1. Incontro
L’autunno
era decisamente la mia stagione
preferita. Questo pensavo mentre camminavo a passo spedito verso
Central Park
in quello che apparentemente era un normalissimo pomeriggio. Dico
apparentemente perché ancora non sapevo che di lì
a poco avrei fatto un
incontro che avrebbe modificato radicalmente la mia vita. Ma prima che
inizi
questa storia lasciate che mi presenti: mi chiamo Audrey Miller, come
avrete
intuito sono newyorkese e quando tutto ebbe inizio avevo ventitre anni.
Ero
appena uscita da lezione, frequentavo la facoltà di
architettura alla Columbia
University e prima di tornare nel mio appartamento per dedicarmi allo
studio,quel particolare pomeriggio desideravo fermarmi nella mia sala
da the
prediletta a mangiare una bella fetta di cheese-cake alle fragole. Vi
starete
domandando come mai mi soffermi su un dettaglio così
insignificante, ma presto
vi renderete conto che i dolci in questa vicenda hanno un ruolo niente
affatto
marginale.
Mi
trovavo ancora immersa nei miei pensieri quando
quasi andai a sbattere contro la porta del locale, ridacchiando per la
mia
distrazione entrai e subito le mie narici furono invase da un piacevole
aroma
di torta, crogiolandomi nell’aspettativa di poterne gustare
una al più presto, mi
feci largo tra la ressa che si era formata intorno al bancone e riuscii
ad
accaparrarmi uno sgabello.
“Ciao
Sue!” Esclamai allegramente all’indirizzo
della cameriera.
“Ciao
Audrey, eccoti qui!” mi rispose Sue sorridendo.
“Uscita
ora da lezione?” Mi domandò mentre
asciugava un piatto.
“Si
e ho una gran fame!” Replicai.
“Bene, cosa
ti porto?” Si informò la ragazza.
“Assolutamente
la cheseecake alle fragole e una
tazza di the” Asserii con convinzione.
Sue
mi guardò desolata e annunciò:
“Mi
dispiace, la cheesecake alle fragole è appena
finita.”
Una
notizia del tutto innocente. Una quisquilia da
nulla. Per me era una catastrofe, capace di rovinarmi la giornata.
Avevo
immaginato di mangiare quella torta per tutto il giorno, il pensiero
della
cheesecake alla fragola mi aveva sostenuta durante i corsi
più noiosi e ora mi
sentivo defraudata. Mi oscurai in viso mentre Sue cercava di trattenere
una
risatina alla mia reazione spropositata e senza accorgermene
praticamente
gridai:
“Spero
che a quell’imbecille che ha mangiato la
mia torta, vadano le fragole tutte di traverso!”
“Emh..”
bofonchiò Sue.
“Che
c’è?” Borbottai stizzita.
Poi
dalla sua espressione imbarazzata compresi e
desiderai ardentemente sprofondare dalla vergogna.
“Non
dirmelo..L’interessato è dietro di me e ha
sentito tutto..”
Sue
annuì impercettibilmente, mentre di nuovo
cercava di trattenere uno scoppio d’ilarità. Io
invece in quel momento non
avevo molta voglia di ridere, mi sembrava di sentire un paio
d’occhi che mi
perforavano la nuca, lentamente, mentre il mio colorito volgeva al
cremisi mi
girai.
La
piccola folla di poco prima mentre parlavo con
Sue si era diradata e letteralmente appollaiato su una sedia, ad un
tavolino
poco distante dal bancone un ragazzo mi fissava.
Si trattava
della persona più insolita che avessi mai visto, non tanto
nell’aspetto, certamente
singolare per via delle profonde occhiaie che contornavano i grandi
occhi neri,
quanto per l’espressione e la maniera bizzarra in cui stava
seduto. Era molto
pallido e aveva capelli neri piuttosto lunghi e scompigliati, indossava
dei
jeans e una semplice maglia bianca, con la punta delle dita teneva
sospeso per
aria un cucchiaino mentre sul tavolo troneggiava una fetta di
cheese-cake alla
fragola.
Mi
riscossi dallo stato di catatonia che mi aveva
indotto l’analisi dello sconosciuto, accorgendomi di essermi
nuovamente
aggiudicata una brutta figura nello scrutarlo così
insistentemente. Aprii la
bocca per dire qualcosa ma non uscii alcun suono, nel frattempo il
ragazzo
continuava a fissarmi.
Mi
schiarì la gola e ritentai: “Eeehm..Aaah..Ecco
io, io non dicevo sul serio, sai sono cose che si dicono
così, per ridere, ma
non si pensano..”
Mi insultai
mentalmente per il mio delirante eloquio, il mio interlocutore non
aprì bocca, limitandosi
a persistere nell’osservarmi, mettendomi seriamente a disagio.
“È
solo che sono molto golosa e ci tenevo a quella
torta..” Complimenti, questa si che è una
giustificazione inoppugnabile mi fece
notare una vocina nella mia testa.
L’individuo
rimaneva ostinatamente immerso nel suo mutismo e altrettanto
ostinatamente mi
fissava.
Sospirai
rumorosamente e mormorai:
“Scusami,
sono stata una vera cafona”.
“Ne
vuoi un pezzo?” Domandò il ragazzo.
Trasalii,
non mi aspettavo di sentire la sua voce
a quel punto, ne tantomeno mi aspettavo una domanda del genere, restai
basita
ad osservarlo per qualche istante, combattuta tra cosa suggerivano il
buon
senso e la buona educazione e tra il mio desiderio di mangiare la torta
e anche
di parlare con lui che aveva suscitato la mia curiosità.
Penserete che sia
senza ritegno, beh avete ragione.
“
Si…Grazie.” Risposi titubante e mi accomodai
sulla sedia di fronte alla sua.
Nel mentre,
Sue si affrettò a portare un altro piatto con dipinta sul
volto un’espressione
vagamente stupita.
Andò
esattamente così, conobbi la persona che mi avrebbe
sconvolto l’esistenza per
via di una fetta di torta.