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Autore: Montreal    05/02/2015    2 recensioni
Claire è una medium; è in grado di vedere i fantasmi anche quando questi non desiderano mostrarsi.
Il suo incontro con Violet sarà l'inizio di una bizzarra amicizia.
Ma la presenza malvagia che risiede nella vecchia dimora è sempre in agguato, affamata, in attesa di nuove prede.
La casa può davvero permettere che vi sia posto per la felicità sotto il suo tetto?
Genere: Dark, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo, personaggio, Tate, Langdon, Violet, Harmon, Violet, Harmon
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Violet stava seduta sul muretto in mattoni del portico della Murder House, le braccia attorno alle gambe e una guancia appoggiata ad un ginocchio.

Di tutta la casa, quello era senz'altro il posto che preferiva, con una panoramica completa sulla strada davanti la casa. Li poteva vedere la gente che passava, che viveva. Li poteva ricordarsi davvero com'era vivere, prima, quando dava tutto per scontato.

Non aveva diritto di lagnarsi; contrariamente agli altri inquilini della casa, lei non era sola. Era riuscita a costruire, insieme alla sua famiglia, un'aura di serenità che li proteggeva dal potere oscuro della casa,e dagli spiriti che erano imprigionati dal rancore e dalla rabbia.

La sua non-vita scorreva tranquilla, tra le mura della villa. Molti aspetti della sua vita non erano cambiati, altri erano addirittura migliorati. I suoi non litigavano più, per esempio. Aiutava Moira a tenere in ordine la casa, o si prendeva cura del bambino insieme a sua madre, o giocava a palla con Beau.

L'attività che più la divertiva, tuttavia, era spaventare i nuovi acquirenti della casa, costringendoli a scappare da quel posto maledetto che aveva fatto del male a tante persone.

Non si trattava di essere sadici; terrorizzarli era l'unico modo per risparmiare loro il triste destino che incombeva come una gigantesca ombra su chiunque comprasse la casa.

In quel momento, Violet stava pensando all'ultima famiglia che si era trasferita li, qualche mese prima.

I Murray erano la tipica famiglia medio-borghese. Si erano trasferiti a Los Angeles da Boston per questioni lavorative. Erano in tre. Il padre era un uomo dalle spalle larghe, sulla cinquantina, con i capelli brizzolati e l'aria di un simpaticone. La madre era minuta, ma abbastanza attraente, con i capelli biondi e corti. La figlia doveva avere all'incirca diciassette anni; somigliava molto al padre, con i capelli castano chiaro e la mascella piuttosto mascolina. . Erano il tipo di persone che Violet aveva visto e rivisto in quegli ultimi cinque anni. Ma la figlia, Claire, si rivelò una sorpresa. A quanto pareva, era in grado di vederli.

Violet l'aveva colta un paio di volte a guardare nella sua direzione. Era una medium, e a quanto pare lo era da molto tempo, poiché non risultava particolarmente turbata dalle sensazioni che l'abitazione le causava. La cosa più singolare, tuttavia, fu il fatto che la ragazza non era stata minimamente importunata dagli inquilini della casa.

Violet non era sicura di riuscire a spiegarsi per quale motivo; i genitori erano stati terrorizzati, forse anche più del solito (Vivien si era lasciata prendere la mano) eppure la ragazza non era stata infastidita da nessuna presenza.

Probabilmente era per via delle sue capacità. Forse gli altri provavano diffidenza nei suoi confronti, persino timore. Violet stessa si sentiva vulnerabile d'avanti ad una persona che poteva vederla anche quando lei (morta ed al di sopra di ogni legge terrena) non lo desiderava.

 

Mancava poco al tramonto, entro breve sarebbe stata libera di fuggire da quel posto, almeno per quella notte.

Gli spiriti girano liberamente ad Halloween.

Li vedeva già tutti li, ammassati di fronte alla strada, frementi d'eccitazione, per la libertà che era stata loro concessa. C'erano la coppia gay, Ayden, le due infermiere, i gemelli pestiferi, e qualche altro occupante della casa. I suoi sarebbero andati a cena fuori. Una serata romantica.

Lei avrebbe semplicemente passeggiato, godendosi le sporche e buie strade di Los Angeles che le mancavano tanto.

