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Autore: chitta97    02/02/2015    2 recensioni
Dal testo:
Perché era venuto lì? Non gli bastava la felicità che Cosette gli trasmetteva allo stesso modo in cui il sole riscalda la terra con i suoi raggi? Eppure anche il sole tramonta per lasciare spazio alla luna.
Una luna di amici perduti, di persone da proteggere e che invece erano morte per lui o per i suoi compagni...
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Marius Pontmercy, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La luna risorge

 

*Nota: Per questa storia ho idealizzato che Marius ritornasse alla barricata per vedere la strage che si era perpetuata tra i suoi amici, anche se so che ovviamente non è successo dato che era in “convalescenza”, dopo questa premessa vi auguro buona lettura.

 

Fetido. Quell'odore era fetido, una miscela di putridume e polvere. Polvere insanguinata da giovani martiri della patria, della repubblica.

Ma erano morti e questo non cambiava.

Perché era venuto lì? Non gli bastava la felicità che Cosette gli trasmetteva allo stesso modo in cui il sole riscalda la terra con i suoi raggi? Eppure anche il sole tramonta per lasciare spazio alla luna.

Una luna di amici perduti, di persone da proteggere e che invece erano morte per lui o per i suoi compagni...

 

Eccolo, quel cadavere esile, coperto di poveri stracci che lasciavano ben poco spazio all'immaginazione. Quel corpicino di chi più bambina non è, ma nemmeno donna. Eponine.

Colei che gli aveva salvato la vita.

Ancora si poteva notare il sangue raggrumato attorno alla mano traforata.

Ancora ricordava la sua richiesta che aveva fedelmente mantenuto, quel lieve bacio sulla fronte non appena i suoi occhi si erano chiusi per sempre. Eppure poco dopo stringeva quella lettera e non aveva più occhi che per quel pezzo di carta.

Il sole oscura la luna dopotutto. E' una di quelle leggi naturali a cui è difficile, pressoché impossibile sottrarsi.

 

Si addentrò nella barricata, lo sguardo che vagava continuamente in quel luogo. Quando vi aveva presenziato anche lui era come se non fosse realmente presente, e più che gli ideali che tanto infervoravano gli animi, era la disperazione di una vita senza Cosette a smuoverlo. Per questo vedeva senza realmente vedere e agiva senza esserne totalmente consapevole.

Ora invece, con una mente più lucida e senz'altro meno offuscata da pensieri tormentosi riguardo la sua amata, osservava tutto, quasi volesse imprimerselo indelebilmente in testa. Non bastavano i dolori della convalescenza per i quali Cosette aveva insistito per accompagnarlo.

 

Ma lui glielo aveva proibito.

Non era certo posto per una signorina quello.

In realtà non aveva voluto ammettere che aveva bisogno di stare da solo, di andare da solo in quel luogo di sterminio. Forse alla fine si riteneva responsabile, era il senso di colpa a spingerlo di nuovo a calcare quel terreno.

 

Sollevò lo sguardo accorgendosi di essersi fermato. Scosse il capo e facendo questo movimento notò altri corpi sparsi nei dintorni. Certo, non era una novità, ne erano morti tanti.

Ma tra il mucchio ne riconobbe qualcuno più di altri.

Jean Prouveir che era stato ucciso per primo, Combeferre, Joly, Bahorel, Bossuet che alla fine non era stato più sfortunato degli altri, e Courfeyrac, il suo migliore amico. Qualcuno più lontano, qualcun altro più vicino, ma erano tutti lì. Morti, cadaveri sul suolo di quella maestosa città che era Parigi e che senza poter far niente aveva visto morire tutti quei ragazzi.

Gli amici dell'ABC, le uniche persone a cui si era avvicinato in un rapporto più stretto e ora, dopo essere stato il simbolo di quella rivoluzione pur non volendolo, pur essendo guidato da ideali ben più egoistici, adesso era lì; vivo, con il suo immenso amore ricambiato come non mai, il nonno che lo aveva accolto con un'euforia che ancora faticava a quietarsi.

