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Autore: Tabheta    05/02/2015    7 recensioni
AU!/SoMa (più altre coppie di contorno)
I nostri ragazzi saranno alle prese con la gestione di un bar. Tra incidenti, disastri e concorrenza, troveranno anche il tempo per divertirsi e perché no, innamorarsi. Dal testo:
|“Mi scusi, ma i clienti non possono toccare il pianoforte” gli disse, negli occhi una scintilla di curiosità per quel ragazzo albino che sembrava più a suo agio con uno strumento che con le persone.
“Io non sono un semplice cliente” si sentì rispondere, un ghigno dipinto su quella faccia da schiaffi che aveva appena inquadrato ma già sentiva di detestare.
“Io sono Soul Eater.”|
-Momentaneamente sospesa a causa ottusità dell'autrice, che sembra interessata a tutto tranne che a continuare la long, singh-
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Soul/Maka
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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"Listen to the sound we make togheter"


Le strade di Death City erano deserte. La frescura mattutina avvolgeva le vie e i palazzi, mentre gli ignari cittadini ancora dormivano beatamente nelle loro case. Maka Albarn, mattiniera per obbligo, sembrava l’unica anima vivente – ad eccezione del sole che sorgeva sghignazzando all’orizzonte, ad avventurarsi a quell’ora per la città.
La struttura di Death City era inusuale – un po’ come i suoi abitanti d'altronde, le case erano state costruite talmente vicine da sovrastarsi a vicenda, ammassate intorno a quella che era la costruzione più importante della città, la Shibusen, centro dell’amministrazione politica e governativa, dalla quale si snodava un’unica strada maestra che conduceva direttamente all'esterno del centro abitato, nel bel mezzo del deserto del Nevada.
Sul perché ai fondatori della città fosse venuto in mente di stabilirsi proprio in quella zona, circondati dalla desolazione, Maka aveva varie ipotesi, ma più probabilmente erano semplicemente persone riservate che avevano preferito vivere in mezzo al nulla. Col tempo poi Death City, sotto la tutela del giulivo sindaco Shinigami-sama, si era ingrandita fino a diventare l’esteso centro abitato che era ora.
Nonostante tutto a Maka non dispiaceva alzarsi così presto, camminando al mattino poteva osservare il sorgere del sole e godersi quella calma fugace che spariva dopo poche ore, riempiendosi dei rombi delle automobili e del caos cittadino, a volte tanto forte da confonderle la mente.
Aveva bisogno di tempo per riflettere in solitudine. Quel tempo che non riusciva a trovare in casa propria, visto che quel dissoluto di suo padre, dopo il divorzio da sua madre e il suo successivo trasferimento, continuava a portare donne sempre diverse nel loro appartamento. Avrebbe voluto seguire sua madre, ma era troppo radicata a Death City per abbandonarla e non sarebbe mai stata capace di lasciare i suoi amici.
Oltrepassato l’ennesimo incrocio, Maka si fermò davanti alla porta di un vecchio palazzotto, vernice azzurrognola e un’ insegna che recava la scritta “DWMA – Death Café” leggermente stinta dal sole. Nonostante l’aria sciupata all'esterno, dalle vetrate a specchio della facciata frontale si notava che l’interno era molto più curato. Un salone spazioso ospitava vari tavoli e un bancone lungo e stretto occupava lo spazio in fondo a destra, mentre della parte opposta un vecchio ma ancora lucido pianoforte faceva bella mostra di sé. Davanti a quest’ultimo stavano accatastate varie sedie a forma di quello che era un buffo teschio, in attesa di essere disposte attorno ai tavoli.
Ormai lavorava come barista al locale da quasi un anno. Inizialmente aveva cominciato per trovare una sua indipendenza, dato che non avrebbe accettato soldi da suo padre nemmeno sotto tortura, in seguito si era affezionata sia alle persone che ci lavoravano che ai clienti, così, nonostante fosse un part-time, quando c’era bisogno andava a lavorarci sia al mattino che al pomeriggio.
Era stato quel balordo di suo padre a trovarle l’impiego, essendo il locale di proprietà del sindaco e lavorando lui a stretto contatto con quest’ultimo non ci aveva messo molto a farla assumere.
Frugò nelle tasche alla ricerca della chiave che, affidabile come lo era da tempo, venne infilata nella toppa e aprì con uno scatto metallico la porta.  
Nell'entrare Maka girò il cartellino appeso sullo stipite e la scritta “Closed” in caratteri neri, venne sostituita dalla scritta “Open” in caratteri rossi. Un ennesimo giorno di lavoro era appena iniziato.