Da qualche periodo cominciava a sentirsi in modo strano, come se qualcosa influisse sul suo umore.

A volte non tollerava neanche la presenza dei suoi genitori, ed ogni volta che pensava al fatto di dover trascorrere l'eternità in quel posto, una rabbia indicibile affiorava dal profondo del suo essere.

Teneva alla sua famiglia, ed era felice che vi fossero almeno sua madre e suo padre a confortarla, insieme al piccolo

Ma la casa non ospitava solo loro, purtroppo. Molti spiriti risiedevano li, la maggior parte dei quali malvagi, ottenebrati da rabbia, rimorso e sete di vendetta. Violet cominciava a sentire la loro influenza su di se.

Almeno per quella sera, voleva restare da sola.

 

O

 

Quando Claire uscì dalla scuola, la notte era già calata sulla città.

Stupido edificio pseudo-educativo.

Ripensava con rabbia a quanto era accaduto a scuola.

A quanto pare si era sparsa la voce che la sua famiglia era scappata a gambe levate dalla Casa degli Omicidi. Ed i suoi nuovi compagni di scuola si erano impegnati a ricordarglielo ogni volta che i professori non erano nei paraggi, sfottendola in maniera assai molesta.

Aveva accumulato sberleffi ed epiteti a non finire, fino a quando, quel pomeriggio, non ci aveva più visto dalla rabbia. La madre le aveva sempre raccomandato di controllare la rabbia, quindi lei, con molta calma, si era diretta verso il deficiente di turno e le aveva mollato un pugno ben assestato dritto sul naso. E, sorpresa delle sorprese, la professoressa di trigonometria che proprio in quel momento era entrata in classe, le aveva imposto come castigo di restare in classe oltre l'orario di lezione.

Aveva ripetutamente mostrato ai suoi genitori il suo disappunto nel restare in quella città, ma il posto di lavoro di sua madre erano proprio in centro, quindi c'era poco da discutere.

Si strinse ancora di più nel cappotto, quando una folata gelida la investì. Aveva la faccia accalorata e rossa per l'ira che covava. Cominciò a prendere a calci qualunque cosa trovasse sul marciapiede.

-Te la prendi con le lattine?-

Una voce che le suonava familiare le fece venire un brivido lungo la schiena.

Si voltò di scatto, e lei era li.

Era la ragazza che aveva intravisto nella casa. L'aveva seguita.

Le due si rimasero a fissarsi per qualche secondo, fino a che Claire sbottò.

-Cosa cazzo avete combinato quella notte! Mia madre è ancora terrorizzata, papà è andato in analisi! Non avevi nessun diritto di fare quello che hai fatto!-

Finito lo sfogo, si sorprese di se stessa. Prima il cazzotto ed ora questa sfuriata. Non aveva mai avuto così tanto carattere. Probabilmente gli ultimi accadimenti l'avevano cambiata nel profondo.

La ragazza la fissava in silenzio, la fronte aggrottata. Si scosse improvvisamente.

-Scusa se vi abbiamo salvato la vita!- se ne uscì con malcelata ironia -Non potevate rimanere li. Noi non lo permettiamo a nessuno. Quella casa ha già fatto fin troppe vittime.-

-Bene non preoccuparti, tanto non ci torneremo mai più, questo è poco ma sicuro.- le rispose immusonita.

-Perfetto. E poi, scusa se te lo chiedo, ma cosa accidenti ci fai in giro a quest'ora? Questo è il quartiere messicano, non è posto da bazzicare al buio. Soprattutto per te-

-I morti non dovrebbero impicciarsi delle faccende dei vivi-

Non ha tutti i torti pensò Violet. Tuttavia la ragazza incominciava a starle simpatica. D'altronde, l'aveva protetta dalla casa, non l'avrebbe di sicuro lasciata sola spingendola tra le braccia di qualche maniaco.

-Comunque mi hanno messo in punizione, e sono rimasta in classe più del dovuto- affermò con aria scocciata.

-Che cosa hai combinato?- le chiese Violet, curiosa.

-Ho preso a pugni un coglione. Sempre per colpa tua, tra parentesi- le rispose.

Violet capì in fretta cosa intendeva. Anche se non abitavano in un piccolo paesino, le voci circolavano in fretta, soprattutto quelle riguardanti una certa villa vittoriana.