Lui vivo che guardava loro morti.

Che amaro retrogusto aveva quella felicità ritrovata.

 

Distolse lo sguardo perché sapeva che se avesse continuato avrebbe sentito il pizzicore delle lacrime e se non lo avesse sentito si sarebbe sentito tremendamente in colpa per quel gelido distaccamento.

 

Ancora una volta nel voltarsi incontrò un oggetto, o meglio un posto, degno di attenzione:

la locanda.

Quella stessa locanda dove tutto era incominciato e tutto finito.

Entrò sentendo il legno scricchiolare sotto i suoi passi incerti. Il tavolo era rimasto intatto, quasi un estraneo a quella distruzione, confusione di vetri rotti e assi scardinate incrostate di sangue. E con esso anche i corpi che riposavano inermi, come avvolti in un placido sonno eterno. Un vecchio e un bambino, i primi due martiri di quella rivoluzione.

Il signor Mabeuf, che si era sacrificato quasi essendone egli stesso incosciente, e Gavroche.

 

Quel piccolo monello parigino che avrebbe dovuto salvare e che invece, pur non sapendolo, aveva salvato lui, Marius, come la sorella.

Quella famiglia si divertiva a salvare la vita alla sua facendolo sentire ancora più in debito.

Prima il signor Thernardier, quel subdolo uomo che però, di fatto, aveva salvato sua padre e ora i due figli, lei che sacrificava la sua vita per lui e l'altro che consegnava una lettera a colui che, poi ne sarebbe venuto a conoscenza, lo aveva salvato.

 

Gavroche se ne era andato... spensieratamente. Saltando da un cadavere all'altro per rifornirli di cartucce, tranquillo come un leprotto che saltella in un prato. Consapevole del pericolo, anzi, prendendosene gioco come un buon monello fa. Sbeffeggiando con noncuranza i suoi omicidi se ne era andato come una foglia che cade da un ramo. Senza rumore, gracile e colorato essere che se ne va.

Ma lui, quella fogliolina, aveva fatto la differenza. Un moccioso aveva procurato cartucce indispensabili a quella sommossa e loro l'avevano eletto a piccolo eroe impavido.

E lui invece non aveva fatto niente, non era riuscito a salvarlo, un altro Thernardier era morto.

 

Se solo avesse saputo che ancora due piccolini affrontavano la strada di Parigi e portavano lo stesso cognome di quell'ormai cadavere. Forse avrebbe potuto aiutarli, forse avrebbe potuto risarcire il suo debito più degnamente. Ma i forse non portano lontano, formano solo un labirinto in cui puoi unicamente girare tra vicoli ciechi.

 

Altri passi e ora si rese conto che mancava qualcuno all'appello. Pensava fossero da qualche parte tra le strade, ammassati tra cadaveri e ancora altri cadaveri. E invece eccoli lì. Quei due opposti, il Dio e il profano, la fermezza morale e la debolezza dei piaceri, Enjorals e Grantaire.

Il primo, i capelli biondi solo un poco scomposti, la pelle ancora più diafana del solito che faceva intravedere il pallore della morte, il capo appena reclinato, tanto che si sarebbe dubitato dell'effettiva morte se non si fosse vista la pozza vermiglia.

Era strano pensare che un individuo così idealmente perfetto sanguinasse esattamente come ogni comune mortale. Strano constatare come quel suo liquido viscoso combaciasse perfettamente con quello di Grantaire, che ancora stringeva la sua mano come se si accompagnassero in quel viaggio ignoto di cui tutti abbiamo timore.

Eccolo lì il capo della rivoluzione assieme al suo veneratore. Per qualche motivo quella vista lo turbò più degli altri cadaveri.

Forse perché quei due morti significava più di ogni altra cosa la fine di quell'insurrezione. Una fine che non lo aveva coinvolto e Dio solo sapeva perché.

E davvero ringraziava quella sorte salvifica che gli era toccata a discapito di altre. Ma ciononostante il bruciore saliva, quel cocente senso di oppressione al petto che non dipendeva certo dalle lesioni riportate. Ritornare lì era stato come un viaggio notturno per ricordare e non dimenticare mai a cosa era riuscito a sfuggire.