 ~
 
Dopo che aveva sistemato i tavoli all'esterno e aveva riordinato il bancone, puntuale come tutte le mattine, un ragazzo dai capelli rosa uscii dalla cucina porgendole una teglia di pizze, paste e cornetti fumanti da sistemare nell'espositore.
Chrona lavorava al locale come pasticcere e fornaio, o almeno ci provava, viste le ansie che lo assalivano in continuazione. Il suo lavoro necessitava che fosse il primo ad arrivare al mattino, ma l’ansia che gli dava lo stare da solo in negozio lo spingeva sempre a chiudersi dentro a chiave. Ciò nonostante era un bravo ragazzo, estremamente timido.
La salutò con un traballante “B-buongiorno, Maka-san” e si rifugiò di nuovo in cucina non appena ebbe poggiato il vassoio sul bancone.
Alle otto spaccate, quello che pareva il figlio di Shinigami-sama, si schiantò contro la porta a vetri; Maka non aveva dubbi, visto il completo elegante e le immancabili tre strisce bianche orizzontali al lato della testa. Osservò la scena impassibile.
Stava quasi per uscire ad aiutarlo, quando una ragazza bionda dai capelli lunghi, seguita da un’altra dai capelli corti, lo prese per il bavero della giacca e lo scosse in preda a una crisi isterica. Elizabeth “Liz” e Patricia “Patty” Thompson vivevano a casa di Death The Kid da circa due anni.
Erano state raccolte dalla strada da quest’ultimo e lavoravano al Death Café come cameriere da allora, visto che non volevano gravare economicamente su Kid più di quanto già facessero. Nonostante il buon rapporto di convivenza che avevano instaurato, le continue fisse di Kid erano difficili da sopportare per chiunque, quindi situazioni del genere avevano smesso di stupire Maka da un bel po’.
Dopo cinque minuti buoni di scenata, i tre varcarono la soglia preceduti da una Liz ancora furente, che sopraggiunse a passo di marcia verso il bancone.
“Ah Maka-chan, non so più che pesci prendere con questo cretino!” indicò Kid per rafforzare il concetto.
“Liz te l’ho detto un milione di volte, non possiamo lasciare l’auto parcheggiata lì davanti in settima fila, in ottava forse, l’otto, l’otto sì che è un numero perfetto!” Maka si aspettò di vedere i suoi occhi gialli diventare cuoricini da un momento all'altro.
“Dobbiamo spostarla!” continuò.
“Nono, la macchina rimane lì!” Liz lo guardò intimidatoria, mentre Patty rideva giuliva dietro alla sorella.
“Kid, siete arrivati giusto in tempo! Potresti aiutarmi a sistemare lo scaffale?” tentò di distrarlo Maka.
Il giovane Shinigami volse la sua attenzione su di lei – sullo scaffale per l’esattezza, e annuì convinto.
“Lo farò con decisione e precisione!” e in un attimo si era fiondato a riordinare dimentico del diverbio.
Liz sospirò affranta ma sollevata di non dover più discutere, così dopo aver mimato un “grazie” con le labbra a Maka, andò insieme a sua sorella a cambiarsi. L’unica che mancava all'appello era Tsubaki, che attaccava il suo turno di lavoro nel pomeriggio, avendo quella mattina lezione.

