.

-No, no! Non andrà tutto bene! Io, i-io come faccio? Senza di te, dove vado? Risolveremo tutto, Sheratan, troveremo una soluzione! Davvero, lo faremo, non serve stare così! Perchè non me l'hai detto prima?-

-Andrà bene perché tu sei forte, Dyane, davvero. Ce la farai. Ti prometto che starò sempre con te, non ti lascerò. Ehi. Mi dispiace non avertelo detto, ma doveva andare così…-

-Mi stai lasciando! Proprio adesso! Per favore, Sher!- mi alzai in piedi, stringendogli una mano, mentre con l'altra gli accarezzavo la fronte, la guancia, i capelli. Era rovente, sudato, affannato. Non riuscivo a smettere di tremare mentre mi chinavo su di lui a poggiare la mia fronte contro la sua. -Non farlo, ti scongiuro...- continuavo a tremare convulsamente e non riuscivo a smettere di piangere, di singhiozzare. Sentivo come se tutto intorno a me si stesse sgretolando, come se i miei piedi non fossero più piantati a terra.

Sheratan mi poggiò una mano sul cuore -Se mi terrai qui, non ti potrò mai lasciare...- mi sussurrò, poi portò la mano sulla mia testa, scompigliandomi i capelli per un'ultima volta. Mi accarezzava il capo e il viso, asciugandomi un po' le lacrime con il pollice, passandomi le dita sugli occhi, sul naso e ancora sulle guance.

-Ti ricordi, anni fa...- aprii gli occhi, attenta alle sue parole, consapevole che sarebbero state le ultime. Il pensiero solo mi stravolse il cuore. -...quando finimmo di costruire questa nave?- rise piano, sforzandosi chiaramente -Ryu mi odiava, era geloso. Ma è stato insieme, tutti e tre, che siamo riusciti a creare la Aka Tora. Anche se tu più che altro ci passavi gli attrezzi e ci portavi da mangiare, o ci curavi quando ci tagliavamo, perchè...-

-Non sapevo dove mettere le mani...- sussurrai assieme a lui. Sorrisi piano tra le lacrime, amaramente, mentre lui faceva lo stesso. Era sempre la solita frase quella che ripetevo. “Io non so dove mettere le mani, quindi non contate su di me! A me sembra una pazzia!”

-Da una nave abbandonata al suo destino, nell'angolo del porto, bruciata e rotta, abbiamo rinnovato tutto, ristrutturato...e abbiamo coronato il nostro sogno- mi guardava negli occhi intensamente, il sorriso costante sulle labbra -Perchè a noi non è mai interessato lo One Piece, non interessava sapere che..cos'è...- respirava affannosamente, tossì, e non riuscì a dire o fare nulla, conscia di non poter fare più niente.

-A noi interessava solo essere liberi da quel paese- sopprimeva ancora la tosse.

-Sheratan...-

-Ci siamo riusciti. Tutti. Abbiamo radunato una ciurma, siamo tutti compagni, amici...e io… io adesso non vi lascio, non dire niente... non vi libererete mai di me completamente...- rise piano. -Quello che ti voglio dire...ti prego Dya. Non abbandonarti. L'unica cosa che voglio è che tu sia felice, e puoi esserlo anche senza di me-

-No, no...non posso esserlo, Sher...- mi interruppe poggiandomi il pollice sulle labbra, ed io restai in silenzio.

-Puoi. Non lasciarti andare, io voglio che continui a vivere. Tu devi continuare. Lo devi fare per me...- mi strinse ancora di più la mano, la sua presa era ancora forte ma non come al solito… -Ti prego... vivi anche per me, Dyane. Promettimelo...-

Scossi ancora la testa, ma lo sguardo sofferente di Sheratan non ammetteva repliche -Fammi una promessa. Dya...promettimi che continuerai a vivere nonostante tutte le cose che possano succederti…-

-Sheratan!- quasi urlai, mentre sentivo la sua presa allentarsi. -Sì..- sussurrai, tirando su con il naso -sì...te lo prometto...-

-Giurami che manterrai la promessa- Poggiai la testa tra il suo incavo tra la spalla e il collo, annuendo. Sentivo la sua mano ancora sul mio capo, mi stringeva a lui un'ultima volta. Le sue labbra calde mi si poggiarono sulla tempia, lasciandomi uno, due baci. Alzai la testa guardandolo: lo vedevo sorridere ma lo sentivo trattenere i singhiozzi. Il suo era un sorriso sincero, pieno, ed era lacerante sapere che non lo avrei rivisto mai più, se non nei miei ricordi.

-Ricordati...ricordati che io sono sempre con te, qualunque cosa accada, qualsiasi altro entri nella tua vita, io… sono con te- si fermava per prendere fiato. -Cazzo, Dyane, ti amo. Ti amo tantissimo e ho paura, non sono mai stato così spaventato- strinse gli occhi, il respiro affannato, ma tornò a guardarmi subito.

-Lo sono anch’io, Sheratan…- singhiozzai. -Ma siamo qui, insieme-

Mi sorrise, annuendo a fatica. -Ti prego...non lasciarmi morire con il tuo viso rigato dalle lacrime- con la mano mi asciugò le guance ed io lo aiutai.

-Ehi- mi baciò ancora sulla fronte -Io ti ho sempre amata...e lo farò continuamente, persino dall'oltretomba, per l'eternità...sei stata una luce per me, un lume. E senza, probabilmente, non avrei mai avuto il coraggio di salpare...-

-Anch'io ti ho sempre amato, tantissimo- risposi prontamente.

-Ma tu!- prese un respiro sofferente -Tu non sei costretta ad amarmi fino alla fine dei tuoi giorni. Altrimenti non potresti mantenere la promessa che mi hai fatto!-

-Come potrei mai innamorarmi ancora?- sussurrai impercettibilmente.

-No...il tuo filo rosso del destino è legato al mignolo di qualcun altro- ancora quella leggenda. -Scusa, Dyane, se non posso esserci ancora- prese un altro grosso respiro.

Tra le lacrime mi chinai per baciarlo un'ultima volta. Un ultimo, straziante, bacio.

Premetti le mie labbra sulle sue e immediatamente mi rispose. Iniziavo a sentire il suo fiato rallentare e subito provai ad allontanarmi. Non volevo che fossi io a prendermi il suo ultimo respiro, ma la sua mano era ancora sul mio capo, e mi attirò di nuovo a lui.

Lo sentii tremare, stringermi la mano con forza, il respiro farsi pesante.

Poi, lentamente si calmò.

Non riuscivo a muovermi. Sentii la sua stretta allentarsi, non sentivo più la sua presa sulla mia mano. Mi allontanai lentamente, cercando di trattenere per più tempo possibile il suo sapore. L'ultima cosa che vidi chiaramente furono le sue labbra stendersi in un sorriso. Poi la sua mano scivolò via dal mio capo, e il suo respiro si fermò.

-Sher...- sussurrai, scioccata. Aveva chiuso gli occhi, le labbra distese in un sorriso, la sua mano inerme. Non stringeva più la mia. Non faceva più forza. Non era più tesa -Sheratan...!-

Mi allarmai, e non vidi più niente. Cominciai a sentire il respiro più veloce fino a che non si bloccò, sentivo l'esofago annodarsi dentro. Il mondo mi crollò addosso e mi si schiantarono indosso massi enormi, più grandi e pesanti di me.


Le lacrime mi appannavano la vista. E io urlai con tutta la forza e con tutto il fiato che avevo in corpo.
 


-SHERATAN!!!!- 
  
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