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Autore: pierre    31/01/2015    0 recensioni
Nasir disperato ricorda il suo Agron
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nasir
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Resurrezione
 
Sei morto.
Nevia con il suo sguardo non mi ha dato alcuna speranza ed io, inebetito dal colpo al cuore appena ricevuto, sono riuscito soltanto ad assentire con un cenno del capo.
Sono uscito vacillando dalla tenda, c’era il nulla, il gelo intorno a me.
Anche ora, mentre osservo una folla dolente che torna al nostro campo, cinquecento schiavi liberati al posto del sacrificio di un'unica vita, sento freddo ma non è la mia pelle a mandarmi il segnale, anzi a dire il vero, il mio corpo non parla più.
Dove sei vita mia, amore mio, unico amante?
Maledetto!
Sono passati pochi giorni dalla tua dipartita e non riesco a riprendermi.
Che fine ha fatto il nostro giuramento, quello che spesso ci sussurravamo all’apice del godimento, quando entrambi fluttuavamo l’uno nel corpo dell’altro?
Mi giurasti che neanche gli dei avrebbero potuto separarci “moriremo insieme” dicevi e invece mi hai abbandonato.
Dove sono quegli occhi azzurri e quel sorriso da lupo che tra le mie braccia s’illuminava di passione e di gelosia?
Che sarò mai stato io per te?
“Il mio unico amore, il guerriero di cui io vado fiero!” sussurravi orgoglioso.
Quante volte, mentre ti appropriavi capriccioso del mio corpo mi promettevi ancor prima di finire che l’intera notte non ti avrebbe distolto da me?
E allora perché mi hai abbandonato!
Possibile che la paura di una vita diversa da questa, fatta solo di dolore e sangue, ti abbia spinto a seguire Crisso e la sua rabbia?
A quanto pare sì.
“Non sarò mai un pastore, non coltiverò mai la terra” avevi detto convinto ed io invece di fermarti e di urlare la mia frustrazione e la mia paura, ti ho lasciato andare, perché sapevo dentro di me che il convincerti a seguirmi verso la mediocrità della vita ti avrebbe annientato lentamente.
Mi avresti odiato dopo qualche anno abbandonandomi sul serio: ti ho abbracciato e ti ho mandato a morire.
Agron… amore mio, mio unico compagno, fratello oramai perduto.
Che sarà la mia esistenza senza di te?
Ho già chi astutamente si avvicina e, con la scusa di consolarmi, tocca il mio braccio sostenendo che la vita va avanti ma io non sono più uno schiavo carnale, mi sfuggono completamente le opportunità di una prossima scelta, non m’importa di vivere senza di te.
Ci attaccheranno, i fottuti Romani arriveranno a migliaia, non vedono l’ora di darci una lezione ed io dovrò semplicemente ucciderne il più possibile e poi farmi trafiggere il cuore da una spada: so già che non potrà far male come lo strazio della tua perdita.
Il pericolo è che io possa cadere loro prigioniero, so già cosa mi faranno prima di crocefiggermi, ero una puttana prima di diventare un uomo libero, mi umilieranno fino a ridurmi in fin di vita ricordandomi chi sono per loro: uno schiavo.
Tentano di consolarmi ma io sono ubriaco di dolore, barcollo tra le tende cercando nel tuo ricordo un sollievo che non ottengo.
Ti ricordi il nostro primo bacio? Lo hai rubato a un sopravvissuto!
Ti sei soffermato sulle mie labbra chiudendo gli occhi come un innamorato ed io non ho avuto alcuna reazione, si vede che anche la troppa gioia mi blocca, sono una farfalla notturna che si paralizza quando c’è troppa luce… o troppo dolore.
Però, quando sei tornato da una delle tante missioni vittoriose, mi sono fatto capire bene, ti volevo anch’io!
Cerco conforto ricordando le tue mani che s’infilavano tra i miei capelli e accarezzavano le mie guance arrossate dalla frenesia. Le tue labbra tagliate dal freddo mordevano il mio collo e sfioravano il mio petto mentre con il tuo corpo magnifico, ti facevi strada tra le mie gambe che si aprivano alla tua eccitazione senza paura.
Mi prendevi, felice della mia arrendevolezza, ti esaltavo con i miei gemiti conditi dal piacere continuo, intenso… incessante che mi davi per tutto il tempo che ti muovi dentro di me.
Ti ricordi quanto eri geloso? Non riuscivo a farti ragionare, mi punivi della mia innata gentilezza nei confronti del prossimo allontanandoti furioso da me: mi facevi impazzire, non lo sopportavo.
Poi però, sopra il talamo rubato a qualche maledetto padrone, mi ubriacavi di vino e sesso.
Eri il mio dio e adesso non ho neanche un corpo da onorare com’è stato fatto per l’indomito Gallo.
Il mio sguardo vago demoralizzato, osserva un’umanità dolente che si ricongiunge ai propri cari: a me questo non è concesso, Agron è morto.
La figura imponente di Spartacus si staglia sovrana tra la moltitudine di corpi ricoperti di sangue e stracci.
Chi c’è accanto a lui, chi si appoggia alla sua spalla trascinando il passo?
Di chi sono quegli occhi chiusi per le botte subite, di chi quelle mani malamente fasciate… di chi è quella bocca dolente?
Agron? Il mio Agron?
Non ho più freddo, anche se improvvisamente il mio corpo si accorge che l’aria è rigida intorno a noi, probabilmente la neve scenderà coprendo la terra brulla e arida preparandola per la sua ciclica resurrezione.
Mi avvicino a te e piango perché ti hanno devastato, piango perché sembri spezzato dal dolore, le mie lacrime scendono copiose mentre per la prima volta accolgo tra le mie braccia un prezioso fragile dono degli dei.
“Nessuno ti porterà più via dalle mie braccia”
“Sciocco io ad allontanarmi dalle tue.”
Ci sarà un futuro per noi due?  
Si, lo sento, forse il destino ci riserverà una vita serena oppure saremo costretti a vagare per il mondo inseguiti dai maledetti Romani. Lavoreremo la terra oppure solcheremo mari sconosciuti. Aiuteremo chi fugge e vendicheremo chi ha subito un torto.
Forse cresceremo un piccolo orfano e gli daremo tutta l’attenzione che a noi è stata negata.
E la notte accarezzerà come una coperta fresca e stellata i nostri corpi abbracciati nel sonno proteggendo il nostro riposo e allontanando da noi l’incubo dei ricordi.
 
 
 
 
 
  
   
 
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