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Autore: Mannu    01/02/2015    1 recensioni
Seliana, contadina. Coltivare la terra per vivere potrebbe non sembrare preludio a una vita avventurosa. Eppure può capitare che...
Genere: Generale, Science-fiction, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Monociclo - Le contadine
Posò la zappa al suolo e la usò per puntellarsi. Zania aveva picchiato duro per tutto il giorno, lei era in ritardo col lavoro nei campi e gli automi agricoli della cooperativa non si erano ancora visti. Il suo fisico era forte e robusto ma aveva i suoi limiti. Mentre madida di sudore riprendeva un po' il fiato valutò con gli occhi i progressi compiuti quel giorno. I solchi non erano perfettamente dritti e in diversi punti nemmeno tanto profondi. Avrebbe dovuto ispezionarli tutti e rimediare ove necessario. Il che significava percorrere a piedi più di qualche kli sotto i raggi impietosi del sole e zappare di più.
Non era il lavoro a spaventarla. Stirò i muscoli irrigiditi e bevve un po' d'acqua dalla borraccia che portava appesa al cinturone degli attrezzi. Dette uno sguardo alla rassicurante sagoma della sua abitazione e, al pensiero del lungo bagno con cui avrebbe concluso la giornata, impugnata la zappa l'alzò sopra la testa e la piantò con forza nella terra.
- Grande Madre – bisbigliò a denti stretti per risparmiare il fiato – concedimi un buon raccolto... e magari anche un automa o due...
Zappò di buona lena concedendosi solo brevi soste e vibrando colpi potenti, decisa a spingere l'attrezzo a una profondità sufficiente. Come spesso le succedeva, la fatica la entusiasmava: mettere alla prova la propria potenza fisica la faceva stare bene. Era orgogliosa di essere una coltivatrice: bagnare col sudore la terra, non solo in senso figurato, le dava un senso di appartenenza che la appagava tantissimo. Un rumore lontano la fece fermare. Alzò la testa dal lavoro e drizzò la schiena muscolosa. Erano gli automi della società agricola, finalmente. Li osservò mettersi al lavoro senza indugio. Uno cominciò dall'inizio avendo giudicato il suo lavoro non sufficiente; un altro andò dritto al lato opposto del campo, quello che lei avrebbe raggiunto zappando instancabilmente solo di lì a qualche giorno. Li vide sopraggiungere coi ferri spianati: lame e dischi che avrebbero scavato e rivoltato il terreno nel modo corretto, alla giusta profondità, alla velocità migliore.
Mai troppo tardi, si disse voltando le spalle agli automi dorati, sporchi di terra e impolverati. Seliana, puoi andare a goderti l'agognato bagno, pensò soddisfatta volgendo il viso ai raggi di Zania, forti e caldi nonostante fosse ormai bassa sull'orizzonte. Si incamminò verso casa abbandonando al loro lavoro gli automi che già muggivano per lo sforzo, le luci accese e le lame affondate nel fertile terreno. Lasciò scorrere gli occhi sulle forme tondeggianti delle tre cupole che si univano a formare la sua casa. La superficie tecnologica ancora assorbiva la luce solare anche se ormai la parte esposta andava riducendosi sempre più. Le ombre si allungavano e il crepuscolo era ormai imminente. Già il cielo buio si sollevava sopra l'orizzonte all'inseguimento di Zania che ostinata illuminava d'oro la campagna. Nulla si muoveva e le luci in casa ancora non erano accese. L'orto si trovava dalla parte opposta rispetto al campo coltivato sia per non interferire con esso, sia per poter sfruttare la luce solare meglio possibile.
Proprio in quell'istante una bimba spuntò da dietro la casa. Sporca di terra fino alle ginocchia e oltre i gomiti, appena la vide cominciò a correrle incontro strillando felice “madre, madre!”. Aveva da poco superato i cinque cicli maggiori d'età ma non aveva ancora perso i tipici tratti bambineschi: le membra piene e i lineamenti tondi erano tipici della fanciullezza, anche se ormai di statura era prossima ad arrivarle all'altezza della vita. Aveva di certo ereditato dalla madre la robusta costituzione e l'altezza.