Si accorse solo allora che avevano preso a camminare al fianco della ragazza.

-A che scuola vai?- le chiese

-La Westfield- rispose meccanicamente Claire.

-Ci andavo anche io- rispose Violet.

Claire annuì, mentre una vocina nella testa le faceva notare la stranezza di quella conversazione e della situazione in generale.

-Posso farti una domanda?- chiese Claire

-Spara-

-Puoi andare dove ti pare? Visitare i luoghi che preferisci?-

-Oh no- disse Violet- Siamo tutti legati alla casa, non possiamo andarcene-

-Ma ora...-

-E' Halloween. L'unica occasione che ci è concessa per visitare il vostro mondo. Per tutto il resto dell'anno siamo rinchiusi, bloccati all'interno della proprietà-

-Non sembra un bel modo di passare l'eternità- constatò Claire, lo sguardo basso.

-Che tu ci creda o no, prima era peggio. I miei stavano per divorziare, ed io non ero certo il ritratto della felicità. Voglio dire, mi sono suicidata-

Claire voltò di scatto la testa verso Violet.

-Ora siamo tutti insieme, siamo più uniti. E siamo sereni-

Nonostante avesse detto ciò, Claire notò una strana inclinazione nella voce di Violet. Non credeva che stesse davvero bene, lì.

Percorsero un altro paio di isolati, fino a quando non si ritrovarono d'avanti ad un grande condominio.

-Io sono arrivata- affermò Claire - Ci-ci vediamo-

E, salutando con la mano, corse dentro il palazzo.

Violet sorrise. Non l'aveva neanche corretta. Oppure si sarebbero davvero riviste?

Si sentiva sempre più stanca di quell'esistenza sciagurata. Non poteva nascondere che le faceva piacere avere qualcuno con qui scambiare quattro chiacchiere.

 

O

 

Aveva fatto bene a non correggere Claire, perché dopo neanche tre giorni, vide la ragazza avvicinarsi quasi timidamente al prato della Murder House, i lunghi capelli resi scarmigliati da quel vento autunnale che imperversava per le strade di Los Angeles.

-Ciao- le disse nervosamente Claire, quando l'adocchiò seduta al suo solito posto, sul muretto del portico della villa.

-Violet apparve davanti a lei in meno di un secondo.

-Sei tornata- le disse, un ombra di disappunto nella voce.

-Volevo solo passare a salutarti- sembrava offesa.

-Te l'ho detto. Non devi stare qui. E' pericoloso, per te come per chiunque altro-

-Ma se non ho visto praticamente nessuno a parte te quando quando ci siamo trasferiti!.- le rispose –e poi lo so che non ti dispiace che io parli con te. A me mancherebbero i vivi, se fossi morta-

Violet alzò un sopracciglio, con aria dubbiosa.

-Beh, magari non tutti.- risero tutte e due.

Poi, dopo un'istante di silenzio, Violet cedette.

-E va bene! .- le disse, invitandola col braccio a raggiungerla sotto il portico.

-A cosa devo tanta cortesia?- chiese cinguettando Claire.

-L'ho fatto per te, se parlavi un altro po' da sola, quei tizi ti avrebbero fatto rinchiudere in manicomio- le rispose sorridendo.

Claire si voltò; due ragazzi dall'altra parte della strada la fissavano in modo strano. Si limitò ad alzare le spalle, dopo di che si diresse verso l'ingresso.

-Ehi che stai facendo ? No, tu non entri. Già è abbastanza pericoloso che tu stia così vicino alla casa.-

Claire alzò gli occhi al cielo, ma si sedette a gambe incrociate sulla pavimentazione.

-Allora- fece Violet, appoggiandosi ad un pilastro di mattoni – da quanto riesci a vederci?-

Claire esitò, prima di rispondere

-Non saprei dirti se sia una capacità innata, però la prima volta che successe ero molto piccola, mi pare sui sei anni. Ero al matrimonio di una mia zia. Ricordo bene che mamma mi aveva costretto ad indossare un vestitino rosa tutto pizzi e sbuffi, ed io ero arrabbiata nera- sorrise. Teneva gli occhi bassi, immersa nei ricordi. .

