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Autore: Nanni Spranga    04/02/2015    0 recensioni
Torneranno i tempi dei barbari quando i massacri saranno all’apice delle classifiche umanitarie. Essi travolgeranno le ire più gagliarde dei testoni condottieri di popoli nella schiavitù. Essi ci libereranno dai lavori più disumani per dar posto alla civiltà dei popoli.
Genere: Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'UOMO E IL SUO RAPPORTO CON DIO

E' un rapporto, quello tra l'uomo e Dio solo nel momento stesso in cui esso si crea. Il senso che questo rapporto attribuisce alla persona umana è quello di una profonda crisi esistenziale.

C'è una profonda barriera tra volere e non volere, perché la distinzione tra bene e male non sempre è netta. Per essere più pratici, vorrei fare un esempio: una certa fascia di persone, nel vivere la vita, trova innanzi a se una barriera e un’altra fascia di persone non trova niente. Questi ultimi si potranno chiamare coloro che hanno il vero rapporto con Dio.

A questo punto vorrei soffermare l’attenzione del lettore su di una piccola storia che or ora mi accingo a scrivere. Trattasi di un individuo abulico e senile, il quale non trova la forza di reagire in nessun campo. Esso brucia la propria esistenza nel pensare e ripensare, come nel rimbalzo di una pallina da ping-pong. La sua invidia però grava su tutti, persino sul più indifeso degli animali. Questo individuo è quasi integro al vederlo, però l’orgoglio lo ha appiattito ed ogni conoscenza esterna al suo ghetto può infastidirlo. Egli non ha mai visto un morto in faccia . Egli è la fine del fai da te e dell’autosufficientismo.. Capisce un corno, anche se potrebbe capire. Ma non è sua la colpa di tutto questo. Pertanto, due sono le strade del successo, esse portano ai labirinti meno conosciuti. Il popolo, per sua fortuna, è costretto ad imboccarne una, ma la confusione si perde, impigliandosi nelle spine delle strade. I superstiti ed i sopravvissuti formano tutto il popolo che naviga nella marea del mondo.

Dunque, la sosta terrena dell’uomo non è che un punto fermo su una duna di sabbia. Così Dio è uno solo, per chi lo vuole, perciò aspetti il suo turno e non si allarmi.

 

L’UOMO E IL SUO RAPPORTO CON IL CIBO.

E’ un bisogno primario il cibo, per l’uomo. Gli serve come l’aria che respira, direbbe un grasso e panciuto uomo d’affari che viaggia in elicottero. Al contrario, un esile ed alterato piccolo fantino da quattro soldi, direbbe che basta respirare profondamente per vivere.

Il cibo vomitato per necessità di spazio, oggigiorno è molto all’avanguardia del duodeno. I principali sbocchi dei cibasti sono gli apparati escretori coadiuvati dalle pareti plastificate del gabinetto. La banalità del caso rende che il cibo per l’uomo non è niente di poco di meno che un pollo sfracellato da fauci umane, con l’accompagnamento di qualche miserabile bestia abbandonata in una oscura foresta e che rischia di sopravvivere fino al mese di Maggio.

La gola fa gola e molti sono che giocano con coltelli ben affilati. Durante siffatte cene si ipotizza spesso su temi variopinti, come la fame nel mondo o il carico piezometrico della diga di Assuan. I poveri danno ai ricchi per farli mangiare come animali. Attraversate da un’ibernazione secolare, le lingue della gente leccano gelati aciduli. Gatti allo spiedo e penne alla cicciona si mangiano con vino rosso e birra nei poveri, deboli e vecchi meandri delle nostre case.

 

L’UOMO E IL SUO RAPPORTO CON LA DONNA

Il primo nucleo esistente sulla faccia della terra credo sia stato composto da una coppia.

La coppia è fondamentale per la sopravvivenza della specie e, per questo singolare motivo, esiste un certo rapporto tra l’uomo e la donna. Egli deve controllare Ella perché esile ed incapace a provvedere alle esigenze della vita, e questa è una esperienza del tempo. Ma io credo che l’uomo si sia stancato della sua esistenza e tenta di rimpiazzarla con un’altra figura (pressappoco uguali: la lancia dell’orologio gira come il sole gira intorno alla terra e così la donna intorno all’uomo).

Dalle membra esili, grassa volte, essa si esprime sempre con riservatezza, come se volesse farne un’arma per difendersi. Ma solo dai troppo deboli poiché chi ha il polso duro è l’onnipotente per Ella, e si arrende chinandosi su di lui.