Seliana allargò le braccia per accoglierla e la piccola, senza minimamente frenare lo slancio, le saltò al collo. Per sostenerla le mise un solo braccio sotto le natiche ruvide di terriccio poiché non aveva voluto abbandonare la zappa stretta nell'altra mano. La bimba si aggrappò stringendole forte i fianchi coi talloni e Seliana, facendo attenzione al lungo manico dell'attrezzo, la circondò con l'altro braccio per stringersela forte al seno. Voleva farle sentire più intensamente il calore dell'affetto che le albergava nel petto e che si sprigionava tutte le volte che vedeva la piccola sorridere così.
- Madre, sei tutta scivolosa! - protestò la piccoletta innocente pigolando con la sua acuta voce infantile. Per tutta risposta Seliana la coprì di amorevoli baci sulla testa, sulle guance e infine sul collo, soffermandosi ad assaporare con le labbra le pulsazioni dei cuoricini impazziti della bimba.
- È questo che ti ho insegnato?
Quella voce severa! Era stata preceduta dalla ben nota aura di Ezil, sorella di sangue di Seliana. Condivideva con lei gli splendidi occhi color del corallo e l'altezza, ma non certo la potenza fisica. Mentre Seliana affrontava qualsiasi lavoro a cuor leggero, Ezil si occupava della maggioranza delle faccende domestiche e dell'orto. In più badava alla piccola Juni quando la madre era nei campi. Non perdendo un'occasione per cercare di allontanarla dalla Nuova Era.
Seliana spostò lo sguardo dalla sorella che sopraggiungeva alla figlia che di nuovo sosteneva con un braccio solo. Quella si era scostata ma le teneva una mano sul petto come se esitasse a interrompere il contatto fisico con la madre. Abbassò gli occhietti, intimidita.
- Su, racconta... cosa ti ha insegnato madre Ezil? - la incoraggiò con voce morbida.
La bimba accennò un po' di broncio. Si vergognava, era evidente.
- Da brava... come si saluta? - la esortò Ezil, pacata ma severa. Tese il braccio verso la sorella maggiore per liberarla dal fastidio della zappa.
- Sono vostra serva, madre! - disse infine la bimba tutto d'un fiato, sbagliando l'intonazione. Era chiaro che l'aveva fatto perché spinta da Ezil e non per ragioni più sentite. Seliana non poté evitare una veloce occhiataccia alla sorella, sforzandosi come meglio poté di non far trasparire il suo disappunto. La figlia in braccio se ne sarebbe accorta senza dubbio.
- Che hai fatto nell'orto tutto il giorno? - la incalzò subito Seliana cambiando discorso nel tentativo di sciogliere il broncio che la piccina aveva messo. Ci riuscì: Juni si illuminò di nuovo riempendo il petto della madre di gioia e orgoglio.
- Ho visto un leymur!
- E quanto era grande? - la canzonò.
La figlioletta spalancò le braccia per indicare la dimensione massima che potesse concepire. Seliana lanciò un fugace sguardo interrogativo alla sorella che sorridente, non vista da Juni, approssimava un segmento molto più modesto con le dita di una mano. I leymur erano rettili piuttosto comuni da quelle parti: timidi e pacifici, erano però onnivori. Avevano già dimostrato in passato di gradire le buone verdure faticosamente coltivate da Ezil e più volte avevano dovuto scacciarli. Gli adulti più longevi se ben nutriti potevano raggiungere dimensioni preoccupanti. Juni piccina com'era avrebbe potuto usarne uno come cavalcatura senza paura di fargli del male né di stancarlo troppo presto. Il più grosso mai avvistato da lei però non era più grande di una gamba ed era fuggito a tutta velocità quando era stato scoperto a saccheggiare l'orto.
Juni si agitò, all'improvviso desiderosa di sciogliere l'abbraccio della madre. Dichiarando con entusiasmo l'intento di voler catturare un leymur, impresa ardua per via dell'agilità di quei rettili, corse dentro l'orto come una saetta.
- Come invidio tutta la sua energia – confessò Ezil intenerita al punto che Seliana ebbe un netto moto empatico nei suoi confronti. Per un attimo si sentì quasi una matriarca: capace di dominare emozioni e di esprimersi telepaticamente a suo piacimento. Ma sapeva bene che le capacità psi nella sua famiglia erano davvero al lumicino.
In quel mentre il rumore di un veicolo si affiancò al monotono e lontano mugghiare degli automi della società agricola interrompendo il momento di tenerezza fra le due sorelle di sangue.
