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Autore: Twiggy_Earlgrey    06/02/2015    0 recensioni
Anne e Wentworth, hanno preso decisioni differenti rispetto a quelle del libro, eppure...
***
Questa volta ho tentato un esperimento su Persuasione, spero non sia un disastro totale.
***
Ambientato ai giorni nostri
Buona lettura
Kitchen Maid
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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"Seguì un breve periodo di squisita felicità: troppo breve, però. Subito cominciarono le difficoltà. Sir Walter, quando il giovane gli chiese la mano di Anne, pur senza negargli esplicitamente il proprio consenso o dire che mai l'avrebbe accordato, reagì in modo del tutto negativo: grande stupore, grande freddezza, gran silenzio, più la dichiarazione - questa chiaramente espressa - di non voler far nulla per la figlia. Sir Walter considerava una simile unione assolutamente degradante; e Lady Russell, sia pure con orgoglio più moderato e perdonabile, la giudicava molto, molto sconsigliabile."
-Persuasione-

 
Anne chiuse sconsolata il suo diario, riponendolo nella libreria, prudentemente celato dalla sua raccolta dei libri di Follett; non interessavano al resto della sua famiglia e dunque, non c’era alcun pericolo che entrando liberamente nella sua stanza – come d’altra parte abitualmente facevano, senza curarsi minimamente della sua riservatezza – per prendere qualche cosa da leggere, anche se puntualmente la schernivano per il genere di letture che prediligeva, trovassero i suoi pensieri appuntati sull’agenda.
Quell’agenda che ormai era l’unica cosa che le evitava di implodere per il troppo dolore; l’unico rifugio sicuro dove riversare la propria anima straziata e trovare seppur temporaneamente una cura.

31 ottobre 200..
Sta calando il sole su questa giornata, più angosciante delle altre. Otto anni da quando se n’è andato. Com’è stato terribile, lento eppure quasi fulmineo, lo scorrere di tutto questo tempo. Ed io non ho fatto altro che maledirmi per aver seguito i consigli della mia ormai ex migliore amica Beth. Proprio lei, la benevola fata madrina Beth Russell, colei che si pregiava di ricoprire quasi interamente il ruolo lasciato vuoto, troppo presto dalla mamma. Ed io, sciocca, fragile, eternamente insicura e debole, le ho permesso…
Dio sostienimi!
Come ho potuto permetterle di avere così ampio raggio d’azione e di decisione, nella nostra casa, nel nostro matrimonio! Come posso essere stata tanto cieca, da far schiacciare dal volere di lei – mascherato sotto una dolce e materna maschera che nascondeva invece la sua tirannia- il mio spirito? Quanta ipocrisia! Quanta cattiveria e meschinità!
Era così innamorata di quel vanesio di mio padre da farsi completamente soggiogare e…ma che dico? Le ha fatto un completo e ben rifinito lavaggio del cervello, fino ad indurla a vedere il mondo e le persone con i suoi stessi occhi.
Ma forse, la colpa in fondo, non è più che altro mia? Se fossi stata più saggia, più determinata, meno stupida nel fidarmi senza riserve delle persone,  mi sarei accorta che Frederick aveva pienamente ragione: Beth mi plagiava, elargiva buoni consigli, i quali, in realtà, nascondevano le antiche idee che mio padre aveva avuto sin dall’inizio, su me e Frederick e sull’opinione del tutto negativa che aveva circa il nostro matrimonio. E tanto ha fatto, che alla fine gli innumerevoli litigi protratti fino a sera tarda, le giornate trascorse senza nemmeno salutarci, i gesti freddi e la crescente mancanza di dialogo fra di noi…dopo solo un anno. Frederick, se solo potessi dirti quanto mi dispiace…
Se solo potessi riparare al male che ci siamo fatti…
Chissà se questo tempo lontani ha dilaniato la tua anima, quanto ha fatto con la mia. Mi pensi mai, ogni tanto? Sei ancora in collera con me?

Anne si asciugò una lacrima con la manica del cappotto e trasse un profondo respiro. Infilò la sciarpa coprendosi fino al naso ed afferrò il cellulare inserendo le cuffiette e facendo partire la musica.
-Ma dove stai andando?- le chiese il padre, vedendola percorrere a passo svelto l'atrio di casa.
-Ho bisogno di camminare. Vado in biblioteca.- replicò asciutta.
-Allora al ritorno passa da “Musgrove” di Liverpool str. Louisa mi ha mandato messaggio prima, dicendo che sono arrivate le pumpkin pies al caramello che avevano finito e ne vorrei giusto un po’.E già che sei lì prendimi anche una copia di “Vanity Fair” c’è un articolo interessante che devo leggere!-
Anne sbattè dietro di sé la porta, infastidita. Alla fine riusciva sempre a farsi mettere i piedi in testa; lei e la sua maledetta bontà.
Prese la metro a Victoria station e fu anche abbastanza fortunata da trovare un posto a sedere. Mentre tentava di recuperare la calma dovuta ai suoi tormenti interiori, più che all’irritazione per la propria famiglia egoista, canticchiava a mezza voce la canzone che ormai mandava in loop da giorni, ignorando tutte le altre di cui disponeva.
“I try to remember him
the way he used to be
the man whose name I’ve carved on my heart
 