L'oscurità è fatta per apprezzare di più la luce e persino da tali terribili stragi si poteva trarre insegnamenti.

La vita è più importante di quanto futili parole potranno mai esprimere. E la morte fa paura, una dannata paura.

Eppure c'è chi si sacrifica.

Ci si sacrifica per amore, sia esso fraterno, di coppia o altro, l'amore è sempre al centro.

Per Enjorals era rivolto agli ideali, per Grantaire all'amico, per Eponine era lui stesso...

 

L'amore spesso fa più morti di qualunque guerra.

Fortunatamente spesso non vuol dire sempre. Per lui l'amore era diventato la ragione di vita più valida esistente. Marius viveva, respirava, per Cosette. Per vederla, parlarle, sorriderle...baciarla.

Perché l'amore è una vita completa formata da due anime che sembrano fatte per stare insieme ed incastrarsi come due pezzi di un puzzle.

E Cosette si incastrava perfettamente a lui.

 

Per questo, per lei, con un amaro sospiro voltò le spalle al passato straziante e straziato. Era ora di allontanarsi da quelli che sarebbero ritornati ad essere meri ma indelebili ricordi come stelle lontane nel cielo, di riaccendere una luce nella notte che avrebbe potuto lenire l'oscurità pur non cancellandola.

Era ora di tornare a rimirare il sole pieno di vita, dai sorridenti raggi che emanava la sua dolce Cosette, presto sua moglie.

 

 

Ora il passo si era velocizzato, chissà se per la fretta di ritornare ad una serena normalità o per la paura di un ripensamento. Non sapeva neanche se quelle lacrime in bilico sulle ciglia le stava trattenendo o quasi spingendole a traboccare incuranti.

In entrambi i casi la sua vista era velata da quelle stille indecise e il suo sguardo rivolto verso la strada più che davanti a sé. A conferma di ciò si sentì urtare da un passante, anche se solo di lato.

O meglio fu lui ad urtarlo.

Urtarli.

Erano due bambini, li notò appena mentre biascicava una breve scusa.

Loro ne sembrarono quasi spaventati, seppur cercassero di non darlo troppo a vedere.

In particolare il più grande sembrava voler ostentare la sicurezza adulta. Probabilmente si preoccupava molto per il fratellino.

 

Chissà che cosa sarebbe successo se avessero saputo che il loro salvatore, nonché fratello maggiore, era stato abbandonato poc'anzi dallo sguardo di Marius sul tavolo dove ancora si trovava, ormai cadavere senza vita.

 

 

Allora iniziamo con un “Buon compleanno Padme!!” <3 Sì, lo so, ti ho fatto morire di curiosità per questa one-shot che poi boh, non so neanche se sia perlomeno decente xD Il fatto è che nella mia testa l'idea era tutta bella delineata, ma quando sono andata a scriverla spero di essere riuscita a esprimerla bene, soprattutto ho il terrore perché so quanto adori questo libro > < Come hai visto è una sorta di What if in cui ho ipotizzato che Marius durante la “convalescenza” volesse ritornare nel luogo della sommossa. Inoltre nel caso ci sia qualche imprecisione mi scuso ma purtroppo non avevo sottomano il libro per ricontrollare alcune cose e spero di non aver commesso errori gravi > < Detto ciò spero che la ff ti piaccia anche se considerando che tesoro sei sicuramente non è nulla <3 mi dispiace se non è incentrata sugli amici dell'ABC ma non me la sono sentita di trattare di personaggi a cui tieni così tanto troppo centralmente per paura di rovinarli, spero mi perdonerai <3

P.S. In ogni caso anche se, come avrete capito, è un regalo per la mia amica Padme, spero che questa ff possa piacere anche a tutti gli altri che la leggeranno e anche in caso contrario sappiate che una recensione, purché costruttiva, è sempre gradita ;)

Un bacione, chitta97 :*

  
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