- Che seccatura questa deviazione – sbottò Ezil. Erano abituate al silenzio pressoché totale lì, in aperta campagna. A interrompere i suoni della natura c'era solo il basso ronzare degli automi, quando c'erano, e l'occasionale sorvolo di qualche velivolo militare proveniente dalla vicina base o dei trasporti merci. Uno di questi ultimi a raccolto ultimato si posava perfino da loro per caricare il frutto della loro fatica. Era l'evento più caotico e rumoroso dell'anno, col rombo del motore del velivolo e il traffico frenetico degli automi del compratore che caricavano la stiva.
Ma da diversi cicli a quella parte le sorelle addette alla manutenzione della grande strada che passava nelle vicinanze avevano deviato il traffico per consentire la manutenzione straordinaria. La strada che passava a meno di mezzo kli dall'ingresso alla loro proprietà era divenuta di colpo trafficata e rumorosa e la cosa le aveva infastidite.
Il motore si fece più vicino rivelandosi quello di un veicolo di notevoli dimensioni. Ma a destare l'attenzione e anche a preoccupare le due sorelle di sangue fu la certezza che il veicolo era diretto lì.
Lo videro incedere maestoso lungo la strada sterrata, uscendo lentamente dall'ultima curva sollevando due ali di polvere gialla. Era enorme. Il tipico veicolo di rappresentanza di qualche matriarcato. Aveva ruote massicce lisce al centro e col battistrada profondamente scolpito ai lati; le ruote erano montate su cerchi aerodinamici. Era già una dura prova per la loro pazienza il fatto che fosse giunto fin lì: con quelle ruote enormi, quel pesantissimo veicolo avrebbe potuto arrecar loro dei danni. Evidentemente le matriarche si sentivano al di sopra anche delle buone maniere, pensò Seliana sentendo montare dentro di sé un certo nervosismo. Il veicolo si fermò a pochi passi da un limite invisibile oltrepassato il quale l'invasiva presenza sarebbe divenuta un'intollerabile offesa. I portelli tardarono ad aprirsi dando tempo alle due sorelle di sangue di valutare l'aspetto del veicolo e formulare alcune disparate congetture. Seliana richiamò la figlia e la tenne avanti a sé, entrambe le mani posate sulle sottili spalle di quella che irrequieta continuava a torcersi verso la madre e a fare domande.
- Che cos'è un veicolo di rappresentanza? - cinguettò.
Ezil aveva appena finito di spiegarlo che i portelli anteriori si aprirono. Venne estesa una corta passerella che sfiorava appena il terreno polveroso e finalmente dal veicolo a ruote multiple uscì una sorella.
- Vuoi lasciar parlare me, per una volta? - sibilò Ezil appena udibile. Ardeva dal desiderio di mostrarsi degna delle inattese ospiti.
- Per la Dea, non provare ad aprire bocca se non te lo chiedo io – ringhiò di rimando Seliana a denti stretti: temeva che Ezil si sarebbe prostrata in tutto e per tutto a quelle seccatrici. Ma più di ogni altra cosa la infastiva la consapevolezza che la sorella la ritenesse inadeguata alla situazione.
- Non litigate proprio adesso voi due! - esclamò la bimba rimproverandole entrambe con quella fanciullesca determinazione e insolenza perdonabile solo a quella tenera età. Le due adulte, sorprese da tanta risolutezza, non seppero reagire immediatamente ma poi risero di cuore. Seliana accarezzò teneramente il viso della figlia, il petto gonfio di orgoglio.
- Sono vostra serva, madre.
La giovane sorella che le fronteggiava al saluto si era fermata a rispettosa distanza e le fissava inespressiva. Alle sue spalle altre sue coetanee avevano preso a sbarcare dall'imponente veicolo ma senza allontanarsene.
Seliana la squadrò da capo a piedi: era certamente membro di qualche matriarcato molto importante. Non si era mai data pena di tenere a mente i tatuaggi dei matriarcati più importanti della zona ma quelli ostentati dalla giovane le erano del tutto nuovi. Non era di quelle parti.