Povera la donna. Essa è una povera pecora che pascola e procrea senza dignità. Essa è gracile dalla testa ai piedi e soprattutto il suo senso è gracile perché le sue energie le consuma al solo pensiero di raggiungere l’obiettivo. Essa china la testa nel piatto e mangia poco, perché poco può mangiare. Essa china la testa sui libri e capisce poco, perché poco può capire. Essa mette in risalto l’unica e sola sua qualità: la carcassa esterna che si contrappone come freno all’aggressività maschile. I suoi inviti scuotono l’uomo e lo insospettiscono. L’uomo vuole il rapporto, si, ma senza legami da dividere insieme, potrebbe essere fatale una faccenda di questo tipo. Ogni donna si compone di piccole dosi di ogni cosa, ma l’insieme è insufficiente alla sicura dignità dell’uomo. Egli è schematico, ride poco perché così vuole, mentre lei è tutta il contrario di lui.

Il volo dei falchi è già stato spiccato e qualcuno, da lontano, ne osserva il gran volare e gli viene da pensare cose vissute da poco. Come un guerriero ferito egli si accascia e rivede negli occhi le tristi e penose serate passate con povere donne, scarse di altezza, di prodezze e di perspicacia: povere giovani, travolte da pensieri alquanto provati ed attese. Attese, perché quella è la mossa di una donna così, che parlare non sa, che legare il laccio di una scarpa non sa. Invero conoscono zingari molto aggressivi e sudicioni, che intercalano termini talmente scabrosi da poter impressionare persino un uomo maturo. La loro natura le spinge a passeggiare come candele spente. I loro corpi sono scadenti forsanche pelosi. Mangiano poco con noi, perché stanno attente alla linea esteriore e non sono neanche così ed ogni sera, alle sei e trenta, si rifanno i capelli e la faccia ma sono sempre le stesse. Sono provate a tal punto da immaginare una notte d’amore con un uomo d’onore che le porti a sposare. Ma la lenza si è rotta e non c’è modo di legarla.

 

 

LA FAMIGLIA MANGIAFICO E LA TIVU’.

Il sistema d’informazione più efficace di questi nostri tempi è la televisione. Essa è il mezzo di comunicazione per eccellenza in quanto entra nelle teste della gente uniformando a tutti le idee.

E’ un mezzo, la televisione, importantissimo per chi comanda e cerca di accaparrarsi il potere. Molte esperienze ci insegnano che, in questi ultimi trent’anni, le persone comuni hanno cambiato aspetto, proprio per l’effetto subconscio della televisione. Essa entra nella vita di ogni persona e ne fa di ognuna un modello diverso.

Piacenti e razionali, i comici prendono gusto grandissimo nel cercare di far ridere un operaio metalmeccanico che la sera torna a casa stanco, pur di fargli passare la stanchezza pesante delle agitazioni cerebrali fate sui grandi capannoni.

La sera era grigia ed un noto giornalista televisivo commentava per i telespettatori, i quali in casa regnavano, l’accaduto dei fati successi in giornata alla camera dei deputati. Tutto era poco chiaro ed abbastanza scuro. Era un discorso di pressappochismo scandito con decisione e convinzione concludendo con “si vedrà domani”, ma per chi da anni sente tutto ciò gli viene da bestemmiare e i più cafoni sicuramente lo fanno.

Trattenete la forza miei cari angosciati, per lo scambio dei ruoli che al momento opportuno si farà, senza tante delicatezze. Potrebbe essere qualcosa di concreto il destino che porta ala verità. Ma molto speso non è così e allora si ricomincia da zero. Le chiacchiere dei parlatori televisivi fanno ridere solo i convinti del crudele trasmettere ad esempio, soffermando la nostra attenzione su una famiglia tipo italiana ed analizzandola per qualche giorno, ci si accorge che i componenti di questa famiglia si comportano sempre in modo imitativo, anche senza volerlo. Ad influire su questo è la televisione che con la sua tenacia nel ‘inculcare nozioni di modelli di vita mondani, è riuscita a sottomettere l’uomo al suo volere. Questa famiglia che vorrei descrivervi sotto un punto di vista un po’ critico è satura di tutti i problemi che una famiglia può avere. Padre e madre lavorano ed i figli studiano. Il padre è un impiegato, la madre una maestra. I figli Giorgio e Giovanni frequentano rispettivamente il quarto e il quinto liceo scientifico.