Now i’ve cried all my tears
drowned in these years
died for the longing of you
 
For the burning within
for your kiss on my skin
for your heart
for the man I loved”

Praticamente era una maledetta arma a doppio taglio, ma era anche l’unica canzone che, stranamente, nonostante il testo e la melodia tutt’altro che gioiosi, la facesse pensare a Lui, senza mandarla in pezzi ogni volta. Perché lei in quelle ultime strofe “I’m always yours” credeva visceralmente ed era certa di questo, che il Destino la riconducesse da Lui un giorno, oppure no. Aveva sbagliato una volta perdendo tutto quel che di più prezioso aveva, per tenere insieme la propria famiglia – compito del quale solo lei si faceva carico, aveva capito solo molto dopo -.  Non avrebbe permesso più a nessuno di intromettersi ora. Mai più e per nessuna ragione al mondo.
Avevano distrutto quella felicità che per anni le era mancata e adesso, lontana da Lui - scossa dalla sua mancanza e dalla certezza del grande torto che gli aveva fatto -  se avesse mai recuperato quel poco di pace che forse Dio le avrebbe voluto ancora concedere, non avrebbe più dato modo a nessuno, chiunque fosse di manipolarla di nuovo.
E Lui…
“Dio, Frederick, riuscirai mai a perdonare il dolore che ti ho causato? Ti prego, ti prego, dimmi che prima o poi tornerai indietro.”
Scese a Liverpool str station ed entrò in biblioteca.
-Buona sera Faith- salutò la sua amica bibliotecaria.
-Oh, ciao Anne, cara! Finisco l’ultimo cliente e sono da te- le rispose, di rimando, con uno sguardo strano.
Lei e Faith erano state molto legate durante le scuole superiori, Faith l’aveva aiutata molto quando la madre di Anne era venuta a mancare, poco dopo l’inizio del primo anno di liceo a causa di un cancro ormai purtroppo, in fase terminale.
Faith era di alcuni anni più grande di Anne e all’incirca verso la conclusione dei suoi studi al college, aveva scritto una lunga mail all’amica comunicandole che si sarebbe sposata l’anno venturo con il fidanzato di lunga data, Charles.
Così infatti era avvenuto e i due erano rimasti sposati per quasi tre anni, se non fosse che purtroppo Charles era deceduto a causa di un tragico incidente sul lavoro. A quel punto poi, era subentrata una malattia a destabilizzare ancor di più la vita già duramente provata di Faith, anche se nonostante tutto questa cercava di non abbattersi e di trovare comunque la forza di andare avanti. Se non altro per onorare la memoria del marito, più che per se stessa.
Ecco, Faith Smith era forse l’unica persona realmente e genuinamente buona a cui Anne poteva aprire il suo cuore e che, nonostante le loro strade avessero preso deviazioni differenti, le era rimasta accanto con discrezione e tentando di aiutarla davvero nella ricerca della sua felicità, a differenza di Beth Russell, infida e doppiogiochista.
Faith, chiuse la porta a chiave abbassando luci e veneziane e disponendo verso l’esterno il cartello con la scritta “Closed”; si recò nel retro, nella stanza del personale, recuperando biscotti al cioccolato e tartine al formaggio e mise il bollitore sul fuoco e preparando le tazze con l’infuso per il thè.
Ultimati questi preparativi, Faith raggiunse Anne, nella sala dedicata ai romanzi d’amore e gli storici – la preferita di Anne perché “c’è il caminetto e ci sono tutti i miei libri preferiti” – e si accomodò accanto al fuoco, dinnanzi all’amica, già accoccolata in poltrona con “Mondo senza fine” tra le mani.
-Allora Anne cara, cosa mi racconti? Come stai?-
-E’ il 31 di ottobre.-
Un’espressione malinconica si dipinse sul volto di Faith, non c’era certo bisogno di aggiungere nient’altro.
-Mi dispiace, tesoro…-
-Sono già passati otto anni, ti rendi conto? Ed io non ne ho più avuto notizia, non mi ha ancora perdonato, non lo farà mai. Non tornerà più!- Singhiozzò Anne aggrappandosi ai braccioli della poltrona.
-Aspetta qui, vado a prenderti dei fazzoletti-
Faith si alzò, abbandonando la stanza.
Nel salottino del personale, recuperò i fazzoletti e dispose le tazze sul vassoio. C’era una chiamata persa sul suo telefono e si prese qualche secondo per rispondere con un rapido messaggio. Mentre tornava in biblioteca dalla sua amica, pensò a quello che era accaduto nel pomeriggio
Era in quella sala, mentre rifletteva indeciso tra due volumi dello stesso autore, uno dei quali era tra l’altro, proprio quello che la sua amica stava sfogliando mentre attendeva che lei finisse il turno.
Quando l’aveva visto aveva creduto ad uno strano scherzo della propria mente.