Agli occhi delle due contadine la giovane era semplicemente splendida. Il fisico armonioso e perfetto, la pelle dolcemente maculata e ornata da tatuaggi finissimi e pitture corporee tra le più belle che avessero mai visto. Seliana non si curava molto della popria pelle scurita dal vigore di Zania, né badava a frivolezze come i tatuaggi. Ne aveva ben pochi: il semplice simbolo della procreazione benedetta le ornava la liscia pelle dell'inguine; con esso celebrava la nascita di Juni. Pochi semplici simboli, variazioni dei simboli della dea Zaideena tatuati nelle opportune posizioni esaltavano la sua potenza fisica. Ezil dal suo canto era molto più attenta alla tradizione: era più tatuata della sorella maggiore e si ostinava a curare molto le proprie pitture ma i segni che le ornavano la pelle non potevano rivaleggiare nemmeno per un istante con quelli delle sorelle giunte a far loro visita.
Se da un lato agli occhi della giovane le due contadine non avevano segreti, per le contadine quella rimaneva un mistero imperscrutabile.
- Una visita inattesa – esordì Seliana infrangendo un paio di protocolli minori. Le parve di sentire la sorella di sangue trasalire al suo fianco ma nessun altro fece caso a quella piccola insolenza.
- Perdonate l'intrusione, madri. Il nostro veicolo ha un guasto al sistema di navigazione e la deviazione dalla strada principale ci ha portate fin qui. Procediamo alla cieca e tutto ciò che chiediamo sono indicazioni per raggiungere la città sicura di Anaman.
- Il vostro bel veicolo non ha nulla che non va – le rassicurò Seliana, ma senza benevolenza né sorrisi – è la base militare qui vicino che si prende gioco dei vostri sistemi. A volte perfino gli automi agricoli risentono delle loro armi elettroniche.
Istintivamente si voltò verso le macchine che finalmente lavoravano la terra in sua vece: mugghiavano lontane, i fari accesi, indaffarate e instancabili. Avevano già lavorato un buon tratto del suo grande campo e se avessero continuato a quel ritmo avrebbe seminato il giorno dopo. Rammentò la fatica che aveva fatto per zappare qualche misero solco e un istante dopo si rese conto del proprio acre, intenso odore corporeo. Ecco che le nuove arrivate, inopportune e indesiderate, già provocavano i primi danni. Belle e profumate com'erano la stavano facendo sentire a disagio. Proprio lei che era abituata a lavorare con fatica e sudore e se ne vantava, lei che considerava la propria vita modesta e sincera come fonte di grande orgoglio, lei che aveva spalancato le braccia alla Nuova Era! Non poteva tradire così quel timido, tardivo segno di consapevolezza che finalmente sembrava poter scuotere e svegliare la Sorellanza intera. Pari diritti, pari doveri, fine dell'onnipotenza dei matriarcati. Questo il sogno, ancora poco condiviso, di Seliana la contadina.
- Tornate pure indietro sulla strada principale e continuate a seguirla senza mai deviare – concluse Seliana – vi porterà alla città piccola di Oushai. Lì, alla Dea piacendo, troverete un aiuto maggiore del mio.
La bella giovane parve esitare di nuovo. Che avesse percepito in lei l'ardore per il lavoro? No, non lo credeva. Forse è disgustata dall'odore. O piuttosto percepisce il disagio per la visita inaspettata e, la Dea mi perdoni, poco gradita. Seliana si sforzò di chiudere il più possibile la mente pur consapevole che la giovane che stava affrontando, appartenente di certo a un matriarcato potente, avrebbe potuto spazzare via la sua misera difesa e leggerle dentro con facilità.
- La vostra gentilezza ci onora tutte, madre – Seliana riconobbe con sollievo la comune formula di commiato.
- Buona vita – rispose, accogliendo e restituendo come meglio poté l'aggraziato inchino che la giovane nobile le rivolse prima di tornare al veicolo dove le sue pari l'attendevano in silenzio.
- Come sono belle, madre! - cantilenò la piccola Juni tendendo le braccia verso l'alto, verso il viso della genitrice. Seliana la issò senza sforzo e la strinse al seno. Dopo pochi istanti il veicolo delle matriarche si rimise in moto rombando cupamente e la piccola si contorse tra le braccia della madre per vederlo ripartire. Il metallo decorato finemente scintillò sotto i raggi di Zania sempre più bassi e offerto prima il fianco e poi la coda, sparì alla vista.
- Anch'io voglio essere come loro! - esclamò la bimbetta.
- Cosa desideri di più? - la interrogò la madre scherzosa – Essere bellissima, avere tante cose belle come quel veicolo o essere una matriarca molto importante?