Ore otto in casa Mangiafico: suona la sveglia. La mamma Palmira si getta dal letto e nel bagno salta. Dopo aver fatto i suoi bisogni prepara la colazione e chiama il resto della famiglia. Con una certa lentezza, ad uno a uno vano a cacare. Poi fanno il bidé e si devono il tè. Giovani e Giorgio bisticciano perché Giorgio è un gran chiacchierone.

 

LO SCIENZIATO

Sin dalla prima giovinezza Giovani aveva una certa inclinazione per gli studi scientifici. Egli era attratto dalle molteplici meraviglie dell’universo e decise così, in età prematura, di seguire lo stradone delle scienze. Egli si nutriva di nozioni variopinte, di grandi misteri e si impuntava a ragionare il perché delle cose che si succedevano. In special modo era affascinato dalle voci celesti che, nella notte silenziosa e solitaria, era solito ascoltare. Un gruppo di amici, attratto dalle sue misere azioni, cercava di fermarlo e di portarlo sulla retta via. Il caso volle che, una sera d’inverno, mentre tutti erano a casa a godersi il caldo del camino lui, da solo, camminava per strada perché aveva ricevuto un invito da un individuo che panciuto non era ma che forse tra breve lo sarebbe stato. Era diretto alla casa di tutti, dove si copia e si legge; là vi erano persone che forse colte erano ma i problemi non capivano. Allora Giovanni capì di essere un escluso. Le sue idee non pronunziava, niente pronunciava perché sapeva che nessuno lo avrebbe ascoltato. Allora il povero illuso rimase scontento e si chiuse in se stesso. Per i cervelli chiusi in scatolette di latta nessun problema esisteva fino alla prova che i dotti avrebbero dato sulle analisi fatte a posteriori.

Sulla via del ritorno le macchie brulle delle case di scadenti quartieri tarati, suscitavano in lui sensazioni paurose come la morte d’estate, che arriva preparata e ti prende sull’istante, senza nessun indumento addosso. La morte, per chi l’abbia vissuta, è una nuova compagna che ci porta per mano su spiagge gremite ma che, all’occhio di chi è preso per braccio, sembra un sogno, è convinto di essere ancora a letto, a dormire, e per la testa i soliti problemi che al risveglio dovrò affrontare. Ogni giorno di meno con cui si respinge il nemico incursore di tristi esperienze.

 

IL BAGNANTE.

Era estate e mi trovavo in un ambiente alquanto turbolento. Il posto era impestato da persone di ogni nazionalità, le quali si atteggiavano sicure perché erano protette da grossi cani di razza. Sulla spiaggia aristocratiche coppie si sdraiavano liberamente, ricevendo il sole sulle loro pelli trapassate. Un piccolo giovane appare all’orizzonte, alle spalle dei bagnanti, egli è solo e reca in mano un piccolo straccio. Avanza sempre più lentamente e quando è a pochi metri dal mare e dalla gente si ferma e pensa, come avesse paura. E’ vestito all’antica ed il suo viso è espressivo, come se volesse dire qualcosa. Il sole insisteva a picchiare su volti scoperti e quando ne fu convinto, si appartò in un punto per lui ideale e cominciò a spogliarsi. Dapprima la piccola maglietta, poi i sottili calzoni finché restò con il solo costume da bagno. In quell’istante, un gruppo di bagnanti vicino a lui, scandì una certa risata. Si sentì leggermente offeso e si mise gli occhiali da sole, come se volesse far finta di niente. Quando i vicini di spiaggia si convinsero di quello che lui era, tutto ridiventò normale e lui fu sempre più solo perché non veniva neanche più deriso.

 

L’UOMO CHE FUMA.

L’uomo che fuma, fuma per il gusto di fumare. E’ un gusto che è accompagnato da una forte tensione nervosa. Il fumo è un calmante che viene respirato con grande piacere e chi fuma si sente virile. Ma i fatti dimostrano il contrario perché il suo respiro si fa sostenuto ad ogni sforzo che fa. Con la sigaretta in bocca si crede qualcuno: parla, ride, gioca, fuma e crede di far paura. Solo chi fumava e adesso non fuma può provare delle vere sensazioni pulite. Chi non ha mai fumato è uno che ha paura del pericolo e questa situazione è peggiore di tutte le altre.

Tu, che fumi in tristezza e sei deluso, non sai forse che la tua singola cellula uovo si è sdoppiata in due cellule figlie? E per questo è morta la cellula uovo. Perciò la tua vita è una morte che non vuoi affrontare, non ne hai il coraggio né il pudore, pur sapendone il motivo.