 ~

Il locale aprì ufficialmente verso le otto, quando le cameriere furono pronte ed il locale sistemato.
Le varie operazioni si svolsero tutte sotto lo sguardo perfezionista di Kid, che aveva da ridire su ogni cosa e anziché velocizzare l’apertura, finì per rallentarla. Quando il grado di esaurimento collettivo fu talmente alto da risultare incontrollabile, Kid fu malamente chiuso nello sgabuzzino delle scope, con la scusa che gli spazzoloni andassero sistemati in ordine di altezza e le scope in ordine cromatico.
Così venti minuti dopo tutte le incombenze furono completate, Kid, che aveva adempito perfettamente al suo compito, fu fatto uscire e cominciarono ad arrivare i primi clienti abituali. Il primo fu il Signor Excalibur, della cui presenza avrebbero fatto tutti volentieri a meno, che cominciò a ciarlare sull'architettura del dodicesimo secolo e che ordino il solito tea inglese, dopo il quale venne poco gentilmente invitato a levare le tende.
Poi arrivò il Signor BJ insieme alla Signorina Marje, che era un grande appassionato di Caffè e ne conosceva tutte le marche esistenti, ma il suo preferito era quello nero prodotto a Death City, lo stesso che ordinava tutte le mattine prima di andare al lavoro.
In seguito fu la volta di Spirit Albarn, che, parole sue, non poteva cominciare una giornata di lavoro senza consumare una colazione servita dalla sua adorata figliola. 
Fu dopo che quest’ultimo aveva consumato il suo caffè che arrivarono trafelati Ox Ford, ansimando come se avesse corso una maratona nonostante – Maka ne era più che mai certa, avesse percorso solo poca strada, e il 'sempre-impassibile' Harvard. I due costituivano una sorta di unica entità, quindi quando stringevi amicizia con uno dei due prendevi in blocco anche l’altro, la cosa buffa era che Maka non ricordava di aver fatto amicizia con nessuno dei due. Conosceva di vista Ox perché frequentava alcuni dei suoi corsi al college e un giorno di punto in bianco se l’era visto spuntare insieme ad Harvard al locale ed era diventato un cliente fisso.
“Ragazzi dobbiamo indire un’assemblea straordinaria!” disse con enfasi.
“Idiota, abbiamo appena aperto, spaventi la clientela se continui ad urlare! L’ultima volta che hai detto una scemenza simile era per decidere se era migliore il caffè macchiato o il cappuccino di Maka!” gli rispose Liz con la solita finezza. Maka ricordava bene di avergli schiaffato un impietoso Maka-chop in testa per calmarlo quel giorno.
“Questa è una faccenda più seria!” snocciolò con aria grave, leggermente risentito al ricordo dell’evento.
“Ah sì?” disse Liz che nel frattempo aveva portato le ordinazioni ai clienti e si era avvicinata al balcone. 
Patty, che aveva sentito tutto ripeteva esagitata “Quandoquandoquandoquando?” battendo nel mentre anche le mani.
“Subito” continuò Ox.
“Non possiamo chiudere ora, il mio nobile padre si infurierebbe.” anche Kid, che emerse da sotto il bancone dove stava riponendo in ordine di annata le bottiglie di alcolici, espresse la sua opinione – ovviamente contraria.
“Non vi preoccupate ragazzi, tra un po’ il locale sarà vuoto.” 
A quell'affermazione ci fu uno scambio di sguardi generale, segno che la curiosità stava avendo la meglio.
“Ti avverto però, se è un’altra delle tue scemenze sai già cosa ti aspetta.” Maka si sentì in dovere di ribadire il concetto tirando fuori – da chissà dove poi, un grosso tomo, che appoggiò al suo fianco sul bancone come intimidazione, facendo deglutire Ox.
“Bhé, conoscete tutti il ristorante qui di fronte no?”
Tutti annuirono e lo fissarono come se avesse detto la più grande delle ovvietà, Maka ricordava persino di esserci andata insieme ai suoi genitori – prima che divorziassero ovviamente, e che l’unico piatto decente che era riuscita a mangiare era la bistecca al sangue. Strano, visto che il proprietario, nonché unico cuoco del ristorante, era un tipetto talmente pallido e malaticcio da sembrare anemico.
“Sapete anche che da un po’ il vecchio proprietario, un tale Mosquito, l’ha messo in vendita…”
“Ox, arriva in fretta al punto!” Urlò Liz, curiosa e allo stesso tempo frustrata.
“L’ha venduto alle streghe.”
Quella delle streghe era una delle gang più estese e potenti della città, si divertivano a portare scompiglio compiendo piccoli furtarelli e opere vandaliche più o meno gravi, ed essendo sotto la protezione di quella che veniva chiamata Grande-Vecchia-Strega, donna dalle molte conoscenze e parecchio stimata a Death City, non era raro che queste non pagassero per le loro colpe.
“Non capisco come questo possa riguardarci.” Disse Kid.
“Hanno deciso di riaprire il locale in una nuova veste, più… moderna, in poche parole concorrenza, amici miei.”
Ox accompagno le sue parole srotolando un volantino pubblicitario passatogli da Harver, che aveva ascoltato in silenzio tutto il discorso in piedi al suo fianco.
Maka gli strappò praticamente il pezzo di carta dalle mani e se lo avvicinò al viso per studiarlo meglio. L’ inaugurazione era fissata per quella mattina. Attorno a lei anche Kid e Liz occhieggiavano interessati.
“Un Maid Café? Hanno intenzione di aprire un Maid Café? A chi potrebbe mai interessare un locale frivolo come questo? Il Death Café è aperto da anni e si è sempre meritato la stima dei clienti grazie alla sua sobrietà. Non crederete mica che un postaccio del genere possa…” il sermone di Maka fu interrotto dagli schiamazzi provenienti dalla strada. Nel vecchio ristorante di fronte ragazze in succinte uniformi da maid lanciavano volantini su una folla adorante, che entusiasta si riversava dentro il neonato locale.
Maka non finì mai il suo sproloquio.

~
 
Note: Non so perché sono qui, non so cosa sto facendo, spero soltanto che apprezziate quest'idea malsana che mi è venuta in mente una sera, tra la lettura di Soul Eater Not e la rilettura di Soul Eater. Commenti e critiche sono sempre benaccetti, cercherò di mantenermi più o meno costante con gli aggiornamenti, ma non posso garantirvi niente essendo la mia prima esperienza con una long ahahah <3
  
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