-La cerimonia si era tenuta in una specie di villa. Non ricordo molto di quel giorno, a parte questi pochi dettagli. E questo: mentre tutti danzavano sulla pista da ballo, la mia attenzione fu attirata da una piccola donna anziana, che se ne stava in disparte in un angolo della sala, quasi fosse estranea a tutti e a tutto. Le andai vicino. Sorrideva amabilmente. Le chiesi chi era. Lei si girò verso di me, ma non disse niente. Mi fissò e basta. Mi accorsi, dopo pochi istanti, che i suoi vestiti erano zuppi d'acqua, e che una pozza si era formata sotto i suoi piedi- guardò di sottecchi Violet - c'era un lago vicino la l'edificio. Tempo di battere le palpebre ed era già sparita. Non ricordo se dissi qualcosa ai miei genitori, né se qualcuno mi vide parlare da sola quel giorno. Sta di fatto che da allora ho avuto altre esperienze di questo tipo. Molte volte percepisco solo una sorta di presenza, senza però vedere nulla. Mi succede talmente spesso che ho imparato semplicemente ad ignorarla. In quella casa ho avuto questa sensazione più che in qualunque altro posto. Deve essere parecchio affollata-

-Direi proprio di si- sorrise Violet.

-Voi non potete sottrarvi alla mia vista, a meno che non andiate da qualche altra parte. Penso sia per questo che non ho visto nessuno nella casa, oltre a te.- disse, facendo un cenno verso Violet.-devi sentirti sola, qui-

-Non la definirei solitudine. Anzi, il contrario, direi che qui c'è anche troppa gente- il suo tono si fece più malinconico - il problema è che molti di loro sono meschini, crudeli. Non mi piace che mi stiano vicino; di cerco di evitarli il più possibile-

Poi cambiò completamente discorso, come a voler svicolare da quella conversazione.

-Sai, io conosco un'altra medium. Si chiama Billie Dean Howard. La nostra vicina, Constance, probabilmente potrebbe contattarla. Non ti piacerebbe parlare con qualcuno che vede le cosa come le vedi tu?- le chiese.

-Potrebbe essere un'idea.- disse sovrappensiero Claire.

Parlarono a lungo, di tante cose. Poco prima del tramonto, Claire s'incamminò per raggiungere la propria abitazione.

Claire passò altre volte durante i seguenti due mesi. Ai genitori diceva di andare a casa di un'amica. Non considerava ciò una bugia; dopotutto, si era affezionata a Violet. Senza contare che starle vicino le dava sicurezza. Si, perché nonostante sapesse di non soffrire di allucinazioni o roba del genere, le sue capacità le avevano sempre procurato non pochi dubbi. Parlare con una persona che in teoria non doveva più trovarsi su questa terra era per lei una grande conferma.

Dal canto suo, Violet si stupì nel ricercare anche la più misera informazione sul mondo che, ora lo comprendeva appieno, le mancava più di ogni altra cosa.

Aveva capito, finalmente, che odiava quell'orribile esistenza, quella vuota, triste ed oscura imitazione della vita che aveva perso, e che Claire ancora possedeva.

E la invidiava, per questo; provava una rabbia ed un odio nei suoi confronti che non aveva mai provato per nessuno, nemmeno per quelle bullette che l'avevano picchiata il primo giorno alla Westfield, nemmeno per suo padre, quando aveva tradito la mamma.

Nemmeno per Tate.

Era da molto che non pensava al ragazzo con il viso d'angelo e l'anima di un demone che le aveva rubato il cuore, prima di spezzarlo per sempre. In quel momento, mentre fissava con odio sempre più crescente la figura della ragazza bruna che si allontanava sulla strada dopo l'ennesima visita, un'idea le si insinuò nella mente.

Un'idea semplice, che le avrebbe donato la pace che tanto agognava.

Claire doveva morire.

 

O

 

Lo scantinato era il vero fulcro delle attività paranormali della casa, il centro del male che vi dimorava. D'altronde era tutto iniziato li, più di cent'anni fa.

Violet non lo visitava spesso, per evitare gli spettri malvagi della casa, ma soprattutto per evitare di imbattersi in vecchi ricordi. Tuttavia quella era una situazione particolare, nuova.

-Tate- sussurrò, cauta Violet.