 

SAREMO FAMOSI

In un punto idealmente perfetto e perciò scelto per questo da vecchi personaggi vissuti, sorge il nostro paese. Esso è limitato in molti versi a causa dell’incapacità di certe persone che ne hanno retto le sorti economiche, culturali e di governo.

Sono stati in molti ad esaltare le nostre capacità, ma questi uomini miravano solo ad un fine ben chiaro, concepito solo alla vista di pochi, ed era il potere ad imporre su tutti il volere di pochi. La massa mediocre svolgeva, come svolge tuttora, una vita da marionette.

Per tutto questo e per altro ancora una analisi si impone dei fatti efficaci della vita di ogni giorno, e di quelli seguenti. Una prima riflessione la facciamo rincorrendo il nostro fiato per strade quasi sempre deserte: il numero della popolazione è un’invenzione statistica, talmente lontana dalla realtà dei nostri quartieri, da far dubitare della esistenza stessa della calcolatrice meccanica. Il deserto si impone per vaste legne di territorio esplorato palmo a palmo, tracce si intravedono di una civiltà dai dubbi valori; il giorno dopo non dev’essere stato molto allegre in queste lande desolate. Residui di prodotti industriali sono abbandonati agli angoli delle strade, figure di umani ne usufruiscono in modo misterioso, la loro speranza non si sa quale sia e comunque è priva di ogni fondamento. Quello che conta è il supremo valore di sé e il principio che domina in questi giorni di catastrofe che dura da secoli è: salvare prima di tutto se stessi e poi i propri soldi: Analizzando il territorio in questione, come usano fare dei nostri più rigorosi colleghi, e l’attività di un individuo nel suo percorso giornaliero, scopriamo ben presto che egli non esiste. Egli esiste invece perché esiste il suo mezzo di locomozione e le sue attività metaboliche sono regolate sulle esigenze di quest’ultimo.

Oggi, più che mai, il mio gruppo culturale sente la voglia attivista di dichiarare i fatti esistenti, le colpe da individuare mettendole su un correlo da portare casa per casa, affinché tutti conoscano la reale situazione. Non basta, in una comunità come la nostra fare i comizi, parlare sempre dell’avversario, cercare di cogliere i suoi errori. Bisogna agire con la possibilità di avere dei risultati perché i tempi cambiano e la massa mediocre attende una soluzione positiva ai suoi problemi. La praticità con cui si dovrebbero risolvere tutti i problemi della gente è ben nota ai detentori del potere, solamente che vogliono durare a lungo per trarre i loro profitti in sedi più convenienti. Gli idoli giovanili sono annebbiati da contentini o da incapacità provate, le quali pongono i giovani in un contesto ambiguo e di vera timidezza. Perciò si occulta la persona umana nella sua psiche, rendendola sempre più frustata ed emarginata. I grandi cervelli, promotori di eventi su base popolare, non sono altro che piccoli vogliosi di orgasmi prodotti dal frutto delle loro idee. Pertanto propongo al mio gruppo una urgente vigilanza su tutto ciò che non ci compete, per essere pronti a denunciare abusi discriminati di potere e, se possibile, infiltrarci negli ingranaggi del movimento gestore, per cogliere di sorpresa e colpire. I problemi catalizzatori saranno una leva per sollevarne altri, sepolti nelle ignoranze individuali, i quali mai nella vita si sono avvicinati a certi argomenti. Tutte le ipotesi saranno eliminate e regnerà solo la certezza del vero. L’uomo, come essere ragionevole, è abituato a volere quello che vede della vita, e tutti lo sanno benissimo. Pertanto le vie dell’avere sono tante quante persone siamo. Voglio farvi una promessa per garantirvi che sarò altamente primitivo ed in indulgente verso coloro che saranno sorpresi ad usurpare della bontà della gente. Magari li farò uscire dalle loro fortezze per ingaggiarli al dialogo con le vittime della loro ignoranza. Giungerò sino agli apici più appuntiti per far vomitare i pranzi mangiati a spese del popolo. L’ingenuità delle persone, sfruttate dell’unico diritto, è così grande da far coronare incoscienti e cafoni. L’ignoranza si perpetua tra gli uffici di questi incompetenti, nessuno li ascolta e fanno rotolare nel più basso dei fondi la gente. I volenterosi non mancano per esercitare pressioni di pieno dissenso nei confronti di chi decide, basta comprenderci per ciò che vogliamo. Potremo affrontare e vincere, chiedere ed avere.