-Wentworth!- Lui era sobbalzato, girandosi verso di lei quasi si sentisse colpevole di un reato.
-Faith…ciao.-
Lei non aveva ricambiato la cortesia, il pensiero automaticamente rivolto ad Anne.
-Lei sa che sei qui?- lo aggredì, quasi.
Lei.
Lei.
Lei.
Era rimasto muto, come scioccato, quasi gli avessero urlato quel nome nelle orecchie.
Faith prese il repentino impallidimento dell’amico come una specie di risposta, Dio solo sapeva, se negativa o meno.
-Lei non voleva ferirti e tu lo sai bene, la conosci. O forse devo dedurre che, dato che sei tornato ora, hai imparato a comprenderla solamente adesso. Anne… – e in quel momento i tomi che teneva in mano Frederick caddero con un tonfo sul pavimento di legno-  Anne credeva nell’affetto della sua famiglia, voleva evitare che si sgretolasse più di quanto già non fosse accaduto. E vedeva in Beth Russell una madre, in fin dei conti sai bene che per tanto tempo lo è praticamente stata, per lei. Ma nessuno di noi, Anne più di tutti, credeva che i membri della sua famiglia in realtà non fossero esattamente…bhè, che non tenessero il bene di lei come priorità, diciamo così. Anne ti ama Frederick, lo ha sempre fatto e sempre lo farà sinceramente e profondamente. Torna da lei. Questo vostro distacco vi ha solo danneggiati entrambi, pensi che non veda cosa ne è anche di te, ora che ti ho davanti?-
Forse fu quel discorso così accalorato e sentito a fargli riconsiderare le proprie idee. O forse, per meglio dire a confermare ciò che, in quegli anni di assurda e sciocca lontananza, aveva già compreso da solo. Per questo era tornato. Anche se aveva fatto uno sbaglio, questo era stato dettato dal suo carattere buono e altruista. Era incapace di vedere la cattiveria negli altri la sua Anne; c’era troppa dolcezza nella sua anima. E lui l’aveva capito, solo dopo aver spezzato il loro legame per otto lunghissimi, disperati, dolorosi anni. Che stupido presuntuoso!
Faith torno nella sala dei romanzi e porse la tazza di infuso caldo alla sua amica, che lo prese con gratitudine, asciugandosi gli occhi.
Sorseggiarono silenziosamente le loro bevande, lasciando che il crepitio del fuoco, calmasse lo spirito inquieto di entrambe.
-Anne, tesoro, c’è una cosa che devo dirti, anche se dubito mi crederai…-
Anne fece una strana espressione.
-Dimmi, Che cosa c’è?- chiese con la voce ancora roca dal pianto.
-Bhè, ecco, vedi amica mia, ho scoperto oggi che c’è una cosa, che immagino ti faccia piacere riavere-
Anne frugò nella propria mente, alla ricerca degli oggetti prestati a Faith che fosse di particolare importanza per lei, tanto da esigerne la restituzione.
-Non mi viene in mente niente, sinceramente…- si strinse nelle spalle.
-Vado a recuperare il tuo tesoro di inestimabile valore!- le fece l’occhiolino e si allontanò nuovamente.
Anne si voltò a fissare il fuoco; il calore e la danza quasi ipnotica delle fiamme l’aveva sempre rassicurata.
“Un tesoro di inestimabile valore…” Chissà cosa mai  intendeva.
Udì la porta d’entrata, aprirsi  e chiudersi e Faith ritornare nella saletta, seguita da qualcuno evidentemente.
Faith si sedette tranquilla in poltrona con uno sguardo divertito.
-Ma Faith, ma non avevi qualcosa da…?-
-Si riferiva a qualcuno, più che a qualcosa, suppongo- rise la figura che emergeva dall’ombra.
Anne perse parecchi battiti del cuore, nel posare gli occhi sull’uomo che le stava davanti. La voce calda e profonda le aveva fatto vibrare l’anima e poi l’aveva cullata in un delizioso senso di quiete e calore.
Lui le sorrise aprendo leggermente le braccia, un invito chiaro ed inequivocabile.
Faith si ritirò, per lasciare loro il tempo di ritrovarsi. Si voltò indietro una volta solamente, vedendoli l’uno tra le braccia dell’altra con gli occhi colmi di lacrime di gioia e i cuori traboccanti di amore.
L’amore riscoperto.
La serenità riconquistata.
Le ferite ricucite.
L’inizio di una nuova vita da vivere.
 
E tanto bastava.


***Angolino di Kitchen Maid ***
E questa volta mi sono buttata a pesce (forse malamente, non lo so, spero cmq non sia del tutto un disastro) sul mio romanzo Austen preferito, Persuasione.
Ringrazio x l'ispirazione la pag facebook "Persuasione di Jane Austen" a cui dedico questa piccola one shot. Ma soprattutto la dedico alla mia amica Marinella, che anche lei ama questo romanzo. Grazie dell'affetto cara! Ps: la canzone citata è "For the man that I loved" di Karliene, ve la consiglio!
Vostra 
Kitchen Maid
  
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