-Tate!- stavolta quasi urlò. -Tate, ti prego, vieni. Ti devo parlare.-

Il ragazzo si materializzò davanti ai suoi occhi. Vedendolo, le tornarono in mente le ultime parole che le aveva rivolto.

Sei tutto quello che voglio! Sei tutto quello che ho!

-Violet- sussurrò il giovane, lo sguardo stupito.

-Ciao, Tate.- Cosa? Cosa avrebbe potuto dirgli? Come avrebbe anche solo potuto provare ad iniziare una conversazione con lui? Come, dopo tutto ciò che era successo tra di loro?

-Ti ho chiamato per chiederti un favore.- disse sulla difensiva -hai visto quella ragazza che si è trasferita qui con la sua famiglia, qualche settimana fa?-

-Di sfuggita. Ho preferito tenermi alla larga. Lei è come Billie Dean, vero?-

Violet annuì energicamente; sembrava piuttosto nervosa. Andava avanti e indietro per la buia stanza polverosa, torcendosi le mani.

Evidentemente una parte di lei era ancora combattuta. Tuttavia, quando parlò lo fece in maniera chiara, ferma, riassumendo una posizione stabile.

-Domani la porterò qui. Nello scantinato-

Tate la guardò, diffidente. -Vuoi che la spaventi? Come ho fatto con quella bulletta? -

-Spaventarla, si. A morte. Tate, voglio che tu la uccida-

Il ragazzo la guardò negli occhi, come se stesse cercando di capire se lo stesse prendendo in giro, in una qualche assurda e malata maniera.

-Perché vuoi che la uccida?- chiese freddo.

-Non posso spiegarti il perché, non ci riesco- perché la odio, la odio dal profondo dell'anima. Perché lei rappresenta tutto ciò che avrei potuto essere, ma che non sarò mai. Perché se non posso vivere io, per quale motivo dovrebbe poter vivere lei?! -Ti prego,Tate. Se è vero che ancora mi ami, fai quanto ti ho chiesto! Fallo per me!-

La fissò a lungo. Come poteva chiedergli una cosa del genere? Lei non era così, lo sapeva. Si era innamorato anche per la sua intrinseca bontà, come quando aveva truccato Adelaide per Halloween. Luce nella sua oscurità. Si sentiva sola, desiderava un'amica? Qualcuno che condividesse l'eternità con lei? Eppure quando era in procinto di uccidere il figlio dei Ramos per lo stesso motivo, lei lo aveva fermato. Possibile che avesse cambiato idea? No, c'era sicuramente di più. Qualcosa che Tate non comprendeva appieno. Tuttavia, se esisteva anche solo una remota possibilità di essere perdonato, allora avrebbe ucciso la ragazza. Lo avrebbe fatto per lei.

-Dunque? Lo farai?- gli chiese Violet.

-Lo farò- le rispose semplicemente, abbassando gli occhi.

 

O

 

Claire ebbe un attimo d'esitazione, il giorno seguente, mentre guardava la solida struttura della Casa degli Omicidi. L'ultima volta che era stata li, aveva percepito qualcosa di strano in Violet, quasi di anomalo.

E quel giorno la casa le sembrava più minacciosa che mai, con il sole che, in quelle ultime ore del giorno, s'infrangeva sui mattoni rossi, dandole un aspetto quasi incandescente.

Si guardò un attimo intorno; lei non c'era. Bizzarro, di solito la trovava sempre lì.

Notò invece che la porta d'ingresso della casa era aperta.

Dalla posizione in cui si trovava poteva avere una visione quasi completa dell'ingresso dell'abitazione. Si avvicinò lentamente; una figura apparentemente apparsa dal nulla scivolò attraverso l'entrata dello scantinato, nel sottoscala. Claire riconobbe i capelli di Violet ed i colori di una maglietta che le aveva visto addosso più volte.

-Violet!- le gridò, correndole dietro.

Il seminterrato era buio e polveroso, pieno zeppo di cianfrusaglie che gli ex proprietari avevano lasciato. Durante la sua permanenza nella casa, non ci era stata neanche una volta.

Rabbrividì: di Violet nessuna traccia, tuttavia continuava ad avere visioni fugaci delle persone più disparate. Quello era senza ombra di dubbio il punto più affollato della casa.

Il locale era molto grande, probabilmente seguiva tutto il perimetro dell'abitazione, ed era diviso in varie stanze.