 

IL CAVALLO

Il cavallo sceso giù dalla montagna

Galoppava senza ritegno

Ed un giorno mentre scendeva incontrò la morte

La morte gli disse da donde tu vieni

Il cavallo si mise in ginocchio

E gli disse perché scendeva di fretta

Ma la morte insisteva voleva sapere perchè

Il perché il cavallo non lo disse

Perché si sentiva un cavallo

E non poteva essere quello che la morte intendeva

Ma quando il cavallo finì la sua preghiera

La morte lo prese con sé

È lo portò giù nel fondo della miniera

Dove il cavallo trasportava la ghiera di monti e di sabbie

La sua vista era inquadrata avanti

E non si poteva mai voltare perché

Lui aveva una grande fame

La fame la…

La fame la del cavallo era inebriata dell’alcol del vino

Che il suo padrone gli dava come aperitivo

Il cavallo volava con le ali

Il cavallo piangeva come un matto

Il cavallo era un uomo dal nome di cavallo

Che scendeva dalla montagna

La montagna era lontana

L sogno era vicino

La morte lo toccava

Ma lui non si preoccupava

 

I BARBARI

Torneranno i tempi dei barbari quando i massacri saranno all’apice delle classifiche umanitarie. Essi travolgeranno le ire più gagliarde dei testoni condottieri di popoli nella schiavitù. Essi ci libereranno dai lavori più disumani per dar posto alla civiltà dei popoli. Le frontiere saranno sopraffatte da piedi possenti di baffuti condottieri. L’equilibrio tra le genti di razze diverse sarà dominato, senza rivincite. Il sole splenderà sui popoli indiani e così anche loro potranno mangiare le vacche. Tutti i simboli cadranno nelle mani di chi conosce ed ammira la giustizia; le slealtà saranno inchiodate su alti tralicci; i confini del mondo saranno limitati dall’altezza dell’uomo, ecco di cosa ha bisogno oggi il popolo del mondo, e non di enormi colossi di ferro zigrinato. Il rumore dei mezzi meccanici sarà contenuto in involucri di cemento, cos’ da non disturbare la quiete naturale; le pietre, le zolle di terra e il letame verranno stritolati e mescolati da piccolissime macchine che ridurranno il tutto in pulviscolo da cospargere uniformemente su tutta la terra. I carri saranno muniti di ruote senz’assi, per non appesantire la fatica del mezzo motrice. Sono questi gli elementi fondamentali per il rinnovo dei metodi di lavorazione di qualsiasi ciclo produttivo. Ogni vita che si affaccerà su questo mondo sarà sottoposta ad una accurata analisi introduttiva. I fumi dei roghi arriveranno fino al mare, ove nessuno potrà respirare ma solo vedere i sentieri fangosi e pieni di spine velenose.

I turchi fuggiranno dalle tenaglie dei nuovi barbari. Essi romperanno teste e mangeranno cervelli di poveri turchi e ne lasceranno il corpo in pasto ai cavalli. Quando cavalli e barbari si saranno saziati, vomiteranno insieme in una profonda fossa e la copriranno con terreno su cui piantare patate da esportare in Russia.

La gente ammira le azioni dei barbari. Essi vogliono giustizia e vanno avanti con i loro ferri sulla testa grossa che, al vederli da lontano, ci si emoziona un po’.

 

IL TEMPO.

Il tempo scorre lento nelle abitazioni schizzate da fango stradale. All’interno di stabili grandiosi si aggira una vita senza perché. Il motivo di ciò viene compreso all’uscita della vicina scuola, quando i bambini corrono per non bagnarsi dalla pioggia che sta per arrivare e alla finestra si affaccia una donna, padrona della maestosa casa, che aspetta suo figlio il quale mai entrerà poiché mai è uscito. Il pranzo è silenzioso. Dopo si parla un po’ sotto l’effetto di svariati vini che si usa comprare. La TV è accesa ma non la guarda nessuno. Solo un piccolo gatto nero rimane entusiasta della musica trionfante che galoppa nelle stanze inquinate di noia. Essa, la noia, vigila severa e si nutre benissimo di piccoli profumi. Oggetti impolverati sono testimoni di tutto questo, essi mai potranno mentire. Solo un forte scossone potrà scuotere la polvere e quel giorno sarà l’inizio della vera vita in quella casa perseguitata dall’inganno di un essere che deve ancora venire.

Gli anni passano e niente ancora in vista. Credo che si ora di farla finita e non attendere più nulla ormai. La tua esistenza sarà breve, prendila come si presenta e non preoccuparti di mettere la mondo. Pensa solo a mangiare e a bere il vino che ti guadagni.

 

 

   
 
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