- Tutto! - rispose Juni senza esitazione alcuna con l'entusiasmo di cui solo i fanciulli più giovani sono capaci.
- Se mai avrai tutto – si intromise Ezil – che mai sarà della tua povera madre? La abbandonerai per sempre?
Messa alle strette dalla domanda troppo adulta Juni incupita si paralizzò, fissando gli occhi accesi come braci su Ezil. Seliana sentì chiaramente come il tormento della difficile scelta stesse dibattendosi nella testolina della figlia, un seme troppo grande per quel vaso ancora così piccolo. Seliana fu contrariata dall'intervento della sorella e fece in modo che quella se ne accorgesse senza incertezza.
- Su, su! Manca ancora un bel po' al tempo in cui sarai anche tu cresciuta come loro.
Cercava di distrarre la figlia solleticando lievemente la sua attenzione ma quella doveva aver ereditato dalla genitrice anche la testardaggine.
- Quando?
- Tanto.
- Tanto quanto? - insistè la piccola carezzando i capelli della madre intrecciati con perline di legno di sot. Quando faceva così era per ingraziarsela e farsi concedere un capriccio.
- Tantotantissimo – rispose quella scherzosa – Ora andiamo a lavarci tutte e tre insieme perché siamo coperte di terra e polvere fino agli occhi.
Camminarono fino all'abitazione che le accolse col tepore secco della stagione troppo poco piovosa. Le pareti tecnologiche lasciavano passare gli ultimi raggi di Zania esaltando il poco calore che possedevano e catturandone la luce dorata. Avrebbero fornito luce e calore a comando degli abitanti in quantità sufficiente, alimentando i servizi offerti dalla tecnologia senza timore di giungere a esaurimento della scorta energetica.
Fecero un lungo bagno dapprima immergendosi tutte, poi lavandosi a vicenda e premiandosi col tocco ristoratore della spugna viva. La placida creatura trasformò come sempre la loro pelle curando le offese della furia di Zania quando è a perpendicolo e con le proprie secrezioni indusse nelle tre calma e serenità.
Mangiarono cibo a sufficienza stando ben attente a non esagerare in nulla per non offendere la Dea e poi, tutte stanche per la giornata di lavoro, si ritirarono nelle alcove.
Seliana depose nell'alcova la piccola Juni che le si era addormentata tra le braccia poco dopo il pasto. Un sonno leggero da cui si svegliò non appena la madre l'ebbe adagiata sulle imbottiture. Si affrettò a chiuderle gli occhi appoggiandovi teneri baci, ma la piccola dispettosa si aggrappò al collo della genitrice.
- Madre – le sussurrò con voce arrochita dal sonno – devo dirti una cosa...
- Va bene, ma poi dormi senza altre discussioni.
Seliana sentì di nuovo qualcosa di cupo agitarsi dentro il cuore della figlia. Ebbe un moto di stizza nei confronti della sorella, ma passò subito. Doveva rassegnarsi al fatto che la piccola Juni sarebbe cresciuta e divenuta adulta. Avrebbe fatto delle scelte e, data la durezza della vita da contadina, avrebbe facilmente scelto di abbandonare la casa e la madre, ora venerata. Sarebbe forse tornata un giorno a bordo di un possente veicolo, si sarebbe mostrata a lei splendidamente ornata da tatuaggi finissimi e pitture deliziose. Chi poteva dirlo? Sia la volontà della Dea, concluse. Il futuro è qualcosa contro cui non si può combattere.
- Sei bellissima tantotantissimo!
Seliana sentì il petto come se stesse per scoppiare gonfio e caldo d'affetto com'era. Sapeva di non essere riucita a controllarsi: quando stava con la figlia non ci riusciva mai. Lesse facilmente il riflesso di tutto quel traboccante calore nella figlioletta e nella sorella Ezil che sopraggiunse subito, attratta dal bel momento.
- Adesso però dormi – cercò di sembrare severa ma dalle labbra le uscì un sussurro colmo di passione. Osservò la piccina raggomitolarsi alla ricerca della posizione migliore per il sonno: il petto quasi le doleva per la commozione.
Si ritirò subito nella sua alcova e accolse tra le braccia Ezil che le si presentò dopo pochi istanti, colma di placida gioia e splendente. Un momento così bello andava vissuto fino in fondo, con la benedizione della Dea.
   
 
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