Vagò a passo svelto tra scaffali e mobili scassati. Le visioni si facevano sempre più numerose, più intense, più crude.

Stava già per girare i tacchi ed andarsene (ed al diavolo Violet, che a quanto pare non voleva degnarla della sua attenzione) quando vide una figura maschile affiorare dalle ombre della stanza in cui si trovava.

-E tu chi sei?- chiese nervosamente al ragazzo biondo che le era appena apparso d'avanti.

Il ragazzo non rispose, ma di fianco a lui si materializzò un'altra figura, questa volta una ragazza.

-Finalmente! Si può sapere cosa ti passa per la testa?! Perché volevi che venissi qui? E chi è lui?- chiese con tono esasperato, indicando Tate.

Ma Violet non parlò; si limitò a fissarla, le ombre della cantina che le oscuravano il volto.

Tate, invece, disse qualcosa.

Un nome.

-Thaddeus-

Prima che Claire si accorgesse di cosa stesse succedendo, una terza figura, molto più bassa e dall'aspetto grottesco, affiorò dall'oscurità. Sembrava quasi un bambino, con una lunga veste bianca.

Ma, man mano che si avvicinava, con passi lenti e strascicati, Claire capì che non si trattava affatto di un bambino, ne di un essere umano.

Il suo cervello registrò appena l'orrido aspetto della creatura, gli occhi neri e malvagi e quell'orribile bocca, colma di denti acuminati, prima che quella cosa le fosse addosso.

Allora nella sua mente vi fu posto solo per un ceco, profondo e folle terrore.

Urlò, con quanto fiato aveva nei polmoni, quando si ritrovò con il viso ad un centimetro dal suo.

Urlò fino a che non le bruciò la gola, quando i suoi artigli si protesero verso il suo viso, ed affondarono nella carne.

Sentì un fiotto di sangue caldo scorrerle sul volto e finirle in bocca, con quel sapore dolciastro che le inondava il palato.

A mala pena riuscì a sentire la voce di Violet, che urlava al ragazzo di fermare la creatura.

Si pensava Claire fatelo smettere, vi prego.

Poi, inaspettatamente, la creatura si ritirò e scomparve dalla sua vista.

Lei rimase sdraiata sul duro pavimento polveroso, gli occhi socchiusi, lottando contro la sensazione di svenimento.

Tremante, soffermò lo sguardo su Violet, ed in pochi secondi capì.

La casa non aveva potere solo sui vivi, questo era chiaro. Neanche i morti potevano trovare pace, lì dentro. Apparentemente, la famiglia Harmon si era rivelata immune al sinistro controllo che l'abitazione esercitava. Ma non era così, ed il solo pensiero che ciò fosse possibile aveva fatto infuriare ancora di più l'oscura entità che dimorava fra quelle mura.

A Claire bastò guardare gli occhi di Violet per accorgersi di un'accesa battaglia che imperversava nell'animo della ragazza. La casa stava corrompendo ogni parte di lei, stava divorando, al pari di un'escrescenza fungosa, pezzo dopo pezzo, la sua intera anima.

Eppure, quando aveva fermato la creatura, Violet si era imposta contro questa forza malefica, salvando Claire da un destino orribile. La battaglia non era ancora persa.

-Scappa- le disse semplicemente Violet, mentre, con lo sguardo basso, stringeva ferrea i pugni, come a cercare di trattenersi dal fare qualcosa.

Claire non se lo fece ripetere due volte; si alzò barcollando e, tenendosi una mano sulla ferita alla guancia che continuava a zampillare sangue, corse fuori dalla stanza, su per le scale e via da quella casa maledetta, accompagnata da orrende visioni lungo il tragitto.

Non fece mai più ritorno alla Murder House; non avrebbe commesso due volte lo stesso errore.

Va da se che non ricercò mai più quel genere di esperienze, convintasi del fatto che il mondo dei morti e quello dei vivi non dovrebbero mai mescolarsi.

Tuttavia non passò un giorno senza pensare alla ragazza che le aveva salvato la vita (poco dopo averla messa a repentaglio) e che era riuscita ad opporsi ad una forza molto più grande di lei.

Poteva solo sperare che Violet riuscisse a preservare quella combattività per l'eternità, e che non soccombesse alle ombre della Murder House.

  
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