Prologo
La
pioggia aveva appena cominciato a cadere. Nubi scure si erano
ammassate nel cielo da prima dell'alba, sospinte da un vento
impetuoso, e avevano minacciato pioggia per tutta la mattina.
A
mezzogiorno il vento era cessato e ora i lampi fiorivano in cielo,
illuminando le nuvole con ragnatele abbaglianti, ed erano seguiti da
tuoni fragorosi; gocce pesanti scivolavano lungo gli aghi sottili di
pini e abeti, ticchettavano sulle foglie verdi e larghe del
sottobosco e cadevano a terra.
Sul
terreno erano ben visibili le impronte di zoccoli ferrati. Le frasche
del sottobosco ondeggiavano ancora dove il cavallo era passato,
alcune piegate, altre spezzate.
Sulla
scia di impronte giaceva una ragazza: era stesa sulla schiena, con le
braccia spalancate, come se stesse accogliendo la pioggia come una
benedizione. I suoi occhi erano chiusi e le gocce d'acqua
tamburellavano sulle lenti dei suoi occhiali e si infilavano tra le
sue labbra socchiuse.
La
pioggia si mischiava al sangue che le ricopriva la faccia e che
colava copioso dal naso e da una frattura alla fronte, un
affossamento in cui si mischiavano in una poltiglia brandelli
maciullati di pelle e frammenti bianchi di osso. Rivoli rossi le
scorrevano sulle tempie come lacrime e finivano a terra. Gli abiti da
cavallerizza della ragazza portavano i segni verde bruno lasciati dal
passaggio tra arbusti e frasche e in alcuni punti erano strappati.
Sopra,
il ramo contro cui la ragazza era andata a sbattere vibrava ancora
per la violenza dell'impatto.
Oltre
a fracassarsi la testa, nello scontro col ramo la ragazza si era
anche spezzata il collo. La ragazza aveva smesso di respirare e il
suo cuore stava rallentando i battiti molto velocemente. Sarebbe
morta entro pochi minuti.
Da
un groviglio di felci provenne un fruscio e un attimo dopo il muso
arancione di una volpe fece capolino tra il verde. L'animale
annusò
l'aria e guaì piano in direzione della ragazza, poi corse
verso di
lei.
Dal
collo della bestiola penzolava qualcosa, legata ad un laccio di
cuoio.
Mentre
si avvicinava, la volpe cambiò forma: le zampe si
allungarono e
diventarono gambe e braccia, il muso si trasformò nel viso
di un
uomo e la pelliccia fu sostituita da pantaloni e una camicia bruno
rossicci. Quando fu arrivato di fianco alla ragazza, l'animale
camminava eretto e aveva assunto l'aspetto di un uomo adulto, non
più
alto di un bambino mingherlino di dieci anni, con pelle e capelli
verde chiaro e gli occhi dorati.
L'omino
si inginocchiò dietro la testa della ragazza, e dal laccio
di cuoio
che aveva al collo staccò una fiala di vetro. Il liquido al
suo
interno emanava una debole luce azzurrina.
-Come
tu hai salvato me, ora io salvo te.- disse la creatura, prima di
aprire la fiala e versarne il contenuto tra le labbra della ragazza.
A quel punto lasciò cadere a terra il contenitore e prese
tra le sue
piccole mani verdi la testa della ragazza, rimettendo in asse il
collo.
Un
istante dopo, le ossa fratturate della testa si spostarono, come se
fossero spinte dall'interno: i frammenti di osso si saldarono tra
loro e la ferita slabbrata al di sopra si rimarginò e
scomparve. Le
vertebre del collo si riallinearono in posizione corretta e muscoli e
legamenti strappati tornarono integri.
Quando
la ragazza fu scossa da un improvviso sussulto, il piccolo uomo verde
lasciò la presa sulla sua testa e si spostò: gli
occhi della
ragazza si spalancarono e le sue iridi assunsero per una frazione di
secondo il colore dell'argento più puro. Uno spasmo
più forte le
fece inarcare la schiera e lei tornò a respirare.